“Sono l’unico membro della banda vivo e libero”

SÃO LUIS, Brasile, 6 agosto 2007 (IPS) - Avevano quasi tutti 15 o 16 anni quando hanno fondato la banda "Falta de Deus" (mancanza di Dio), nome scelto perché “eravamo tutti contro Cristo”. Dei 25 membri, 10 sono morti e 14 sono in carcere. “Io sono l’unico ancora vivo e libero”, racconta il ventiduenne Elias da Silva.

Tra i nomi delle violente bande giovanili che hanno iniziato a moltiplicarsi negli anni ‘90 a São Luis, capitale dello stato di Maranhão, nel nord-est del Brasile, vi sono “Messaggeri dall’inferno”, “Organizzatori della mente”, “Anatre pazze” e “Notturni terribili”.

Cinque degli affiliati al gruppo di Silva erano ragazze, due delle quali sono morte. Il gruppo aveva poche armi da fuoco, e usava anche coltelli e machete per derubare e rapinare, o nelle battaglie con gruppi rivali, dove hanno perso la vita 10 membri di Falta de Deus e non si sa quanti ragazzi delle altre bande.

”Io stesso sono stato pugnalato allo stomaco, e ho trascorso diversi giorni in ospedale”, racconta Silva.

Le bande di adolescenti, una forma di socializzazione spesso aggressiva, sono comuni in tutte le grandi città del Brasile, ma non raggiungono i livelli di violenza e criminalità di São Luis.

Le crudeltà delle bande e le loro guerre per il territorio ricordano le lotte tra gruppi rivali nella città colombiana di Medellín degli anni ‘80 e ‘90. Le bande rivali sono state smembrate e le loro parti seppellite “nel mezzo di un’euforia ritualistica, alimentata da alcol e droga”, racconta Silva.

”Avevamo dei piani per dominare una parte dell’area di Villa Bessa”, dove il gruppo aveva il suo quartier generale, e “talvolta godeva del sostegno dei trafficanti di droga”.

Il numero e la forza delle bande sembra siano diminuiti negli ultimi anni; ma la polizia di São Luis ha registrato 329 crimini commessi da minori nella prima metà del 2007, tra cui 23 omicidi. Nella maggior parte dei casi, non c’erano adulti a guidare gli adolescenti, contrariamente ai reati legati al traffico di droga nei quali sono coinvolti gli adolescenti.

Le ragioni per cui i giovani si ribellano ed entrano nelle bande sono diverse. “Molti vanno a vivere per strada a causa dei maltrattamenti nelle loro famiglie”, dice Silva, nato a Brasilia e presto “abbandonato davanti alla porta di un ospedale”. Dopo aver trascorso 14 anni in orfanotrofio, è ricomparso suo padre, che l’ha portato a São Luis. Non ha mai conosciuto la madre e non sa cosa le sia successo.

Silva racconta che suo padre beveva molto e spesso lo picchiava, e dice che una volta lo ha costretto a bere tanto da provocargli un coma alcolico.

Silva non sa nemmeno cosa sia successo alla sua matrigna e alla sorellina, consegnata ad una donna che è poi scomparsa.

L’unica possibilità che aveva era la strada, e la vita delle bande.

Dopo diversi arresti e torture per mano della polizia, dopo aver sofferto la fame per strada e assunto droghe di ogni tipo, Silva, ormai logorato, ha capito di dover “prendere un’altra strada”.

I cambiamenti sono arrivati gradualmente. Matraca, un’agenzia di stampa brasiliana che si batte per i diritti dell’infanzia, lo ha invitato, grazie alle sue qualità di leadership, ad entrare in una rete nazionale di giovani creata per fare pressioni e controllare le politiche pubbliche legate a bambini e adolescenti.

”Ho scoperto una nuova vita”, ha detto.

Silva attribuisce il suo recupero anche alla speciale attenzione ricevuta nella Fundação da Criança e do Adolescente do Maranhão (Fondazione per bambini e adolescenti - FUNAC), ente governativo che si occupa di bambini abbandonati e minori detenuti per azioni criminali, cercando di “riabilitarli” attraverso “misure socio-educative”.

La reputazione di FUNAC varia da stato a stato, ma in generale si ritiene che venga meno alla sua missione. Il suo nome è stato coinvolto in abusi, e i detenuti spesso organizzano sommosse e fuggono.

A 18 anni, Silva non aveva più i requisiti per ricevere assistenza dal FUNAC.

”In Brasile non ci sono politiche per i giovani”, denuncia Marcelo Amorim, capo di Matraca.

Silva ha accettato di essere ammesso alla Fazenda da Esperança di Coroatá, a 250 chilometri dalla città di São Luis, un centro di riabilitazione per tossicodipendenti gestito dalla Chiesa Cattolica.

”Quando sono arrivato pesavo solo 50 chili, oggi peso 98”, racconta Silva, alto 1 metro e 85, sopra la media della popolazione locale.

Dopo quasi tre anni di trattamento, non ha nessun interesse a tornare verso un passato segnato da “una tale, incredibile, sofferenza”. Da quando la sua riabilitazione è finita, Silva ha condiviso le sue esperienze con un gruppo di sostegno di São Luis, per aiutare altri giovani ad uscire dalla droga.

Tuttavia, corre il rischio di perdere il lavoro, perché l’azienda per cui lavora è sull’orlo della bancarotta. Avendo lasciato la scuola in prima media, non sarà facile per lui trovare un altro impiego.

Silva si trova poi di fronte a un’altra minaccia, che dovrebbe essere solo un ricordo del passato, dato che la banda ormai si è sciolta. “Avevamo l’accordo che non avremmo mai lasciato la banda”, e la punizione per i disertori sarebbe stata la morte, racconta Silva. “Io sono stato l’unico ad andare via”, aggiunge.

A São Luis hanno continuato a nascere nuove bande, e negli ultimi anni il numero di adolescenti coinvolti non sembra essere diminuito, dice Ana Carolina Alves, un’operatrice sociale che lo scorso anno ha lavorato sui rapporti della stampa relativi alle bande giovanili, per scrivere la sua tesi di laurea.

Le sue conclusioni si basano anche sulla sua esperienza come praticante nell’ufficio del pubblico ministero, dove ha visto coinvolti nella criminalità molti adolescenti provenienti dalle favelas di periferia.

Tuttavia, non esistono studi sul tema, né statistiche affidabili, denuncia Alves, ammettendo che comunque il problema delle bande è diminuito nei quartieri dove sono state avviate specifiche attività anti-bande.

È il caso di Coroadinho, considerata una delle aree più violente di São Luis. Il quartiere è infatti diventato una priorità per il segretariato di stato sulla sicurezza dei cittadini, che applica il suo nuovo metodo di lotta alle bande basato su dei piani locali delineati grazie al dialogo con la comunità locale, rappresentata da un consiglio per la difesa sociale.

Coroadinho, costituita da 17 comunità povere che ospitano circa 75.000 persone, lo scorso giugno ha festeggiato quattro mesi senza omicidi.

Quasi tutto il merito per la riduzione della violenza nel quartiere va al Projeto Paz Juvenil, coordinato da Claudett Ribeiro, un’educatrice che ha collaborato alla creazione dell’ente non governativo Instituto da Infância (IFAN).

Il progetto è attivo nell’area dalla fine del 2004, quando un sondaggio aveva identificato nove bande giovanili con sede in specifiche comunità o strade di Coroadinho.

Questo progetto di pace per i giovani ha promosso seminari, sondaggi, corsi e un laboratorio letterario, organizzati dai membri delle bande e rivolti a loro.

Il Projeto Paz Juvenil ha portato un nuovo ottimismo, e la speranza che è possibile superare il problema della violenza nel quartiere attraverso un nuovo approccio sul tema, non più visto come una questione che riguarda esclusivamente la polizia o l’applicazione della legge, ma come un fenomeno sociale più ampio. Il nuovo metodo ha dato voce anche ai giovani, aiutando a superare lo stigma e il pregiudizio diffuso tra i membri delle bande.

Le lotte tra bande a Coroadinho, 226 delle quali si sono sviluppate nella prima metà del 2004, sono scese a 10 nello stesso periodo di quest’anno, come riferiscono le ricerche di IFAN basate su documenti della polizia militare.

Il quartiere “è ancora estremamente violento, ma è molto migliorato negli ultimi due anni”, riferisce una commerciante locale che vive qui da 15 anni e dà solo il suo nome di battesimo, Cristina.

Ora la polizia è aumentata, e così anche un ampio spettro di azioni sociali, “soprattutto quelle intraprese da Claudett Ribeiro”, eccellenti anche se realizzate su piccola scala, aggiunge Cristina.

Un giudizio analogo è stato espresso dal sergente França, abitante di Coroadinho e per 20 anni membro della polizia militare; França sostiene che la droga sia la causa principale della delinquenza giovanile, aggravata dalla maternità nelle adolescenti e dalla carenza di scuole, attività e spazi ricreativi, cause che “spingono i più giovani sulla strada”.

Altre iniziative, come una maggiore presenza della polizia, azioni comunitarie, e un centro di formazione professionale, hanno contribuito a ridurre i livelli di criminalità a Coroadinho, ma il progetto di pace giovanile è stato il solo a coinvolgere direttamente i giovani membri delle bande, che per molti dovevano rimanere “invisibili”, secondo Ribeiro.

L’aspetto del progetto che ha avuto il maggiore impatto è stato un laboratorio di scrittura, che ha organizzato concorsi per racconti brevi, poesia e testi di hip-hop, consentendo ai giovani di esprimersi, discutere collettivamente diverse questioni, e migliorare la loro autostima e le relazioni interpersonali.

La maggior parte dei partecipanti apparteneva a bande giovanili, o si trovava nella loro zona di influenza.

Dal laboratorio di scrittura è venuta fuori la Revista Literária Portal do Coroadinho, cui hanno partecipato 68 giovani. É stata pubblicata dai partecipanti al laboratorio, che hanno anche promosso una campagna per la raccolta di rifiuti solidi nella comunità e un sondaggio sui giochi tradizionali.

Il risultato più promettente del progetto di pace giovanile, secondo Ribeiro, è la recente “associazione di giovani volontari per la pace”.

L’obiettivo iniziale del primo presidente della nuova associazione, Marcos Santana da Silva, era solo quello di far conoscere i giovani tra loro, per superare le barriere imposte dalle bande all’interno del quartiere.

Tra gli altri obiettivi, quello di aprire opportunità di lavoro e promuovere corsi ed eventi sportivi e culturali.

Santana, che ha vinto diversi premi nel laboratorio letterario del progetto, sostiene di non essere mai caduto nella “trappola della violenza“, ma racconta che lui e il suo compagno nel gruppo, José Ribamar Mendes, hanno fratelli e amici che si sono “persi” per droga e violenza, o sono rimasti uccisi da pistole e machete.

Mendes, per esempio, evita le feste da quando è stato vittima di un attentato con una pietra che gli ha lasciato una cicatrice sul viso.

Il progetto di pace giovanile, che ha lavorato direttamente con circa 1.000 adolescenti, propone un’alternativa basata sulla comunità, centrata sulla prevenzione e guidata dall’energia degli stessi giovani, in modo che il processo di recupero non sia solitario e doloroso, come è stato per Elías da Silva.


Mario Osava - 06/08/07 - ipsnotizie.it

Dismorfismo corporeo

Terapia in psicologia emotocognitiva del dismorfismo corporeo


Il disturbo di dismorfismo corporeo è un disturbo somatoforme per il quale la persona focalizza la propria attenzione su un supposto difetto fisico, reale o immaginario, che tende a divenire il pensiero dominante nella vita della persona fino a condizionare inevitabilmente le proprie funzioni sociali, lavorative, relazionali, ecc.


La psicologia emotocognitiva ha già spiegato come i processi attentivi dell'organismo incrementino gli stati di tensione centrali e periferici rispetto al sistema nervoso ovvero l'organismo può prestare attenzione esclusivamente incrementando i propri stati tensivi.


Ad un certo punto della vita della persona, indipendentemente dal "motivo", l'organismo si è trovato a focalizzare la propria attenzione su uno pseudo difetto fisico. Questo ha generato un incremento di tensione difetto-specifico. L'incremento di tensione raggiungendo livelli di soglia critici genera nell'organismo uno stato di sofferenza. L'organismo a questo punto cerca di risolvere il proprio stato di disagio tentando di decrementare i livelli di tensione. Però l'attenzione sulla tensione tende, per gli stessi processi psicofisiologici che hanno generato i processi tensivi originariamente, ad incrementare proprio la tensione che la persona cerca volontariamente di risolvere. Essendo la tensione sintomo-specifica il soggetto cerca di risolvere il proprio difetto o comunque di controllarlo evidenziando la base ansioso-ossessiva legata al disturbo. Questo significa che il soggetto cerca volontariamente di agire sulle proprie rappresentazioni (concetto di oggetto in psicologia emotocognitiva) visto che non può controllare direttamente lo stato di disagio causato dall'attenzione sul "difetto".


Quello su cui la psicologia emotocognitiva focalizza la propria attenzione è sul tentativo che la persona mette in atto nel cercare di ridurre i livelli di ansia generati dalla focalizzazione dell'attenzione sul presupposto difetto fisico.
La tensione prodotta genera la sofferenza che la persona tende a ridurre attraverso i comportamenti sopra indicati. I propri comportamenti così come le comunicazioni ed i comportamenti di chi sta intorno al soggetto con disturbo di dismorfismo, però, tendono a ridurre i livelli di sofferenza soltanto temporaneamente e per periodi davvero molto limitati (pochi giorni, poche ore o addirittura poche decine di minuti).


Di fatto le azioni che tendono a ridurre l'inevitabile sofferenza associata ai sintomi generano un incremento di tensione che genera a sua volta l'incremento della sofferenza che, la psicologia emotocognitiva, ha definito primaria (Baranello, 2006).


Al fine di controllare la situazione di ansia o angoscia prodotta dal problema esistono comportamenti molto comuni come ad esempio:


guardarsi costantemente allo specchio oppure evitare tutti gli specchi e le superfici riflettenti (come vetrine). Spesso i soggetti coprono gli specchi oppure non ne possiedono;
usare lenti di ingrandimento per verificare la presenza del difetti
camuffare il difetto
ricercare continue rassicurazioni
evitare situazioni potenzialmente imbarazzanti
ricorrere a chirurgia estetica
ricorrere a modificazioni estetiche transitorie (trucco)
eccessiva pulizia
eccessivo esercizio fisico
cambiamenti di abito frequenti
ecc.


Il controllo è soltanto però un tentativo della persona che di fatto fallisce in quanto il soggetto non risolve il proprio stato di sofferenza ma lo attenua soltanto in modo transitorio. In psicologia emotocognitiva tutte le azioni che non funzionano nel raggiungimento dello scopo terapeutico sono in realtà azioni patogenetiche o di mantenimento della stessa sintomatologia. Questo avviene sempre per incremento di tensione.


Quello in cui la persona si trova viene definito dalla psicologia emotocognitiva come loop disfunzionale (Baranello, 2006) ovvero un circolo vizioso che la persona vive fatto di tentativi costanti di ridurre stati di ansia e sofferenza che però falliscono.
Nascono così sentimenti di impotenza, incapacità e sono frequenti sintomi depressivi reattivi secondari.


Lo psicologo lavora proprio sui processi di mantenimento della sintomatologia scardinando, in genere in tempi brevi, ciò che sostiene e potrebbe aggravare il disturbo.


Sinteticamente lo schema utilizzato dagli psicologi ad indirizzo di psicologia emotocognitiva è il seguente:


Percezione del Difetto --> Sofferenza Primaria --> Controllo del Difetto


Il controllo del difetto avviene per tentare di ridurre la sofferenza primaria associata alla percezione del difetto. La sofferenza primaria (ansia, angoscia,...) è però inevitabile e non controllabile direttamente. Di fatto il controllo del difetto, generando tensione, incrementa la percezione del difetto e quindi produce lo stato di angoscia. La sofferenza che la persona vive nel tentativo di controllare l'ansia è definita "secondaria" (Baranello, 2006), ovvero è generata dal tentativo della persona di ridurre la sofferenza primaria inevitabile.


Lo psicologo ad indirizzo di psicologia emotocognitiva non focalizza l'attenzione né sulla percezione del difetto né sul controllo dello stesso ma sul tentativo dell'organismo di evitare la sofferenza primaria. Di fatto il trattamento viene ridotto ad un intervento clinico per la terapia dell'evitamento fobico della sofferenza.


Diagnosi Fenomenologica del Disturbo di Dismorfismo Corporeo


Il disturbo di dismorfismo corporeo secondo la classificazione internazionale proposta dal DSM-IV-TR (APA, 2000) è classificato all'interno della più ampia categoria dei disturbi somatoformi. Noto popolarmente come dismorfofobia il disturbo, dal punto di vista fenomenologico, si presenta all'evidenza del clinico come caratterizzato dai seguenti criteri diagnostici:


Preoccupazione per un supposto difetto nell'aspetto fisico. Se presente una piccola anomalia, l'importanza che la persona le dà è di gran lunga eccessiva.
La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
La preoccupazione non risulta meglio attribuibile ad un altro disturbo mentale (l'insoddisfazione riguardante la forma e le misure corporee nell'anoressia nervosa).


Si ricorda al clinico che tutti i criteri A,B e C devono essere contemporaneamente presenti. Qualora si evidenziasse una preoccupazione per un difetto fisico soltanto supposto ma senza disagio clinicamente significativo o senza alcun deficit a livello sociale o relazione allora la diagnosi non può essere presa in considerazione.


Il criterio C è un criterio di esclusione su cui il clinico deve prestare attenzione durante la valutazione diagnostico-differenziale.


L'attenzione della persona con disturbo di dismorfismo corporeo è focalizzata molto speso su difetti lievi o, a volte, immaginari che possono riguardare diversi distretti corporei come la faccia, la testa, i capelli, acne, rughe, cicatrici, asimmetrie o sproporzioni del viso, oppure eccessiva peluria, ecc. così come manifestazioni vascolari quali pallore e rossore, sudorazione (DSM-IV-TR).


Altre parti del corpo comunemente interessate possono riguardare forme e misure come la grandezza del pene, grandezza e forma del seno, forma della vulva, pancia, fianchi, ecc.


Il ricorso alla chirurgia estetica è inoltre molto frequente. Un bravo chirurgo dovrebbe consigliare in assenza di un evidente difetto un esame di valutazione da parte di uno psicologo. Un disturbo di dismorfismo è ad esempio abbastanza evidente in quei soggetti che ricorrono costantemente alla chirurgia per ogni nuovo "difetto" percepito. Così capita che un soggetto che focalizza la sua attenzione sulle proprie labbra, una volta subito un intervento di chirurgia correttiva, inizi a focalizzare la propria attenzione su un'altra parte del corpo e così via.


Essendo il disturbo un problema che, in psicologia emotocognitiva, definiamo a base ansiosa sono frequenti anche tratti ossessivi di personalità, così come tratti evitanti e dipendenti. Ciò è evidente anche dai pensieri di natura ossessiva relativi al proprio difetto. Sono infatti pazienti che tendono a passare diverse ore ogni giorno a pensare ai propri difetti. Spesso tali pensieri tendono ad essere intrusivi e dominanti nella propria vita. Inoltre il clinico dovrà ricordare che difficilmente il paziente, a causa soprattutto dell'imbarazzo, descrive dettagliatamente il proprio pseudo-difetto e tende a parlare in modo più generalizzato della propria condizione.


Ricordiamo allo psicologo clinico che tratta pazienti con disturbo di dismorfismo corporeo che per scopi diagnostico-diffenziali vanno tenuti in considerazione soprattutto i seguenti disturbi:


disturbi dell'alimentazione;
disturbo dell'identità di genere (quando la preoccupazione del soggetto riguarda disagio e senso di estraneità rispetto ai propri caratteri genitali primari e secondari);
episodio depressivo maggiore (quando le rimuginazioni appaiono soltanto durante l'episodio). Si ricorda inoltre che episodi depressivi possono essere reattivi-secondari rispetto al dismorfismo;
disturbi di personalità del gruppo C (cluster ansioso) come disturbo evitante, dipendente ed ossessivo-compulsivo
fobia sociale
disturbo ossessivo-compulsivo (ansia). Il DOC può essere attribuito quando le ossessioni non sono limitate all'aspetto fisico. Va comunque ricordato che tratti ossessivi possono essere alla base del disturbo di dismorfismo.
quando l'intensità del disturbo raggiunge livelli deliranti è possibile una diagnosi aggiuntiva di disturbo delirante, tipo somatico (DSM-IV-TR).

Lo psicologo ad indirizzo di psicologia emotocognitiva associa ad una valutazione diagnostica di tipo fenomenologico la valutazione dei processi di organizzazione sistemica ovvero una valutazione delle modalità di funzionamento dell'organismo all'interno del proprio contesto.


La valutazione del funzionamento del soggetto è direttamente legata alla terapia psicologica. Infatti non è sufficiente l'attribuzione di una diagnosi per il trattamento.In questo la psicologia emotocognitiva si differenzia notevolmente dai metodi medico-psichiatrici per i quali ad un'attribuzione diagnostica corrisponde l'uso di speciali classi farmaceutiche.


In psicologia non è previsto l'uso di psicofarmaci che, stando alla nostra casistica clinica, tenderebbero a peggiorare o mantenere la situazione patologica anziché risolverla. Di fatto nella migliore delle ipotesi gli psicofarmaci possono risultare metodi di cura puramente palliativi. Nella maggior parte dei casi gli effetti collaterali sono maggiori degli effetti "terapeutici". Capita sovente che l'azione del farmaco risulti patogenetica.


Lo psicologo ad indirizzo di psicologia emotocognitiva interviene sui processi psicofisiologici di organizzazione e mantenimento della sintomatologia proponendo specifiche strategie per lo sblocco del loop disfunzionale (Baranello, 2006) in cui il soggetto si trova, come vedremo nella parte dedicata al trattamento.


Terapia Psicologica in Psicologia Emotocognitiva


Come abbiamo già avuto modo di indicare, la psicologia emotocognitiva tende a ridurre l'intervento clinico sul disturbo di dismorfismo corporeo ad un trattamento per l'evitamento fobico della sofferenza primaria. Questo avviene per ogni disturbo clinico ed è una delle principali innovazioni teoriche e tecniche prodotte dal modello.Lo psicologo, quindi, per poter intervenire deve valutare con estrema attenzione tutti i processi organizzativi disturbo-specifici ovvero come il paziente ed il proprio ambiente si sono organizzati in funzione del disturbo.
Lo psicologo potrà così, attraverso le tecniche del colloquio psicologico, arrivare ad una definizione sintetica del problema in termini di evitamento fobico e quindi intervenire attivando i processi terapeutici.
Tale attività viene svolta nelle primissime sedute dove va verificata l'effettiva possibilità terapeutica che, ricordiamo, deve essere visibile sia al clinico che al paziente.Sappiamo che spesso il paziente tende a non parlare del problema. Nei casi però in cui un paziente coinvolga, nel suo tentativo di essere rassicurato, anche la propria famiglia allora lo psicologo valuterà anche i processi di comunicazione e comportamento dei familiari del soggetto.
Infatti capita sovente che gli atteggiamenti siano di tipo rassicuratorio con tendenza a minimizzare il difetto cercando ad esempio di spiegare, far capire o tranquillizzare direttamente.
Questi atteggiamenti però contrastano con quello che viene automaticamente e spontaneamente espresso dal paziente che, ricordiamo, non simula il proprio stato di disagio. Quindi se il paziente dichiara di vedersi distorto allo specchio questa percezione è reale per il soggetto e nessun atteggiamento rassicuratorio può risolvere il problema anzi, spesso, genera una maggiore frustrazione e sensazione di incomprensione ed impotenza. Di fatto incrementa gli stati di tensione in grado di generare la sintomatologia.


Lo psicologo interviene scardinando tale situazione lavorando sui processi bio-psico-sociali che sono alla base del mantenimento del disturbo attraverso specifiche tecniche del colloquio utilizzate in psicologia emotocognitiva.


A differenza dei vecchi metodi psicologici di tipo analitico non c'è una focalizzazione al passato della persona né un'attenzione a cercare di comprendere pseudo cause inconsce. Tutta l'attenzione dello psicologo ad indirizzo di psicologia emotocognitiva è focalizzata sul qui-e-ora ovvero su ciò che oggi mantiene il problema e su ciò che nel futuro potrebbe aggravarlo. Sappiamo che i processi che hanno generato il problema sono reversibili e lo psicologo agisce proprio su questa possibilità di reversibilità automatica dell'organismo.


La terapia psicologica secondo l'approccio della psicologia emotocognitiva inoltre si differenzia anche dai classici approcci cognitivi e comportamentali in quanto prescinde dall'azione schematica di controllo del soggetto e si differenzia dagli interventi strategici in quanto non utilizza metodi ipnotici, suggestioni o inganni terapeutici.


Il trattamento psicologico attraverso le metodologie prodotte dalla psicologia emotocognitiva è generalmente breve e con un'alta aspettativa di efficacia. Occorre comunque ricordare allo psicologo che è abbastanza alto il rischio di drop-out da parte del paziente. Molti pazienti infatti non sono motivati al trattamento e spesso vengono in terapia soltanto su richiesta esterna.
In questi casi lo psicologo potrà intervenire anche in modo indiretto ovvero lavorando esclusivamente su almeno un familiare significativo che viva in contatto con il soggetto con diagnosi di dismorfismo.


Scardinando i processi ridondanti che sostengono la sintomatologia si attiva un cambiamento rapido che permette al paziente di ripristinare anche un normale senso di volizione, ovvero di percepire la propria capacità di essere soggetto attivo nella propria vita. Questo incrementa l'efficacia del trattamento in tempi brevi.


Essendo il trattamento riducibile alla terapia per l'evitamento fobico della sofferenza associata ai sintomi del disturbo di dismorfismo, verranno utilizzati strumenti clinici come lo schema ABC (strumento proprio della psicologia emotocognitiva) e tecniche di prescrizione sintomatologica.


Possiamo oggi affermare che la maggior parte dei sintomi del disturbo possono essere risolti in tempi brevi agendo con due forme principali di intervento. Da una parte l'intervento diretto sul paziente quando c'è motivazione al trattamento e dall'altra nuove tecniche di terapia indiretta agendo su almeno un familiare significativo.

Nella terapia indiretta lo psicologo fornisce alla famiglia specifiche strategie di comunicazione e comportamento che andranno a scardinare i processi psico-sociali che sono alla base del mantenimento della sintomatologia. Il trattamento indiretto ha una frequenza in genere minore ma i tempi del trattamento possono essere lievemente più lunghi anche se, in termini di sedute, il trattamento complessivo sarà molto breve.


La presenza comunque di gravi disturbi di personalità o di sintomi psicotici potrebbe peggiorare la progonosi e rendere l'intervento più lungo e complesso. Nella maggior parte dei casi, comunque, il trattamento risulta di media-breve durata.


Dott.ssa Laura Comerci - Dott. Marco Baranello

riferimento bibliografico per citare questa fonte:

Comerci, L., Baranello, M. (2007)
Terapia in psicologia emotocognitiva del dismorfismo corporeo
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).

Roma, 6 agosto 2007 - psyreview.org

1,600 le vittime delle alluvioni in Asia

1,600 le vittime delle alluvioni in Asia. Diecimila i bambini coinvolti


Il numero di vittime delle alluvioni causate dalle piogge monsoniche nell'Asia meridionale ha raggiunto quota 1.600 mentre le organizzazioni umanitarie lanciano un allarme che riguarda i bambini. Il ministro dell'Interno indiano ha parlato di 1.258 morti che, sommati ai 282 del Bangladesh e ai 91 del Nepal, raggiungono un bilancio totale di 1.631. I cittadini colpiti dalle precipitazioni e dalle inondazioni sono 31 milioni, tra cui 10 milioni di bambini.


Interi villaggi sono stati allagati e il piano di distribuzione degli aiuti sta subendo forti rallentamenti per le pessime condizioni delle strade, rese impraticabili dal maltempo. Solo in India le perdite economiche sono stimate sui 313 milioni di dollari, 227 milioni di euro. I dati raccolti parlano di precipitazioni tre volte maggiori rispetto alla media degli ultimi trenta anni.


Una barca che trasportava cento persone si e' capovolta e 35 persone sono morte sul Gange, nell'India orientale.

Sono almeno 10 milioni i bambini che necessitano di aiuti e assistenza, secondo 'Save the Children', che sta intervenendo in favore di oltre 90.000 sfollati, tra bambini e famiglie. "Milioni di bambine e bambini sono stati costretti ad abbandonare le proprie case", ha raccontato Gareth Owen, direttore delle Emergenze di 'Save the Children', "e la mancanza di ripari, cibo e acqua potabile insieme all'esposizione al gran caldo e all'umidita' li stanno esponendo a gravi rischi per la salute e la sicurezza".
L'organizzazione umanitaria ha riferito di stare provvedendo al trasferimento di nuclei familiari, all'allestimento di ripari temporanei e aree sicure per bambinie famiglie sfollate, alla distribuzione di dispositivi per rendere potabile l'acqua, kit igienici, vestiti, materiale scolastico, giocattoli.

In Pakistan, inoltre, sta aiutando circa 60.000 minori rimasti senza casa al passaggio del ciclone Yemyin, che ha colpito le province di Sindh e Baluchistan a luglio. Un analogo allarme e' stato lanciato dall'Unicef.


06/08/07 - rainews24.it

Scippano un disabile in spiaggia

Scippano un disabile in spiaggia, fermati dai carabinieri


Avevano cercato il "colpo facile". Quello che secondo loro presentava meno rischi perché la vittima era un disabile, non in grado di rincorrerli o di opporsi allo scippo. Così tre campani sono entrati in azione.

Il fatto è accaduto nel parcheggio di uno stabilimento balneare di Termoli. I tre si sono avvicinati all'auto sulla quale la loro vittima, un 53enne di Termoli, era appena salito. L'uomo è molto conosciuto in città in quanto si tratta del presidente del Movi, il movimento a sostegno dei disabili. In quello stabilimento balneare aveva appena partecipato ad una manifestazione pubblica, una conferenza stampa nella quale si presentava l'iniziativa, promossa dal Comune, del nuovo servizio in spiaggia per i disabili. Salendo sulla sua auto, l'uomo aveva poggiato il marsupio sul sedile. E mentre stava per mettere in moto l'auto è arrivata l'azione fulminea dei tre. Dopo aver aperto la portiera, si sono impossessati del marsupio nel quale, oltre ai documenti, vi erano circa 300 euro. Quindi sono saliti a bordo di una Fiat Punto e sono fuggiti. Ma la vittima dello scippo non si è data per vinta ed ha immediatamente avvertito i carabinieri. Subito scattavano le ricerche e l'auto dei tre ladri veniva fermata sulla statale Adriatica da una pattuglia dei carabinieri di Petacciato. Uno dei tre fermati, G.O. di 25 anni di Napoli, è stato arrestato. Gli altri due, entrambi minorenni, sono stati denunciati in stato di libertà alla Procura dei Minori. Il marsupio con il denaro è stato restituito al proprietario. La Fiat Punto usata dai tre napoletani era stata già segnalata alcune ore prima. Infatti i tre si erano fermati in un distributore di Castropignano, avevano fatto il pieno e se l'erano svignata senza pagare. I gestori del distributore avevano segnalato l'episodio ai carabinieri. Quando l'auto è stata fermata, i militari hanno trovato anche una piccola quantità di hascisc.


06/08/07 - altromolise.it

Incubo della sete da Francavilla a Chieti

Abruzzo, emergenza acqua: incubo della sete da Francavilla a Chieti


A Francavilla al Mare, la località turistica per eccellenza dell’Abruzzo, sono arrivate le autobotti per rifornire residenti e turisti. Emergenza piena anche a Chieti, dove l’esercito distribuisce acqua in piazza e la protezione civile disseta gli anziani a domicilio. A Pescara i rubinetti funzionano a singhiozzo e in due quartieri è addirittura vietato bere.


L’incubo della grande sete cresce di ora in ora, il comitato per l’ordine pubblico siede in permanenza nel palazzo della Prefettura per trovare il bandolo della matassa. Acqua scarsissima anche nel resto della Val Pescara.


La causa principale è la scoperta a Bussi sul Tirino, di un’enorme discarica abusiva di rifiuti industriali. Secondo gli esperti la più grande d’Europa! Un sito principale di quattro ettari e mezzo più due aree satellite avvelenate per oltre mezzo secolo dalle scorie del polo chimico dell’alta Val Pescara. Le prime analisi effettuate dalla magistratura e dal corpo forestale hanno evidenziato l’inquinamento delle falde idriche. Stranamente però i gestori dell’acqua hanno continuato fino a ieri ad esibire dati corretti. E’ bastato commissionare analisi indipendenti su campioni prelevati dai pozzi incriminati per dare corpo al sospetto che l’acqua inquinata sia stata sommariamente depurata e poi diluita con quella proveniente da altri punti. Ora a pagare sono i quasi cinquecentomila abruzzesi che vivono lungo la vallata del Pescara, l’area più popolata della regione e soprattutto quella più frequentata dal turismo. Con i rubinetti a secco, il rischio principale è anche il proliferare di problemi sanitari. Adriano Goio, commissario straordinario per il bacino Aterno-Pescara, fa un appello al senso di responsabilità ed allo stesso tempo cerca di fornire rassicurazioni. "Meglio avere i rubinetti a secco per un pò di giorni o bere acqua non sicura che può far male a noi ed ai nostri figli?".


Per la risoluzione del problema, il percorso individuato dall'ex sindaco di Trento prevede la costruzione in tempi brevi di nuovi pozzi all'ingresso del centro abitato di Bussi sul Tirino. Nel frattempo residenti e turisti attendo risposte concrete.


© Copyright Comincialitalia.net - 06/08/07 - comincialitalia.net

Violenza sessuale di gruppo, fermati due cinesi

La presunta vittima, una ragazza di 17 anni, ha raccontato alla polizia di avere subìto ripetuti abusi dentro un'auto di notte in un parco

Due cinesi sono stati fermati con l'accusa di aver partecipato ad una violenza sessuale di gruppo avvenuta nella notte di lunedì in un parco di Milano. La presunta vittima, una ragazza di 17 anni, ha raccontato alla polizia di avere subìto ripetuti abusi sessuali dentro un'auto da parte di alcune persone, tutti suoi connazionali, coi quali aveva trascorso la serata. Il pm titolare dell'indagine, Alessandra Dolci, ha già interrogato uno dei due fermati, residente in Italia da una ventina d'anni, che si è difeso affermando di non aver partecipato alla violenza, ma di avervi solo assistito. A seguire l'interrogatorio dell'altro fermato.
DOPO UNA SERATA - Lo stupro sarebbe avvenuto la notte scorsa, quando la 17enne, regolare, al termine di una serata trascorsa con alcuni connazionali, è stata condotta, sull'auto di uno di loro, in un parco cittadino dove è stata violentata da più componenti del gruppo. Poi la giovane è stata lasciata vicino alla sua casa. La ragazza è quindi andata con i familiari in Questura per sporgere denuncia ed è stata accompagnata per gli accertamenti e le cure alla clinica Mangiagalli. Le indagini sono condotte dalla Squadra Mobile.


06 agosto 2007 - corriere.it

Tratta delle bianche

Minorenni albanesi e rumene costrette con la violenza a prostituirsi in Abruzzo


TERAMO. Venivano attirate in Italia convinte di svolgere un periodo di vacanza-studio, ma poi la dura realtà era quella della prostituzione sulla strada, nella costa tra Silvi e Città Sant’Angelo. Una moderna tratta delle bianche, che coinvolgeva minorenni rumene e albanesi, è stata scoperta dalla questura di Teramo, che ha arrestato oggi due rumeni e un albanese, mentre altri due componenti della banda sono irreperibili.

Una volta arrivate nella Penisola le giovani, tra i 14 e i 17 anni, venivano private della propria identità e della libertà personale con violenze e soprusi. Venivano scambiate alla stregua di oggetti tra le varie bande che gestiscono il racket della prostituzione nella zona.

L'indagine dei carabinieri di Giulianova coordinata dalla Procura di Teramo, denominata «Nuove schiave», era partita dalla richiesta di aiuto di una 17enne della Romania, e andava avanti da diversi mesi. È stato scoperto un vero e proprio asse di collegamento tra Romania, Albania e Abruzzo, gestito da una banda che non esitava a estendere le minacce ai propri che si trovavano nei paesi d’origine.


06/08/07 - lanciano.it

Primo arresto a Milano

Noi di "Quattroruote" avevamo più volte insististo affinché il Governo si affrettasse ad approvare le nuove norme sulla sicurezza stradale. E già sabato, primo giorno di entrata in vigore del decreto, è stato fermato un uomo ubriaco fradicio, che guidava a folle velocità per le vie di Milano.

Zig zag fra le auto, sgommate e diverse manovre rischiose: così un peruviano senza patente stava "intrattenendo" la moglie e un'altra connazionale a bordo di una Fiat Punto rossa. Dopo un breve inseguimento, una volante dei carabinieri è riuscita ad arrestarne la corsa e a portare l'uomo al vicino comando di vigilanza urbana dov'è stato sottoposto al test alcolemico.

Morale? 1,58 grammi di alcol per litro di sangue, tre volte superiore al limite consentito (0,5 g/l). Ora, secondo le nuove norme, rischia l'arresto fino a sei mesi e dovrà pagare una multa da 1500 a 6000 euro, che andrà ad aggiungersi a quella per aver guidato sprovvisto di patente (da 2257 a 9032 euro).

Non si sa ancora quale provvedimento prenderanno gli organi di giustizia, visto che il soggetto in questione ha anche il permesso di soggiorno in scadenza. C'è da auspicarsi, però, che la severità della pena lo dissuada dal ripetere una simile bravata, che avrebbe potuto costare la vita a qualcuno.


06/08/07 - quattroruote.it

Il tragico compleanno di Giulia

ROMA (6 agosto) - Un giorno ai suoi 21 anni, li voleva festeggiare ballando. Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi e i suoi anni se ne sono andati così, in un’auto velocissima che rimbalza come una palla da biliardo e si sbriciola contro un muro. Nemmeno il tempo di urlare per la paura, Giulia resta schiacciata dentro la Renault Megane grigia che adesso è poltiglia.

Era seduta a destra, al volante c’era un giovane poco più grande di lei, la testa persa chissà dove. Aveva bevuto tanto, tre volte più del lecito, e fumato spinelli, aveva sniffato cocaina e forse preso qualche pasticca. Alessandro C., ha 25 anni, fa l’impiegato, ancora non sa d’aver ucciso Giulia Bollo. E’ ricoverato in ospedale insieme all’altra ragazza che era in auto e non ricorda più niente. Lui adesso è accusato di omicidio colposo, guida in stato di ebbrezza e in stato di alterazione psicofisica.

Guidonia, a trenta chilometri da Roma, ore 13,30. Via Roma è una strada un po’ fuori dal centro, ma ancora in città. Alessandro, Giulia e Silvia, due ragazze di Civitavecchia, hanno i costumi da bagno, vanno verso la Tiburtina. Forse sono diretti a una festa ”rave”, due giorni a ballare, o forse ci sono già stati. La Renault corre per le vie di Guidonia come su un’autostrada: 100 chilometri all’ora segna il tachimetro. Sfreccia pericolosamente tra alberi e auto, arriva in via Roma.

Alessandro imbocca una curva a quella velocità, la Renault schizza via sull’asfalto, finisce contro il guard-rail, rimbalza addosso a un grande platano e va a schiantarsi sul muro di villa Cornello, una residenza storica. Il muro viene giù sulle lamiere. Della Renault non resta quasi niente. Per soccorrere i passeggeri bisogna rompere i vetri. Giulia è già morta, i medici del 118 non tentano nemmeno di rianimarla. Alessandro è gravemente ferito, lo portano all’ospedale di Tivoli insieme a Silvia, 22 anni, seduta dietro. Il conducente ha diverse fratture alle gambe, lo operano subito, dovrebbe guarire in 90 giorni. Silvia ha una profonda ferita al sopracciglio, se la caverà in quaranta giorni.

I soccorritori capiscono subito che c’è qualcosa di strano nell’incidente. La macchina correva troppo in città, prendere quella curva a tutta velocità è follia. Gli uomini della polizia stradale di Tivoli chiedono ai medici di fare alcuni accertamenti per verificare le condizioni del ragazzo che era alla guida. Ubriaco e drogato, è il risultato dei test. Alessandro ha nel sangue una percentuale di alcol pari a 1,65 grammi per litro, il limite è lo 0,5. E’ positivo all’esame della cocaina, della cannabis e dell’anfetamina. La cartella clinica viene sequestrata, il pubblico ministero apre un’inchiesta per omicidio colposo, guida in stato di ebbrezza e in uno stato di alterazione psicofisica.

«Non ricordo niente, cosa è successo? Chi è Alessandro?», Silvia è in stato confusionale, le treccine nere e l’occhio gonfio per la botta. «Il rave? Ci volevamo andare, ma forse non ci siamo andati più. Non ricordo...». Il corpo di Giulia è stato trasportato all’istituto di Medicina legale della Sapienza, probabilmente verrà sottoposto ad autopsia. Alessandro è ancora sotto anestetici, i familiari fino a sera non sanno nulla.

«Giulia voleva andare a ballare», solo questo sa lo zio e si dispera per il compleanno che non ci sarà. Ballare per ore e ore, fino a sfinirsi, una festa “rave” nel programma dei tre e questo forse spiega tutto quell’alcol e quel cocktail di droghe. Lavorava al porto, la ragazza di Civitavecchia, come interinale alla cooperativa Cilp. Si occupava del cosiddetto navettamento delle auto, in poche parole portava al terminal le vetture che sbarcavano. Al porto era di casa, suo padre era un portuale in pensiore. Con Silvia, la sua amica di Civitavecchia, aveva raggiunto Alessandro.

Giulia, l’ultima vittima di un ubriaco e drogato al volante, una delle tante di quest’estate che troppi morti ha visto sulle strade per colpa dell’alcol. Come la sedicenne di Torino, travolta all’uscita della discoteca da un automobilista che aveva bevuto troppo, o come i tre bambini che sono morti a Nocera Inferiore su una macchina investita da un ubriaco al volante.


06/08/07 - di Maria Lombardi e Caterina Ciavarella - ilmessaggero.it

La giustizia Usa condanna i soldati che sbagliano

Il processo ai cinque soldati americani della prestigiosa 101/a divisione aviotrasportata per lo stupro e l’omicidio di Abeer Qassim Hamza al Janabi - una ragazzina irachena di soli 14 anni - e l’uccisione della sua famiglia, non è in grado di delegittimare la missione statunitense a Baghdad; né pone in discussione la professionalità e l’umanità di tutti i militari che ogni giorno rischiano la propria vita al fine di creare le condizioni per uno Stato libero e democratico in Iraq. Tuttavia, è innegabile che nel corso della vicenda sono emersi interrogativi critici, sin dall’ordine del Pentagono del 18 ottobre 2006 che sottopone gli accusati al giudizio della corte marziale.

I fatti sono stati resi noti grazie alla testimonianze del soldato scelto James Barker e del sergente Paul Cortez, che hanno accettato di collaborare dichiarando la propria colpevolezza in cambio della garanzia di evitare la pena capitale.

Il 12 marzo 2006, in uno degli accampamenti statunitensi nei pressi di Baghdad, Barker sta giocando a carte con un suo commilitone, il soldato scelto Steven Green. Per passare il tempo, per alleviare la tensione e per rianimarsi dalla stanchezza di lunghi turni ai checkpoint nella calura opprimente, mandano giù whisky mischiato ad una bevanda energizzante. Tra gi scherzi e le battute di cattivo gusto, si fa strada l’idea di fare sesso con una ragazzina irachena, lanciata un po’ per goliardaggine e un po’ per spavalderia da Green - il classico cattivo elemento, 21 anni, entrato nell’esercito ancora minorenne per sfuggire ad una condanna per consumo di alcol; in seguito ripreso dai superiori per consumo di stupefacenti e, ancora, per abuso di alcolici. A loro si uniscono il sergente Paul Cortez, 24 anni, e i soldati di prima classe Jesse Spielman, 22 anni, e Bryan Howard, 19. Barker e Green hanno pianificato tutto: una famiglia a Mahmudiya, piccolo villaggio a una trentina di chilometri da Baghdad. La ragazza in realtà è poco più che una bambina; ma in casa solo un uomo, il padre, a proteggere la moglie e le figlie. Facile anche trovare un pretesto per la spedizione: rintracciare presunti terroristi.

I cinque fanno irruzione nell’abitazione. Green e Cortez trascinano la famiglia in camera da letto; lasciando Green di guardia, Cortez torna in soggiorno dai compagni con la più grande delle due figlie, Abeer, e la stupra. Poi è il turno di Barker. Improvvisamente, gli spari: “Li ho uccisi”, dice Green entrando nel soggiorno, senza espressione; “sono tutti morti”. Barker si affretta a terminare con Abeer. Poi è il turno di Green. Spielman e Howard inizialmente fanno la guardia, poi partecipano allo stupro. Green intanto comincia a versare cherosene sui corpi; i soldati gettano le uniformi e ne indossano di pulite. Anche l’AK-47 con cui Green ha sparato verrà fatto scomparire in un canale di scolo, poco distante. Resta il fatto che ogni instante che passa, la giovane Abeer -terrorizzata e piangente - diviene sempre meno un trastullo, e sempre più un pericolo. Green le punta la pistola alla tempia e spara, una, due, tre volte. Il fuoco che Green appiccherà da lì a poco cancellerà quasi tutti gli altri resti di questa disumana tragedia.

Ora i soldati affrontano il processo sotto corte marziale. Tutti, tranne Steven Green, che l’esercito (ancora non a conoscenza del fatto) ha poi allontanato per “disturbi alla personalità”. Nonostante le testimonianze dei suoi commilitoni che lo indicano come l’ideatore del crimine, Green insiste a proclamarsi innocente. James Barker è già stato condannato a 90 anni di prigione per omicidio e stupro, da scontarsi in un carcere militare; ha confessato in lacrime, affermando di non sentirsi nemmeno degno di chiedere il perdono della corte. Cortez, ha anch’egli mostrato rimorso nel ricordare i fatti; pur tenendo conto della sua collaborazione, è stato comunque condannato a 100 anni con la condizionale, con il divieto di appello prima di 10 anni. La più recente - ma non ultima - sentenza è quella di Jesse Spielman, emessa il 5 agosto; la condanna per Spielman è di 110 anni per omicidio e stupro, e anch’egli dovrà aspettare almeno 10 anni prima di richiedere la libertà condizionale. Si attende la conclusione del processo per Howard, e in particolar modo il verdetto per Green, che essendo stato radiato dall’esercito verrà giudicato da un tribunale civile, rischiando anche la pena capitale.

Molte le problematiche sollevate dal massacro di Mahmudyia. In primo luogo, il diverbio politico in merito alle competenze giudiziarie: non appena resi noti i termini del processo, lo scorso ottobre, il Primo Ministro iracheno Nouri al-Maliki aveva chiesto la revoca dell’immunità dalla giustizia irachena di cui godono le truppe straniere a Baghdad. In Iraq, per il reato di omicidio - ma specialmente per stupro - si può richiedere la condanna a morte del responsabile. I soldati statunitensi invece, aggiungendo all’immunità speciale garantita alle truppe straniere il “non luogo a procedere” contro i militari americani, concesso dal Tribunale Penale Internazionale in seguito al voto contrario degli USA allo Statuto Penale Internazionale nel 1998, sono certamente protetti dal rischio di pagare per il proprio crimine secondo la legge irachena. Oltre ad accusare gli Stati Uniti di gestire la sicurezza in Iraq con due pesi e due misure, scegliendo di processare i soldati americani negli USA, si mormora che lo sdegno della comunità irachena abbia spinto un gruppo di insorti - l’Esercito Islamico d’Iraq - a costruire per rappresaglia un missile che può colpire i nemici a 15 chilometri di distanza. Lo hanno chiamato Abeer.

A tutto ciò si aggiunge la poca fiducia nella giustizia statunitense espressa al quotidiano britannico The Guardian dallo zio di Abeer, Ahmad Qassim. Pur restando il rispetto per il dolore dell’uomo alla perdita dei familiari, colpisce la generale insistenza irachena a difendere l’onore di una giovane vittima di violenza sessuale in un paese dove le donne non sono nel concreto protette da abusi e violenze, e certamente non vengono incoraggiate a rivendicare i propri diritti e la propria libertà quando si tratta di eredità, matrimonio, lavoro e tutela dei figli. In ogni caso, la questione sollevata dal Primo Ministro iracheno Nouri al-Maliki e da Ahmad Qassim resta valida: è opportuno interrogarsi quanto sia coerente combattere per il regime change in Iraq, quando poi non si è pronti ad accettarne i frutti. Nello specifico, l’America deve adottare una posizione chiara rispetto ad una Costituzione approvata democraticamente che contempla la pena capitale per alcuni reati, e rivendica la legittima sovranità nazionale nell’applicarla al proprio territorio. Se si tollera che l’Iraq esegua una sentenza capitale come nel caso di Saddam Hussein, in nome del rispetto per la decisione di uno Stato sovrano in merito ad un crimine commesso sul suo territorio, non ci si può opporre quando sul banco degli imputati si trovano i liberatori. O quantomeno non si può pretendere che gli iracheni lo accettino di buon grado.

Un’ulteriore riflessione è relativa all’inevitabile declino numerico e qualitativo delle truppe USA, accompagnato all’esponenziale aumento delle unità impiegate nella missione in Iraq. L’esercito statunitense, a corto di reclute, sta accettando sempre più membri della cosiddetta “quarta categoria” (i candidati che non conseguono risultati apprezzabili nei test attitudinali militari); oppure giovani con precedenti per droga e alcolismo, come tristemente evidente nel caso del soldato Green. Questo risulta nella presenza sul campo di battaglia di soldati giovani, male addestrati e, ancora più grave, inadatti a sopportare lo stress fisico e psicologico che le situazioni di combattimento immancabilmente portano con sé.

Detto questo, come ha affermato il capitano William Fischbach, pubblica accusa nel processo a James Barker, le condizioni di logoramento fisico e mentale a cui sono sottoposti i militari in guerra, l’alcol e la giovane età non costituiscono scusanti per i soldati che hanno ideato e perpetrato il massacro di Mahmudyia. Abeer e la sua famiglia, ha detto Fischbach alla corte mostrando una foto della giovane, non meritavano di subire quella tortura. Abeer non aveva mai fatto nulla per nuocere ai soldati americani; certamente non era responsabile degli episodi a cui i cinque avevano assistito e dai quali il loro spirito debole era emerso irreparabilmente distorto, lasciandoli in balia di sentimenti astiosi e violenti verso la popolazione irachena.

La fiducia nelle corti militari statunitensi non è tuttavia malriposta. Sin dai tempi del Vietnam e del massacro di My Lai, che la penna di una giovane ed indomita Oriana Fallaci fece conoscere all’Italia nel 1969 con la sua toccante testimonianza nel libro Niente e Così Sia, l’America ha punito severamente i soldati che contravvenivano alle leggi di guerra, e li ha puniti perché è giusto farlo. La giustizia umana è talvolta imperfetta; e magari la guerra al terrorismo in Iraq non è stata sempre condotta in maniera irreprensibile. Ma le leggi di guerra esistono, e si possono far rispettare. Gettare tutto alle ortiche per la condotta di pochi elementi deviati - elementi che peraltro pagheranno per ciò che hanno fatto - sarebbe decisamente ingiusto, nonché controproducente per il successo della missione in Iraq e della guerra al terrorismo.

06 Agosto 2007 - di Alia K. Nardini - loccidentale.it

Iran: altre tre impiccagioni

Dall'inizio dell'anno salgono a 149 le esecuzioni capitali


ANSA) - TEHERAN, 6 AGO - Tre uomini sono stati impiccati in Iran dopo essere stati condannati a morte per omicidio e traffico di droga.Le esecuzioni, scrive l'agenzia Irna, sono avvenute nel carcere di Zahedan, nel sud-est del Paese. Le impiccagioni odierne portano a 149, secondo notizie di stampa e testimoni, le esecuzioni capitali dall'inizio dell'anno nella Repubblica islamica, molte delle quali avvenute sulla pubblica piazza.


06/08/07 - borsaitaliana.it

I disturbi del sonno

L'Università di Pisa, l'ISBEM (Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo di Brindisi), in collaborazione con l'IFC-CNR (Istituto di Fisiologia Clinica del CNR) e il COMEPER (Comitato Mesagne per la Ricerca), sono lieti di annunciare la suddetta conferenza dal titolo: Il sonno e i suoi disturbi: come essi influenzano cuore, vasi e polmoni.
Lo spettro dei disturbi del sonno è estremamente vasto e comprende le alterazioni dei meccanismi che sono alla base del fenomeno sonno, i disordini della vigilanza e gli effetti che i normali processi del sonno e della vigilanza hanno su altre patologie quali le malattie respiratorie e quelle cardiocircolatorie, fra cui l'ipertensione.
Recenti studi hanno dimostrato, poi, che un sonno non ristoratore (cioè, quando ci si alza al mattino e non si ha la sensazione di essere ben riposati) causa gravi difficoltà di concentrazione con gravi ripercussioni sulla giornata lavorativa e sulla vita di relazione. Parimenti, una vigilanza compromessa, o parzialmente alterata, fa aumentare enormemente il rischio di incidenti stradali, incidenti sul lavoro oltre che peggiorare le relazioni interpersonali con colleghi e persone care.
Pertanto, questi temi stanno attraendo l'interesse medico-assistenziale e scientifico in quanto stanno assumendo una vera e significativa rilevanza sociale, con riflessi sulla singola persona e sulla comunità.
Il benvenuto ai Relatori sarà dato dal Prof. Alessandro DISTANTE, Coordinatore Scientifico dell'IFC-CNR salentina, Presidente del COMEPER e Responsabile Scientifico dell'ISBEM che organizza l'evento.


06/08/07 - trcb.it

Guida ubriaco, poi scende e cade di sotto

Un insegnante inglese di 52 anni, che ubriaco è scivolato in una scarpata dopo essersi fermato con l’auto sul ciglio della strada, è stato denunciato dai Carabinieri per guida in stato di ebbrezza.


È accaduto nella notte sulla strada che porta da Apricale a Perinaldo, nell’entroterra di Ventimiglia.


Erano circa le 3 quando la pattuglia di Pigna ha scorto una Peugeot 206 con targa inglese ferma a bordo strada, con la portiera sinistra aperta; i militari si sono avvicinati per un controllo, notando che dentro non c’era nessuno.


Qualche metro più sotto, però, al di là del guardrail, hanno sentito i lamenti di un uomo; hanno avvertito i soccorsi e grazie all’impiego di una scala telescopica e di alcune corde il ferito è stato portato in salvo.


L’uomo, che insegna italiano in Inghilterra, è stato accompagnato al pronto soccorso per curare una serie di escoriazioni e contusioni riportate in seguito all’impatto con un roveto; considerato il suo stato di alterazione da alcol, dovrà anche rispondere di guida in stato di ebbrezza.


06/08/07 - ilsecoloxix.it

Alcol e guida Il «giro di vite» non fa paura

di Franco Mondini

«Non possiamo pretendere miracoli... Con le nuove norme appena entrate in vigore, sarebbe un successo se nessuno guidasse ubriaco». È questo il commento di un agente della Polizia stradale che ieri mattina commentava i risultati della «due giorni di controlli» che hanno portato all’identificazione di 243 automobilisti e al ritiro di 30 patenti per guida in stato di ebbrezza, più altre due per velocità eccessiva e sorpasso in curva.
Le nuove norme, insomma, non sembrano fare paura. Nel fine settimana precedente le stesse pattuglie - 10 - avevano controllato 501 automobilisti ritirando 36 patenti per guida in staato di ebbrezza e altre 2 per gravi violazioni al codice della strada. Confrontando i dati emerge che il numero dei «positivi» all’alcol-test è addirittura aumentato percentualmente, nonostante le campagne di stampa, le norme più severe e il tam tam mediatico scattato in settimana dopo i gravi incidenti registrati in tutta Italia.

IN TROPPI CASI chi guida ha ecceduto con il bere. Poche volte chi è al volante si è sacrificato per la compagnia, evitando di toccare alcol. È questa la figura del «Bob», molto diffusa in Germania e in Inghilterra. In Italia, anche per l’impegno di chi gestisce discoteche e pub, qualcosa sta cambiando, ma ancora molto va fatto.

LA CAMPAGNA di sensibilizzazione «Guido con prudenza» che punisce con severità chi sgarra e premia con biglietti omaggio per la discoteca gli astemi (40 i ticket distribuiti nel week end) sta dando risultati, ma non quelli auspicati.
Nelle notti tra venerdì e sabato e tra sabato e domenica la polizia ha intensificato i controlli in Franciacorta e nel Basso Garda. Solo nell’ultima notte la Polstrada sul lago ha ritirato 13 patenti per eccesso di alcol. Tra i multati un giovane che si è rifiutato di sottoporsi alla prova dell’alcol-test che stabilisce il tasso di alcol nel sangue. Per lui patente sospesa, denuncia penale e ammenda che potrà raggiungere, per effetto delle nuove norme, i 12 mila euro.

GLI AGENTI hanno anche rilevato 12 infrazioni per limite di velocità e in 48 ore hanno decurtato 357 punti dalla patente e ritirato 10 carte di circolazione per mancata revisione del veicolo.
Si andrà avanti tutta estate con controlli a raffica e verrà applicata la «linea dura» per chi sgarra. Solo in autunno sarà possibile tirare le somme e dire se l’inasprimento delle norme sia servito. Intanto in discoteca e nei pub si continua a bere, e chi vuole risparmiare si porta da casa birra e superalcolici e li tiene nel minifrigo in auto.


06/08/07 - lautoaffare.it

In macchina con l'amico ubriaco, muore a 21 anni

CIVITAVECCHIA - Una autentica tragedia sulla strada, come troppe ne continuano ad accadere, quella che nel primo pomeriggio di ieri ha spezzato la vita di Giulia

Bollo, una ragazza civitavecchiese di 21 anni schiantatasi contro un albero sull'auto condotta da un amico. Teatro della tragedia una strada periferica di Guidonia Montecelio, dove il ragazzo 25enne che guidava l'auto, secondo le testimonianze raccolte, è arrivato a folle velocità. Ad avere la peggio è stata proprio Giulia, travolta dalla forza d'urto dell'impatto. Il guidatore, vicino al quale sedeva, ha riportato varie contusioni ma non è in pericolo di vita, come una seconda ragazza che sedeva invece nella parte posteriore della vettura. Inutili i soccorsi per la civitavecchiese, che è spirata prima ancora di arrivare all'ospedale. Le cause del folle impatto sono state svelate dai primi rilevamenti ematici effettuati dai Carabinieri sul conducente: nel sangue del ragazzo è stato riscontrato infatti un tasso alcoolico superiore alla legge e, da quanto si appreso, anche tracce di stupefacenti. Un cocktail di sostanze che deve aver tolto la ragione al ragazzo, il quale ha insensatamente messo a repentaglio la sua vita e si è reso responsabile della morte di Giulia. Tanto che ora dovrà rispondere di omicidio colposo.


06/08/07 - centumcellae.it

Ritirate patenti e sequestrata droga tra i giovani

Carabinieri: ritirate patenti e sequestrata droga tra i giovani

Ubriachi al volante, tre giorni di controlli dei carabinieri a Varese e nelle zone turistiche circostanti. Sono stati controllati i conducenti di veicoli nelle adiacenze di locali notturni in genere, soprattutto in concomitanza della loro chiusura: contestate 20 contravvenzioni al codice della strada e ritirate 4 patenti per guida in stato di ebbrezza.


Controlli stringenti anche sul consumo di droga nei locali pubblici e dintorni: sono state sequestrate numerose dosi delle “cosiddette” droghe leggere e segnalati tre giovani quali assuntori alla prefettura di Varese.


Durante queste operazioni e’ stato anche localizzato ed arrestato un soggetto nei cui confronti gravava un provvedimento di espulsione per violazione legge sugli stranieri, nonche’ denunciato altro extracomunitario per possesso ingiustificato di coltello di genere proibito.


in considerazione del particolare periodo, in cui molte abitazioni vengono lasciate vuote per le ferie estive, e’ stata intensificata la loro vigilanza per evitare, al rientro dei proprietari, cattive sorprese.


Per chi invece e’ rimasto a casa, continua l’attenta azione dell’arma al fine di proteggere le categorie piu’ deboli e chi vivono da sole, tutelando la loro incolumita’ da spiacevoli episodi criminosi quali le ormai note “truffe ai danni degli anziani”.



06/08/07 - varesenews.it

Guida pericolosa, muore 20enne

Nera- Incidente a Guidonia. Il conducente, 25 anni, ha nel sangue un mix di alcol, cocaina e cannabis. Nell'auto c'è Silvia, 22 anni, ora in ospedale che chiede dei suoi amici. Non sa che Giulia se nè andata. Controlli sul litorale: in 16 rischiano l'arresto


Roma, 6 agosto 2007 - Se ieri non fosse salita su quell'auto Giulia Bollo oggi compirebbe 21 anni. La Renault Megane a bordo della quale viaggiava accanto al guidatore, si è schiantata a tutta velocità contro un platano a Guidonia Montecelio, nei pressi del cinema Planet. In macchina c'era anche una amica della vittima, Silvia P., 22 anni, e il 25enne A.C. Era lui che guidava l'auto impazzita con un tasso di alcol nel sangue superiore a quello previsto dalla legge e tracce di cocaina e cannabis. Adesso è indagato per omicidio colposo.

LA LEGGE - Neanche 48 ore prima della tragedia erano scattate le norme più prevede per chi guida in stato di ebbrezza e supera i limiti di velocità. Multe salate, ritiro patente e servizio obbligatorio in un Centro per traumatizzati, sono solo alcune novità introdotte dal decreto legge sulla sicurezza stradale licenziato dal Consiglio dei ministri. Il cuore del pacchetto è costituito dall'inasprimento delle sanzioni contro gli automobilisti che hanno bevuto. È l'articolo 5 del decreto a introdurre le nuove norme in materia: chiunque guida in stato di ebbrezza è punito con un'ammenda da 500 a 2.000 euro e l'arresto fino a un mese, con sospensione della patente da tre a sei mesi, se è stato accertato un tasso alcolico tra 0,5 e 0,8 grammi per litro; l'ammenda sale tra 800 e 3.200 euro, con arresto fino a tre mesi e la pena accessoria dello svolgimento di un'attività sociale gratuita e continuativa fino a sei mesi e sospensione della patente tra sei mesi e un anno, se il tasso è compreso tra 0,8 e 1,5 g/l; infine l'ammenda sale tra 1.500 e 6.000 euro, arresto fino a sei mesi e attività sociale fino a un anno, se il tasso supera 1,5 g/l. La patente è sempre revocata se il reato è commesso dal conducente di un autobus. Inoltre, se il guidatore ubriaco provoca un incidente stradale, le pene sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per 90 giorni. Sanzioni analoghe per chi guida sotto l'effetto di droghe.

I CONTROLLI - Questo week end è partita la prima raffica di controlli sul litorale romano. I controlli effettuati con un telelaser e con due etilometri hanno portato al ritiro di 9 patenti per superamento dei limiti di velocità e 8 per altre infrazioni tra cui la guida pericolosa. I 16 rischiano gli arresti perché nel loro sangue è stato riscontrato un tasso alcoloico superiore alla norma e in 9 sono stati sanzionati per aver superato i limiti di velocità.


06/08/07 - redazione.romaone.it

La vita non è un optional!

La vita non è un optional! Se bevi, non guidare: un sms per la sicurezza stradale


Il concorso La vita non è un Optional è promosso dal Pogas insieme al Ministero dell’Interno e alla Fondazione ANIA per la sicurezza stadale.


Chi partecipa


Da agosto a novembre il concorso è aperto a tutti i ragazzi tra i 18 e i 35 anni che avranno ricevuto sul telefono cellulare e conservato questo messaggio: “La vita non è un optional! Se bevi, non guidare. Conserva questo sms, vai su www.pogas.it e scopri che puoi anche vincere“.


Cosa si deve fare per ricevere l’sms


L’sms viene inviato dai principali gestori di telefonia mobile ogni fine settimana a tutti gli utenti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che hanno dato il consenso a ricevere messaggi promozionali.


Chi non ha ricevuto il messaggio ed ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni può farsi inoltrare l’sms da un amico oppure chiedere di riceverlo iscrivendosi direttamente su questo sito. Il Pogas userà le informazioni personali inserite nella scheda di iscrizione solo ai fini di questo concorso.


Ed ecco i premi: I Gran Premi di F1 e di motociclismo, le partite della nazionale di calcio ed i corsi di guida sicura


Saranno sorteggiati biglietti d’ingresso per le prossime partite interne della nazionale di calcio, per il Gran Premio di Formula1 di Monza, per le principali corse motociclistiche previste in Italia nei prossimi mesi. Saranno messi in palio, per la durata del concorso, corsi di guida sicura offerti da Aci-Vallelunga e dal Centro Internazionale di guida sicura di Andrea De Adamich. La lista dei premi sarà aggiornata per tutta la durata del concorso.


Chi viene sorteggiato?


Partecipano al sorteggio i ragazzi che registreranno tasso alcolico zero alla prova dell’etilometro durante i controlli delle forze di polizia nel fine settimana. Mostrando l’sms “La vita non è un optional“, chi risulta alcol zero potrà chiedere di partecipare all’estrazione del premio per quel fine settimana. La polizia comunicherà al Pogas i nomi dei concorrenti.


E per sapere chi ha vinto…


…basterà visitare questo sito: ogni settimana saranno annunciati i nomi dei vincitori.


Consulta il link: Informazioni sul concorso


06/08/07 - ilmascalzone.it

In casa con 1000 pasticche di ecstasy

Sorpresi in casa con mille pasticche di ecstasy


Blitz dei carabinieri in un appartamento ad Alba Adriatica: in manette sette persone, tra cui una minorenne. Altri tre arresti per droga nel Teramano


ALBA ADRIATICA - Confezionavano in casa ecstasy da "piazzare" poi sul mercato per ottenere lauti guadagni. La scoperta è avvenuta in un appartamento di Alba Adriatica ad opera dei Carabinieri, che hanno sequestrato mille pasticche e tratto in arresto sette persone. L'operazione è stata portata a termine dai militari, che hanno fatto irruzione all'interno di un'abitazione al secondo piano di un condominio dove sette persone, tra cui una minorenne e altre quattro donne, stavano confezionando da 20 a 30 pasticche di ecstasy.


L'operazione, compiuta sabato sera, fa seguito al sequestro di circa 150 pasticche di ecstasy, avvenuta una settimana fa sempre ad Alba Adriatica.


La lotta al traffico di droga ha visto le forze dell'ordine impegnate anche nei giorni scorsi. Nel corso di un normale controllo lungo l'A14 della Guardia di Finanza di Giulianova, è stato fermato nei pressi del casello Val Vibrata un marocchino di 29 anni domiciliato a Martinsicuro. Il fiuto dei cani antidroga ha portato alla scoperta di 98 grammi di hashish che l'uomo aveva nascosto nei pantaloni. Nell'abitazione del 29enne sono stati rinvenuti altri 100 grammi della sostanza. Il giovane è stato associato al carcere di Castrogno (TE).


Durante un'altra operazione compiuta dai carabinieri di Alba Adriatica sono state individuate a Sant'Egidio alla Vibrata due persone trovate in possesso di cocaina. Si tratta di un 27enne del posto e di un albanese di 39 anni, sorpresi con venti grammi dello stupefacente occultati rispettivamente in un barattolo e negli slip.


I militari erano sulle loro tracce da diversi giorni. I due sono finiti in manette e rinchiusi nel carcere di Castrogno.


06/08/07 - sambenedettoggi.it

Tasse alle stelle, al sociale le briciole

Il welfare all’italiana fa male. È la conclusione a cui è giunta la Cgia di Mestre che ha messo in rapporto la pressione tributaria alla spesa sociale, scoprendo che il saldo è in passivo. «Tante tasse e poco welfare» ha infatti sentenziato lo studio dell’Associazione artigiani e piccole imprese secondo la quale l’incidenza fiscale è il 27,7% del Pil, mentre la spesa sociale (al netto di assegni pensionistici e indennità di disoccupazione) vale il 9,6%. Una tendenza senza uguali nei Paesi Ue dove la tassazione è inferiore e la spesa sociale è maggiore. Le cifre parlano chiaro: la media europea della pressione fiscale è il 25,4%, quella della spesa sociale il 13,5%.

A peggiorare la posizione dell’Italia c’è il confronto con Francia e Germania che ci vede soccombere. Oltralpe le tasse sono di poco inferiori (lo 0,2%) mentre al welfare è destinato il 5,5% in più (il 15,1%). Questa cifra comprende spesa sanitaria, misure a favore di disabili, famiglia, minori, casa ed emarginati. Più pesante il confronto con la Germania dove l’imposizione fiscale è più bassa (il 22,1%) e la spesa sociale è maggiore (il 14,6%).

«Non solo spendiamo per il Welfare meno degli altri - commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - ma lo facciamo anche male. Oltre ai minori investimenti, il 61% della spesa sociale italiana se ne va sotto la voce previdenza che assorbe invece il 45,5 della media europea. Questa sperequazione ci toglie la possibilità di dare maggiori risorse a famiglia, minori, disabili ed esclusione sociale». I punti critici sono molti; il capitolo casa a cui la Ue destina l’1% mentre in Italia si sfiora il nulla: 0,1%. La Francia stanzia invece l’1,4 e la Germania lo 0,8. Analogo andamento per famiglia e minori: all’1,1% del Pil conteggiato dall’Italia si affiancano il 2,3 della Ue, il 2,8 della Francia e il 3,2 della Germania. Note ancor più dolenti vengono dalla spesa sanitaria dove il nostro 6,8% è di gran lunga inferiore all’8,4% tedesco e al 9,4% francese. Saldo negativo anche in fatto di sostegno ai portatori di handicap, ma stavolta il divario rispetto agli altri si assottiglia fino a superare, seppur di poco, gli stanziamenti del governo di Parigi: in Europa la spesa per i disabili rappresenta il 2,2%, l’Italia è all’1,7 ma stavolta il fanalino di coda è francese con l’1,5.


06/08/07 - ilgiornale.it

Bambini soldato e povertà

Bambini soldato e povertà. Il cardinale Martino chiede più impegno alla Comunità internazionale


Un appello contro il dramma dei bambini soldato, ma anche l'invito alla Comunità internazionale a fare di tutto per raggiungere gli "Obiettivi di sviluppo del Millennio". La Santa Sede conferma il suo impegno in difesa degli ultimi.

Un appello contro il dramma dei bambini soldato, ma anche l'invito alla Comunità internazionale a fare di tutto per raggiungere gli "Obiettivi di sviluppo del Millennio". La Santa Sede conferma il suo impegno per gli ultimi, attraverso le parole del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio Justitia et Pax, in questi giorni in viaggio in Uganda. Il porporato è stato chiaro e diretto, spiegando che il problema dei bambini soldato "non può considerarsi risolto semplicemente perché sono cessate le ostilità in un Paese in cui fino a ieri questi minori erano impegnati in azioni belliche". "Quando un giovane imbraccia un fucile sta compiendo un atto contro natura, - ha detto Martino - ma è lo stesso una tragedia quando tanta gioventù, dopo aver militato nelle fila della guerriglia, finisce per strada a mendicare, costretta all'accattonaggio se non addirittura alla prostituzione".

E' necessario quindi mobilitare le coscienze "affinché tanti bambini ex soldato possano godere di una sana istruzione e di un conseguente accompagnamento per entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro". I ragazzi venivano rapiti dai loro villaggi per entrare, testimonia padre Giulio Albanese, direttore di "Popoli e Missioni", la rivista missionaria della Chiesa Italiana, "nelle fila del Lord's Resistant Army, i famigerati ribelli che hanno seminato, per oltre un ventennio, morte e distruzione nelle regioni settentrionali del Paese". Gli ex bambini soldato, afferma il missionario giornalista, "hanno voglia di redenzione, voglia di tornare a scuola. E in Africa gli studenti costituiscono una straordinaria risorsa per la Chiesa, perche' rappresentano il futuro. Loro sono il domani della società nel mondo ormai villaggio globale".

Una linea che il cardinale ha ribadito anche nei giorni scorsi ai lavori del World Council dell'International WCS, il movimento ecclesiale che riunisce gli studenti di scuole superiori e universitari a livello mondiale. Durante la celebrazione di apertura, Martino ha rivolto il suo pensiero a coloro che soffrono, in particolare nel nord Uganda. Specialmente ai ragazzi, ai quali il porporato ha portato "il saluto accorato del Santo Padre". Oggi, una tappa simbolica con la visita pastorale nel distretto settentrionale di Gulu, nei campi dove sono accolti i profughi della sanguinosa guerra civile che dalla fine degli anni Ottanta ha causato morte e distruzione nel Nord Uganda.

Il viaggio nel Paese africano, tuttavia, dà modo di pensare alle difficoltà di tutto il continente, perché, ha spiegato il cardinale, "dobbiamo passare dalle parole ai fatti e guardare agli 'Obiettivi di sviluppo del Millennio' come a qualcosa che, con l'impegno e la buona volonta', puo' essere raggiunto". "E' finito il tempo delle semplici promesse - ha detto - e do il pieno appoggio all'impegno assunto dal nuovo primo ministro britannico, Gordon Brown, di mobilitare governi, imprenditori e organizzazioni non governative nella lotta per ridurre la povertà". Quando la maggior parte delle nazioni sottoscrisse nel 2000 gli 'Obiettivi del Millennio', "si ritenne che quindici anni sarebbero stati un tempo sufficiente per consentire ai governi di mobilitare le risorse necessarie", ha proseguito Martino, "Non vi è dubbio che in alcune aree qualche progresso è stato fatto e questo è encomiabile; tuttavia i governi devono continuare a adoperarsi per fare di più, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione e per sradicare la fame e la povertà".

E ricordando che i governi hanno promesso più volte di destinare per il sostegno allo sviluppo l'equivalente dello 0,7% del prodotto interno lordo, il presidente di Giustizia e Pace quantifica l'impegno in 192 miliardi di dollari contro gli attuali 78,6. Questo per dire che "tutti devono adoperarsi per incoraggiare un nuovo punto di partenza, fondato su una rinnovata volontà, la mobilitazione delle risorse e la definizione di un'autentica, condivisa e fattibile partnership globale per lo sviluppo".

06/08/07 - di Mattia Bianchi - korazym.org

Donazioni di sangue ancora insufficenti

Nonostante un costante aumento, non si riesce a raggiungere l'autosufficenza nella produzione di emoderivati


È costante la crescita del numero di donazioni di sangue in Italia. Nel 2006 è stato di circa 2.400.000 unità per il sangue intero e di 500.000 per le donazioni in aferesi, in cui si preleva tramite macchinari solo una frazione: plasma, globuli rossi, bianchi o piastrine.
I dati del registro nazionale sangue e plasma dell'Istituto Superiore di Sanità confermano un trend crescente iniziato nel corso degli ultimi anni. Le regioni italiane che hanno donato di più sono quelle del Nord-Ovest, con 414.000 donatori; al secondo posto le regioni del Nord-Est, con 348.000 donatori; al terzo posto le regioni del Centro, con 295.000, poi le regioni del Sud con 280.000 donatori. In coda le Isole con 156.000 donatori per un totale nazionale di 2.347.000 unità di sangue donate.
Questi numeri rendono l'Italia autosufficiente al 60% per la produzione di emoderivati. Nel 2006, circa 600.000 litri di plasma sono stati destinati all'industria farmaceutica per ricavarne albumina, IVIg, fattore VIII, fattore IX, protrombina, antitrombina. Le regioni del Sud sono al di sotto della media nazionale nella donazione di plasma per la produzione di emoderivati. Infine, dice l'Iss, l'indice di donazione (numero di donazioni l'anno) è rimasto invariato rispetto agli anni precedenti e si assesta a 1.6, anche se gli uomini possono donare fino a 4 volte l'anno e le donne fino a 2 volte l'anno.
Accanto alla incrementata raccolta di sangue è stato evidenziato anche un aumento dei consumi (alta specialità, trapianti, cardiochirurgia, allungamento della vita media) in tutte le regioni. Alcune (in particolare Lazio e Sardegna) non sono ancora in grado di soddisfare in modo autonomo il fabbisogno interno.


06/08/07 - iltamtam.it

Il codice delle polemiche

Il codice delle polemiche Troppi incidenti e neanche un arresto


Il «tampone» purtroppo non ha fermato la scia di sangue sulle strade italiane. L’annunciato «pugno di ferro» contro alcol e velocità al volante non è riuscito a evitare l’ennesima giornata nera - quella di ieri - in cui l’esodo estivo si è sommato all’ordinaria conta delle vittime del sabato sera.
Undici morti e decine di feriti in poche ore. E la speranza che l’inasprimento delle pene potesse dare risultati (almeno) nel breve periodo è diventata presto un’illusione. «Sono molti, sono troppi - ammette Carmelo Lentino, portavoce di “BastaUnAttimo”, campagna nazionale sulla sicurezza stradale e contro le stragi del sabato sera - si tratta di dati sconfortanti».
«Quanto alle misure - riflette Lentino - sarebbe eccessivo pretendere risultati in 24 ore. Dai dati dei controlli direi che qualcosa si muove, ma anche che il problema non è stato arginato».
«Abbiamo detto subito che si trattava di misure inadeguate e di facciata - si rammarica Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, che presiede l’Associazione italiana familiari e vittime della strada - un impegno mediatico, un monito più che una censura effettiva».
Sotto accusa in particolare la previsione dell’arresto per chi è fermato alla guida con tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro: «È solo propaganda. La pena dell’arresto era già prevista dal codice della strada, il decreto l’ha solo inasprita. Ma posso dire che fra attenuanti sempre concesse e patteggiamento, in Italia non va in carcere neanche chi al volante in stato di ebbrezza uccide altre persone. Non cambia niente. Sono cose che fanno ridere».
La svolta invocata dall’associazione ci sarebbe con l’introduzione di una nuova fattispecie penale, che consideri doloso l’omicidio commesso al volante da chi si è procurato la condizione di ebbrezza assumendo alcol o droghe. Una soluzione di cui si è parlato in commissione Trasporti, e che qualche magistrato sta cercando di introdurre in sede di interpretazione delle norme esistenti: gli incidenti provocati da alcol sono il 40% del totale.


Il primo guidatore sottoposto alle nuove sanzioni è un peruviano di 27 anni «beccato» ubriaco e senza patente a Milano. Fermato dai carabinieri, è stato denunciato e rischia fino a 15 mila euro di ammenda e sei mesi di arresto (oltre alla sospensione della patente fino a 2 anni). Ma la pena può essere sostituita con un anno di attività presso i servizi sociali.
La stradale ha fatto il possibile: dieci i fermati nella notte fra il 3 e il 4 a Rimini. Quattro patenti ritirate in Versilia su 137 controllati. Quindici denunce sul litorale nord di Roma.
Quella dei controlli resta la carenza: «In Italia - sostiene l’associazione familiari e vittime - abbiamo un agente di forze dell’ordine ogni 173 cittadini, in Francia uno ogni 300. Eppure non si percepiscono». «Ho fatto 500 chilometri senza incontrare una sola pattuglia», conferma Lentino.
L’episodio più grave è avvenuto poco dopo la mezzanotte di sabato a Genova: tre persone sono morte nello scontro tra una moto e uno scooter. In un frontale nel Milanese hanno perso la vita due immigrati marocchini, ed è stata coinvolta anche una donna incinta. Un romeno è stato travolto mentre attraversava la A1 vicino a Napoli, mentre nei pressi di Barletta un uomo di 72 anni è morto e altre cinque persone sono rimaste ferite in uno scontro. A Perugia un marocchino è stato arrestato dopo che in stato di evidente ubriachezza ha investito un uomo su uno scooter, senza fermarsi a prestare soccorso. Nel pomeriggio, a Ravenna, un motociclista spagnolo è morto investito da una roulotte che si è sganciata dal traino invadendo la corsia opposta. Tre motociclisti hanno perso la vita: sulla strada di Mendola nel versante altoatesino, sulla Sassari-Porto Torres e sull’Appennino piacentino.


06/08/07 - ilgiornale.it

Basta guerre nel mondo!