Alcol e guida, in Valle Brembana

Alcol e guida, in Valle Brembana posti di blocco e patenti ritirate


Nella sola settimana del Ferragosto, in Valle Brembana, 45 persone sono state trovate alla guida sotto l’effetto di alcool e di stupefacenti. È il risultato di diversi controlli da parte di polizia e carabinieri. Nell'ultimo pattugliamento, nella notte tra sabato 18 e domenica 19 agosto, i carabinieri della Compagnia di Zogno e gli agenti di 4 equipaggi della polizia stradale di Bergamo, hanno bloccato a Zogno ben 20 conducenti di cui 18 sono risultati positivi all’alcool test e due 2 stupefacenti. Le patenti sono state ritirate.

In ausilio alle pattuglie di polizia e carabinieri ha operato un'ambulanza del 118, per l'esame delle urine dei conducenti fermati. Oltre ai posti di blocco a Zogno, nelle due direzioni di marcia, altri sono stati posizionati in pieno centro a San Pellegrino, per monitorare lo svolgersi di una festa locale, e sulla statale della Valle. Altre 10 persone sono state denunciate per guida in stato di ebbrezza.


19/08/07 - eco.bg.it

Paoli:«Per 15 anni schiavo dell'alcol»

Il cantante: il bere ha ucciso mio fratello, dopo ho capito che dovevo dire basta


ROMA - «Guardatelo lì, il cantante maledetto che sorseggia il suo latte». Disse proprio così Sergio Bernardini, proprietario della mitica Bussola di Viareggio. Era il 1961, estate, notte calda, avvolgente. Gino Paoli seduto al bancone del bar, in un momento di relax. E fu forse per gioco, forse per una scherzosa sfida con l'amico, che per tutta risposta azzardò un'ordinazione per lui inconsueta. «Whisky e sigaretta. Hai capito bene, whisky e sigaretta », ripetè al disorientato cameriere. «La mia storia con l'alcol è cominciata così, senza che me ne accorgessi — racconta oggi l'artista di Sapore di sale —. Nata da uno sfottò. È durata quindici anni. Quella sera mi stupii di me stesso. Da principiante, reggevo il bicchiere alla grande. Fu una fregatura. Il fatto di non essere mai ubriaco mi autorizzava ad andare avanti. Insomma, avevo una predisposizione naturale, un vero talento. Questione di enzimi. Io ci davo sotto davvero. Quanto mi scolavo? Non glielo dico. Tanto, tantissimo. Solo superalcolici, solo whisky. Avevo capito che il segreto per non sbronzarsi e non andare in tilt era evitare di mescolare più roba». Gino in questi giorni sta terminando le sue vacanze. Un giro in barca per il mare della Croazia. Il primo settembre sarà a Limone Piemonte, dove l'Anca Lombardia (Associazione nazionale contro alcolismo) gli consegnerà un premio per il «suo impegno e la sua testimonianza».

Il premio è intitolato a Gian Bonzi, alcolista redento, morto lo scorso anno. Ha deciso di sposare la causa dopo aver conosciuto tramite un amico comune, Beppe Grillo, il giornalista Bruno Liconti, una delle anime dell'associazione. Fu proprio a Liconti che confidò la sua personale vittoria sul whisky, cercata con determinazione dopo la morte per alcolismo del fratello. Per la prima volta Paoli la rende pubblica, narrandola con un linguaggio asciutto, essenziale, senza veli. Nelle sue canzoni meravigliose, non una traccia di questa esperienza. Una scelta voluta: «Sarebbero state tristissime, come scrivere di droga. L'alcol è come la droga». La verità sulla schiavitù del fratello l'ha scoperta quando era troppo tardi: «Me l'ha tenuta nascosta per vent'anni. Il giorno insegnava fisica all'università, la notte beveva, da solo, come un pazzo. Fino a quando la moglie non è venuta a chiederci aiuto. Ma non c'era più nulla da fare. Era già "spappolato". Nel frattempo era nato il mio terzo figlio. E ho capito che dovevo dire basta. Loro non hanno mai assaggiato un goccio, in compenso». C'è differenza, distingue, tra lui e gli alcolisti puri: «Io ero solo un ubriacone, un grosso bevitore che amava la compagnia. Loro invece si nascondono, mentono. La mia fortuna è stata sapermi fermare in tempo. Una cosa è bere per piacere, un'altra è scontarne le conseguenze. Certo, qualche sbronzata forte l'ho presa anch'io ma di solito restavo lucido. Una mattina però mi sono svegliato senza ricordarmi cosa avessi fatto la sera precedente. È stato un campanello d'allarme. Ho avvertito il pericolo». La voglia di uscirne dipende in gran parte dal carattere: «Io pretendo di mantenere il controllo di me stesso. Credo che chiunque dovrebbe averlo. Un uomo dovrebbe ragionare così. Controllo e, soprattutto, amore per se stessi. Chi fa uso di alcol invece odia se stesso, si disprezza, non si accetta. Beve per volersi dimenticare. Non provavo niente di tutto questo. Per me il whisky era piacere, allegria, riunirsi con gli amici».

L'avvio dello svezzamento è stato difficile, non per le crisi di astinenza, ma per la mancanza fisica e visiva del bicchiere poggiato sul tavolino, quando si sta tutti insieme la sera e ti chiedono «Gino, tu non prendi niente? Ma perché, dai, solo un goccio...». Ogni uscita si trasformava automaticamente in un pericolo, il pericolo di ricadere nel rituale: «Ma io sono uno zuccone, mi dicevo no e poi no. Ce l'ho fatta. Lei mi chiede se esiste e com'è la vita oltre il bicchiere. Sì esiste, anche se uscirne è un vero casino. Senza aiuto è impossibile averla vinta se si è alcolisti persi. Credo che l'unica speranza sia affidarsi alle associazioni. Il segreto è non cominciare per niente. L'alcol è subdolo. Non ti accorgi di esserne preso, non c'è campanello d'allarme. Un giorno cominci a fare lo scemo, il giorno dopo lo stesso. Fino a quando non puoi rinunciare e sei fregato».

In Croazia gli è arrivata notizia delle stragi all'uscita della discoteca. La voce gli si incrina, ora è davvero arrabbiato: «Se fai male solo a te stesso, pazienza, nessuno può sindacare sulle tue scelte. Ma se ammazzi gli altri sei un vero stronzo. E allora io dico. Non facciamoli salire in macchina gli ubriachi. Inutile piazzare le volanti per strada con l'etilometro. Fermiamoli prima, quando escono dai locali. Che qualcuno li controlli. Il buttafuori, i vigilanti, qualunque figura che venga investita di questa autorità per decreto. Ehi ragazzo, dammi le chiavi della macchina, tu da qui non esci. O facciamo così o sulle strade si continuerà a morire. Ma la volontà forte di intervenire non c'è. Perché l'alcol è un business e cosa ti aspetti da uno Stato che proibisce il fumo e poi mette il sigillo sui pacchetti di sigarette?».


Margherita De Bac - 19 agosto 2007 - corriere.it

Infarto, ridurre danni con pressioni sulle braccia

Scongiurare i danni più gravi dell'infarto con una serie di tre pressioni, della durata di circa cinque minuti l'una, sulle braccia. E' uno studio di un gruppo di ricercatori dell'University College di Londra, e si chiama UCL. E' la pressione che si esercita sulle braccia allo scopo di bloccare la circolazione. Potrebbe essere utile per prevenire i danni più gravi e permanenti causati da un attacco di cuore. La ricerca è stata pubblicata sulla autorevole rivista scientifica The Lancet.

19/08/07 - dottorsport.info

La Campania trascura l'igiene mentale

Costretti a mandare mio fratello in prigione. Nemmeno il Ministro Livia Turco ci ha aiutato


MI chiamo Anna F. e sono una ragazza di venticinque anni. Scrivo questa lettera con la speranza che possa gettare luce su una realtà che molti non conoscono, e affinché chi la legga (e soprattutto i politici) capisca a quali drammi vanno incontro tante persone. Sono circa quattro anni che mio fratello maggiore soffre di problemi psicologici e sono quattro anni che in famiglia stiamo soffrendo perché nessuno ha fatto niente per aiutarci. Purtroppo quando mio fratello sta male rompe tutto. E picchia anche me e i miei genitori, che più volte sono stati costretti a chiamare i carabinieri. Ora mio fratello si trova nel carcere di Poggioreale. Noi, come famiglia, abbiamo più volte chiesto aiuto al Csm di Ercolano, ma la loro risposta è stata sempre la stessa e cioè: "Se lui non vuole curarsi noi non possiamo fare niente". E non vi dico l' indifferenza con cui lo dicevano. Ma noi siamo andati oltre e abbiamo mandato una lettera al ministero della Salute (che ci ha risposto ma non ci ha aiutato),poi ci siamo rivolti al sindaco il quale, a sua volta, ha inviato una lettera all' Asl e al Csm ma, come sempre, non si è risolto niente. Io ora, da sorella di un ragazzo che soffre di questi problemi, mi domando come è possibile che in Italia non esista una legge che possa aiutare queste persone. Io non parlo di un obbligo a metterle in manicomio, ma della possibilità di curarle. E poterlo fare in strutture adeguate. Nessuno che non lo abbia vissuto di persona può capire la sofferenza che si può provare a dover mandare in carcere un proprio caro (noi siamo stati costretti a mandare in carcere mio fratello più di una volta). Lui è un ragazzo di ventisei anni che andrebbe aiutato ma noi da soli non ce la facciamo e adesso non sappiamo più che fare. Siamo costretti a vedere giorno dopo giorno distruggersi la vita di un ragazzo che potrebbe ancora salvarsi (perché non ha perso il senno), ed è una cosa straziante che non auguro a nessuno!

Lettera firmata (Fonte: La Repubblica del 18/08/07)

19/08/07 - aipsimed.org

Basta guerre nel mondo!