"Quel rom ha ucciso mio figlio. E adesso è diventato una star"
Avevano cercato di mettersi l’anima in pace. Di recuperare quel briciolo di lucidità che rimane dopo la morte, ingiusta e atroce, di un figlio travolto da un furgone guidato da un ubriaco. Invece il dolore dei genitori dei quattro ragazzi di Appignano del Tronto, falciati il 23 aprile scorso dal Ducato impazzito di Marco Ahmetovic, 22 anni, rom, sembra un baratro senza fine.
L’omicida che sta scontando sei anni e sei mesi al settimo piano di un residence tra le palme di San Benedetto del Tronto, diventerà una star. Il suo agente, che risponde al nome di Alessio Sundas, ha promesso di farlo assurgere all’«olimpo» dei divi televisivi. Tanto per cominciare, il giovane rom pubblicherà un libro (è già pronto e s’intitola Anche io sono un essere umano) in cui racconta con dovizia di particolari quella tragica sera. «All’improvviso - si legge nelle prime righe anticipate dalla trasmissione Verissimo - da una curva esce una macchina con le luci alte e mi acceca. Sento un gran botto e lì perdo i sensi. Dopo una decina di minuti mi risveglio, vedendo mio padre. E che cosa era successo? Un incidente con dei motorini che si erano dati alle fiamme». Poi venderà a un giornale un servizio fotografico inedito. Infine, ha proposto la sua candidatura come testimonial in una campagna pubblicitaria «contro chi guida sotto l’uso di alcol e droghe». La notizia è caduta come un macigno nel bar di Timoteo Luciani, il papà di Alex, una delle vittime. Ieri, tra i tavoli, la gente si limitava a dire tra la frustrazione generale solo due parole: «Una vergogna». Il signor Timoteo, invece, era un fiume in piena.
L’omicida di suo figlio diventerà un vip...
«Una presa in giro. È una buffonata».
Come avete commentato la notizia in famiglia?
«Qui stanno scherzando col fuoco. La gente è esasperata... ».
Cosa intende dire...
«Vogliono farci diventare razzisti per forza. Visto che lo Stato non ci dà niente, noi... ».
Voi?
«Ci faremo giustizia da soli».
Cosa volete fare?
«Non ci arrenderemo davanti a niente. Andremo a raccontare la nostra esperienza ovunque. Domani sera (stasera per chi legge, ndr) saremo ospiti di Rete 4 a Tempi moderni».
Avete in mente azioni precise?
«Ci rivolgeremo al capo dello Stato. Visto che lui è il garante di tutti noi, deve darci delle risposte».
Iniziative legali?
«Interpelleremo il tribunale per sapere se è normale che chiunque possa accedere alla casa di una persona che è agli arresti domiciliari. Se è così, potrebbero portargli di tutto, no?».
La comunità rom è più tornata ad Appignano?
«Sono spariti la notte stessa dell’incidente e non si sono più fatti vedere».
Da quanto tempo erano nel vostro paese?
«Dodici anni. Solo furti e gente ubriaca che spesso è stata vista guidare anche contromano».
Si sono mai integrati?
«Mai».
Se dovessero tornare, come li accogliereste?
«Stiamo costituendo un comitato anti rom».
Ahmetovic sta scontando la sua pena. Tutti possono sbagliare.
«Era un recidivo. Era sempre ubriaco. Ora vogliono mettergli l’aureola e farne un San Francesco. In che mondo siamo?».
Gli amici di Alex sono giovani, come hanno preso la notizia della nuova carriera di Ahmetovic?
«Provano un senso di schifo. Ha idea di come mi sento io come padre? Cosa gli insegniamo a questi ragazzi? Che se uccidi diventi una star della tv?».
No, certo...
«Ecco, io ho sempre detto ai miei figli di essere onesti, di studiare e lavorare. Il bar che ho, l’ho ereditato da mio padre».
Ha altri figli?
«Sì, di 25 e 28 anni. Alex era l’ultimo arrivato, il più coccolato».
Cosa ricorda di lui?
«Era buono come il pane, aveva i sogni di chi ha sedici anni, quando la vita è bella. Era quello che si dice un “mammone”».
È possibile cancellare il dolore?
«No. Ma Gesù ha voluto così».
28/10/07 - ilgiornale.it
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