Evangelista (IDV) su incidenti e alcol

L'Aquila, 28 ott.- "Un progetto di legge depositato qualche giorno fa, si prefigge di dare all’Abruzzo una legislazione adeguata ed avanzata al fine di prevenire gravi incidenti stradali dovuti all’abuso di alcol e stupefacenti”.

E' quanto afferma il capogruppo IdV al Consiglio regionale, Bruno Evangelista, commentando con favore le iniziative della Provincia di Pescara per contrastare l’abuso di sostanze che alterano lo stato di coscienza e provocano spesso incidenti mortali sulle strade".
“Le novità introdotte nel pdl da me presentato – spiega il rappresentante dipietrista - sono relative in particolare alla modifica dell'orario di vendita di alcolici, che dovrà essere attuata in tutti i pubblici esercizi dall’una di notte alle otto del mattino, ed alle sanzioni previste per gli esercenti che non li rispetteranno, con un’ammenda che va da un minimo di 1000 euro fino alla sospensione dell'attività da 30 giorni ad un anno. Inoltre è previsto per i gestori dei locali l'obbligo di esporre un cartello informativo sugli orari. Viene stabilita anche una limitazione della vendita e della somministrazione di superalcolici durante fiere, sagre, manifestazioni sportive e musicali all'aperto e negli impianti sportivi . Le discoteche poi e tutti i locali notturni d'intrattenimento e svago avranno l'obbligo di chiusura alle due di notte, con proroga alle quattro solo se autorizzati dalla locale amministrazione comunale.


28/10/07 - ilcapoluogo.it

Pericolo alcol e cocaina per le giovanissime

Federserd: ragazze dai 14 ai 16 anni consumano cocaina e alcol


Le ragazzine fra i 14 e i 16 anni hanno scoperto la cocaina e la usano insieme all'alcol per potenziarne gli effetti: l'allarme, che conferma e aggrava i dati della Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze di quest'anno, giunge oggi dal Congresso di Federserd, la federazione nazionale dei servizi pubblici per le dipendenze, che ha aperto i suoi lavori a Sorrento alla presenza di 750 delegati provenienti da tutta Italia.
Una trasgressione in piu', forse la piu' grave, dopo alcool, marijuana e psicofarmaci sottratti dall'armadietto di casa. Sono ragazzine che fanno parte di famiglie normali, integrate. Si conferma che le donne si avvicinano alla cocaina molto prima dei maschi, che usano questa droga dopo i 24 anni. Per quanto riguarda l'eta' della prima assunzione delle droghe, il limite rimane ancora intorno ai 13-14 anni, mentre e' piu' basso per quanto riguarda l'alcool.
Ma questa non e' l'unica notizia preoccupante che danno gli operatori dei Sert, che a Sorrento studiano una strategia di responsabilizzazione che coinvolga chi si droga, chi cura il tossicodipendente, chi fa le leggi. L'altro allarme e' che un giovane su tre assume droghe: dalla marijuana, all'eroina, alla cocaina. E uno su due confessa che e' spesso avvicinato da gente che gli offre la droga. Ma non basta: un tossicodipendente su tre oggi in Italia ha problemi psichici, dalla paranoia all'ossessivita', all'aggressivita'. E cosi' diventa responsabile di atti di violenza, in casa e per strada, e questa violenza si scatena anche quando non e' alla ricerca di droga.
Dal Congresso giunge quindi un preciso atto di accusa: 'siamo davanti ad una clamorosa insufficienza delle politiche contro la droga -dice Alfio Lucchini presidente della Federserd- sia a livello di Governo che delle Regioni e delle altre istituzioni.
Vengono ignorate e talvolta emarginati gli operatori dei Sert che ogni giorno, quasi ogni ora, monitorizzano sul campo il 'calore' della situazione'.


28/10/07 - droghe.aduc.it

Ubriaco alla guida, aggredisce e insulta i carabinieri

Ubriaco alla guida, aggredisce e insulta i carabinieri: arrestato per resistenza e violenza


Imperia - Un genovese di 26 anni guidava ubriaco e dopo essere stato fermato ha cominciato a dare in escandescenze, insultando e picchiando i militari.


Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni e' l'accusa di cui dovra' rispondere un automobilista genovese, di 26 anni, Morgan Donati Noberini, che intorno alle 4, in preda ai fumi dell'alcol, ha aggredito i carabinieri del Nucleo Radiomobile della compagnia di Imperia che lo avevano fermato per accertamenti mentre si trovava alla guida della propria autovettura. Il giovane, anziche' fornire le proprie generalita', ha insultato e aggredito i militari, colpendoli con calci e pugni e provocando loro lesioni di pochi giorni. Portato in caserma si e' poi rifiutato, fino alle 7 del mattino, di fornire le proprie generalita'. Nel corso della notte, la pattuglia ha fermato altre due persone per guida in stato di abbrezza: un giovane di 37 anni della provincia di Torino e uno di 27 anni del savonese.

di Fabrizio Tenerelli - 28/10/07 - riviera24.it

Alcol e droga al volante, 5 denunce

Qualche giorno fa, sulla piazza di Dosoledo era apparsa una scritta: «Il vostro etilometro non placherà la nostra sete». Il filmato dei ragazzi che lo realizzavano era finito perfino su You Tube. L'altra notte i carabinieri, come è loro solito da un bel po' di mesi a questa parte, hanno fatto uno dei blitz a colpi di etilometro cui la popolazione si è ormai abituata.Sei Gazzelle, delle stazioni della compagnia di Cortina, con due macchinari per rilevare la presenza di alcol nel sangue, in azione fin dalle 8 di venerdì sera, si sono appostate nei luoghi di passaggio obbligato per gli automobilisti.I controlli sono stati intensificati perché nelle zone montane in questo periodo erano riapparsi diversi turisti, un fatto che richiedeva quindi una maggiore presenza da parte delle forze dell'ordine che ritengono di non poter abbassare la guardia sui settori di intervento cui si sono dedicati in modo massiccio l'anno passato, la guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. E in effetti, nella rete dell'etilometro sono cadute tutte persone di passaggio, sia di Padova, sia di Treviso, e non gente del posto.

E pensare che i carabinieri, muniti di due etilometri, hanno esteso i loro controlli a decine di automobilisti, trovandone molti in perfette condizioni. Altri al contrario, sono incorsi in grave violazione della legge. Due uomini del Trevigiano (uno di 52 anni e un altro di 65 anni) sono stati denunciati per guida in stato di ebbrezza alcolica (più di 1,80 grammi di alcool per litro), mentre un terzo, un 21enne della provincia di Padova, è stato lasciato a piedi dopo la denuncia ed il sequestro del mezzo per guida sotto l'effetto di droghe: nella sua auto, infatti, i Carabinieri hanno trovato oltre 5 grammi di hashish, ed il successivo test ha dato ai militari la conferma ufficiale che sospettavano.

I ragazzi che erano in auto con lui, invece (due giovani trevigiani, un ragazzo e una ragazza di 20 e 18 anni) sono stati segnalati alla Prefettura quali "assuntori"; dalle loro tasche infatti sono venuti fuori altri residui di sostanza stupefacente: rischiano il ritiro della patente di guida.

In Comelico ora si parla del "blitz" dell'altra sera. Ma considerato il numero dei veicoli controllati, il risultato secondo i carabinieri è senza dubbio soddisfacente, anche tenuto conto del fatto che non una violazione è stata riscontrata in capo a cittadini residenti in zona.

Simona Pacini - 28/10/07 - gazzettino.it

Imbecilli, ignoranti, diffamatori

C’è un tipo di diffamatore che ha connotazioni maniacali ed ha bisogno di gettar fango sui bersagli prescelti per le manifestazioni di tale tendenza senza badare a smentite, “prese in castagna”, dimostrazioni le più chiare dell’infondatezza e della banalità di certe affermazioni, un bisogno che ricorda quello dei tossicodipendenti.
Quanto più le diffamazioni di questi signori sono espressioni di luoghi comuni e di ottusità, tanto più resistono nel tempo e tornano a galla dopo anni ed anni come se nel frattempo non fossero naufragate miseramente le campagne di ben orchestrate e strumentali calunnie e non fossero state ricacciate in gola a chi ne è stato il promotore ed il divulgatore di certe invenzioni.

Sul “Messaggero” del 24 ottobre 2007, in un riquadro intitolato assai pretenziosamente “Dieci righe di storia”, con il mero pretesto di un anniversario, vi si legge “24 ottobre 1988” – A Roma la prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, annulla “per difetto di forma” la condanna del boss napoletano Michele Zaza, trafficante internazionale di droga”. E via discorrendo. Discorrendo di diecine di sentenze annullate dalla sezione presieduta da Carnevale, della definizione di “ammazzasentenze” da questi guadagnata, di “difetto di motivazione” (come se fosse un pretesto in sé visibile) a fondamento di quegli annullamenti. E poi “nel 1992 Carnevale sarà trasferito alla (!!!) Sezione Civile della Cassazione.

Non una parola della pioggia delle accuse (di per sé indiziaria di un progetto persecutorio) e della loro definitiva, dimostrata infondatezza nei confronti di uno dei migliori magistrati mai avuti in Italia. E l’idiozia pertinace dell’”ammazzasentenze” (come se la Cassazione, invece che Corte, appunto, di Cassazione, dovesse essere “di confermazione”. E quel “difetto di forma” ammannito ai lettori come se si trattasse di un difetto di formato o di veste grafica del dattiloscritto della sentenza.
Autore del riquadro è tale Gianni Bisiach. C’è pure la faccia del medesimo in un piccolo riquadro accanto al titolo. Vecchio? Giovane? Sorride, evidentemente compiaciuto, non si sa se per la buona memoria di antiche campagne in cui, magari abbia avuto parte, oppure per essere stato capace di ripescare, rimestando, un vecchio argomento.
Rimestando. Si capisce in che cosa.

Da: www.giustiziagiusta.info - Mauro Mellini - legnostorto.com

Rapine e stupri a prostitute: 4 in manette

Sono tutti di Oria (Brindisi) ed è stata contestata loro anche l'associazione per delinquere. Furono già arrestati lo scorso agosto dopo una sparatoria in cui rimase ferito anche un Cc

BRINDISI – Associazione per delinquere, violenza sessuale e rapina: sono i reati per i quali sono stati arrestati in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare quattro uomini di Oria, nel Brindisino, accusati di aver compiuto rapine ad almeno una dozzina di prostitute nigeriane e di aver compiuto violenze sessuali nei confronti di almeno due di loro.
I quattro erano già stati arrestati lo scorso 24 agosto perchè sorpresi dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Francavilla Fontana a rapinare una prostituta nigeriana lungo la complanare che costeggia la statale 7, tra Oria e Latiano. In quell'occasione, ci fu anche una sparatoria tra i malfattori e i militari in borghese: rimasero feriti uno dei presunti rapinatori e un carabiniere.
Alle ordinanze di custodia cautelare – nelle quali si contestano episodi avvenuti in più riprese da un anno fa – si è giunti grazie alle denunce delle prostitute nigeriane, tutte di età compresa tra i 20 ed i 25 anni. Per i carabinieri non è stato semplice riuscire ad ottenere la fiducia delle ragazze, giacchè spesso si tratta di donne senza permesso di soggiorno che, proprio a causa della propria posizione, hanno timore di denunciare.


28/10/07 - lagazzettadelmezzogiorno.it

L'aperitivo e poi la violenza

L´aggressione nata per una scommessa. La ragazza: non potevo chiamare aiuto, ero paralizzata dallo choc


Violentata per una scommessa con un amico: «Vuoi vedere che riesco a farmela prima di te? Non ci credi? Scommettiamo». Per questa ragione Daniele A., 25 anni, barese, studente del Dams vicino alla laurea, giovedì notte avrebbe stuprato nel suo residence di lusso, al primo appuntamento, una ragazza tedesca di 21 anni, studentessa Erasmus, conosciuta tre settimane fa. E´ stata lei, Inge (non è il suo vero nome, ndr.) a Bologna da un mese e mezzo per studiare lingue, a raccontarlo venerdì pomeriggio ai poliziotti della Squadra mobile, sporgendo denuncia contro il giovane che è stato immediatamente arrestato per violenza sessuale e sequestro di persona.

Lui nega tutto, cade dalle nuvole, dice che un rapporto sessuale c´è stato, ma voluto da entrambi. Intanto il pm Antonello Gustapane ha già presentato la sua richiesta di convalida del fermo. Ora gli investigatori cercano i riscontri al racconto della vittima. La considerano assolutamente credibile: «E´ molto provata. Piange, sta male»

I due si sono conosciuti a Bologna tramite amici comuni (uno è quello col quale Daniele avrebbe fatto la scommessa). Si scambiano il numero del telefonino, qualche volta si messaggiano, ma in tre settimane non si vedono mai da soli. Giovedì sera il primo appuntamento. Decidono di incontrarsi. Lui passa a prenderla con la macchina poco dopo le nove, dalle parti di piazza dell´Unità, vogliono andare in un pub di via Mascarella, ma non c´è posto. In piazza San Francesco invece sì. I due si siedono in compagnia di una bottiglia di vino e qualche stuzzichino. Ma, dice Inge, a bere è soprattutto lui. Verso mezzanotte lei chiede di essere riportata a casa. Daniele però prende un´altra strada, quella del residence "Terzo millennio", in via Miliani. «Dai, vieni da me, mangiamo qualcosa e ci guardiamo un film».

La ragazza non ne vuol sapere, ma non riesce a sottrarsi. Quando lui parcheggia e entra passando dai garage, lei lo segue, fin nel miniappartamento al primo piano. «Ha usato un badge, come in albergo, poi ha chiuso la porta a chiave». La casa è minuscola, i due si siedono sul letto per guardare un film, «un porno», secondo lei, in realtà un film di Quentin Tarantino. Nel frattempo il ragazzo fuma hascisc «e tenta di baciarmi, mi mette le mani addosso, mi spoglia». Inge vorrebbe gridare, chiedere aiuto, ma, «la musica è altissima, nessuno mi avrebbe sentito. Poi ero come bloccata, paralizzata dallo choc». Anche scappare è impossibile perché lei è convinta che il badge sia indispensabile per uscire, come è stato per entrare. Non usa neppure il cellulare: «Chi potevo chiamare, non ero in grado di dire dove mi trovavo».

Dopo la violenza, un rapporto non completo, i due si addormentano. Lo dicono entrambi. E venerdì mattina lei si fa riaccompagnare in piazza dell´Unità, perché «non volevo che sapesse esattamente dove abito». Poi va a lezione. Solo quando torna a casa racconta all´amica che vive con lei dello stupro. Vuole sporgere denuncia, ma l´altra la sconsiglia, «non ti crederanno. Non hai nessuna prova». Allora Inge telefona alla mamma che invece la spinge ad andare alla polizia facendosi accompagnare da un amico di famiglia, un maresciallo della Finanza, dal quale ora la studentessa è ospite.

Alle 17,30 è in Questura. Di lì va al pronto soccorso ginecologico, e poi dai periti del pm Del Borrello e Franchina. Non è stata picchiata, ma spinta sì, strattonata, costretta. Forse per questo forse ha vari lividi sulle gambe.

I genitori di Daniele, buona famiglia della borghesia barese, sono arrivati a Bologna ieri pomeriggio. Sono sotto choc, distrutti. Fino a poche ore prima, aspettavano di sapere l´esito dell´esame che il figlio doveva dare in mattinata.


28/10/07 - Paola Cascella - bologna.repubblica.it

Offese via YouTube, 3 anni dentro

Il branco umilia una disabile in seria difficoltà. Filmando tutto. Arriva la condanna

Roma - Antony Anderson, ventisettenne cittadino britannico, è stato condannato a tre anni di carcere per "oltraggio alla pubblica decenza". Era stato ripreso mentre orinava su una donna in fin di vita, al grido di "questo è materiale per YouTube": il video era poi finito sul portalone di video-sharing.

Anderson, che era sotto l'effetto di stupefacenti ed alcol, aveva incrociato Christine Lakinski, una cinquantenne affetta da alcuni deficit fisici, mentre era distesa in una strada di Hartlepool. Dopo averla innaffiata con un bicchiere d'acqua, Anderson le aveva urinato addosso deridendola, per poi ricoprirla di schiuma da barba. Un gruppo di spettatori assisteva divertito alla scena, riprendendo tutto con un cellulare. Dopo il gesto, Anderson si era allontanato per recarsi in un pub.

La signora Lakinski è in seguito deceduta per le complicanze di una pancreatite, nello stesso luogo dove era stata vittima del bullismo del branco. Il giudice Peter Fox, che ha pronuncia la sentenza, ha dichiarato: "Hai abusato di questa donna in modo indicibile, e la natura scioccante dei tuoi atti merita una punizione esemplare". I parenti della vittima si sono detti a loro volta scioccati per il comportamento tenuto dai testimoni della scena. Nonostante i suoi handicap, la signora Lakinski conduceva una vita indipendente e pressoché normale.

Il procedimento almeno fino a questo momento non ha però coinvolto anche chi ha assistito alla scena, riprendendola e poi caricandola sul portalone del video sharing. (L.A.)


28/10/07 - punto-informatico.it

Troppo alcol subito prima delle 2

Caro Beppe,

ti scrivo perchè ho colto la tua sensibilità e il tuo interesse per la questione dell'eccessivo consumo di alcool nei giovani e riscontro con piacere i tuoi tentativi di sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema. Ebbene, venerdi scorso sono andata a ballare con un gruppo di amici in un famoso locale di Bologna, il GIOSTRA'. Ho notato all'ingresso alcuni cartelli che segnalavano la possibilità di richiedere alla cassa il test per la misurazione del tasso alcoolico e mi son datta "Bene, una nota positiva". A mezzanotte è cominciato il concerto nella sala fumatori (si respirava a malapena...)e verso l'1.30 il cantante del gruppo ha iniziato a ricordare il fatto che dopo le 2 non si sarebbe più potuto bere alcolici. Mi son detta nuovamente "Bene, forse è un messaggio positivo per segnalare di non esagerare con l'alcool..". All'1.45 è arrivato il deejay. Da quel momento fino alle 2.00 il deejay ha regolarmente ripetuto, ogni 2 MINUTI, le seguenti frasi "Ragazzi, avete ancora 10 minuti (8, 6, 4...) per bere, correte al bancone, dovete andare adesso!!Forza ragazzi, avete ancora pochi minuti per bere, prendete il più possibile ora che potete! Bevete ragazzi, forza, bevete!". Ero incredula e lo sono tutt'ora. Ma non ci sono dei controlli, non si può in qualche modo segnalare questa prassi disgustosa che annulla completamente il senso della nuova norma contro l'abuso di alcool?

Barbara Bottalico - 28/10/07 - corriere.it

Troppo buonismo sconfigge i valori morali

Attenti al buonismo, può avere effetti più devastanti di quelli temuti per l’effetto serra dai catastrofisti di mestiere. Ci ammonisce la cronaca - non è maestra di vita, come la storia, ma è supplente - che il buonismo praticato con insistenza diabolica sconvolge il clima morale e fa oscillare i valori civili.

Prendete Marco Ahmetovic, che guidando ubriaco ha ucciso nelle Marche quattro ragazzi: la giustizia gli ha inflitto arresti finti (sta in un residence), ma siccome il buonismo non ha limiti, gli si schiude un futuro da star. Ha un agente, scriverà libri, farà spot contro l’alcol (avrà la credibilità di un distillatore clandestino), certamente finirà su qualche Isola di famosi, dove almeno non potrà guidare. Dobbiamo essere contenti di vivere una società così slabbrata e confusa da confondere ragioni e torti? Quattro morti possono essere il viatico per il successo?

Il buonismo è una pratica estrema, pericolosa a tutte le latitudini. A Mantova, un piccolo imprenditore ha offerto un lavoro nella sua azienda a due uomini che avevano tentato di svaligiarla. I due - che naturalmente sono a piede libero - non sono stati d’accordo con l’incorreggibile buonista e stanno ancora valutando l’offerta. Lorsignori non accettano incarichi precari, vogliono il posto fisso; flessibile può essere la coscienza, non l’impiego.

Non meno insidioso è il buonismo istituzionale. A Napoli il Comune progetta un bando d’assunzione per coloro che hanno beneficiato dell’indulto. Poverini, non hanno più nemmeno una cella, bisogna aiutarli. Basta. Non vorremmo che le blandizie riservate a chi delinque convinca qualche «bamboccione» per bene a ritenere che soltanto calpestando il codice penale si abbia diritto a un’opportunità.


di Salvatore Scarpino - domenica 28 ottobre 2007 - ilgiornale.it

Ha ucciso, adesso è diventato una star

"Quel rom ha ucciso mio figlio. E adesso è diventato una star"


Avevano cercato di mettersi l’anima in pace. Di recuperare quel briciolo di lucidità che rimane dopo la morte, ingiusta e atroce, di un figlio travolto da un furgone guidato da un ubriaco. Invece il dolore dei genitori dei quattro ragazzi di Appignano del Tronto, falciati il 23 aprile scorso dal Ducato impazzito di Marco Ahmetovic, 22 anni, rom, sembra un baratro senza fine.

L’omicida che sta scontando sei anni e sei mesi al settimo piano di un residence tra le palme di San Benedetto del Tronto, diventerà una star. Il suo agente, che risponde al nome di Alessio Sundas, ha promesso di farlo assurgere all’«olimpo» dei divi televisivi. Tanto per cominciare, il giovane rom pubblicherà un libro (è già pronto e s’intitola Anche io sono un essere umano) in cui racconta con dovizia di particolari quella tragica sera. «All’improvviso - si legge nelle prime righe anticipate dalla trasmissione Verissimo - da una curva esce una macchina con le luci alte e mi acceca. Sento un gran botto e lì perdo i sensi. Dopo una decina di minuti mi risveglio, vedendo mio padre. E che cosa era successo? Un incidente con dei motorini che si erano dati alle fiamme». Poi venderà a un giornale un servizio fotografico inedito. Infine, ha proposto la sua candidatura come testimonial in una campagna pubblicitaria «contro chi guida sotto l’uso di alcol e droghe». La notizia è caduta come un macigno nel bar di Timoteo Luciani, il papà di Alex, una delle vittime. Ieri, tra i tavoli, la gente si limitava a dire tra la frustrazione generale solo due parole: «Una vergogna». Il signor Timoteo, invece, era un fiume in piena.


L’omicida di suo figlio diventerà un vip...

«Una presa in giro. È una buffonata».

Come avete commentato la notizia in famiglia?

«Qui stanno scherzando col fuoco. La gente è esasperata... ».

Cosa intende dire...

«Vogliono farci diventare razzisti per forza. Visto che lo Stato non ci dà niente, noi... ».

Voi?

«Ci faremo giustizia da soli».


Cosa volete fare?

«Non ci arrenderemo davanti a niente. Andremo a raccontare la nostra esperienza ovunque. Domani sera (stasera per chi legge, ndr) saremo ospiti di Rete 4 a Tempi moderni».

Avete in mente azioni precise?

«Ci rivolgeremo al capo dello Stato. Visto che lui è il garante di tutti noi, deve darci delle risposte».

Iniziative legali?

«Interpelleremo il tribunale per sapere se è normale che chiunque possa accedere alla casa di una persona che è agli arresti domiciliari. Se è così, potrebbero portargli di tutto, no?».

La comunità rom è più tornata ad Appignano?

«Sono spariti la notte stessa dell’incidente e non si sono più fatti vedere».

Da quanto tempo erano nel vostro paese?

«Dodici anni. Solo furti e gente ubriaca che spesso è stata vista guidare anche contromano».

Si sono mai integrati?

«Mai».

Se dovessero tornare, come li accogliereste?

«Stiamo costituendo un comitato anti rom».

Ahmetovic sta scontando la sua pena. Tutti possono sbagliare.

«Era un recidivo. Era sempre ubriaco. Ora vogliono mettergli l’aureola e farne un San Francesco. In che mondo siamo?».

Gli amici di Alex sono giovani, come hanno preso la notizia della nuova carriera di Ahmetovic?

«Provano un senso di schifo. Ha idea di come mi sento io come padre? Cosa gli insegniamo a questi ragazzi? Che se uccidi diventi una star della tv?».

No, certo...

«Ecco, io ho sempre detto ai miei figli di essere onesti, di studiare e lavorare. Il bar che ho, l’ho ereditato da mio padre».

Ha altri figli?

«Sì, di 25 e 28 anni. Alex era l’ultimo arrivato, il più coccolato».

Cosa ricorda di lui?

«Era buono come il pane, aveva i sogni di chi ha sedici anni, quando la vita è bella. Era quello che si dice un “mammone”».

È possibile cancellare il dolore?

«No. Ma Gesù ha voluto così».


28/10/07 - ilgiornale.it

Quando i playboy fanno i padroni

Bucarest, Italia: quando i playboy fanno i padroni


Cosa pensano i romeni quando gli immigrati siamo noi. Nel romanzo di Andrea Bajani i racconti del Far East

DAVIDE FERRARIO

C’è una sequenza di La strada di Levi dopo cui, sempre, parte una risata tra il pubblico. Non è una risata liberatoria, piuttosto una reazione che mescola sorpresa a un retrogusto di amarezza. Avviene dopo che a Orastie, in Romania, incontriamo tre operaie di una fabbrica italiana di pelletterie. Ci raccontano com’era con Ceausescu e com’è adesso, senza sbilanciarsi. Chiedo all’improvviso: «E cosa ne pensate degli italiani?» Loro si scambiano uno sguardo silenzioso e poi non rispondono. Restano a guardare la macchina da presa con una piega sulle labbra, una smorfia che dice molto più di qualsiasi discorso.

Si polemizza spesso sulla presenza dei romeni in Italia; ma poco si racconta degli italiani andati a far fortuna laggiù né ci chiediamo che immagine noi proiettiamo nei riguardi dei romeni. Non sto parlando di sociologia o di globalizzazione, badate bene. Sto parlando di relazioni umane. Sto parlando del silenzio delle operaie di Orastie dietro il quale si intuiva pena, un filo di disgusto e una fondamentale rassegnazione, nonché una chiara componente di tipo sessuale.

Einaudi pubblica ora un libro di Andrea Bajani: si intitola Se consideri le colpe. Non è un saggio o uno studio, ma un (bellissimo) romanzo: racconta il viaggio di un giovanotto abbandonato dalla madre che va a impiantare una fabbrica a Bucarest e che muore là prematuramente, costringendo il figlio ad andare in Romania per il funerale e, soprattutto, a fare i conti con il passato della sua famiglia. Proprio perché non spiega, non analizza, non dà soluzioni ma narra una vicenda di uomini e donne, il libro di Bajani ci rivela molto di più che un’inchiesta sul mondo degli imprenditori italiani nel Far East e rappresenta un modello di letteratura necessario, ma purtroppo sempre più raro. Soffocati dall’isteria di un dibattito culturale che chiede agli scrittori (e non solo a loro, ma anche a noi cineasti) di schierarsi, di denunciare, di rappresentare qualcosa, i libri e i film servono solo per parlare di «casi» o fenomeni.

Bajani, col suo sottotono malinconico, dice sul carattere della società italiana contemporanea cose importanti perché la sua è prima di tutto una storia. E le storie, a differenza delle tesi preconfezionate, non hanno conclusioni consolatorie: se non nella condivisione profonda, venata di amarezza, della complessità dell’animo umano.

A Galati
Durante i sopralluoghi per La strada di Levi capitammo in un ristorante di Galati, verso la foce del Danubio. Accanto a noi cenavano una ragazza romena e un sessantenne che capimmo essere un imprenditore toscano con un’attività da quelle parti. L’uomo continuò a parlare per tutto il tempo di cose personali costringendoci involontariamente a trasformarci in spettatori di un melodramma. Secondo uno schema prevedibile, lei - giovane e carina - era diventata l’amante dell’imprenditore. Lui le aveva pagato un appartamento, vestiti, l’università in cambio di un affetto a intermittenza ogni volta che l’uomo tornava in Romania. Ma ora le cose erano cambiate. Della moglie, della famiglia e dell’Italia lui non ne poteva più. Voleva emigrare definitivamente e andare a vivere con lei.

La giovane non parlava praticamente mai: bastava l’espressione che aveva stampata sulla faccia. L’imprenditore capiva che la ragazza non era per nulla convinta della proposta. E allora insisteva, perorava, pietiva. «Devi capire che ho fatto un investimento su di noi», diceva con un termine rivelatore. Lei restava immobile come una sfinge. Intanto il telefonino che teneva in grembo continuava a lampeggiare silenzioso proprio in corrispondenza del suo sesso, surreale richiamo primordial-tecnologico.

Quella goffa scenetta cristallizzava una metafora forte. Lì c’erano due mondi, due culture che la Storia aveva catapultato in una scomoda intimità, governata da un fragile equilibrio in cui ciascuno si aspettava dall’altro qualcosa che l’altro non era in grado di dargli, per eccesso o per difetto.

Anche i ruoli maschile-femminile corrispondevano perfettamente. La delocalizzazione liberista in Romania ha celato, nemmeno tanto bene, una spinta da invasione barbarica alla conquista del territorio e delle donne. I primi italiani ad arrivare lì dopo la caduta di Ceausescu, ci raccontava un vecchio professore, furono proprio i playboy calati sulla riviera del Mar Nero in cerca di «signorine». Senza violenza, bastava il portafogli pieno. Non a caso furono le romene tra le prime donne dell’est a sostituire le prostitute africane sulle strade delle nostre città, prima di essere a loro volta rimpiazzate da altre disgraziate ucraine, moldave, albanesi. Sparite dai marciapiedi, le romene ce le ritroviamo in casa come colf e badanti: perché quelli sono i ruoli che inconsapevolmente assegniamo loro, percependo che possiamo «comprarle» in conseguenza del nostro potere economico.

Italiani di ieri e di oggi
C’è una differenza antropologica sostanziale tra il vecchio «pappagallo» italiano che, con le calze di nylon in valigia, andava oltrecortina a far conquiste femminili negli anni Settanta e questa nuova specie di latin lover. Il pappagallo era una figura dell’Italia povera e cialtrona, un personaggio alla Alberto Sordi, insieme simpatico e meschino. Gli italiani moderni arrivano in Romania con la forza travolgente di un modello economico che colonizza i villaggi nello stesso momento in cui - oggettivamente - li salva dalla miseria. Il pappagallo è diventato un padrone, spesso un padrone che non ha bisogno di chiedere, perché la dinamica di sudditanza è implicita, quasi naturale; e si manifesta in modo chiarissimo nella relazione umana base, uomo-donna.

Ma, sotto l’epidermide della soddisfazione sessuale, cosa cercano davvero i maschi italiani in Romania? Parlando con molte coppie miste per una sezione del film che alla fine non ho montato, veniva fuori una specie di sogno regressivo. Sì, certo, la fresca età dell’amante romena era un elemento. Ma l’aspetto decisivo era un altro: un’arrendevolezza femminile che arrivava alla sottomissione. Un concetto espresso brutalmente ma francamente da un camionista: «Le donne, qui, non rompono i coglioni».

Nel momento in cui abbiamo esportato la modernità economico-ideologica, ci siamo ben guardati dal portarci dietro anche l’evoluzione sociale che con quella era maturata. Anzi, esattamente il contrario. Ecco perché i romeni, di noi, hanno un’immagine sostanzialmente patetica. Ci subiscono, nel migliore dei casi ci rispettano: ma non ci ammirano. C’è una saggezza antica, interiore che il comunismo ha involontariamente conservato nei popoli dell’ex-impero sovietico. L’ho avvertita ripetutamente durante le riprese di La strada di Levi. Questa saggezza riconosce la forza dei potenti, ma non se ne lascia abbindolare. Sa che dietro la frenesia produttivistica si nasconde l’angoscia del futuro.

Sul tetto della fabbrica di Orastie campeggia un’insegna che starebbe bene sopra l’azienda del romanzo di Bajani. Lunga e stretta, quasi in cinemascope, è il trompe l’oeil di un cielo azzurro striato di nuvole dentro il quale svolazzano, incongrue, due borsette. In mezzo, il nome della ditta: «Nuovi Orizzonti». Mi sembra che in quest’utopia da hard discount ci stia tutto il pathos dell’Italia moderna.


28/10/07 - lastampa.it

Ucciso a pietrate e travolto con l'auto

COSENZA - Lo hanno trovato sotto la sua auto, travolto dopo essere stato colpito con violenza alla nuca con una grossa pietra: così è stato ucciso Antonio Saracino, un ingegnere civile di 33 anni, di Crotone. Ucciso lontano da casa, in una zona isolata a Dipignano, centro ad una decina di chilometri da Cosenza, città che la vittima conosceva bene per avervi frequentato l'Università e per esservi tornato, in questo periodo, per frequentare un corso per insegnante.
I motivi che hanno portato alla morte del giovane ingegnere, per adesso, sono un mistero. Incensurato, definito da tutti come una persona assolutamente tranquilla, Saracino non era sposato e a Crotone viveva con gli anziani genitori, entrambi invalidi. Negli ultimi anni, però, aveva trascorso molto tempo a Cosenza per motivi di studio ed in questo periodo divideva un appartamento a Rende insieme ad un collega. È anche per questo, oltre che per il luogo dove il cadavere dell'uomo è stato trovato, che gli investigatori, pur non escludendo alcuna ipotesi, hanno imboccato decisamente la pista dell'omicidio d'impeto a sfondo sessuale.
L'allarme è scattato intorno alle 4 di ieri mattina, quando i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno ricevuto la telefonata di un automobilista che ha notato sul bordo della strada una Peugeout 207. Giunti sul posto, gli investigatori hanno notato il corpo riverso sotto l'auto. A fianco della vettura alcuni effetti personali dell'ingegnere, segno che Saracino aveva ingaggiato una colluttazione con il suo o i suoi assassini. Una colluttazione conclusa da una violenta sassata alla nuca dell'ingegnere. È stato a questo punto che l'assassino è salito sulla Peugeot della vittima e, a marcia indietro, lo ha travolto. Quindi è fuggito, probabilmente, è l'ipotesi investigativa, a piedi. Poco lontano dall'auto, i carabinieri hanno trovato una pietra di grosse dimensioni macchiata di sangue.
A stabilire la causa della morte, comunque, sarà l'autopsia che sarà eseguita domani a Cosenza. Quello che gli inquirenti escludono con certezza, intanto, è la rapina. Addosso a Saracino, infatti, è stato trovato il portafogli con il denaro. Esclusa anche l'ipotesi della criminalità, sia per le modalità del delitto che per la personalità della vittima, gli investigatori hanno puntato sul movente passionale o sessuale. Anche perchè nella zona in cui è stato trovato il cadavere, hanno riferito i carabinieri, si svolgono incontri a scopo sessuale.
Quello che si sospetta, vista la violenza del delitto, è che l'omicida sia un uomo. Il giovane aveva trascorso con alcune amiche parte della serata che ha preceduto la tragedia. Poi, verso le 23, aveva lasciato il gruppo allontanandosi da solo. La soluzione del giallo, per i carabinieri, sta nel ricostruire quanto accaduto nel buco temporale che separa l'ultima volta che Saracino è stato visto vivo con il ritrovamento del suo cadavere.


28/10/07 - liberta.it

Basta alcol e vandalismi nelle piazze

L'Aquila, 27 ott. - Su iniziativa di Alleanza Nazionale e con il coordinamento dell'On. Maurizio Gasparri stanno nascendo in tuta Italia i comitati per la sicurezza e la legalità. Il Circolo Progetto L'Aquila ha aderito a questa iniziativa ed ha costituito il "Comitato L'Aquila sicura".


"Il Comitato - ha detto nella conferenza stampa di presentazione il presidente Enrico Arrostiti - sarà un punto di incontro, di confronto e soprattutto di riferimento fra tutti i cittadini e le parti interessate (comitati cittadini, comitati di quartiere, associazioni). Con il supporto volontario di professionisti affiancheremo tutti i cittadini che non sentono tutelata la propria sicurezza".
La conferenza si è svolta nella sede del Circolo Progetto L'Aquila. A presentare le finalità del Comitato è intervenuta anche la presidente del Circolo di AN Carla Mannetti: "L'Aquila non presenta gravissimi problemi di malavita - ha detto la Mannetti, mostrando delle fotografie di ingenti atti vandalici compiuti in varie zone del centro storico - ma saremo molto attenti al cosiddetto "popolo della notte". Porre un freno agli atti di schiamazzi e devastazione compiuti durante le ore notturne dai giovani frequentatori dei locali che somministrano bevande alcoliche, stimolando tutte le istituzioni, Sindaco in testa, chiedendo un intervento incisivo, sono le prerogative del Comitato: “Non faremo ronde, non ci sostituiremo ai preposti alla sicurezza, né pretendiamo di possedere formule magiche per la soluzione – rimarca il presidente Arrostiti – ma vogliamo dare un contributo alle istituzioni e una mano ai tanti cittadini esasperati dal degrado notturno della città. Con pochi interventi mirati si potrebbe assicurare un maggiore controllo. Ad esempio guardiamo con interesse all’ordinanza emessa dal sindaco di Vicenza Enrico Hullweck, la prima città italiana che ha vietato di bere alcol per strada”.
“L’Aquila è ai vertici nazionali per il consumo di alcol e solo la sua connotazione di raccogliere i locali notturni in centro storico, raggiungibile a piedi dagli studenti, ne limita per fortuna gli ‘incidenti del sabato sera’”.
Tra le alte finalità del Comitato L’Aquila sicura vi sono: il rispetto delle regole, della legalità e della sicurezza; la tutela del decoro della città; migliorare la qualità della vita; sì alla video sorveglianza; diffondere nei cittadino e soprattutto nelle giovani generazioni un senso civico ispirato ai principi della legalità e della sicurezza; promuovere il dibattito sui temi della sicurezza, della legalità e dell’ordine pubblico con il coinvolgimento delle istituzioni interessate.
Il Consiglio Direttivo è composto da Osvaldo Fontana, Ennio Molina e Marco Zappavigna. L’indirizzo e-mail del Comitato è laquilasicura@email.it


27.10.07 - ilcapoluogo.it

San Marino "patria" dell'azzardo

E la gente va in rovina.
Nella case da gioco impazza Keno, una sorta di lotto. Ma si punta ogni 30 secondi. E i casinò mettono in crisi il governo


SAN MARINO – C’è chi ha perso la casa. Chi ci ha rimesso la liquidazione. E chi è stato fatto interdire dai famigliari disperati. Le case da gioco di San Marino sono diventate una vorace macchina mangiasoldi e mietono vittime sulla riviera romagnola. Un uomo che vive vicino Rimini ha perso 180 mila euro in poco più di un anno. Ha dovuto vendere l’appartamento. Con l’aiuto di un avvocato cerca una via legale per recuperare qualcosa. Per questo il suo caso è sulla bocca di tutti. Ma molti altri rovinati dal gioco soffrono in silenzio. Bisogna affidarsi, secondo i carabinieri, ai «si dice».

USURA - E allora si dice che il ricorso all’usura è aumentato a causa delle perdite, si dice che il titolare di qualche piccola azienda è stato costretto a svendere tutto, si dice (ma è praticamente una certezza) che un signore si è giocato il suo albergo. Il gioco svuota anche le tasche dei sanmarinesi. E qui i dati sono un po' più precisi. Giorgio Felici, un sindacalista, segnala le storie di «mariti e mogli divorziati dopo essersi giocato un patrimonio e di pensionati che hanno venduto la casa e ora vivono in affitto». I famigliari di qualche malato di gioco si sono rivolti al centro di salute mentale di Sebastiano Bastianelli.

IL GIOCO COME COME L'ALCOL - «Come l’alcolizzato – spiega il dottor Bastianelli - vive in simbiosi con la sua bottiglia, lo sguardo nel vuoto, così il giocatore si isola e rimane attaccato alla macchinetta infernale». Queste macchinette infernali sono piazzate proprio al confine col territorio italiano, a 15 chilometri da Rimini, nelle case da gioco Mixtere e Diamond. In una sala del Diamond ce ne sono più di cento, una attaccata all’altra, immerse nella penombra, così lo sguardo si concentra meglio sullo schermo luminoso. Si gioca di giorno e tutta la notte. La sala è piena, silenziosa come una chiesa e avvolta nelle nuvole di fumo, perché tutti spengono e accendono sigarette in continuazione. «Meglio non imparare», ci consiglia una signora che sta lì incollata da ore.

KENO - In realtà, c’è poco da imparare: il gioco è molto semplice. Si chiama «Keno». Consente giocate da 5, 10, 50 e anche 100 euro. Promette vincite fino a 500 mila euro. È come il lotto. Solo che al lotto si punta tre volte a settimana. Qui, ogni 30 secondi una nuova puntata. Si inserisce la banconota, sullo schermo compaiono 5 cartelle coi numeri. Si possono scegliere fino a 10 numeri. Segue immediata l’estrazione. E poi altra giocata, altra banconota. A San Marino il gioco è arrivato nel 2002. Un gruppo di svizzeri, con la scusa che in Italia aprivano le sale Bingo, proposero ai governanti della Repubblica del Titano di avviare un’operazione analoga. In realtà, insieme al Bingo sono stati introdotti black jack e macchine Keno che, secondo due perizie di tecnici italiani, sono tipiche dei casinò e perciò configurano in pieno il gioco d’azzardo.

STATO TITOLARE DELLA CASE DA GIOCO - Sommerso dalle polemiche perché San Marino rischia di diventare «la Repubblica dell’azzardo», il governo è andato in crisi in un paio di occasioni. Ma alla fine gli interessi sono prevalsi sugli scrupoli morali e da marzo scorso lo Stato sanmarinese è diventato titolare diretto delle case da gioco, liquidando 2 milioni e 900 mila euro agli svizzeri come buonuscita. Il consigliere di una lista civica, Marco Arzilli, è rimasto solitario oppositore delle macchine mangiasoldi. «Ho ricevuto minacce e perso amici», dice Arzilli. Forse ha perso anche la sua battaglia, perché è in programma l’apertura di altre tre case da gioco. La verità è che il turismo a San Marino è in crisi nera. Il panorama non basta più. Si cerca di attrarre i frequentatori della riviera con nuove emozioni. Ma influiscono sul governo anche le pressioni di due grandi società internazionali specializzate nell’azzardo, la Escor e la Casinos Austria. Herbert Vytiska, dirigente di Casinos Austria, dice chiaramente che aprirà un vero casinò a San Marino per usarlo come rampa di lancio verso l’Italia, «perché nel Nord Italia ci sono 5 milioni e mezzo di appassionati del gioco». Nel 2003, Umberto Calandrella, che allora era prefetto di Rimini, mandò al ministero dell’Interno un rapporto allarmante sulle case da gioco sanmarinesi e sugli italiani che vi andavano a farsi spennare. Come rimedio, venne piazzata al confine una squadra di guardie di finanza che impedivano il passaggio a chi portava somme elevate. Durò poco. San Marino protestò perché si formavano code di auto alla frontiera.

UNA MONTECARLO NEL CUORE DELLA ROMAGNA - Il sogno di diventare una Montecarlo nel cuore della Romagna, San Marino lo coltiva da tempo. Dopo la Seconda guerra mondiale aprì un vero casinò. Rimase in funzione un anno. Finché, nel 1950, l’Italia ne impose la chiusura. Si arrivò, nel 1953, a un accordo in base al quale San Marino rinunciava ai giochi d’azzardo e l’Italia, come risarcimento per i mancati introiti, gli versava 9 miliardi di lire all’anno. Ora, stranamente l’Italia non sembra preoccupata da ciò che sta avvenendo. Le uniche proteste le lancia il casinò di Venezia, seccato per la concorrenza ritenuta sleale.


Marco Nese - 27 ottobre 2007 - corriere.it

Padre Biseglia espulso dal suo ordine

L'ordine dei frati minori cappuccini avrebbe espulso padre Bisceglia, arrestato con l'accusa di violenza sessuale nei confronti di una suora e da qualche giorno in semi libertà


Cosenza, 27 ottobre 2007 - Padre Fedele Biseglia, il frate francescano arrestato con l'accusa di violenza sessuale nei confronti di una suora e da qualche giorno in semi libertà con obbligo di dimora a Cosenza, è stato espulso dall'ordine generale dei frati minori cappuccini. La notizia si è appresa in serata.

Secondo alcune indiscrezioni, Padre Fedele sarebbe stato espulso dopo alcuni ammonimenti che gli erano stati addebitati per una serie di comportamenti, tra i quali quelli relativi a una conferenza stampa tenuta dallo stesso frate dopo la revoca degli arresti domiciliari e anche quelli relativi alla sua presenza, domenica scorsa, allo stadio San Vito di Cosenza a fianco degli Ultras a tifare per la squadra di calcio.

Uno dei legali del frate, Eugenio Biseglia, sentito in serata si è detto incredulo e sconcertato dalla decisione, interpretandola comunque non come una espulsione definitiva dall'ordine ma un invito ad allontanarsi dal convento. Il legale ha anche sottolineato che "purtroppo ogni volta che per noi arrivano buone notizie sul fronte giudiziario siamo costretti a registrare posizioni diverse dall'ordine generale dei frati minori".


27 ottobre 2007 - qn.quotidiano.net

Tedesca morta in hotel: indagato facchino

La donna di 33 anni – una guida turistica – è precipitata da una balaustra nel cortile dell'Ergife. Avrebbe avuto uno scontro con l'uomo per presunte “avances”


ROMA – Svolta nell’indagine sul caso di Sandra Honike, la guida turistica tedesca di 33 anni trovata morta ieri pomeriggio all’hotel Ergife: un dipendente dell’albergo di 34 anni è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica della capitale. Sarebbe un facchino marocchino, indagato per i reati di violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato.
Il magistrato che si occupa delle indagini, Stefano Pesci, e gli investigatori della Squadra mobile di Roma, hanno scelto di percorrere la strada dell’iscrizione nel registro degli indagati del dipendente dell’hotel. Secondo le testimonianze raccolte finora, la guida tedesca dopo la cena di giovedì sera, durante la quale avrebbe bevuto parecchio alcool, ha passato diverse ore con l’indagato. Ma dopo alcune avances sessuali del facchino, Sandra Honike avrebbe preferito soprassedere. Ne sarebbe nata una sorta di “contrapposizione”, alla quale la giovane si sarebbe sottratta, superando nella fuga una prima balaustra e precipitando poi dalla seconda nel cortile attiguo alla sala caldaie. Il facchino avrebbe confermato di aver visto Sandra sulla balaustra che si affaccia sul cortile dell’albergo ad un’altezza di non più di sei o sette metri. Ma la sua versione – l'uomo è stato interrogato per tutta la scorsa notte e anche questa mattina – è entrata in contraddizione con gli elementi emersi dall’autopsia svolta la scorsa notte. L'esame autoptico infatti ha confermato che le lesioni sul corpo di Sandra sono compatibili a quella causate da schiacciamento al suolo, ma non dall’altezza della balaustra. troppo bassa per aver provocato ferite del genere. Balaustra da dove la guida turistica – secondo quanto sostenuto dall’uomo – si sarebbe affacciata per fumare una sigaretta.
Il cadavere è stato trovato in uno spazio all’aperto adiacente al locale caldaie, frequentato esclusivamente dagli operai della manutenzione. E proprio un operaio ha allertato i soccorsi. Il volto era rivolto verso terra e sul corpo è stato trovato un ematoma tra il collo e la nuca e alcune lievi escoriazioni sui gomiti e sui polsi.

Sandra Honike era arrivata a Roma con una comitiva e doveva rimanere in città per alcuni giorni. La morte della guida turistica ricorda molto la morte di un’ altra turista tedesca, Vera Heinzl, il cui cadavere fu trovato il 20 agosto del 2004 nel Tevere. Ad essere condannato per lo stesso «reato di morte come conseguenza di altro delitto» fu un altro marocchino, Nabil Benyahaya, il quale finì in carcere quattro giorni dopo la scoperta del cadavere.
Secondo una consulenza medico-legale, Vera prima di morire, era in stato di ubriachezza e avrebbe assunto hashish. Per l’accusa, sarebbe stato proprio Nabil a causare lo stato di incoscienza della giovane che sarebbe poi annegata nel Tevere.


27 ottobre 2007 - lagazzettadelmezzogiorno.it

Basta guerre nel mondo!