Emersi sconcertanti particolari sulla morte del wrestler canadese

Una Tv italiana cancella le trasmissioni su questo popolare sport

OTTAWA - La morte del wrestler canadese Chris Benoit ha avuto larga eco in tutto il mondo. Anche in Italia le reazioni sono state notevoli soprattutto perché tale disciplina stava diventando molto popolare.

La tragedia di Benoit ha comunque avuto ripercussioni molto negative sull'intero settore.

A questo proposito Italia 1 ha ieri reso noto di rinunciare al wrestling dopo lo sconcertante caso legato all'ex campione del mondo. Benoit, come è noto, la scorsa settimana, nella sua abitazione nei pressi di Atlanta, in Georgia, aveva prima soffocato la moglie e il figlio, poi si era ucciso impiccandosi ad uno dei suoi attrezzi per fare pesi. Il programma Wrestling Smack Down! andava in onda su Italia 1 la domenica alle 10:45 e nell'ultima stagione aveva raggiunto punte di un milione di spettatori, con una media del 10% di share.

La rete Mediaset ha deciso di fare a meno di quello che definisce in una nota «un contenuto pregiato» della sua programmazione «nel rispetto del pubblico dei più piccoli che non può correre il rischio di confondere la realtà con la fantasia».

Intanto negli Usa emergono altri particolari sulla morte di Benoit: la polizia di Fayetteville ha accertato che il sito Internet di Wikipedia dove è riportata la scheda biografica di Benoit era stato corretto e aggiornato con la notizia della morte della moglie del campione ancora prima che ne fosse ritrovato il corpo.
Qualche ora dopo arriva la notizia che la polizia ha scoperto, senza renderla nota, l'identità di chi ha aggiornato la biografia sul web.
Secondo i media americani, il per ora sconosciuto navigatore di Internet si è difeso dicendo che aveva appreso che la moglie di Benoit era morta «da voci e indiscrezioni dell'ambiente del wrestling».

Per questo aveva girato via mail la notizia ai responsabili dell'enciclopedia on line Wikipedia.
«Si è trattato di una terribile coincidenza» ha detto alla polizia l'anonimo navigatore, che ha aggiunto di essere «terribilmente dispiaciuto».

I medici legali che hanno eseguito l'autopsia sui tre corpi hanno potuto stabilire che la donna e il bambino sono morti per soffocamento nella notte tra venerdì e sabato, mentre la morte di Benoit è di due giorni successiva. Quel che è certo è che i loro corpi sono stati trovati lunedì nel primo pomeriggio. Ma già al mattino di quel giorno - come è stato accertato dalla polizia - qualcuno era entrato nel sito di Wikipedia per aggiornare la biografia di Benoit, aggiungendo che la moglie era morta. Non ci sono prove, ma il sospetto più accreditato è che a modificare quella biografia sia stato lo stesso campione di wrestling, prima di impiccarsi.

La decisione di Italia 1 di sospendere il programma di wrestling è stata commentata da alcuni esponenti politici, come Enzo Carra della Margherita, per il quale è «sacrosanta, ma forse un po' tardiva. Ben venga la sensibilità dell'emittente televisiva ma forse qualche domanda su questo tipo di spettacolo bisognava porsela anche prima che la cronaca più efferata facesse irruzione nei palinsesti per gli spettatori più giovani».
Posizione vicina a quella del deputato dei Verdi Tommaso Pellegrino che sottolinea: «È una decisione giunta forse un po' in ritardo ma condivisibile, che ci auguriamo possa preludere ad un cambio di linea editoriale della rete, che auspicheremmo più attenta all'ambiente».
Italia 1 è l'unica emittente italiana a trasmettere il wrestling in chiaro (l'altro appuntamento è sui canali sport di Sky). E da domenica prossima, al posto del wrestling, l'emittente di Mediaset ha annunciato che metterà in onda i cartoni animati.

30-06-2007 - fonte

Terrorismo, 3 sigle italiane di estrema sinistra via da lista Ue

Bruxelles, 29 giu. (Apcom) - L'Unione europea ha pubblicato oggi l'aggiornamento della lista delle organizzazioni terroristiche a cui sono applicate misure di cooperazione speciale fra le polizie e le autorità giudiziarie dei paesi Ue. In particolare, secondo quanto riferito dal Consiglio dell'Unione europea, che ha completato la revisione delle organizzazioni e delle sigle, sono stati rimossi dalla lista tre gruppi italiani di estrema sinistra: i Nuclei Territoriali Antimperialisti, i Nuclei di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria e i Nuclei di Iniziativa Proletaria.

Restano invece nella lista Ue diversi altri gruppi terroristici italiani di matrice comunista o anarchica, fra cui le "Brigate rosse per la Costruzione del Partito Comunista Combattente", la "Brigata XX luglio", la Fai (Federazione anarchica informale), Solidarietà internazionale, la "Cellula Contro Capitale, Carcere i suoi Carcerieri e le sue Celle" (CCCCC), i Nuclei Armati per il Comunismo e la "Cooperativa artigiana fuoco ed affini, occasionalmente spettacolare".

Nel panorama europeo, è da segnalare l'aggiunta alla lista di un gruppo greco di estrema sinistra, "Epanastatikos Agonas" (Lotta rivoluzionaria).

Fra le decisioni degne di nota, quella anticipata ieri di mantenere sulla lista il gruppo iraniano dei Mujaheddin del popolo (Mek). I Ventisette sono stati costretti a riesaminare con una nuova procedura il caso dei Mujaheddin dopo una sentenza della Corte di giustizia Ue a dicembre, che aveva bocciato il loro inserimento sulla lista per difetto di motivazione.
Il congelamento dei fondi bancari e il blocco dei beni è la conseguenza principale dell'inserimento sulla lista Ue per quel che riguarda le organizzazioni extra-europee (per quelle europee invece l'iscrizione sulla lista comporta solo un regime rafforzato di cooperazione antiterrorismo fra polizia e autorità giudiziarie degli Stati membri).

© Apcom - 29-06-2007 - fonte

Somalia: Cesvi invia 2,7 tonnellate di farmaci

SOMALIA - Due milioni di uomini, donne e bambini sotto la soglia della poverta', centinaia di vittime della guerra e 250 mila persone in fuga dalle citta'. E' la situazione, che ormai da tempo, perdura in Somalia. Grazie alla campagna di emergenza 'Crescere in pace a Mogadiscio' attivata da Cesvi e L'Associazione Ilaria Alpi dallo scorso aprile, in settimana sono arrivate a Mogadiscio 2,7 tonnellate di farmaci con 2 voli speciali da Nairobi destinati ad alcune strutture ospedaliere della citta', principalmente all'Ospedale, gestito dall'organizzazione austriaca SOS Kinderdorf.



(Agr) - 30 giugno 2007 - fonte

Abusa di una 13enne: arrestato pensionato

Circa un anno fa aveva invitato una ragazzina di appena 13 anni affetta, per altro, da un lieve disagio mentale, a giocare all'interno del proprio appartamento, usando violenza, abusando sessualmente di lei e simulando rapporti intimi completi. Ieri i carabinieri di San Ferdinando di Puglia hanno arrestato un pensionato 59enne del posto perchè ritenuto responsabile di violenza sessuale nei confronti della minore.

30-06-2007 - di Tatiana Bellizzi - fonte

Londra: allarme terrorismo resta alto

LONDRA - Rimane alta la tensione a Londra dopo il ritrovamento di due auto cariche di materiale esplosivo nel centro della metropoli. Le autorita' sono preoccupate anche perche' sono molti gli eventi che la capitale inglese ospita in questo fine settimana. Domani ci sara' il mega concerto per celebrare i dieci anni dalla morte di Lady Diana, che richiamera' decine di migliaia di persone. Oggi il gay pride e Wimbledon. Tutte le macchine che passano dal quartiere di Londra dove si gioca il torneo di tennis vengono controllate con cani anti bomba.

(Agr) - 30 giugno 2007 - fonte

La villa comunale in preda al degrado

CARINARO. Se il brigadiere dei carabinieri Armando Sepe, medaglia d’argento al valor civile, fosse ancora in vita, molto probabilmente farebbe richiesta al Comune di revocare l’intitolazione della villa comunale a suo nome, visto lo stato vergognoso in cui versa.

Sabato mattina, contattati dal signor Alfredo Lucariello, presidente cittadino di Alleanza Nazionale, ci siamo recati nel parco pubblico situato lungo via Petrarca. Cumuli di rifiuti, tra i quali alcuni bruciati che creano un lezzo insopportabile; rischio di venire attaccati dalle pulci, per via della mancata disinfettazione periodica; siringhe usate da tossicodipendenti sparse tra le aiuole; giostrine inagibili, danneggiate dall’usura e dall’inesistente di manutenzione, in particolare ci sono i “tunnel” di legno dove i bambini dovrebbero divertirsi che, oltre ad essere pericolosi perché hanno spaccature all’interno, e pertanto ci si può facilmente ferire, sono diventate il punto di riposo di extracomunitari ubriachi che vanno a dormirci dentro e anche ad urinare. Ma non solo i bambini sono vittime di tale situazione, anche gli anziani, abituali frequentatori del parco, che avrebbero il sacrosanto diritto di trascorrere il tempo libero in piena tranquillità. Purtroppo, non è così. Ci sono tre campi di bocce, due di recente costruzione in preda alla sporcizia; se ci si gioca c’è il rischio, come dicevamo, di prendere le pulci. L’altro campo, il più vecchio, è ormai adibito a discarica di fogliame e rifiuti, che vengono bruciati ogni giorno emanando diossina in quello che dovrebbe rappresentare il “polmone verde” del paese. Poi c’è il “salotto coperto” adiacente al campo di bocce, dove è inutile avvicinarsi: sedie e tavoli in pietra vengono ribaltati spesso a terra di sera dai soliti ragazzini indisciplinati (alcuni arredi sono rotti o spariti) ma soprattutto è sporco dovunque. E non è finita qui. Gli anziani devono stare attenti anche a intrattenersi seduti sulle panchine perché possono essere investiti da qualche pallonata lanciata dai ragazzini che giocano a calcio sui prati, dove menomale che c’è scritto “non calpestare”. Ancora: c’è il bagno pubblico, per il quale furono spesi anni fa circa 15 milioni delle vecchie lire, e che non è mai stato aperto: sta lì, tipo “monumento”, non si sa a che cosa. E, a proposito di monumenti, quello intitolato al carabiniere Sepe si è trasformato in una “bacheca” dove i ragazzini scrivono dediche con bombolette spray. Tutto ciò è dovuto principalmente alla mancanza di pulizia e sorveglianza all’interno della struttura, che è recintata, ma dove si può entrare in qualsiasi momento della giornata. Il parco ha due entrate, una dal parcheggio-area mercato, che viene chiusa, l’altra dal lato del monumento alla Madonna, che invece è sempre aperta. Addirittura, per motivi che ai cittadini interesserebbe sapere, il cancello su quel lato è stato “saldato” con una sbarra di ferro, per consentire di avere sempre un varco per accedere alla villa. La cittadinanza, dunque, invoca provvedimenti urgenti da parte dell’amministrazione comunale.

di Antonio Taglialatela del 1/07/2007 - fonte (alla fonte anche fotografie eloquenti)

Contro il bullismo servono fatti, non parole

Non parole, ma fatti. Contro il bullismo, la Chiesa con i suoi oratori, non fa proclami, non emana editti né minaccia punizioni: nei suoi oratori, in queste vacanze canta la vita, la danza, la gioca per migliaia di ragazzi dei vari Grest o Campi Estivi ai quali propone un modo sereno, tranquillo, vivace per vivere le vacanze. E’ una prevenzione gioiosa alla quale partecipano migliaia di giovani animatori, che dopo una preparazione con esperti e con il Don dell’oratorio, si sono messi a disposizione dei piccoli, testimoniando ancora una volta la generosità dei giovani, quando vengono invitati a misurarsi in impegni forti di servizio. Non è facile neppure per loro: il linguaggio dell’educazione come quello della bontà è un cammino duro, esige sacrificio, fedeltà, costanza. Ma è da qui che nascono educatori per il futuro, da qui che si pongono le radici di un amore che diventa dono nel volontariato, nella famiglia, in una riposta che investe tutta la vita, quella sacerdotale o religiosa. Contro il bullismo, non parole ma fatti! Anche negli oratori possono succedere episodi gravi di bullismo, ma non sono causati dagli oratoriani o da chi partecipa al Campo. La responsabilità è di bande che non sopportano chi mette in crisi i loro gesti che sanno di vigliaccheria, perché se la prendono con i deboli, con vittime che non osano neppure fare una denuncia per paura del peggio. E’ di questi giorni il ripetersi di atti teppistici in un oratorio di Bologna, dove per impedire l’apertura del Grest, hanno provocato danni di migliaia di euro, rovinando una piscina, rubando computer, guastando giochi. Da mesi un altro oratorio è sottoposto alla violenza della banda di minori, che insultano, picchiano, rovinano cose, incuranti dei richiami del prete o degli adulti: “Denunciateci pure, tanto usciamo subito e poi ve la faremo pagare”. A questi “bulli” non si deve dare troppo spazio, anzi vanno fermati senza paura delle loro intimidazioni. Questo sarà più facile se le famiglie sostengono il Don e gli animatori. Ancor più facile se si riesce ad entrare in dialogo con loro: non stigmatizzandoli come delinquenti, ma chiedendo loro il perché si comportano così, quali risultati si attendono, sposando la violenza o accettando di essere succubi di un leader. Osando, si può chiedere loro di collaborare in alcune iniziative, perché questi “bulli” o gregari di “bulli” hanno anche delle capacità, che possono mettere a disposizione degli altri. Bullismo. Il problema c’è. Perfino l’Osservatore romano se n’è occupato con tre lucidi articoli di Ferdinando Montefuschi. L’ultimo terminava con il richiamo all’educazione, “dovere di tutti, e l’assenza anche di uno solo dei possibili interlocutori non può che diminuire l’efficacia”. Tra di essi, oltre la famiglia e la scuola, c’è la Chiesa, presente nei mille e più oratori, in ogni stagione. In quella estiva, addirittura, in maniera fantasticamente esplosiva: un boom di musica, colori e allegria!

Un momento forte di evangelizzazione, di preghiera! Se ognuno riesce a far bene la sua parte, sono convinto che il fenomeno bullismo si ridimensionerà, altrimenti saremo costretti a rimanere sul piano delle accuse e delle difese, senza approdare a qualcosa di nuovo.

1-7-2007 - fonte

Usa: sesso orale a 17 anni, resta in carcere

ATLANTA - Sta spaccando l'America il caso di uno studente modello della Georgia, di colore, condannato a 10 anni di carcere per aver fatto sesso orale quando aveva 17 anni, durante una festa nel 2003, con una 15enne. Dopo la modifica della legge, che dall'anno scorso non ritiene piu' reato il sesso orale tra minori consenzienti, e dopo 28 mesi di detenzione, un giudice a inizio giugno ha ordinato la scarcerazione del ragazzo, ma il procuratore ha fatto ricorso alla Corte Suprema, che si esprimera' solo a ottobre. Un gruppo di imprenditori ha persino raccolto un milione di dollari per la cauzione, negata pero' da un altro giudice. (Agr)

30 giugno 2007 - fonte

Vita da scrivere/03 - Bambini in affido: in mezzo alla bagarre, figli da difendere

A nove mesi dal caso della bimba "sottratta illegalmente" da una famiglia di Genova, riprendono i viaggi dei bambini bielorussi in Italia. Il ricordo degli eventi del settembre scorso fra genitori, politici e vite di piccoli da restituire alla vita.

ROMA - Vivono in case comuni, sono cresciuti tutti insieme e spesso si riconoscono dagli occhi tristi e dall'espressione di chi non ha già nessun sogno per cui vale la pena combattere. A volte hanno solo pochi anni, 2 o 3, ma sembrano vecchi. Sono i bambini degli istituti. Quegli istituti che l'applicazione della legge sugli affidi e le adozioni (la 149 del 2001) ha voluto chiudere per dare loro una possibilità in più. Ma quale?

La scorsa settimana, dopo un blocco di vari mesi, sono ripresi i soggiorni di cura in Italia dei bambini bielorussi. Era tutto fermo dallo scorso dicembre, quando i rapporti diplomatici fra Italia e Bielorussia avevano toccato il fondo in seguito alla vicenda della coppia genovese che, a settembre, aveva "sottratto illegalmente" una bambina bielorussa, la piccola Maria, in vacanza in Italia. Ora, grazie ad un accordo sottoscritto dai due governi, i programmi di accoglienza sono stati regolati nel dettaglio, e i viaggi sono ripresi.

Ritorno con la mente alla bagarre politica che si era scatenata a settembre, quando appariva davvero chiaro come si fosse perso il senso della misura. Che in casi come questi è la misura dei piccoli. Camminavo all'epoca fra una manifestazione e l'altra, sentendo genitori urlanti per strada, politici retorici in Senato e a Montecitorio e mi domandavo chi fosse in fondo fra di loro a conoscere e riconoscere i diritti dei minori. Sempre sulla bocca di tutti perchè è politicamente corretto, ma realmente poco conosciuti, frequentati e amati.

In mezzo ai genitori affidatari avevo letto rabbia, sofferenza ma anche poco senso della misura e della realtà. La realtà di scegliere un bambino in affido, che non è tuo per sempre e che devi prima o poi restituire alla vita. Un'attitudine difficile da avere, quella di amare e ricordarsi però ogni giorno che non è tuo, che non possiedi, che non avrai, quasi sicuramente, niente in cambio. Che quello che semini altri potrebbero (e spesso succede) distruggere, che l'amore che dai non torna indietro, che i frutti dell'affido sono pochi, difficili, sudatissimi e per niente gratificanti.

In piazza, davanti alla Camera manifestavano i genitori, piccola fetta di un mondo che in Italia è vasto abbastanza da tenere vigile l'opinione pubblica su un fatto, quello della bambina bielorussa, che è solo la punta di un iceberg di una realtà spesso poco chiara. Già, perchè prestare un servizio quale è quello dell'affido non vuol dire necessariamente pretendere di avere quel bambino per sempre. E mi facevano riflettere gli striscioni di quei genitori dalle storie segnate dalla sofferenza, chiedere a gran voce un diritto che non può essere tale. Perchè il soggiorno terapeutico, quello dei bambini bielorussi, non è automaticamente adozione. Perchè il servizio di accoglierli temporaneamente a casa non può voler dire arrogare pretese sulla loro vita. Anche se loro stanno molto meglio in Italia, e per gli italiani una famiglia ospitante, anche per poco, è meglio della freddezza dell'isitituto.

Ma in quei toni buonisti, che riempirono le pagine dei giornali e le immagini dei telegiornali, non sentii una voce levarsi per difendere loro, i piccoli. “Maria”, sotto i riflettori dall'anonimato più completo pronta, dicevano all'epoca le “nonne” (che nome odioso se la bambina non è davvero la loro nipotina) a compiere l'estremo gesto, quasi fosse una diva di avanspettacolo che deve rilanciare, e rilanciare ancora, un dramma che sembra si compia secondo gli schemi della fabula classica: l'angariato, i buoni e i cattivi. Mentre i ruoli dei buoni e dei cattivi avrebbero potuto, in fondo, anche ribaltarsi. "Maria” è stata davvero vittima, ma non solo dei ragazzi più grandi che in istituto hanno abusato di lei e delle autorità bielorusse che non fanno controlli negli internat, ma anche della famiglia, appiccicosa, di Cogoleto, che non voleva mollare contro ogni logica e contro il bene, alla fine, della stessa bambina e della sua storia. È poi vero che è salutare per un bambino piccolo vivere in una famiglia dove il dolore di non aver potuto generare si trasforma in ossessione e quindi in possessione? L'affido, ma anche l'essere genitori davvero, non vuol dire attrezzare la persona che è stata voluta e concepita per affrontare la vita e per restituirla alla vita?

Chi bisogna difendere, allora come oggi, non sono, di nuovo, i genitori e il loro diritto alla “genitorialità”, parola di moda negli ultimi mesi, ma i figli. Quei figli che devono crescere in luogo che non siano gli istituti, ma per i quali l'alternativa migliore ipotizzabile deve essere una famiglia con un padre e una madre, non troppo anziani e sufficientemente equilibrati. Inutili quindi le ultime e ultimissime proposte di legge per modificare la 149, dall'allargamento delle adozioni ai single alle richieste della comunità omosessuale che vuole avere il diritto di avere dei figli. Mentre per loro, i bambini, la necessità è quella di avere un padre che sia un uomo, una madre, donna, una stabilità della coppia che non lo renda di fatto figlio di separati dopo essere già nato figlio di tossici o di delinquenti, o orfano già una volta. Bagarre inutili quindi quelle sull'allargamento delle “categorie” che possono adottare: i bambini sono molto meno, denunciano le associazioni che si occupano di minori negli istituti, di quelli che li richiedono. L'iter è lungo, troppo lungo, e la richiesta di abbassare i tempi per fare incontrare “domanda ed offerta” sembra una delle poche ragionevoli in mezzo al can can di casi umani, sentimentalismi e scarsa conoscenza della materia. La “materia” incriminata è sempre lì, un tempo chiusa negli istituti, oggi ancora in comunità di accoglienza, e affidata ad assistenti sociali spesso assenti, poco sensibili e poco formati, in attesa di recuperare una felicità che pochi, pochissimi, riusciranno a vivere.

di Marta Catalano - 01/07/2007 - fonte

Leggi anche: Vita da scrivere. Tutte le parole che vengono in mente

Non uno di meno

Sono stati assegnati tre sottosegretari alla Minerva: Gaetano Pascarella, senatore nella precedente legislatura, ha fatto parte della Commissione parlamentare per l'infanzia, della Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito e di quella sul riciclo dei rifiuti; Letizia De Torre, insegnante di matematica e deputato dell'Ulivo eletta in Trentino Alto Adige, dove ha partecipato attivamente alla vita politica; Mariangela Bastico, assessore all'Istruzione nella Regione Emilia Romagna, distintasi per aver cercato di contrastare con particolare impegno l'applicazione della Riforma Moratti, vicina al già citato Francesco Mele. Consolante il fatto che la Bastico assuma anche l'incarico di vice-ministro.

Ecco alcune delle sue affermazioni:

[...] Con questa consapevolezza, ho proposto al consiglio regionale - che le ha approvate - due leggi: una sul diritto allo studio, che ha consentito a tanti studenti delle scuole elementari, medie e superiori di ottenere borse di studio; l'altra sull'istruzione e la formazione. La chiamo la legge del "non uno di meno" (anche se quasi tutti la chiamano "legge Bastico") richiamandomi al bellissimo film di Zhang Yimou, perché l'obiettivo della legge è che tutti i ragazzi della regione - e non uno di meno - possano raggiungere un diploma o una qualifica professionale.

Rimarchevole la sua attività a sostegno dei giovani, dei disoccupati, delle donne, oltre all'attenzione e la sensibilità dimostrata nei confronti dei disabili. Qui le affermazioni suoi sostenitori.

In particolare le scrive Luca Pazzi, docente alla facoltà di ingegneria dell'Università di Modena e Reggio:

Mi sono trovato recentemente coinvolto in una discussione su un forum telematico a proposito della privatizzazione della scuola e dell'Università, e contestualmente dello smantellamento della parte pubblica. Mi e' piaciuto molto citare il tuo slogan "non uno di meno"... e devo dire che ha fatto molto effetto! Condivido la tua idea che la scuola e' un'istituzione, e come tale deve dare pari opportunita' ai cittadini. Il recente finanziamento da parte del MIUR delle Universita' private va contro ogni logica di pari opportunita': chi ha gia' i mezzi per far frequentare a un figlio un'Universita' privata non dovrebbe ricevere denaro dallo stato, neppure indirettamente.
Spero che molti vengano a conoscenza delle battaglie culturali e politiche da te condotte. Io faccio il possibile per farle conoscere.

Molto positivo che la Bastico provenga da una regione, l'Emilia Romagna, da sempre attenta alla scuola pubblica, la regione che ospitò gli illustri studiosi americani (tra cui Jerome Bruner) che definirono le scuole italiane, in particolare quelle dell'Emilia, le migliori del mondo. Questo fino a una decina d'anni fa, quando soprattutto la nostra scuola tecnica si qualificava tra le migliori, se non del mondo, dell'Europa. Poi è successo quello che è successo, nessuno ha più attuato una politica meritocratica seria, finchè prendere la scuola a pallate di sterco è diventato uno sport nazionale (intervista di Sefano Borgarelli ad Adriano Colombo, segretario nazionale del GISCEL)

18 maggio 2007 e 30 giugno 2007 - di Teresa Celestino - fonte

Tumore prostata, nuova tecnologia riduce rischio impotenza

Potenza mantenuta fino al 79% e incontinenza inferiore al 2%. Sono i sorprendenti risultati di uno studio clinico in cui 300 uomini hanno ricevuto una terapia innovativa del cancro alla prostata. La brachiterapia ad alto rateo di dose (HDR, high dose rate), abbinata ad una nuova e innovativa tecnologia di imaging ha dimostrato di essere efficace come le terapie tradizionali, ma con una probabilità molto minore di causare i comuni effetti indesiderati di impotenza e incontinenza.

Di solito, la radioterapia viene somministrata da una fonte esterna situata ad una distanza, ed è pertanto diretta sull'intera area della prostate. Ciò rende praticamente impossibile evitare di penetrare nei tessuti sani, compresa la sensibile uretra. Dopo l'operazione chirurgica o la teleterapia tradizionale, fra il 40 e il 100% degli uomini saranno impotenti, ed il 35% dei pazienti soffrirà di incontinenza.

Nella brachiterapia, il tumore viene invece irradiato dall'interno, introducendo piccolo tubi nella prostata in punti specifici, quindi inserendo un isotopo radioattivo temporaneamente (HDR) o permanentemente (impianti piccolissimi) in ciascun tubo per somministrare la dose appropriata.

Fino a poco tempo fa, la precisione della brachiterapia HDR era determinate dal posizionamento dei tubi basata sull'imaging CT. Tuttavia la scansioni CT tendono a produrre immagini indistinte della prostata.
Una nuova tecnologia per migliorare la precisione della brachiterapia HDR è stata sviluppata da un team interdisciplinare di oncologi radiologi e fisici medici insieme a Nucletron, un importante produttore di apparecchiature e software per radioterapia.
La tecnologia di imaging di tempo reale da essi create ha reso oggi possibile vedere aspetti cruciali della procedura nel momento in cui viene eseguita, invece di basarsi su immagini passate. Questo significa che i medici possono vedere la posizione degli organi, controllare che i tubi stiano seguendo i corretti percorsi di inserimento, e modificare la dose per mirare più accuratamente il tumore evitando al tempo stesso aree vulnerabili.

I risultati dello studio effettuato con questa nuova tecnologia sono stati annunciati la settimana scorsa alla dodicesima conferenza internazionale sull'uso ottimale della radioterapia avanzata nell'oncologia a modalità multipla, tenutasi a Roma. Lo studio è stato eseguito dai Professori Zamboglou, Tunn e Baltas dell'Ospedale Universitario di Offenbach, Germania, riunendo un team interdisciplinare di urologi, oncologi radiologi e fisici clinici.

Sanihelp.it - di Silvia Nava - 30-06-2007 - fonte

Contro il fenomeno droga tolleranza zero a partire dalle scuole

Nell’ultimo periodo si è sentito spesso parlare del problema della droga soprattutto in relazione al consumo che ne farebbe una fetta consistente di minori, con casi clamorosi di consumo fin dagli 11 – 12 anni. Un consumo che, sembrano dire vari casi di cronaca e confermare alcune indagini della polizia, avviene anche all’interno delle scuole. Proprio nei luoghi a cui noi genitori affidiamo i nostri bambini e ragazzi con la speranza che siano sicuri e la fiducia riposta in chi lì dovrebbe vigilare. Eppure i fatti dimostrano il contrario, in alcune scuole si fumano spinelli nei bagni – quando invece non si dovrebbe fumare per niente – in altre si spaccia. Generalizzare è sbagliato, non in tutte le scuole è così e non tutti i ragazzi si drogano; tuttavia è necessario essere intransigenti. Nessuna tolleranza può essere ammessa di fronte alla presenza o all’uso di droga, in nessun luogo e tanto meno a scuola, dove i minori devono poter vivere in un ambiente totalmente sano, legale e privo di pericoli per la loro salute. A tal fine il Moige ha accolto positivamente la proposta del Ministro della Salute Turco di inviare nelle scuole le forze dell’ordine negli istituti per accertarsi che non ci sia droga. “E’ giusto partire dalla scuola perché bisogna richiamare i giovani alla legalità e dare un messaggio chiaro – ha commentato la Munizzi - ci sono luoghi nei quali non si può transigere in alcun modo verso atteggiamenti illegali o dannosi”. Meno entusiasmo invece per la proposta del sindaco di Milano, Letizia Moratti, di dare gratuitamente alle famiglie un kit per verificare l’eventuale uso di droga. “Un metodo – ha detto la presidente – che potrebbe portare in famiglia il sospetto più che il dialogo; e poi cose del genere andrebbero concordate con le famiglie, non decise senza ascoltarle”.

Moige - http://www.gazzettadisondrio.it/ – 30 VI 07 - fonte

‘Solo denunciato, perché?’

Albanese deferito per ebbrezza e omicidio colposo, la gente non ci sta

Agli arresti, piantonato, non finisce nessuno. Si parte da una denuncia: quella formalizzata ieri mattina nei confronti di Ashim Tola, l’albanese 34enne alla guida dell’Audi A4 che si è schiantata contro la Seat Leon sulla quale viaggiavano Adam, Junior, Adenilson e Davide, tutti morti sul colpo la notte tra mercoledì e giovedì scorsi, a Castelvetro Piacentino, poco oltre il Bennet, lato Monticelli d’Ongina. La confema è giunta ieri dal pm piacentino Antonio Colonna.

La denuncia per guida in stato di ebbrezza e per omicidio colposo plurimo — di cui si è appreso ieri mattina in Procura a Piacenza — è stata formalizzata nelle ore durante le quali in tanti, di qua e di là del Po, iniziavano a domandarsi perché non fosse ancora arrivata la notizia di un arresto. La risposta sta nel Codice: niente pericolo di fuga, anche viste le condizioni del 34enne; e poi il giovane a Piacenza ha famiglia, lì abita con i genitori. Insomma, nessun rischio che sparisca. Detto questo, pensare che tra qualche giorno, se il quadro clinico migliorerà (è il meno grave dei tre albanesi a bordo dell’Audi A4 station wagon, tutti peraltro ancora in prognosi riservata: lui è in Chirurgia, gli altri in Rianimazione), potrà lasciare l’ospedale Maggiore senza chiedere conto a chicchessia fa masticare amaro parecchi. Questo è stato un leit motiv, ieri, tra i parenti e gli amici che si sono stretti alle quattro famiglie distrutte. Un sentimento a tratti rabbioso, quello espresso da decine di persone, che non si può tacere. Quanto alle certezze degli inquirenti — la titolarità dell’indagine spetta ai carabinieri della stazione di Monticelli d’Ongina — quella che al volante dell’Audi A4 si trovasse Tola è fuori discussione e si deve all’incrocio degli elementi raccolti a spron battuto nelle ore successive lo schianto. A cominciare dalla testimonianza degli operatori del servizio 118 intervenuti tra le lamiere delle due vetture: hanno riferito d’aver soccorso la persona alla guida dell’Audi dopo le altre due e di aver tolto soltanto a quest’ultima i pantaloni. Cercare quel capo d’abbigliamento e trovarvi nelle tasche il documento del 34enne è stato tutt’uno per i militari guidati dal comandante Vincenzo De Luca, che poi hanno ottenuto un’ulteriore conferma da alcuni soccorritori: è stato chiesto loro se risultasse che alla guida ci fosse il 34enne e la risposta è stata affermativa, senza esitazione alcuna. Quanto al tasso di alcol, da Piacenza si è appreso ieri che il test fatto sul 34enne ha rivelato un livello pari a 1,69 (0,5 il limite consentito dal Codice della Strada per mettersi alla guida di un veicolo). Tracce di alcol sono state trovate anche nel sangue del proprietario dell’Audi, Defrim Prenci (il quale, non essendo alla guida, non è stato deferito). Quanto al terzo albanese a bordo della station wagon, il cugino di Tola, nel suo sangue non risultano tracce rilevanti di alcol. Ieri si è fatta strada l’ipotesi che l’Audi A4 abbia iniziato a sbandare nei pressi del bivio per San Pedretto perché i tre avevano deciso di raggiungere il locale notturno che si trova in quella frazione. Un’ipotesi destinata a restare tale. Come quella dei fari spenti dell’Audi.

di Giacomo Guglielmone - 30-06-2007 - fonte

correlato all' articolo precedente

Denunciato il conducente dell'auto killer

PIACENZA - Non è stato facile capire chi era alla guida dell'Audi A4 che ha provocato la strage. Fondamentale è stato il contributo dei soccorritori, che hanno fornito indicazioni utili per stabilire che al volante della macchina impazzita, che all'una e 40 di giovedì si è schiantata contro quella dei quattro ragazzi cremonesi morti sul colpo, c'era Ashim Tola, l'operaio albanese di 34 anni, residente a Piacenza, denunciato per guida in stato d'ebbrezza e per omicidio colposo plurimo.
Un paio di pantaloni tagliati durante i primi soccorsi costituiscono la prova fondamentale contro l'automobilista. Pantaloni tolti al ferito trovato al volante dell'Audi per praticare le cure d'urgenza sul luogo dello schianto, lungo la strada tra Monticelli e Castelvetro. Solo lui è stato caricato sull'ambulanza senza calzoni: visto che in una tasca c'era un portafogli con un documento, è stato possibile risalire al nome. La prova del nove l'hanno poi fornita gli stessi soccorritori, ai quali sarebbe stata mostrata una foto di Ashim: l'avrebbero riconosciuto come il paziente trovato al posto di guida.

Ieri mattina il comandante dei carabinieri di Monticelli, maresciallo Vincenzo De Luca, ha depositato gli atti relativi all'incidente stradale nell'ufficio del pubblico ministero Antonio Colonna. Atti che hanno permesso di formalizzare l'accusa e notificare l'avviso di garanzia al 34enne. Tra questi anche il risultato degli esami eseguiti per stabilire il tasso di alcol nel corpo dell'automobilista: era di 169 milligrammi per litro di sangue, ben al di sopra del limite consentito per legge di 0,5.

Era ubriaco anche Defrim Prenci, 27 anni, residente a Forlì, proprietario della vettura, venuto a visitare Ashim, e il cugino Gentian Tola, entrambi di Piacenza. Soltanto quest'ultimo è risultato sobrio. Rimangono tutti e tre ricoverati all'ospedale di Cremona e le condizioni di Defrim e di Gentian vengono giudicate disperate.

Poco prima che la loro auto, diretta verso Piacenza, invadesse la corsia opposta, si scontrasse con la Seat Leon della comitiva cremonese e uccidesse i quattro giovani occupanti, il trio era stato a un night di Castelvetro. L'addetto alla sicurezza non aveva permesso che entrassero perché apparivano ubriachi e perché uno di loro aveva avuto un comportamento particolarmente aggressivo. Non si sa dove fossero diretti. Forse a casa, ma non si può escludere che stessero ripiegando verso un night a San Pedretto: il bivio per la frazione di Monticelli si trova, del resto, proprio a poche centinaia di metri dal punto dello schianto.

Poco fondata sembra invece l'ipotesi che l'Audi degli albanesi viaggiasse a fari spenti. Lo avrebbero dichiarato le amiche dei quattro ragazzi morti, che erano su un'altra auto e seguivano la Seat. Ma sarà difficile accertare se le cose stavano veramente così. Le ragazze potrebbero aver avuto l'impressione che le luci non erano accese perché l'Audi ha sbandato e ha rivolto il muso verso i campi. D'altro canto, l'eventuale conferma di questa tesi non farebbe altro che aggiungere un nuovo dettaglio al quadro già gravissimo per l'automobilista indagato.

Paolo Marino - 30 giugno 2007 - fonte

Lady Diana: il mistero si infittisce

Un assassinio che può essere paragonato a quello di John F. Kennedy. Lo sfoggio di meschinità della famiglia reale.

Continua l'inchiesta sulla tragica morte di Lady Diana: il mistero si infittisce. Secondo un tabloid inglese, il Daily Express, gli investigatori che stanno indagando sulla fine a Parigi della ex moglie di Carlo di Inghilterra non possono escludere che sia stata uccisa. L'inchiesta aperta nel gennaio del 2004 avrebbe un unico scopo: smontare tutte le teorie di un complotto ordito dai servizi segreti inglesi e con l'avvallo diretto della famiglia reale. A capo dell'indagine il superpoliziotto, Sir John Stevens, ex capo di Scotland Yard che aveva ricevuto la precisa direttiva di analizzare la fine di Diana e smentire ogni ipotesi di complotto. Un indagine costata già costata 3 milioni di euro, adesso si è allargata. Gli investigatori, secondo il tabloid non riuscirebbero a eliminare il sospetto di un complotto. Inoltre, gli inquirenti starebbero indagando anche sulla possibilità che l'autista a servizio della famiglia Fayed fosse sul libro paga dei servizi segreti inglesi. A complicare ulteriormente la vicenda si è aperto un altro ramo di indagine che riguarda la morte del primo amante conosciuto della principessa del Galles, Barry Mannakee, deceduto in un incidente di moto nel 1987 e il fotografo James Andanson trovato morto tre anni dopo dalla morte di lady Diana in un bosco, a seguito di un “ suicidio”. Il settimanale inglese The People (2 milioni di lettori) ha citato fonti anonime vicine alla polizia francese secondo cui l'operazione è stata condotta da "ex" agenti dei servizi inglesi MI-6 (quelli che operano nelle imprese di sicurezza "private" ). Da altre fonti l'EIR ha potuto ricostruire come all'Hotel Ritz ci fossero almeno cinque personaggi sospetti che seguivano gli spostamenti di Diana e Dodi Al Fayed. Uno di questi osservava l'uscita posteriore dell'Hotel, e ha fatto una telefonata col suo cellulare quando ha visto uscire l'auto con Diana a bordo, successivamente si sarebbero messi in moto non solo i fotografi, che si presumeva fossero stati depistati, ma anche le due automobili che avrebbero causato l'incidente. Ma vediamo cosa accadde. Diana e Dodi lasciarono la Francia del sud alle 13:30 del 30 agosto e su un Jet del padre e andarono a Parigi.

Alle 15:20 l’aereo arrivò a Le Bourget di Parigi e una Mercedes seguita da una Range Rover verde li stava aspettando. Nell’auto c’era anche la guardia del corpo di Dodi: Trevor Rees-Jones, 29enne che era stato membro del reggimento scelto dei Parà britannici e nella Range Rover c’era Henri Paul, il capo di sicurezza al Ritz e un’altra guardia del corpo, Kes Wingfield.

E si fermarono a Villa Windsor, una casa che oggi appartiene a Mohamed Al Fayed che si vociferava sarebbe stato il loro regalo di nozze. Non è vero che si fermarono per lungo tempo ma da come afferma la seconda guardia del corpo si fermarono li per circa 10 minuti. Il Ritz si trova in Place Vendome e tutti i palazzi che circondano la piazza, al primo piano, presentano simboli del sole e della croce molto simili ai simboli usati dagli antichi per rappresentare il percorso del sole nl corso dell’anno. Al centro della piazza inoltre c’è una statua che ricorda molto la colonna Nelson a Trafalgar Square. La protezione di Diana come abbiamo visto era affidata alle guardie di Al Fayed e non al SPHP, per i VIP, della polizia Parigina. L’SPHP si offrì di scorta per più volte ma Dodi rifiutò. I promessi sposi andarono nella Suite Imperiale seicentesca del Ritz (6000$ a notte). Li chiamò un suo amico, giornalista del Daily Mirror Richard Kay al quale confessò di voler ritirarsi dalla scena pubblica a novembre, era molto felice. Poco dopo le 19:00 la Mercedes fu condotta lungo gli Champs Elysées fino all’appartamento di Dodi vicino all’arco di trionfo. Henri Paul che aveva finito di lavorare alle 19:00 fino alle 22:00 sparì, e nessuno ha mai svelato dove sia stato in quelle ore. Quando lasciarono l’hotel Ritz, dove avevano cenato non c’era nessuna scorta e si imbarcarono su un’altra Mercedes, della serie 600 che era priva dei vetri oscurati e affittata dall’hotel . Al volante c’era Henri Paul e accanto a lui c’è Trevor Rees-Jones, una guardia del corpo di Al Fayed, che è sul sedile posteriore con Diana alle 12:20 partì a grande velocità.Dopo aver percorso Rue Camion girò a destra in Rue Rivoli fino a Place de la Concorde, poi si fermò un attimo al semaforo, dove un paparazzo si accostò alla Mercedes e così quando c’era ancora il semaforo rosso si diresse verso Cours la Reine e imboccarono la gallera fatale e si schiantarono contro il pilastro n°13 Henri e Dodi morirono all’instante mentre Diana fu clinicamente morta dopo 20 minuti, cioè molto tempo prima che arrivasse all’ospedale. Trevor Rees-Jones sopravisse grazie alla cintura di sicurezza. Ma… il tunnel del Pont de L’Alma non si trova sulla strada che porta all’appartamento di Dodi, ma sulla strada opposta. L’assassino principale poteva essere Henri Paul, il quale ubriaco aveva fatto sbattere la macchina contro il palo. Due giorni prima una perizia di una visita medica disse che lui non aveva mai fatto abusi di alcolici. L’unica anomalia era che il suo sangue conteneva il 20,7% di monossido di carbonio (alcol nel sangue).

La prima ambulanza giunge sul posto alle 00:32. Diana, gravemente ferita, è ancora cosciente e si trova ai piedi del sedile posteriore. Dodi è sul sedile, morente: verrà dichiarato morto alle 01:30. Anche Paul è morto nell’impatto, mentre Rees-Jones è gravemente ferito. Diana, assistita sul posto, viene estratta dalle lamiere alle 01:00. Portata ancora viva all’ospedale Pitie-Salpetriere alle 02:06, presenta gravi lesioni al cuore e ai polmoni. Viene dichiarata morta alle 3 del mattino del 31 agosto 1997, Diana Spencer era nata il 1 luglio 1961 a Parkhouse ed era principessa del Galles. Si potrebbe ipotizzare solo una cosa che ad uccidere Diana non è stato l'urto del veicolo in cui viaggiava la notte del 31 agosto ma una somma calcolata di errori premeditati a cui i soccorritori furono indotti sotto la direzione personale di esponenti del governo francese che si sono tenuti in stretto contatto tra loro: il capo della Polizia di Parigi Philippe Massoni ed il ministro degli Interni Jean-Pierre Chevènement. Il primo ha diretto le operazioni nel tunnel de l'Alma, il secondo quelle presso l'ospedale La Pitié Salpetrière.

Bernardo Ferro - 30 giugno 2007 - fonte

Tutti amano qualcuno qualche volta

L'epitaffio sulla tomba dell'abruzzese Dean Martin.

Il 7 giugno scorso avrebbe festeggiato novanta anni, trascorsi da benzinaio, sul ring, nelle miniere, con le canzoni che gli diedero la popolarita', nei night club, cinema, Tv e palcoscenico. Mestieri che l’oriundo abruzzese svolse con coraggio, sbrigliatezza sino al tramonto, triste, disseminato di alcol e l’enfisema.Dino Paul Crocetti era nato a Steubenville, una cittadina dell’Ohio da genitori emigrati dall’Abruzzo (Montesilvano, in provincia di Pescara), dai quali aveva imparato qualche frase dialettale bislacca, che gli strappava grandi risate ogni qualvolta la ripeteva.

Alto, bello con un fascino che le donne adoravano, seduttore, viveur, amante della vita libera canto' recito', sul palcoscenico e dinanzi alle cinepresa di Hollywood, pur non essendo, come egli diceva, un vero attore. 'Ma se vogliamo sopravvivere, bisogna adattarci a tutto'.Non molti sanno che l’ex pugile, minatore, barbiere, croupier odiava gli ascensori e questa fobia la condusse con se nell’aldila'. Allo scadere degli anni 70, Dean rallento' la sua attivita' a causa di problemi di salute e nel nel 1988, dopo una festosa tourne' con Frank Sinatra e Sammy Davis, Martin esclamo': 'Sono contento di aver lavorato con questi due scansafatiche, pero' ci siamo divertiti piu' del pubblico'.

L’anno precedente una tragedia familiare completo' il tracollo fisico del noto personaggio italo americano: il figlio Dean, di 35 anni, mori' in un incidente aereo. Il lutto fu un duro colpo per la sua già debole salute. A questo aggiungete il vulcano di sigarette che Martin fumava come una ciminiera e l’alcol che avevano ridotto un vegetale l’artista geniale più amato del momento.Sempre pronto alla battuta allegra, quando gli chiedevano 'Come vuoi che scrivano l’epitaffio sulla tua tomba?' rispondeva: 'Tutti amano qualcuno qualche volta', il titolo della sua famosa canzone.

Ora si legge veramente sulla sua tomba nel cimitero di Westwood in California, dove riposa dal giorno di Natale del 1995.

Per Ap Lino Manocchia - 30.06.2007 - fonte

Basta guerre nel mondo!