Tutte le donne del mondo...

La manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne è riuscita: le strade di Roma sono state riempite da 150 000 donne. Da Piazza della Repubblica a Piazza Navona sfila un corteo allegro ma arrabbiato, che dice basta alla violenza, soprattutto a quella domestica, prima causa di morte delle donne in tutto il mondo


24 novembre 2007. Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne. Alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza su quello che, purtroppo, per tanti versi può ancora essere definito il 'secondo sesso' -dopo quasi cinquant'anni da quando Simone de Beauvoir intitolò così il suo celebre saggio- le donne scendono in piazza. Sono centocinquantamila, secondo le organizzatrici, a sfilare per Roma. Quarantamila secondo la questura.



Sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita.

Negli ultimi 12 mesi il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila.

Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate.


Ci si ritrova in Piazza della Repubblica. Il cielo su Roma inizia a schiarirsi, ha appena smesso di piovere, ma si è comunque in tante. Nonne, madri e figlie, più generazioni che si tengono per mano, unite dalla stessa rabbia e dalla stessa voglia di dire basta alla violenza sulle donne e di riprendersi la parola nello spazio pubblico.



14.45: si muovono i primi passi, ad aprire il corteo uno striscione: "La violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha confini". E' un corteo in rosa, gli uomini sono stati invitati a mettersi da parte. Su questa scelta, nata all'interno dei collettivi femministi che hanno organizzato la manifestazione, ci sono state non poche polemiche, provenienti non solo dagli uomini che oggi avrebbero voluto esserci, ma anche da molte donne che non condividono la scelta separatista. Scelta ampliamente argomentata dalle organizzatrici, che hanno parlato di significato simbolico di una manifestazione per le donne e fatta solo dalle donne, di spazio di cui appropriarsi, di autocoscienza. Tagliare fuori gli uomini perché le donne oggi sono le protagoniste, non solo le loro vittime.

Le donne subiscono più forme di violenza.

I partner sono i responsabili della maggioranza degli stupri.

Le violenze domestiche sono in maggioranza gravi.


Di uomini comunque se ne vedono tanti, nonostante vengano invitati a mettersi in coda al corteo. E a chi di loro chiediamo perché ha voluto esserci, ci dice che era necessario sfilare per manifestare solidarietà, per far capire che c'è chi si vergogna anche dalla parte dei 'carnefici'. Ci avviciniamo ad una coppia, si tengono per mano, l'espressione seria di chi sa per quale motivo sta camminando in mezzo a migliaia di persone. Chiediamo al ragazzo perché è qui, nonostante non sia 'autorizzato'. E lui ci risponde così: "Penso che i diritti di ognuno siano i diritti di tutti, e che le violazioni di questi diritti colpiscano e riguardino tutti. Mi sembra naturale essere qui oggi".



Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti. Solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Il silenzio è stato la risposta maggioritaria. Il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell’accaduto.


Il corteo è gioso, allegro, colorato, pacifico. Ma arrabbiato. L'entusiasmo si sente sulla pelle, per la consapevolezza di esserci, in tante. La rabbia si trasforma in un grido di denuncia. Donne che si ritrovano vicine, per testimoniare che non sono sole, per dire no alla violenza maschile e patriarcale. Patriarcale, perché ancora oggi è così che si può chiamare, legata ad un modello di società e di famiglia che persiste e segna il quotidiano. Anche con la violenza. E' importante dire, e lo si fa continuamente lungo tutto il percorso della manifestazione, che è proprio nella famiglia, tanto decantata e invocata come unità base della società e della civiltà, che la violenza viene esercitata. "L'assassino non bussa, ha le chiavi di casa" è scritto su uno striscione a metà corteo. E' all'interno delle mura domestiche che viene perpetrata in maggior misura la violenza sulle donne, e per questo oggi si urla che le strade sono sicure, le nostre case no. Ed essere colpite all'interno di quello che dovrebbe essere un rifugio fa aumentare la vergogna e il senso di impotenza per le violenze subite, diventa più difficile denunciarle. Sono tanti gli slogan contro il pacchetto sicurezza: "Ancora lupo cattivo, ma quale uomo nero, il marito è il nemico vero".



2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking).


7 milioni 134 mila donne hanno subito o subiscono violenza psicologica.


Tra i "Guai a chi ci tocca" e i "Se ti picchia non ti ama", il corteo prosegue. Si balla, si canta, si parla. A metà di via Cavour non se ne riesce a vedere né la testa né la coda: siamo tantissime. Dai camioncini che trasmettono la musica a tutto volume ("Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu") si chiede agli uomini e ai partiti di spostarsi, in fondo al corteo, perché oggi sono le donne le protagoniste. Protagoniste che non vogliono essere strumentalizzate da nessuno, né da destra né da sinistra, e per questo chiedono che a spostarsi sia anche l'ex ministra Stefania Prestigiacomo, che alla fine se ne va. È un corteo femminista, antirazzista e antifascista, e certe facce, come quella di Alessandra Mussolini, non sono gradite.



Solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia un 'reato', il 44% lo giudica semplicemente 'qualcosa di sbagliato' e ben il 36% solo 'qualcosa che è accaduto'.


Oggi si chiede un cambiamento culturale e una presa di coscienza. Si chiede alle istituzioni di esprimersi pubblicamente sulla violenza alle donne, e di non confinarla all'ambito della sicurezza, dell'ordine pubblico, della repressione. Si chiedono leggi che consentano l'uscita immediata delle donne dalle situazioni di violenza, e più fondi per incrementare la rete dei centri antiviolenza sul territorio. Si chiede un piano d'azione che agisca a livello culturale e di formazione. Bisogna modificare l'immagine stereotipata che si ha della donna, associata solo a corpo e cura, oggetto sessuale e soggetto responsabile dei compiti domestici. Per questo durante il corteo si urla anche contro i media e il marketing.




1 milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6% delle donne tra i 16 e i 70 anni.


Cantando, correndo, ballando, citando dati e statistiche, si prosegue fino a Piazza Venezia. Si passa davanti al bottegone e si punta dritti a Piazza Navona, dove si arriva dopo aver camminato per più di due ore. La piazza è piccola, tutte non ci stiamo. Le prime che riescono a vedere la fontana del Bernini trovano una sorpresa sgradita: all'ingresso della piazza è stato montato un palco, palco che le organizzatrici non avevano previsto, ma le televisioni si. Palco su cui salgono tre ministre: Livia Turco, Barbara Pollastrini e Giovanna Melandri. Vengono contestate e le organizzatrici, al grido 'la piazza è nostra', se la riprendono: salgono sul palco e le tre politiche vengono allontanate. La7 interrompe la diretta.

Ci sono due schermi che proiettano i video girati da Donna tv, con interviste alle organizzatrici della manifestazione e a femministe storiche come Lea Melandri. Compaiono poi i dati Istat sulla violenza alle donne: chi è rimasto in piazza guarda, in silenzio. Dalle facce è sparita l'allegria, si leggono numeri troppo alti, si ascoltano violenze troppo comuni. Le domande e la costernazione illuminano tutti gli occhi fissi su quei dati, su quelle immagini. E si capisce, perfettamente, il perché di una giornata come quella di oggi. Ci si sente schiacciati dall'enormità di un fenomeno intollerabile, gravissimo. E il peso della consapevolezza scende sulla piazza illuminata. Ma spostando lo sguardo attorno a noi, capiamo di poterci permettere un sorriso, perché essere qui, in tante, vuol dire aver fatto un primo passo. Adesso non dobbiamo fermarci.


Emma Berti, 24 novembre 2007 - aprileonline.info

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