Umbria: dopo il ritiro della patente esami e colloquio

Chi ha violato l'articolo 186 del codice della strada (guida in stato di ebbrezza) deve sottoporsi sia ad esami del sangue che ad un colloquio informativo presso il Servizio di alcologia Asl


Con l'obiettivo di ''accrescere anche tra i bevitori occasionali la consapevolezza delle conseguenze di una guida in stato di ebbrezza, promuovere l'adozione di uno stile di vita appropriato e dare certezze ai cittadini su percorsi e tempi necessari per riavere la patente'' la Giunta regionale dell'Umbria ha approvato un atto con il quale vengono individuate le procedure sanitarie da seguire dopo il ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza. Il provvedimento, che rientra tra le azioni previste nel Piano regionale per la prevenzione degli incidenti stradali, consente di uniformare sul territorio umbro le procedure finora adottate e mette le Commissioni mediche locali in condizione di esprimersi sulla idoneita' alla guida in base ad elementi concreti.


A differenza di quanto avveniva in passato, le nuove procedure adottano criteri piu' efficaci di valutazione. Ad esempio, tutti coloro che hanno violato l'articolo 186 del codice della strada (guida in stato di ebbrezza) dovranno sottoporsi sia ad esami del sangue che ad un colloquio informativo presso il Servizio di alcologia della propria Azienda Usl. Sulla base dei risultati emersi spettera' poi alla Commissione medica locale esprimere il giudizio finale in relazione alle tre classi di rischio individuate: bassa, media ed alta.


''Crescono - ha detto l'assessore regionale alla Sanita' Maurizio Rosi - gli incidenti stradali causati da un eccesso di alcol, in cui sono coinvolti sempre di piu' giovani con un livello di alcolemia superiore a 0,5 grammi al litro. Abbiamo quindi operato affinche', anche per i bevitori occasionali ed a rischio molto basso, il riesame della Commissione medica per la revisione della patente non sia solo un passaggio formale ma una occasione per riflettere sui comportamenti a rischio e sulle conseguenze per la salute. Le procedure individuate nel protocollo sanitario approvato oggi, che sono frutto di incontri avuti con rappresentanti delle due Commissioni mediche locali, dei Servizi di alcologia delle quattro Usl dell'Umbria e delle Prefetture di Perugia e Terni, vanno secondo noi proprio in questa direzione''.
''Le Prefetture - ha infine annunciato Rosi - si faranno carico di allegare al provvedimento di sospensione della patente un promemoria per gli interessati con gli elementi essenziali del percorso sanitario da seguire''.


03/09/07 - vita.it

Interventi in materia di dipendenze

Approvato dalla Giunta il regolamento sugli “Interventi in materia di dipendenze”


La Giunta ha approvato oggi il regolamento d’esecuzione relativo alla legge provinciale del 2006 riguardante gli interventi in materia di dipendenze presentato dall’assessore provinciale alla sanità ed alle politiche sociali, Richard Theiner.


Il regolamento, che verrà emanato con decreto del Presidente, intende fornire, come spiega l'assessore Theiner, chiare informazioni riguardo alle bevande alcoliche, fissare le modalità di esposizione degli avvisi di divieto di somministrazione e di vendita di bevande alcoliche, disciplinare alcuni aspetti legati all'informazione e ai controlli. Il nuovo regolamento che definisce i controlli e i divieti per i minori di 16 anni per quanto riguarda il consumo di alcol ha lo scopo di aiutare a prevenire la dipendenza.


Il regolamento presentato dall’assessore Theiner definisce in primo luogo che cosa si intende per bevanda alcolica e cioè un prodotto contenente alcol alimentare con gradazione superiore a 1,2 gradi di alcol e superiore al 21% di alcol in volume. Questa definizione è importante, al momento dei controlli, per stabilire se certi tipi di bevande (per es. gli “Alcolpops”, drinks, ecc.), sono considerati alcolici e quindi non vendibili a minori.


Il nuovo testo stabilisce, inoltre, in quali luoghi devono essere esposti gli avvisi di divieto di somministrazione e di vendita di bevande alcoliche a minori e persone in stato di manifesta ubriachezza (negli esercizi commerciali, supermercati e negozi self-service) e che devono fare riferimento alla legge provinciale n.3 del 18 maggio 2006. Questi divieti sinora sono stati esposti in pochi esercizi commerciali e spesso non riportano gli estremi della legge.


Il regolamento prevede anche il divieto di pubblicizzare bevande alcoliche in occasione di manifestazioni indirizzate ai minori di 18 anni ed in luoghi che vengono prevalentemente frequentati dagli stessi. Qualora le manifestazioni indirizzate a minori di 18 anni si svolgano in luoghi o strutture utilizzate anche per manifestazioni destinate ad un pubblico adulto, il materiale pubblicitario installato durevolmente non deve essere rimosso.


Con il regolamento si stabilisce infine che cosa si intende per materiale pubblicitario “durevolmente installato”. In sostanza si tratta di materiale che pubblicizza marchi di bevande alcoliche e di aziende produttrici di bevande alcoliche installato a pagamento prima dell’entrata in vigore della legge 3/2006. Ad esempio i cartelloni pubblicitari già presenti in luoghi e strutture utilizzate per manifestazioni indirizzate anche a minori possono rimanere.


(Autore: FG) - 03/09/07 - provincia.bz.it

Polonia: decine di indagati per pedofilia

Polonia: decine di indagati per pedofilia, tra loro un politico


VARSAVIA - Fermate in Polonia 41 persone con l'accusa di pedofilia. L'operazione, condotta nei giorni scorsi, e' stata resa nota oggi dalla polizia. Tra i fermati anche il consigliere per le pubbliche relazioni del partito Samoobrona (Autodifesa), Piotr Tymochowicz, che avrebbe raccolto sul proprio computer immagini pornografiche di bambini. Tymochowicz aveva curato anche l'immagine dell'ex vicepremier e ministro dell'agricoltura Andrzej Lepper. (Agr)


03/09/07 - corriere.it

Violenza sessuale, 8 denunce a Matera

Tra i ragazzi del branco sette sono minorenni. Avrebbero abusato di una ragazza di 15 anni. I genitori li difendono: «sono solo un po' esuberanti». Forse coinvolti anche altri adulti

MATERA - Otto giovani di Matera, sette dei quali minorenni, sono stati denunciati all’autorità giudiziaria con l’accusa di violenza sessuale continuata nei confronti di una ragazza, di 15 anni.
In particolare, cinque ragazzi hanno ricevuto avvisi di garanzia per i reati di violenza sessuale aggravata in luogo pubblico e di atti osceni, altri due dovranno rispondere di lesioni. Il maggiorenne risponde degli stessi reati dei primi cinque: le indagini della squadra mobile della Questura di Matera hanno portato anche a perquisizioni e al sequestro di computer, videofonini, pen drive e numerosi cd dei quali si dovranno verificare i contenuti.

I particolari dell’operazione, denominata “Circo”, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa dal dirigente della squadra mobile, Nicola Fucarino. Le violenze sono avvenute da febbraio a maggio scorsi in luoghi nascosti nel parcheggio interrato del Centro servizi di quartiere “Il Circo” di via Gravina, luogo di incontro i giovani e la ragazza si incontravano: la minorenne – che ha vissuto situazioni familiari di disagio – era costretta a subire le violenze, forse anche da parte di amici dei componenti del “branco” (ritenuti “un po' esuberanti” dai loro stessi genitori, che non si sarebbero accorti di ciò che i figli facevano). Gli investigatori hanno approfondito anche una chat line sulla quale i minori avrebbero descritto le violenze esercitate e raccolto le richieste di contatti avanzate da altri giovani, ai quali davano appuntamento nel garage del Centro di quartiere. Nell’indagine sono coinvolte almeno dieci persone e la Polizia non esclude che vi sia stata la complicità di persone maggiorenni.

03/09/07 - lagazzettadelmezzogiorno.it

Verona: violenza sessuale

Verona: violenza sessuale, arrestato vigilante


VERONA - Uomini della squadra mobile di Verona hanno arrestato un addetto alla sicurezza in un centro commerciale di Verona per violenza sessuale su una prostituta. L'uomo, che ha 40 anni ed e' originario di Matera, ma risiede a Travagliato (Brescia), sarebbe stato riconosciuto dalla prostituta con cui si era appartato in un'area di servizio, il cui impianto di videosorveglianza avvallerebbe il racconto della donna che sarebbe stata picchiata e violentata dopo che l'uomo aveva bloccato le porte del suo monovolume. La polizia sta indagando per verificare se l'uomo sia coinvolto in analoghi episodi avvenuti nei mesi scorsi. All'interno del monovolume gli agenti hanno trovato un coltello a serramanico. (Agr)


03/09/07 - corriere.it

Condannato finto guaritore per violenza alle clienti

Con la scusa del malocchio un uomo di 53 anni, che gestiva un 'centro per fenomeni paranormali' approfittava, sessualmente delle proprie clienti, tra le quali anche minorenni.

Una violenza che il fasullo guaritore non potra' piu' fare: la cassazione ha confermato la sentenza di condanna della Corte d'Appello di Firenze a sei anni e due mesi per violenza sessuale su di una donna e una ragazzina di 14 anni. A denunciare il finto santone era stata una donna sposata che si era recata dal 'maestro' convinta che le sorelle le avessero fatto il malocchio. L'imputato aveva cosi' costretto la signora a dei riti sessuali, affermando che fossero necessari per togliere il maleficio. Nel secondo caso, il 'guaritore' aveva compiuto lo stesso rito violentando una ragazza di circa quattordici anni portata li' dalla madre affinche' venisse guarita da una malattia. Secondo i giudici siamo di fronte ad un caso di induzione che si realizza quando, con un'opera di persuasione spesso sottile o subdola, la gente finge o convince la persona che si trova in stato di inferiorita' a sottostare ad atti che diversamente non avrebbe compiuto. Non e' necessario che l'induzione determini un inganno della vittima, essendo sufficiente anche un'opera di persuasione sottile che convinca il soggetto a compiere o subire l'atto sessuale''. Dunque pur essendoci stato un consenso iniziale della prima vittima questo ''e' viziato dalla sua condizione di inferiorita' e dalla strumentalizzazione di detta condizione''.


03/09/07 - toscanatv.com

La Polizia stradale ritira 11 patenti

CUNEO/ La Polizia stradale ritira 11 patenti nella settimana compresa tra il 27 agosto e il 2 settembre


QUATTRO GLI AUTOMOBILISTI ALLA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA NEL FINE SETTIMANA. Sono 11 le patenti e 20 le carte di circolazione ritirate dalle pattuglie della Polizia stradale nella settimana dal 27 agosto al 2 settembre. I servizi di controllo del territorio sono stati svolti nell’ambito della prevenzione e repressione del superamento dei limiti di velocità nonché della verifica delle condizioni psico-fisiche di guida dei conducenti. Sono in tutto 819 gli automobilisti sottoposti a verifica e 475 i punti decurtati.
In particolare i controlli si sono concentrati nel fine settimana: 81 quelli effettuati sulla Torino-Savona e 208 quelli sulla viabilità ordinaria, 138 i punti decurtati. A Cuneo, in collaborazione con la Questura, nella notte tra sabato e domenica gli agenti hanno fermato una donna alla guida in stato di ebbrezza. I successivi controlli hanno rivelato un tasso alcolemico superiore a 1.5.



Tre invece gli automobilisti, tutti uomini, per cui nella notte scorsa è stata ritirata la patente nel territorio del Comune di Centallo. Erano infatti al volante sotto l’effetto di alcol: per un giovane di nazionalità italiana è inoltre scattato il verbale per guida pericolosa. Alla vista del posto di blocco ha infatti tentato di allontanarsi, ma è stato prontamente fermato dalla pattuglia.



03/09/07 - cuneocronaca.it

Guida in stato di ebbrezza

Guida in stato di ebbrezza: denunciato 20enne di Poggio a Caiano


Sono continuati anche nel week-end scorso i controlli da parte dei Carabinieri della Compagnia di Prato volti a contrastare le "stragi del sabato sera". In particolare, i Carabinieri della Stazione di Poggio a Caiano hanno denunciato a piede libero un giovane di 20 anni residente a Poggio a Caiano, R.M., per guida in stato di ebbrezza alcolica.

Il giovane, fermato durante un posto di controllo in atto da parte dei militari della Stazione di Poggio a Caiano, è stato trovato alla guida del proprio mezzo in evidente stato di ebbrezza alcolica, come poi accertato per mezzo dell'alcoltest. Nei confronti del giovane sono quindi scattati la denuncia alla Procura della Repubblica di Prato, il ritiro della patente e la decurtazione di dieci punti dalla stessa.

Dopo l'inasprimento delle sanzioni in caso di guida in stato di ebbrezza, inasprimento che ha portato a penalizzare il reato, sono previste dure pene per chi fa abuso di alcol alla guida. In particolare sono previste tre fasce di sanzione. La prima fascia va da un tasso dello 0,5 allo 0,8, e ad essa corrispondono la reclusione fino ad un mese e il ritiro della patente dai tre ai sei mesi (la prima volta viene applicata la misura minore, tre mesi); la seconda fascia, dallo 0,8 all'1,5 prevede invece la reclusione fino a tre mesi e il ritiro della patente da sei mesi a un anno; la terza, infine, con un tasso superiore all'1,5, prevede l'arresto fino a sei mesi e il ritiro della patente da uno a due anni.



03/09/07 - pratoblog.it

Le spese folli di Adriano

Vizietti, alberghi e spese folli Così si è rotto l'incantesimo tra l'Inter e Adriano l'escluso


MILANO — Quarantamila euro a settimana fanno centosessantamila euro al mese. Trecentoventi milioni delle vecchie lire. Escono dal conto corrente di un attaccante con un grande avvenire dietro le spalle, che ha l'abitudine di passare molte serate (non da solo) nella suite di uno degli alberghi a cinque stelle più lussuosi di Milano. L'episodio che ha convinto l'Inter che Adriano, 25 anni, 5,5 milioni d'ingaggio annuale, contratto in scadenza nel 2010, ormai sia un giocatore irrecuperabile.

Cominciò con un gol di sinistro nell'amichevole Real-Inter (14/8/2001), una bordata per la quale la porta dei merengues trema ancora. È finita con l'ultimo autogol del ragazzo che qualcuno, lontano da orecchie indiscrete, non si vergogna a bollare con il marchio che rischia di rimanergli per sempre appiccicato addosso: l'ubriacone. In tribuna in campionato, fuori dalle liste Champions in Europa. In mezzo, tra quel rutilante esordio e questa mesta uscita di scena zavorrata da problemi personali che in società nessuno crede più risolvibili (perlomeno non in tempi accettabili), 151 presenze, 66 gol e una lista infinita di scorribande notturne che hanno cambiato connotazione di pari passo con l'aggravarsi della sua pericolosa deriva. Marachella, ragazzata, rissa, dipendenza dall'alcol.

Ad ammetterlo, in un'intervista alla Gazzetta dello Sport nello scorso luglio, è stato lo stesso Adriano: «Litigai con la mia compagna e cominciai a frequentare locali notturni e discoteche, soprattutto provai a scaricare ogni mio problema nell'alcol. Bevevo tanto e non potevo più fare a meno di uscire la sera. Dovevo farlo. Stare a casa era diventato impossibile». E così, inseguendo demoni, ragazze, cocktail e amicizie sbagliate di privé in privé, Adriano ha infilato una serie di eccessi che ne hanno inevitabilmente condizionato il rendimento, fino alla decisione dell'Inter di escluderlo dal torneo più prestigioso, la Champions League, e rimetterlo sul mercato a gennaio. Novembre 2005. Adriano viene visto in compagnia di Martins prima in un bar e poi in una nota discoteca milanese. I due nerazzurri bevono e si divertono fino all'alba. Il giorno dopo, un venerdì, il brasiliano arriva alla Pinetina quando l'allenamento è già concluso. La società tampona: «Gli avevamo concesso un permesso». In realtà Adriano ha clamorosamente confuso l'orario d'inizio dell'allenamento. Un buffetto, una multa. E si va avanti. Aprile 2006. Un presunto abboccamento a Poltu Quatu, in Sardegna, con la pornostar Edelweiss mette sul piede di guerra i giornali scandalistici. Adriano smentisce di conoscerla. Edelweiss è più loquace: «È stato un week-end molto caldo: ho fornito a Adriano argomenti per non parlare di calcio».

Ottobre 2006. Il sito brasiliano Globoesporte divulga le foto di un festino nella villa comasca del giocatore. Il bomber e un gruppo di giovani donne. Il tentativo di estorsione va a vuoto (il clan di Adriano rifiuta di pagare 150 mila euro per ritirare il servizio fotografico) ma le immagini finiscono comunque in circolazione. Febbraio 2007. I baccanali per il 25esimo compleanno del brasiliano includono una festa privata nella villa sul lago e, qualche giorno dopo, un prolungamento dei festeggiamenti nel solito, noto, locale milanese. Ad Appiano è un fantasma, tanto che Mancini in Champions decide di mandarlo in panchina. Non è la prima, e non sarà l'ultima. Le multe, ormai, non valgono più da deterrente e persino il tifoso numero uno di Adriano, il presidente Moratti, comincia a prendere le distanze. Marzo 2007. A un mese esatto dai fattacci del Firenight, il locale dove aveva celebrato il compleanno, un Adriano decisamente su di giri, circondato da ragazze e bicchieri vuoti, ha un incontro ravvicinato all'Hollywood con Rolando Howell, americano di Varese basket, 206 centimetri di ruvidità e cupidigia. Howell si avvicina alla zona del privé di cui il brasiliano è signore incontrastato, Adriano non gradisce, volano spintoni e parole grosse, dieci minuti di rissa furibonda prima che le bodyguards intervengano a dividerli. Le notti dell'ex Imperatore, ormai, hanno un copione fisso: alcol a fiumi, ragazze facili, un comportamento spesso sopra le righe, che degenera alla prima scintilla. Il risultato? Solo 6 reti nella stagione 2006-07, rapporti sempre più tesi con Mancini, esaurito il credito di stima e fiducia con la dirigenza dell'Inter, che negli anni le ha tentate tutte per rimettere in carreggiata l'ex baby prodigio.

Giacinto Facchetti, che aveva accolto in casa Adriano come un figlio richiamandolo all'occorrenza alle sue responsabilità di professionista strapagato, ogni volta usciva dai colloqui col giocatore scuotendo la testa: «Io ho l'impressione che il ragazzo non capisca...». Moratti si è sforzato di essere comprensivo fino all'ultimo: gli è stato vicino quando è morto il padre, estate 2004, lasciando un vuoto incolmabile («Ancora oggi mi manca moltissimo » ha confidato Adriano alla Gazzetta), e, di nuovo, dopo il fallimento emotivo della relazione con Daniela, madre del piccolo Adrianiño. Se trovasse dentro di sé le energie positive per reagire, Adriano potrebbe trasformare l'ennesima delusione in una sfida contro il tempo: quattro mesi per risorgere e convincere l'Inter a tenerlo. Ma ieri, attraverso il suo entourage, sono filtrate parole che sanno più di ego ferito che di lezione appresa: «Mi sento scaricato, e questo non posso accettarlo». La dolce Rosilda, da Barra da Tijuca, è pronta a raccogliere lo sfogo del suo ragazzo incompreso: «Mamma, ero più felice quando non avevamo niente». Ad Adriano, ora, rimane solo Adriano. Risorsa o condanna è probabilmente la scelta più difficile della sua vita.


Alberto Berticelli e Gaia Piccardi - 03 settembre 2007 - corriere.it

Un pentito riapre il caso di Denise

La sorellastra, i parenti, la «cessione»


MAZARA DEL VALLO (Trapani) — «Ho delle cose da raccontare su Denise». Fine luglio, caldo soffocante, la Procura di Marsala è quasi deserta. Ma in quei giorni i magistrati che indagano sul sequestro di Denise Pipitone, rapita il primo settembre di tre anni fa, quando aveva quattro anni, tornano di gran fretta dalle ferie. Un gruppo di carabinieri del Ris parte da Messina per esaminare un'auto. Nell'aria intorpidita dell'estate si riaccende improvvisamente l'indagine. È l'«accelerazione» di cui ha parlato due giorni fa il procuratore di Marsala, Silvio Sciuto. Interpretando le sue parole («i complici non sono più ignoti»), si scopre che ci sono nuovi indagati per il rapimento, dovrebbero essere sei o sette. Che l'inchiesta ha preso una direzione precisa, verso la provincia di Palermo. E che dietro la svolta c'è un «pentito », finito in manette per omicidio lo scorso 7 luglio, che ora sta fornendo una ricostruzione inedita del sequestro. È dalle parole di quest'uomo che arrivano nuovi tasselli sulla scomparsa di Denise. Fatti da approfondire, in parte ancora da verificare. Sulle tracce di chi ha portato via la bambina in quegli undici minuti, tra le 11,33 e le 11,44, da via Giovanni La Bruna, davanti a casa, in un quartiere alla periferia Nord di Mazara del Vallo. «Ogni giorno spero che sia l'ultimo. E quel giorno non arriva mai», dice la mamma, Piera Maggio. Poi aggiunge: «Siamo ancora alle parole, ora aspetto i risultati. Sono stanca, distrutta dall'angoscia ». L'avviso di chiusura indagini era atteso per metà luglio. Non è arrivato. Un'altra conferma che l'inchiesta si è allargata. «I fatti ormai li conosciamo», spiega Sciuto.

L'indagata
Fino all'inizio dell'estate c'era una sola indagata, Jessica Pulizzi. Il fascicolo: «Sequestro di persona in concorso con ignoti». Sono le persone a cui ora fa riferimento il procuratore: «Sappiamo chi sono i complici». Si tratterebbe del gruppo di persone che ha tenuto la bambina e che ha gestito la seconda fase del sequestro. Ma per riallacciare i fili di questa storia bisogna tornare alla prima indagata, Jessica. È la sorellastra di Denise, hanno lo stesso padre. Gli investigatori ipotizzano un movente a suo carico: la ragazza avrebbe individuato in Piera Maggio, e di conseguenza in Denise, le responsabili dello sfascio della sua famiglia, la separazione dei genitori. «Un forte sentimento di rancore», è scritto nella relazione della polizia. Quando la bambina scomparve Jessica era minorenne. Su di lei pesa la frase intercettata dieci giorni dopo il rapimento in una sala del commissariato di Mazara, detta alla madre che la incalzava: « T'a diri 'na cosa, io a' casa ci a purtai ».

Gli alibi
Nelle prime settimane di inchiesta gli inquirenti si sono mossi in tante direzioni. Pedofilia, nomadi, adozioni illegali. Ma gli investigatori credono di aver agganciato un filo importante, la «pista privata » su cui continuano a scavare ancora oggi. Hanno verificato gli spostamenti di Jessica, la sua ricostruzione di quella mattina a Mazara, giorno di mercato, un mercoledì. L'alibi è franato. Smentito dai tabulati delle sue telefonate, che la collocano intorno alla casa dei Pipitone, mentre lei ha raccontato di essere stata da tutt'altra parte. Sconfessato dalle discordanze con le parole del suo fidanzato di allora, Gaspare Ghaleb, tunisino (anche lui indagato per false dichiarazioni). Infine Jessica dà ai magistrati una seconda versione dei suoi movimenti, ne parla il 22 settembre, e di nuovo tre testimoni la smentiscono. La sera del giorno successivo la polizia intercetta un nuovo colloquio. La mamma di Jessica è fuori Mazara, parla con sua sorella, che in quel momento è con la ragazza, e pronuncia frasi del tipo: «Se vogliono venire a riprendersela (la polizia per un nuovo colloquio, ndr) tu ti devi rifiutare». E ancora: «Me la vogliono far crollare psicologicamente». Qualche mese dopo è calato il silenzio: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere ». Parole che per Piera Maggio sono una ferita aperta: «Una persona innocente risponde. Come è possibile rimanere in silenzio davanti alla vita di una bambina?».

Il pentito
L'11 dicembre 2005 Jessica è stata arrestata, ma per un'altra storia. «Favoreggiamento» per aver aiutato il suo nuovo fidanzato, Hakari Hamdi, a nascondere il coltello con cui ha colpito un uomo durante una rissa. Sono mesi in cui arrivano continue segnalazioni. Piera Maggio e l'avvocato che la assiste, Giacomo Frazzitta, le verificano volta per volta con i carabinieri. Le indagini proseguono. Scandagliano tutta la rete di amicizie e parentele intorno a quella che fino ad allora è l'unica indagata. Dagli archivi di polizia si scopre che uno zio di Jessica, Giulio Corona, 38 anni, nel 1995 è stato ucciso proprio da uno zio di Gaspare Ghaleb. Un altro zio di Jessica, Claudio Corona, è stato coinvolto con il fratello Angelo in varie operazioni antidroga, tra cui quella denominata «Pegaso», in cui gli stupefacenti venivano smerciati attraverso una videoteca. E infine c'è un altro zio della ragazza, stavolta «acquisito», che nei primi mesi dopo il sequestro, dal carcere, ha già provato a fornire alcune rivelazioni su Denise. Si tratta di Giuseppe Dassaro, 46 anni. Uscito di galera, si è legato a una ragazza svizzera, Sabina Maccarrone, che il 16 aprile scorso è stata trovata uccisa nel fondo di un pozzo alla periferia di Mazara del Vallo. Da quel giorno Dassaro scompare, la sua latitanza dura poco meno di tre mesi, fino al 7 luglio scorso, quando si costituisce ai carabinieri. Pochi giorni dopo le indagini su Denise, che si avviavano verso la richiesta di rinvio a giudizio per Jessica Pulizzi, si riaprono improvvisamente. È da lì che ha origine «il nuovo impulso» all'inchiesta. Spiega il procuratore Sciuto (senza riferirsi direttamente a Dassaro): «Il mio auspicio è che i riscontri possano essere confortanti».

La cessione
Tra i tanti filoni di inchiesta su Denise c'è stata anche la «pista zingara». La madre di Denise, al fondo della disperazione, prova ad augurarsi che in quel mondo la sua bambina ci sia finita dentro davvero: «Sarebbe la certezza che è viva ». L'ipotesi è ancora aperta. Soprattutto se, come traspare dalle parole degli inquirenti, quello di Denise è un sequestro a più fasi. E se l'ultima svolta dell'indagine sembra delineare un «secondo livello », cioè a un gruppo che avrebbe tenuto la bambina subito dopo il rapimento, non si possono escludere passaggi successivi. Proprio tra i nomadi Jessica conta diverse amicizie. Un kosovaro di Mazara è stato torchiato a lungo nei giorni successivi al sequestro. Un mese dopo, uno zingaro di Rimini indica due «bambine di passaggio in un campo di Padova». Al momento del blitz, quella indicata come Denise non c'è, ma la polizia libera un'altra ragazzina, 12 anni, bulgara. Si legge nel rapporto: «Presumibilmente doveva essere venduta per 20 mila euro». La madre di Denise: «Non attacco i rom. Anzi, li imploro: collaborate». L'unica speranza, per l'angoscia di questa donna e di tutte le altre madri di figli scomparsi, è che più persone possibile vedano le foto dei loro bambini. Piera Maggio ha creato un sito, www.cerchiamodenise. it. Appende le foto della figlia un po' dovunque. Anche a un piccolo albero nei giardini di villa Jolanda, centro di Mazara. Un albero regalato dal Comune per il sesto compleanno della bambina, alla fine dello scorso anno. Da allora, per quattro-cinque volte, qualcuno è andato a strappare quelle foto. E come oltraggio le ha lasciate là, a terra, a pezzettini. Sotto la pianta che dovrebbe essere il simbolo di un'intera comunità stretta intorno a Denise.


Gianni Santucci - 03 settembre 2007 - corriere.it

FORLI' - Progetto “Affido estivo”

FORLI' - Progetto “Affido estivo”: precisazioni dell'Amministrazione comunale


FORLI’ - L’amministrazione Comunale di Forlì ritiene importante chiarire le metodiche utilizzate ed i criteri che sono alla base dell’intervento di affido estivo. Innanzitutto si tratta di azioni temporanee di sostegno rivolte all’accudimento di bambini per brevi periodi e in alcune ore diurne, di norma durante le ore lavorative dei loro genitori, che si differenzia dagli interventi di affidamento familiare e di adozione finalizzati alla tutela di bambini e ragazzi privi di ambiente familiare idoneo ad un loro armonico sviluppo.



Per gli affidi temporanei che rientrano nel “Progetto di affido estivo” il percorso prevede la conoscenza delle persone, coppia o singoli, che si rendono disponibili a questo impegno, attraverso colloqui con operatori sociali esperti, l’approfondimento dell’affidabilità e capacità di gestione dei compiti educativi e di accudimento anche attraverso visite domiciliari, incontri tra famiglia d’origine del bambino, operatori e affidatari finalizzati in particolare a condividere il progetto di cura. Nel corso del progetto sono previsti colloqui intermedi di monitoraggio e di accompagnamento, consulenze telefoniche e verifica finale congiunta.



Progetto integrato nel territorio

Questo progetto è gestito da anni dal Comune di Forlì in convenzione con sei associazioni del territorio, impegnate sui temi dell’affido e della tutela dei minori, che mettono a disposizione i loro professionisti e le reti familiari di riferimento e che costituiscono insieme al Comune il gruppo di lavoro per la gestione operativa del progetto. Nel caso in esame sono state seguiti i criteri e le procedure sopra descritte.



Il sistema dei servizi

Il Servizio Sociale del Comune di Forlì si occupa di oltre 2000 minori all’anno per promuovere ed esercitare funzioni di tutela e protezione sociale dei bambini e degli adolescenti e sostenere le responsabilità familiari. Si tratta di problemi diversificati ed articolati che coinvolgono i vari contesti di vita dei bambini e che implicano una forte collaborazione tra gli operatori sociali e gli altri attori istituzionali coinvolti, a cominciare dall’Amministrazione Giudiziaria e dalle Forze dell’Ordine.



Si ritiene prioritario rinsaldare la collaborazione e l’assunzione di metodiche integrate che rafforzino la capacità di prevenzione e di intervento in situazioni sempre più difficili, anche a causa dell’evoluzione delle patologie e del crimine.

Il sistema dei servizi è altamente professionalizzato ed in continua formazione; fortemente responsabilizzato ed attento nell’esercizio dei compiti affidati. Utilizza metodologie professionali di tipo psico-sociale ed educativo, dettate dalle norme nazionali e regionali.



I single e l’affidamento familiare

Anche per l’esperienza sinora avuta nei servizi sociali di Forlì, i single, come le coppie, possono rappresentare validi punti di riferimento per i progetti di aiuto nell’ambito dell’affidamento familiare. La norma nazionale (L. 184/1983) non discrimina i single dalla possibilità di affidamento dei minori, ritenendoli a pieno titolo legittimati ad esercitare responsabilità di cura dei bambini.



La pedofilia

La pedofilia, come testimoniato dalla cronaca locale e nazionale degli ultimi anni, è un crimine che si manifesta con molte sfaccettature e la diagnosi sulla patologia che lo sottende è affidata a filoni di ricerca scientifica in evoluzione. Si manifesta in maniera trasversale su diverse categorie di persone, articolate per età, posizione sociale e stato civile. Spesso il pedofilo assume profili di persona con requisiti di affidabilità e competenze relazionali accurate.



L’impegno del Comune

L’Amministrazione è fortemente impegnata a contrastare l’aumento dei fenomeni di maltrattamento, violenza e abuso sui minori (Nel 2006 sono stati 315 i casi in carico ai servizi sociali di cui 24 per abuso sessuale). Anche per il grave caso oggi individuato è a completa disposizione per fornire tutti gli elementi di approfondimento necessari alle indagini con assoluta trasparenza e la consueta dedizione.



Convinta che il sistema dei servizi sociali è un presidio di valore fondamentale per la nostra comunità, cui và dato fiducia, l’Amministrazione si impegna a rafforzare il monitoraggio e l’efficacia degli interventi, riconfermando il patto e le sinergie con il terzo settore e le reti di volontariato per rafforzare la solidarietà e auspicando una fattiva crescita di collaborazione con le altre Istituzioni.



Loretta Bertozzi (Assessore politiche sociali, Comune di Forlì)

Rossella Ibba (Dirigente del Servizio Politiche di Welfare, Comune di Forlì)



03/09/07 - romagnaoggi.it

Zanzara tigre, l'Ausl si adegua

Imola: virus trasmesso da zanzare tigre, l'Ausl si adegua



Imola. Anche la Ausl della città sul Santerno si è adeguata alle direttive del Ministero della Salute e dalla regione Emilia Romagna riguardo al virus Chikungunya, colpevole del ricovero in ospedale di una cinquantina di persone nel ravennate nei giorni scorsi. Seppure non si siano verificati casi nel circondario imolese, il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl di Imola ha attivato la sorveglianza epidemiologica e fornito ai medici di medicina generale e agli ospedali tutte le informazioni necessarie alla identificazione e alla segnalazione di casi sospetti ai servizi competenti, procedura che garantisce la precoce individuazione e il controllo di eventuali insorgenze.
Il virus Chikungunya è endemico in alcuni paesi africani ed asiatici e che non si trasmette per contatto diretto tra uomo e uomo o per via aerea, ma a seguito di punture da parte di zanzare infette.
Tutte le informazioni relative a come proteggersi, agli interventi ambientali in atto e alla presenza degli insetti nelle diverse aree regionali sono disponibili sul sito www.zanzaratigreonline.it.
Per ogni ulteriore informazione è a disposizione dei cittadini il numero verde regionale (800 033 033).



03/09/07 - sabatoseraonline.it

Superate le 25 mila firme contro le stragi del sabato sera

Superate le 25 mila firme contro le stragi del sabato sera, anche le Acli aderiscono all'iniziativa di Magliano


CI SCRIVE L’ASSOCIAZIONE VIVIAMO LA VITA. Abbiamo avuto a Magliano Alpi un incontro con la presidenza ACLI provinciale. E’ stata l’occasione per un confronto costruttivo sulle riflessioni tese ad arginare il fenomeno delle morti che ogni settimana insanguinano le nostre strade. Ci siamo trovati perfettamente in sintonia sul fatto che la via maestra da percorrere è quella della famiglia: da essa i ragazzi partono spensierati e pieni di attese ma spesso non vi fanno più ritorno, lasciando dietro di sé un mare di sofferenza e rimpianti. La nostra iniziativa è stata definita da loro stessi importantissima: “Bisogna gridare forte che così non si può più andare avanti, che in qualche maniera bisogna fermare questa strage assurde, bisogna in ogni modo smuovere le coscienze far si che le istituzioni si assumano la loro responsabilità “ è stato ribadito nell’ incontro.



Ci è stato quindi consegnato un documento nel quale le ACLI partecipano ed invitano ad aderire alla raccolta firme. Come associazione siamo ben coscienti che la nostra proposta sottoscritta da oltre 25.000 genitori e persone sensibili non è altro che una base di partenza. Essa è però inderogabile per spostare la battaglia da un campo, minato da tutta una serie di ostacoli fisiologici, che risultano causa di incidenti gravissimi, ad uno nel quale molto più agevolmente si deve intervenire, sia con metodi repressivi, laddove necessario, ma soprattutto con metodi educativi.



I limiti sono indispensabili in qualsiasi società civile e oltre che all’ interno della famiglia: l’ anarchia nelle regole porta inevitabilmente a spingersi in modo incontrollabile sempre più in avanti alla ricerca di una effimera felicità, che però rischia di mettere a repentaglio la propria ed altrui vita.



Troppo spesso dimentichiamo che di vite ne abbiamo una sola, non esiste il replay. La vita deve essere vissuta nella consapevolezza e nella pienezza di quello che siamo e vogliamo diventare poiché abbiamo un valore quando siamo noi stessi. L’alcol e la droga, invece, ci snaturano totalmente e ci portano a perdere la nostra identità.



Nell’ incontro è stato ribadito che tale rivoluzione deve partire dal basso, sicuramente da un radicale rovesciamento del nostro modo di valutare la vita. Noi genitori dobbiamo ripensare seriamente a quali sono le cose che contano per i nostri figli: come il senso di responsabilità , la disponibilità e l’ attenzione agli altri, la consapevolezza di avere dei limiti naturali che non si possono superare senza pericolose conseguenze, la costanza nel cercare un senso della vita , senza scoraggiarsi o ripiegare su facili soluzioni che non hanno radici e lasciano il vuoto.



Ma prima di tutto dobbiamo credere noi genitori che il successo nella vita non consiste nel possesso di cose materiali ma nella condivisione , nella riscoperta delle cose semplici e vere che ti lasciano il gusto buono della vita .



Non possiamo essere che contenti che anche da una associazione così importante e radicata nel nostro paese sia emersa la necessità di riprendere, proprio a partire da questi temi, l’importanza di rimettere al primo posto “la questione morale” quale principio irrinunciabile di ogni società civile che fa da linea guida per sua realizzazione compiuta.



L’associazione “Viviamo la vita”, Magliano Alpi



03/09/07 - cuneocronaca.it

Infezione da Virus HPV

Dal 1° gennaio prossimo il Veneto proporrà l’offerta attiva e gratuita di vaccino contro l’infezione da virus HPV per le ragazze di 12 anni, allo scopo di prevenire l’insorgenza del carcinoma della cervice uterina.


Lo ha confermato l’assessore regionale alle politiche sanitarie Francesca Martini intervenendo oggi a Verona al convegno su questo tema promosso dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e coordinato dal prof. Franco Borrato dell’Università di Verona, a cui hanno partecipato tra gli altri il sindaco Flavio Tosi e il prof. Joseph Monsonego dell’Istituto Fournier di Parigi.


L’assessore Martini ha sottolineato la valenza strategica di questa tematica in quanto il carcinoma della cervice uterina è uno dei due soli tumori che possono essere prevenuti attraverso un vaccino. In Italia vengono diagnosticati 3.500 nuovi casi all’anno e oltre un migliaio di donne muoiono a causa di questa patologia. Si tratta del primo tumore riconosciuto dall’OMS essere riconducibile ad un’infezione essendo correlato per il 95% dei casi con l’infezione da alcuni ceppi del virus HPV.


Grazie ai programmi di screening citologico (Pat-test) – ha rilevato l’assessore regionale alla sanità – nel Veneto la situazione epidemiologica è molto migliore del resto d’Italia: vengono diagnosticati circa 200 casi all’anno. Nel 2002 i decessi sicuramente imputabili a questo tipo di tumore sono stati 48, a cui vanno aggiunti altri 40 decessi che hanno avuto come probabile causa questa patologia.


L’assessore ha fatto rilevare che la letteratura scientifica internazionale concorda nel ritenere che la vaccinazione garantisce una protezione più elevata se fatta prima dell’inizio dell’attività sessuale. Per questo il target scelto per la campagna vaccinale gratuita in Veneto è quello delle adolescenti. “Considero la medicina dell’adolescenza – ha aggiunto l’assessore Martini – uno dei grandi temi da affrontare. La fragilità adolescenziale in termini sanitari è un nodo strategico nell’ambito dell’offerta di salute della Regione”.


L’assessore ha detto inoltre di ritenere questa vaccinazione una “pietra miliare” in materia di salute delle donne, ma anche un punto di partenza per il lavoro da portare avanti nei confronti degli adolescenti, sia per le ragazze che hanno una maggiore consapevolezza del proprio corpo, sia per i maschi che su questo fronte sono più indietro. “E’ comunque un’adolescenza a rischio – ha concluso l’assessore veneto – se consideriamo fattori come l’infezioni sessuali, l’uso di droghe e di sostanze psicotrope, l’alcol, il fumo. Per questo la Regione tende a proporre specifici percorsi di salute che hanno però bisogno di professionisti ed istituzioni attente e disponibili ad interagire”.


REGIONE.VENETO.it


03/09/07 - newsfood.com

Guerra a lucciole e droga Tabbò, sceriffo di Albenga

Albenga. Il “sindaco boy scout” si veste da sceriffo e dichiara guerra a prostituzione, spaccio e microcriminalità. A metà mandato Antonello Tabbò, da due anni e mezzo primo cittadino di Albenga, sembra avere deciso di cambiare pelle ed ha sorpreso tutti con l’ordinanza antiprostituzione e con la dichiarata intenzione di combattere lo spaccio di cocaina e altre sostanze.


«Non parto affatto per la guerra, e la mia non è una metamorfosi - replica Tabbò con un certo stupore -. Fin dalla campagna elettorale ho dichiarato che non può esserci sviluppo senza sicurezza, e il fatto che non mi piacciano i toni troppo alti non significa che non voglia prendere decisioni, a volte anche difficili. Il fatto è che cerco sempre il dialogo e il confronto con tutti, perché questo è il mio modo di amministrare ed è anche il mio modo di vivere. Poi, dopo il confronto, prendo le decisioni che vorrei sempre più condivise possibile, ma che restano decisioni del sindaco. La mia speranza è di governare la città insieme alla città, e questa forse è una vera rivoluzione, anche se silenziosa».


Però che un sindaco di centrosinistra faccia un’ordinanza contro la prostituzione e annunci “tolleranza zero” nei confronti degli spacciatori è una cosa che desta un po’ di stupore.


«Perché? Io non credo sia una questione di parte politica. Credo semplicemente che se c’è un problema e questo problema va a scapito dei cittadini o è vissuto negativamente dai cittadini bisogna risolverlo».


Con le ordinanze sindacali?


«Beh, questo è un discorso complesso. Intanto credo sia evidente, almeno a chi mi conosce e a chi segue le vicende sociali e politiche, che l’ordinanza non è contro le prostitute come persone, ma è contro tutto quello che c’è di negativo dietro questo fenomeno, dai problemi di sicurezza per i cittadini e per la circolazione delle auto a questioni molto più profonde e negative come il racket».


«Detto questo - prosegue Tabbò- non posso che stigmatizzare il fatto che su temi come immigrazione, lotta alla droga e alla prostituzione ci siano gravi carenze legislative che non possono essere coperte da ordinanze. Noi sindaci possiamo fare i supplenti, ma solo fino a un certo punto. Lo stato e le regioni, per le rispettive competenze, devono legiferare in modo efficace, altrimenti i nostri sforzi servono a poco».


A metà mandato è quasi d’obbligo un primo bilancio. È un bilancio in attivo o in passivo?


«È un bilancio fatto di cose realizzate e di altre ancora da realizzare. Posso dire che abbiamo completato la rete fognaria nel levante, che abbiamo fatto la piazza di Leca e quella di Campochiesa, il restauro del fortino, abbiamo aperto la torre civica, ma non so se abbia senso fare un elenco. Diciamo che si comincia a vedere qualcosa di quelli che erano gli obiettivi del programma. ovviamente si può e si deve migliorare, ma credo di poter essere sereno. Poi c’è la grossa sfida della raccolta differenziata».


Un tema scottante e delicato...


«Sì, ma credo sia parte di quella rivoluzione silenziosa che dicevo. Non ho avuto difficoltà ad ammettere gli errori, ad esempio nel cominciare senza un’adeguata informazione e proprio mentre stava arrivando il caldo. Ci siamo resi conto degli errori e abbiamo cominciato a correggerli. Adesso arriva il nuovo puc, e sarà improntato a un’idea nuova di città, un’idea che comprende la raccolta differenziata, i risparmi energetici e le energie pulite».


Ha mai pensato ”questa volta non ce la faccio”? è mai stato sul punto di rinunciare a un progetto importante?


«No, mai. Forse sono più cocciuto di quanto sembri, ma non ho mai avuto sensazioni di questo tipo. Però un cruccio c’è, e riguarda palazzo Oddo. Avrei voluto aprirlo più rapidamente, e adesso dobbiamo farlo e posso garantire tutto il mio impegno personale».


Il cruccio lo ha svelato lei. C’è anche un sogno?


«Sì, ed è palazzo Oddo. Voglio vederlo attivo come palazzo della cultura albenganese, ed è un sogno che realizzeremo. Su un piano più ˆfilosofico’ sogno una città e se me lo permettete un mondo più disposti al dialogo e più attenti a quelle che sono le cose vere e importanti, spesso soppiantate da quella che va sotto il nome di ˆimmagine’, o meglio di apparenza».


Insomma, più sceriffo o più boy scout?


«Basta con queste cose. La mia propensione al dialogo continuerà ad essere il motivo dominante della mia azione politica e della vita. Ho sempre inteso la politica come una forma di servizio. Se essere scout significa questo sono d’accordo, se la intendete come arrendevolezza allora non ci siamo proprio capiti».


Luca Rebagliati


03/09/07 - ilsecoloxix.it

Animali terapeuti: pet therapy

Il termine pet therapy indica una serie complessa di utilizzi del rapporto uomo-animale in campo medico e psicologico. Nei bambini con particolari problemi, negli anziani ed in alcune categorie di ammalati e di disabili fisici e psichici, il contatto con un animale può aiutare certe bisogni di affetto, sicurezza, di relazioni interpersonali, od anche recuperare alcune abilità perdute.

La pet therapy può essere realizzata o per mezzo di Attività assistite dagli animali (AAA), oppure attraverso vere e proprie Terapie Assistite dagli Animali (TAA), cioè con interventi specifici mirati a favorire il raggiungimento di funzioni fisiche, sociali, emotive, cognitive. E’ stato infatti ripetutamente dimostrato che il contatto con un animale può sostituire affetti mancanti o carenti, e può aiutare ad interagire con le altre persone. Può svolgere funzione di ammortizzatore in situazioni di stress e di conflittualità, ritardo mentale, disturbi psichici, specie nel caso di bambini od anziani. Le coccole con un animale possono contribuire alla regolazione della pressione arteriosa e delle frequenza cardiaca.

L’attività terapeutica vera e propria deve essere gestita da responsabili qualificati, che sappiano utilizzare caso per caso mammiferi ( cani, gatti, conigli, cavalli), oppure, talvolta, anche uccellini o pesciolini. Alcune recenti esperienze condotte su bambini ricoverati in Reparti pediatrici, hanno dimostrato che la gioia e la curiosità manifestate dai piccoli pazienti alleviano i disagi causati dalla degenza, e rendono più sereno il loro approccio con le terapie e con il personale sanitario. Il prendersi cura degli animali favorisce la socializzazione fra gli stessi bambini. Un miglioramento dello stato di benessere e della socievolezza è stato parimenti dimostrato fra anziani ospitati in case di riposo.

Le terapie assistite vere e proprie, sono in realtà delle co-terapie dolci, da affiancare alle terapie mediche tradizionali, attraverso precisi protocolli terapeutici. Sono dimostrati risultati positivi in casi di: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, disturbi psico-motori, nevrosi ansiose e depressive, sindrome di Down, Sindrome di West, autismo, demenze senili, sclerosi multipla, esiti di stati comatosi.

L’intervento degli animali può essere mirato a stimolare l’attenzione, a stabilire un contatto visivo e tattile, un’interazione comunicativa ed emozionale, a controllare ansia ed eccitazione, a favorire la riabilitazione motoria, sia degli arti superiori che inferiori.La nostra Regione, con la Legge 15/2000, ha affermato i principi di protezione degli animali, della loro importanza per la salute umana e per l’equilibrio dell’ambiente. Il Regolamento emanato il 15 Aprile 2007 ha istituito anche l’anagrafe canina ed ha stabilito norme per la prevenzione del randagismo, nonchè per aiutare le associazioni per la protezione degli animali, specie se di affezione.


Dott. Angelo Milazzo - 03/09/07 - cataniaomnia.it


[In mezzo a tante cure e medicine voglio dire che io credo molto alla pet-therapy, utilissima per l'accrescimento dell'autostima, quella con i cavalli per la fiducia nel prossimo e di conseguenza in se stessi; con i cani contro la depressione e la solitudine. Pensateci, a volte basta un cucciolo di cui doversi prendere cura per fare miracoli. Non è fanta-medicina ;-)]

I bambini inglesi fanno paura: 3mila crimini ogni anno

Nuova allarmante notizia sulla baby-criminalità in Gran Bretagna all’indomani della condanna a Londra di cinque ragazzini, il più vecchio dei quali ha 13 anni, colpevoli di avere ucciso a bastonate un sessantenne che giocava a cricket con il figlio: ieri la Bbc ha reso noto che l’anno scorso quasi tremila crimini - dall’incendio doloso alla violenza sessuale, dal furto alla distruzione vandalica di beni altrui - sono stati commessi da bambini sotto i 10 anni, troppo piccoli per essere arrestati e processati.Ma la realtà sembra più inquietante: i dati riguardano soltanto 32 delle 43 forze di polizia esistenti in Inghilterra e Galles. Sessantasei sono i casi di violenza sessuale registrati nel corso del 2006 su un totale di 2.840 mentre circa 1.300 sono stati gli incendi e gli atti vandalici attribuibili a bambini al di sotto dei 10 anni.
Lawrence Lee, avvocato di uno dei due ragazzini di 10 anni che nel 1983 rapirono e uccisero un bambino di due anni, ha proposto ieri di vagliare l’opportunità di abbassare l’età minima per la responsabilità penale da 10 a 8 anni. La Gran Bretagna è alle prese con una violenza giovanile assassina che solo a Londra ha provocato quest’anno la morte di 18 minorenni, accoltellati o uccisi a colpi d’arma da fuoco.


03/09/07 - ilgiornale.it

Diabete e ipertensione: c'è un nuovo farmaco

E' già noto e disponibile in Italia, ma ora un nuovo studio ne rilancia l'efficacia. Si tratta di un farmaco capace di contrastare la ipertensione arteriosa e il diabete. Quello di tipo 2, il più diffuso. Anche l'Italia coinvolta nella ricerca, che ha visto òa partecipazione di 215 centri asiatici, dell'Australia, Europa e Nord America. Un farmaco che potrebbe risolvere i problemi di molte persone. nel mondo si stima che a soffrire del diabete di tipo 2 siano 246 milioni di persone. Tre milioni solo in Italia, per le quali questo farmaco potrebbe rivelarsi vitale. Il farmaco è un'associazione fissa di Indapamide e Perindopril, un ACE inibitore autorizzato fino al 2002 per il trattamento dell'ipertensione arteriosa e dell'insufficienza cardiaca congestizia.


Il prof. Roberto Ferrari, Direttore della Clinica di Cardiologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria S. Anna di Ferrara: "L'uso di questo farmaco potrebbe diventare una vera e propria salvezza per milioni di malati, le malattie cardiovascolari rappresentano infatti le maggiori complicanze del diabete di tipo 2 e sono la più frequente causa di morte per questi pazienti (50-80 per cento). Trattando i diabetici del nostro Paese con questa associazione fissa, si potrebbero salvare nei prossimi cinque anni ben 40.000 persone. I risultati ottenuti sono estremamente favorevoli e particolarmente importanti visto che possono essere immediatamente applicati nella pratica clinica. Lo studio è stato condotto in condizioni del tutto simili a quelle reali. I pazienti coinvolti erano già secondo il meglio delle terapie disponibili, come da indicazioni delle più recenti linee guida, ed i medici sperimentatori erano liberi di scegliere l'approccio terapeutico più appropriato, al quale aggiungere in cieco il farmaco in studio oppure il placebo".

Il prof. Stephen MacMahon, dell'Institute for International Health della University of Sydney (Australia), coautore dello studio: "E' stato dimostrato che questo trattamento riduce di quasi un quinto il rischio di morire per complicazioni legate al diabete senza avere effetti collaterali, un'importante scoperta che si spera abbia delle importanti ripercussioni sulle linee guida, la pratica clinica e le politiche sanitarie". I risultati della ricercas sono stati illustrati su Lancet. The Lancet è una rivista medica pubblicata settimanalmente dal Lancet Publishing Group, parte del gruppo Reed Elsevier. È stato fondato nel 1823 da Thomas Wakley. Il suo nome è identico a quello dello strumento medico per chirurghi (bisturi). L'editore capo (al 2005) è Richard Horton. Ci sono diverse edizioni della rivista, chiamate The Lancet Neurology (neurologia), The Lancet Oncology (oncologia) e The Lancet Infectious Diseases. The Lancet è considerata tra le prime cinque riviste mediche, insieme a New England Journal of Medicine, Journal of the American Medical Association, British Medical Journal e Canadian Medical Association Journal. Il 10 Settembre 2005 è stato pubblicato sulla rivista una lettera di fondo scritta da 16 ricercatori intenazionali, guidati dall'inglese Gene Feder, e firmata anche dall'italiano Enrico Materia. In essa si denuncia come l'editore della rivista sia implicato nella organizzazione di una mostra dell'industria della difesa in corso di svolgimento a Londra.

Il diabete associato all’ipertensione moltiplica il rischio di prognosi avversa. A tal proposito alcuni studi condotti a livello europeo hanno stabilito che è più importante tenere sotto controllo la pressione che non la glicemia. Nel paradosso corre quindi meno rischi un paziente diabetico che cura molto bene l’ipertensione e un po' meno la glicemia, rispetto ad un altro che cura meno bene l’ipertensione e meglio il diabete. L’ipertensione arteriosa è una tra le malattie più diffuse nei paesi industrializzati. Colpisce infatti circa il 20% della popolazione adulta e rappresenta uno dei maggiori problemi clinici dei tempi moderni. In Italia più di 10 milioni di persone soffrono di ipertensione e circa la metà di queste ignora di avere la pressione alta. Molte volte infatti chi è iperteso scopre di esserlo durante una visita medica di controllo, ignorando la presenza della malattia per diversi anni. Tra coloro che sanno di essere ipertesi solo il 25 % riesce a tenere la malattia sotto controllo e a riportare la propria pressione nella norma. Non sempre per un medico è facile decidere quando occorre intervenire farmacologicamente. Grande importanza riveste l’adesione o meno del malato alla terapia.

03/09/07 - barimia.info

La depressione e il lutto

Il termine "lutto" indica la reazione alla morte di una persona cara. Si tratta di una risposta primordiale comune a tutti gli esseri umani tanto che, pur avendo un significato soggettivo catastrofico, viene vissuto come un'esperienza "fisiologica".
Contributi recenti alla comprensione del lutto fanno riferimento alle teorie dell'attaccamento e della separazione, secondo le quali ciascun essere umano è naturalmente portato a formare legami intensi e duraturi. L'interruzione di un legame di attaccamento provoca una serie di reazioni prevedibili ed intense finalizzate al recupero della precedente relazione.
John Bowlby, il più autorevole studioso dei processi di attaccamento e separazione, ha individuato nel lutto quattro distinte fasi attraverso le quali si arriva a ridefinire la relazione con il defunto e a formare nuovi e duraturi legami. L'individuo all'inizio tenta di recuperare l'oggetto perduto, ma si scontra ineluttabilmente con la sua mancanza e questo genera sentimenti di profonda delusione, di angoscia, paura e rabbia (fase della protesta). Preso atto dell'inutilità dei propri sforzi, il soggetto da una parte si rassegna alla perdita, dall'altra avverte un profondo coinvolgimento nei confronti della persona perduta mentre il mondo gli sembra vuoto e privo di significato (fase della nostalgia). Successivamente i ricordi si fanno più intensi e compaiono irrequietezza, irritabilità, mancanza di motivazione, introversione, tendenza ad evitare i rapporti sociali, disturbi organici (fase della disperazione). Infine si verifica una rielaborazione, sia sul piano cognitivo che affettivo, della relazione con il defunto e vengono instaurati nuovi legami

La distinzione tra lutto e depressione

Pur presentando diverse manifestazioni in comune, dolore da lutto e depressione non possono essere del tutto assimilati sul piano sintomatologico. La distinzione si rende utile anche perché non tutti i soggetti dopo la morte di un familiare vanno incontro ad un vero e proprio episodio depressivo e perché un eventuale trattamento farmacologico migliora i sintomi della depressione ma non modifica necessariamente la fenomenologia del lutto.
La sintomatologia depressiva che si associa al lutto in genere non richiede uno specifico trattamento poiché non provoca difficoltà sul piano psicosociale, non altera la qualità della vita e tende a risolversi spontaneamente. Bisogna tuttavia considerare attentamente gli episodi depressivi anche se insorti dopo la morte di un familiare, valutandone la gravità, la persistenza e la pervasività: occorre infatti tener presente che almeno nel 10% dei casi il quadro psicopatologico può durare consecutivamente per più di un anno ed associarsi ad un elevato rischio di suicidio e di complicazioni di natura medica e psicosociale. Se le condizioni lo richiedono, in questi casi si può ricorrere ad una terapia specifica, tenendo presente che numerosi studi hanno chiaramente dimostrato l'infondatezza dell'ipotesi che farmaci o psicoterapia possano ritardare o arrestare la naturale evoluzione del processo del lutto.

Il lutto complicato

Con la definizione generica di lutto "complicato" o "patologico" vengono indicate diverse condizioni, alcune relative ad alterazioni del fisiologico processo del lutto, altre a complicanze psichiatriche o mediche conseguenti al decesso di una persona cara.
Al pari di altri eventi vitali, la morte di una persona cara è in grado di scatenare un disturbo psichico o l'aggravamento di una patologia preesistente, come disturbi dell'umore e d'ansia. Una manifestazione relativamente frequente è lo Stato Misto, in cui la sintomatologia espansiva, commista a quella depressiva, varia da veri e propri quadri psicotici a forme più lievi (stati misti attenuati), nei quali la componente depressiva si associa ad ansia, agitazione, irritabilità e lamentosità. In stretto rapporto cronologico con il decesso si può verificare anche un episodio maniacale ("mania da lutto"), abitualmente di breve durata e la sintomatologia, per altri versi non distinguibile da quella delle forme non reattive, è caratterizzata dalla tendenza a negare l'evento o ad esprimerlo con modalità megalomaniche. Gli stati misti conseguenti al lutto rappresentano non di rado l'esordio di un disturbo dell'umore mentre la mania da lutto si manifesta in soggetti che hanno già sofferto di mania o depressione in entrambi i casi si formula la diagnosi di disturbo bipolare ed è necessario mettere in atto gli opportuni trattamenti a breve e a lungo termine.
I soggetti che hanno subito un lutto vanno incontro ad un significativo aumento di morbilità, con accresciuta richiesta di visite mediche, di ospedalizzazione e di uso di farmaci. L'aumentata suscettibilità alle malattie, più evidente negli anziani, nei maschi, e in coloro che non hanno un valido supporto sociale, può essere spiegata sia con una riduzione delle difese immunitarie, sia con la riattivazione di preesistenti affezioni fisiche. Contribuiscono ad aggravare il rischio di patologie organiche anche la tendenza all'abuso di sostanze, in particolare alcool e nicotina, e i tentativi di automedicazione con benzodiazepine.
I dati presenti in letteratura indicano che la perdita di una persona cara è seguita da un innalzamento del tasso di mortalità, fenomeno che risulta correlato con il sesso e con il tempo trascorso dall'evento. Nei maschi la mortalità è più elevata nel primo anno ed è causata da gesti autolesivi, incidenti, patologie cardiovascolari e infezioni; nelle donne si evidenzia invece dal secondo anno ed è in relazione ad una minore attenzione per la propria salute, al consumo di sostanze voluttuarie e all'assunzione non controllata di farmaci.

Quando è necessaria una terapia?

Nella maggior parte dei casi il lutto si risolve spontaneamente e non necessita quindi di terapie specifiche; rappresentano comunque un valido aiuto il sostegno da parte di familiari, di amici e, se opportuno, di religiosi. Un intervento specifico per facilitare il superamento del lutto e prevenire la comparsa di complicanze si può rendere necessario in presenza di particolari fattori di rischio e quando manca un supporto sociale valido. A questo scopo sono state proposte diverse modalità di psicoterapia. Per evitare un'evoluzione sfavorevole nei soggetti anziani si è dimostrata particolarmente utile la disponibilità di infrastrutture e servizi sociali ben funzionanti.
Il ricorso ad una terapia farmacologica è necessario quando compare una sintomatologia di intensità moderata o grave oppure sono presenti idee di suicidio, rallentamento psicomotorio, idee di colpa o indegnità. In questi casi la scelta del farmaco dipende dalle caratteristiche del quadro clinico, dall'età e dallo stato di salute del paziente e segue le linee guida proposte per il trattamento dell'episodio depressivo maggiore.
Particolare attenzione è necessaria nel prescrivere benzodiazepine e ipnoinducenti che, utili nelle fasi iniziali della terapia per il controllo dell'ansia e dell'insonnia, devono tuttavia essere rapidamente sospese per evitare assuefazione e dipendenza, fenomeni a cui questo gruppo di pazienti sembra particolarmente esposto.
Un intervento farmacologico, analogo a quello del disturbo primitivo, è indispensabile in presenza di eventuali patologie mentali insorte in seguito al lutto.

03/09/07 - aipsimed.org

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