Droga: peschereccio carico di hashish

Droga: peschereccio carico di hashish, dieci arresti


Sono otto siciliani - tutti di Mazara del Vallo - e due tunisini, le persone arrestate ieri dalla Guardia di finanza a bordo di un peschereccio carico di cinque tonnellate di hashish.


Un peschereccio carico di droga è stato intercettato ieri dalla Guardia di Finanza che l'ha fatto attraccare al porto di Cagliari. A bordo cinque tonnellate di hashish. Dieci persone sono finite in manette. Sono otto siciliani e due tunisini: Gaspare Certa, di 36 anni; Salvatore D'Aleo, di 45; Tommaso D'Aietti, di 66; Giuseppe Genco, di 31; Vincenzo Asaro, di 27; Umberto Sisia, di 50; Andrea Bono, di 43; Pietro Bonasorte, di 39; tutti di Mazara del Vallo; ed i tunisini (regolari) Samir Cacen, di 42, e Khalifa Benhassine, di 43.


31/08/07 - unionesarda.it

Malattia tropicale in provincia di Ravenna

Sanihelp.it - È stata fatta chiarezza sulle infezioni virali comparse nel mese di agosto nella provincia di Ravenna.Le analisi del dipartimento di epidemiologia dell’Iss su campioni biologici delle persone colpite hanno fatto chiarezza sulla malattia. Non si tratta di una infezione da pappataci come si pensava inzialmente ma di un focolaio epidemico del virus Chikungunya.

Il virus chiamato in causa appartiene al Gruppo degli Arbovirus. Il serbatoio dell’infezione è rappresentato prevalentemente dall’uomo, mentre i vettori di trasmissione sono rappresentati da alcune specie di zanzare, presenti anche nel nostro Paese.

Il virus Chikungunya provoca una malattia moderata, con sintomatologia febbrile, brividi, mal di testa e dolori articolari e muscolari; frequentemente è presente anche un’eruzione cutanea, ed in alcuni casi anche sintomi gastrointestinali. L’andamento è benigno e la malattia si risolve spontaneamente in pochi giorni senza terapia specifica, anche se i dolori articolari possono persistere a lungo e richiedere trattamento sintomatico. In persone anziane, o con importanti patologie concomitanti, possono essere possibili gravi complicanze, così come avviene per altre malattie virali quali l’influenza.

L’infezione non si trasmette per contatto diretto tra uomo e uomo o per via aerea, ma a seguito di punture da parte di zanzare infette, tra le zanzare presenti in italia la zanzara tigre è una di quelle che trasmette il virus.

Fonte: Ministero della salute - di Alessandro Andreazza - 31/08/07 - sanihelp.it

Procreazione assistita, Ministro riapre dibattito

Procreazione assistita, Ministro riapre dibattito. Soddisfatta Cittadinanzattiva


Il ministro della Salute, Livia Turco,riapre il dibattito sulla procreazione assistita, dichiarando nel corso della trasmissione Omnibus di La7 in diretta di non condividere la legge 40 sul tema, ma di avere il dovere di applicarla. Il ministro ha affermato, inoltre, di augurarsi che in Parlamento e tra i cittadini, "si riapra al più presto una discussione pacata in materia".


Concorde con il Ministro Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, secondo cui dalle segnalazioni ricevute dai cittadini, si legge la necessità di apportare cambiamenti: facilitare l'accesso, ridurre gli ostacoli per le coppie che hanno patologie croniche, garantire i tempi d'attesa, provvedere a una corretta e diffusa informazione, garantire l'erogazione della procreazione medicalmente assistita e gli stessi standard di sicurezza e qualità su tutto il territorio nazionale, migliorare l'efficacia della tecnica.


"L'accesso alla fecondazione assistita - dice Cittadinanzattiva - si conferma un percorso a ostacoli, sia per i paletti imposti dalla normativa sia per le altre difficoltà di accesso al servizio sanitario e alle informazioni. In particolare il 15,7% delle associazioni di malati cronici che hanno partecipato all'ultima edizione del rapporto sulle politiche della cronicità (Cittadinanzattiva-CNAMC) segnala restrizioni all'accesso alle tecniche di fecondazione assistita dovute alla normativa, in particolare per il divieto alla diagnosi preimpianto.


Secondo l'ultimo rapporto Pit salutedi Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, l'1,3% delle segnalazioni sulla mobilità interregionale è dovuta, per la forte disomogeneità territoriale o anche per la carenza di informazioni sui servizi esistenti, alla fecondazione assistita.


2007 - redattore: LS - 31/08/07 - helpconsumatori.it

Guida ubriaca a 200 km/h

Guida ubriaca a 200 km/h, supera volante e viene fermata


(ANSA) - VIAREGGIO (LUCCA), 31 AGO - Supera a 200 km/h una volante della polizia che la insegue e la blocca. E nel sangue ha un tasso d'alcol pari a 1,9. Alla donna e' stata ritirata la patente, e ora rischia l'arresto fino a sei mesi, la sospensione della patente fino a un anno e un'ammenda fino a seimila euro. E' successo la scorsa notte sulla bretella autostradale di Lucca. La donna si e' giustificata dicendo di essersi messa alla guida perche' il ragazzo che viaggiava con lei era ubriaco.


31/08/07 - intoscana.it

5 regole per viaggiare sicuri

SICUREZZA STRADALE/ ACI: LE 5 REGOLE PER VIAGGIARE SICURI


Con piu' attenzione si evita oltre il 50% degli incidenti


Roma, 31 ago. (apcom) - Prima di mettersi alla guida, dedicare 60 secondi al controllo dell'auto; evitare alcol e farmaci; assicurare i bambini al seggiolino e allacciare le cinture anche nei sedili posteriori; non parlare al cellulare senza auricolari, non correre e rispettare i limiti di velocità. Sono 5 semplici consigli che l'Aci dà agli automobilisti e che, se rispettati, eviterebbero oltre il 50% degli incidenti stradali.


In occasione del ritorno dalle vacanze previsto per il prossimo week-end, l'Aci rivolge, in una nota, agli automobilisti un richiamo alla guida sicura che "costituisce il primo fattore di protezione sulla strada per sé, per i propri familiari e per gli altri".


Per debellare la piaga dell'incidentalità, per l'Aci ci vogliono investimenti infrastrutturali e maggiori controlli, ma è l'uomo l'elemento decisivo per la sicurezza. "Devono partire fin da subito nuove e più incisive campagne di sensibilizzazione ed educazione che coinvolgano tutti gli utenti della strada, a cominciare dagli automobilisti".


Oltre il 50% degli incidenti potrebbe, infatti, essere evitato grazie a una maggiore attenzione dei conducenti prima e durante la guida. Queste le regole che l'Aci consiglia di seguire: 1) dedicare 60 secondi a un controllo generale del veicolo; 2) evitare gli alcolici e i farmaci prima di guidare; 3) assicurare i bambini nel seggiolino e allacciare le cinture di sicurezza anche sui sedili posteriori; 4) non parlare al telefono cellulare senza auricolare o viva-voce; 5) adeguare la velocità alle caratteristiche della strada e rispettare le distanze di sicurezza.


A garanzia della tranquillità di quanti si metteranno in viaggio in questi giorni di intenso traffico l'Aci informa che è attivo il numero verde 803.116, dove risponde 24 ore su 24 una task force di 3.000 mezzi di soccorso, 1.000 centri di intervento e 5.000operatori.


31/08/07 - notizie.alice.it

T.V.B. nelle scuole contro le stragi

Piacenza - La Pubblica Assistenza entra nelle scuole piacentine per contrastare il fenomeno delle stragi del sabato sera e lo fa proponendo un progetto, "Ti voglio bene e te lo dimostro", che sembra mirare dritto al cuore dei giovani e che già dal prossimo mese potrebbe debuttare tra i banchi di scuola.
L'idea è della Croce Bianca di Piacenza, capofila del progetto insieme ad altre due Pubbliche del piacentino che hanno risposto alla chiamata: Pubblica Valtidone Valluretta e Pubblica Carpaneto Soccorso, i cui volontari nei prossimi mesi potrebbero entrare nelle classi di scuole superiori, medie ed Università per iniziare una campagna contro l'abuso di alcool e stupefacenti e di sensibilizzazione ai temi della sicurezza stradale. Per il dottor Antonio Mosti, responsabile del Sert, è «l'approccio migliore per parlare coi giovani».


31/08/07 - liberta.it

Attenzione, un bacio rubato è violenza sessuale

Strappare un bacio può costare una condanna per violenza sessuale, in quanto la bocca deve essere considerata “zona erogena”. Lo ha stabilito, con la sentenza n. 12425/2007, la Corte di Cassazione, confermando la condanna ad un anno e due mesi inflitta dalla Corte di Appello di Venezia (la città dell’amore) ad un giovane lasciato dalla fidanzata, che, non rassegnato, le aveva estorto un bacio sulla bocca. La Suprema Corte, che ha confermato anche la condanna al risarcimento di cinquemila euro a carico dell’imputato, ha sottolineato che nella nozione di “atti sessuali” si devono includere “non solo gli atti che involgono la sfera genitale, bensì tutti quelli che riguardano le zone erogene su persona non consenziente”, ed “il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma comprende anche quelle ritenute dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica e sociologica, erogene, tali da essere sintomatiche di un istinto sessuale”; pertanto, “tra gli atti suscettibili di integrare il delitto in oggetto, va ricompresso anche il mero sfioramento con le labbra sul viso altrui per dare un bacio, allorché l'atto, per la sua rapidità ed insidiosità, sia tale da sovrastare e superare la contraria volontà del soggetto passivo”.
Concetto che i Giudici di Piazza Cavour hanno nuovamente ribadito nella sentenza n. 25112/2007, depositata lo scorso 2 luglio. Nella relativa motivazione, si puntualizza che “non si può fare distinzione ai fini penali in base alla «profondità» del bacio, sino ad escludere la natura sessuale per i baci caratterizzati soltanto dal contatto delle labbra, e riservare la nozione di atto sessuale soltanto ai baci che arrivano al contatto delle lingue. Entrambe le tipologie di baci, infatti, sono idonee a ledere la libertà e l’integrità sessuale del soggetto passivo (a meno che non si tratti di baci leggeri scambiati in quei particolari contesti non erotici che ne escludono la connotazione sessuale). Si deve quindi concludere” proseguono i Giudici di legittimità “che non soltanto il bacio profondo, o bacio alla francese, col contatto delle lingue, ma anche il bacio limitato al semplice contatto delle labbra, configura un atto sessuale idoneo ad invadere la sfera intima del soggetto passivo, e come tale integra uno degli elementi materiali delle fattispecie penali previste negli artt. 609 bis, 609 quater e 609 octies cod. pen.”.
Il riferimento al sesso non si limita, dunque, alle sole zone genitali, ma comprende anche quelle ritenute erogene dalla scienza medica, psicologica e antropologica. Non si può, quindi, toccare il sedere di una donna (che non sia consenziente) o accarezzarle all’improvviso i seni o strapparle un bacio sulla bocca.
Seguendo il ragionamento della Suprema Corte, è da sottolineare che, secondo la psicoanalisi (Freud, “Tre saggi sulla teoria della sessualità”, 1905), tutto il corpo è potenzialmente una zona erogena, anche se le regioni uretro-genitale, anale e orale sono predisposte più di altre all'erogeneità. Nella prospettiva psicoanalitica, l'erogeneità è, infatti, intesa come una variabile quantitativa, soggetta a ridistribuzioni nell'organismo e determinata dalle modalità specifiche della stimolazione e manipolazione. Le parti del corpo che più comunemente rispondono alla sollecitazione erotica (oltre, ovviamente, gli organi genitali, la bocca e l’ano) sono: le tempie, le orecchie, la nuca, il petto, i capezzoli, le ascelle, i fianchi, i glutei e la parte interna delle cosce.
Stando così le cose, è bene tenere giù le mani (specie in discoteca). Un pizzicotto o un bacio improvviso possono costare una condanna per violenza sessuale!

Alfonso Masselli - 31/08/07 - capitanata.it

Bilancio annuale dell'Esercito americano

Bilancio annuale dell'Esercito americano: novantanove suicidi


Novantanove soldati statunitensi [*1 - *2] si sono suicidati lo scorso anno, la cifra più alta mai raggiunta di suicidi nell'esercito nei 26 anni di raccolta dati. Circa un terzo del totale ha compiuto questo gesto mentre si trovava in missione di pace. L'Iraq è in testa a questa graduatoria, con 27 morti, l'Afghanistan 3. Gli ufficiali hanno anche aggiunto che ci sono stati 948 tentativi di suicidio. Questi 99 morti costituiscono il più grande numero di suicidi (nel 2005 erano 87) dal 1991 ad oggi, anno in cui un maggior numero di soldati combatteva la prima Guerra del Golfo.


Il 2006 diventa quindi l'anno con il più alto tasso percentuale di suicidi dal 1980, con una media di 17,3 su 100.000.


Relazioni personali fallite, problemi finanziari e legali sono le cause principali che spingono i soldati al gesto disperato di suicidarsi. Altro fattore importante è il servizio militare, lo studio dell'Esercito ha infatti notato una correlazione tra il numero di giorni di dispiegamento sul campo (nei vari scenari di guerra) e i tentativi di suicidio. Problema acuito dalla scelta del Pentagono di aumentare da 12 a 15 mesi il periodo di servizio a causa dell'impiego delle proprie Forze su due fronti, quello afghano e quello irakeno.


Alcune indagini dell'Esercito hanno rivelato che il 20% dei soldati hanno segni e sintomi di stress post-traumatico, che in futuro potrebbero causare dei flashback di esperienze traumatiche sul campo di battaglia. Inoltre circa il 35% dei militari che terminano il proprio servizio cercano una qualche forma di trattamento psicologico. Percentuali che potrebbero crescere ulteriormente nei prossimi anni, se si considera che dal 2005, per fronteggiare alla crisi di volontari, l'Esercito ha abbassato i requisiti minimi [*3] per arruolarsi, al punto che l'alcolismo e lo scarso allenamento non costituiscono più un ostacolo per le aspiranti reclute. Per lo stesso motivo l'Esercito sollecita sempre di più gli psicologi affinchè minimizzino le conseguenze mentali del conflitto sul paziente [*4], in modo da poterlo successivamente richiamare in servizio. Molti medici dell'esercito hanno infatti dichiarato che sono stati obbligati a diagnosticare a molti pazienti uno stress da post-combattimento piuttosto che un ben più grave stress post-traumatico (PTSD).


A dimostrare quanto i militari risultino alienati se sottoposti costantemente a questo genere di pressioni, ci sono diverse memorie dei soldati stessi. Colby Buzzell, a pagina 297 del suo "My War: Killing Time in Iraq", scrive di "aver realizzato di trovarsi dal'altra parte del pianeta, lontano da casa" e di essere "uno straniero in una terra davvero strana".


Soldati, come Kayla Williams, che non sembrano nemmeno in grado di identificare il nemico: "[W]e called them hajjis, but we also called them sadiqis... or habibis.... We called them towelheads. Ragheads. Camel jockeys. The fucking locals. Words that didn't see our enemy as people -- as somebody's father or son or brother or uncle", Love My Rifle More Than You: Young and Female in the US Army (p.200) .


Non stupisce che i militari stessi abbiano difficoltà a reinserirsi in società, tanto da non voler abbandonare il campo di battaglia: "[I]n all honesty, I did it because I didn't want to leave Iraq. One of the ways to cope with being in combat is to go crazy just a tiny bit and learn to enjoy the work... I was afraid that if I left, it would be difficult to get back into the 'combat is fun' way of thinking when I returned"


I soldati americani impegnati nei vari scenari di guerra sono posti costantemente davanti a delle scelte, solitamente tra aprire o meno il fuoco, come succede nei numerosissimi checkpoints o quando si trovano in un convoglio. Inoltre secondo uno studio del New England Journal of Medicine [*5], datato 2004, il 14% dei soldati dell'Esercito americano, e il 28% della Marina torna dall'Iraq responsabile della morte di quello che in gergo si definisce un non-combattente. O meglio, un civile. Impiegare nuovamente dei soldati con disturbi mentali (per non parlare delle reclute con problemi d'alcolismo) non può che aumentare queste cifre già di per sè orribili. Questa scelta, oltre che ad essere deleteria per i soldati stessi, comporta anche grandi rischi per le popolazioni occupate e costituisce un ulteriore esempio degli innumerevoli crimini di guerra commessi contro gli stessi individui a cui, almeno a parole, si vorrebbe esportare la democrazia.


31/08/07 - comincialitalia.net

L'approccio migliore per parlare con i giovani

Piacenza - (c.p.) Contano molto i contenuti ma ancor di più, e addirittura in maniera incredibile, le modalità con cui questi vengono trasmessi. L'orientamento della comunità scientifica internazionale in tema di prevenzione, in questo caso sull'utilizzo di alcol e stupefacenti, propende sempre più verso un approccio e un coinvolgimento diretto di coloro ai quali il messaggio è indirizzato. In questo caso i giovani che devono essere interpellati e "messi in mezzo" per riflettere direttamente delle problematiche che li vedono coinvolti. Ne è convinto Antonio Mosti, responsabile Sert dell'Ausl di Piacenza, che tra l'altro proprio in questo periodo sta curando - è sua la direzione scientifica - un progetto, sul modello di prevenzione più efficace nelle scuole, promosso dal ministero della Salute e che vede coinvolte diverse regioni, l'Emilia Romagna capofila.

«A partire dall'esperienza nazionale e internazionale - spiega il dottor Mosti - si è visto che funzionano meglio quei progetti che prevedono il coinvolgimento diretto degli interessati, in questo caso i giovani. Più i ragazzi riflettono direttamente sulle loro problematiche, più si sentono "responsabilizzati" verso le loro azioni». Dunque ai giovani si deve parlare dei rischi che corrono, ma soprattutto occorre farli parlare,dare sfogo e risposta alle loro domande e necessità. «Occorre trovare gli strumenti - prosegue Mosti - per vivere un'esperienza tra pari. Occorre fare uno sforzo per "tirar dentro" i ragazzi nei loro problemi. E questo lo si arriva a dire sulla base di dati molto concreti. Non è che dicendo le cose giuste, le cose si aggiustino, occorre trovare il modo più corretto per approcciare il problema. Non solo lezioni di buon senso, non solo competenze scientifiche ma modalità adeguate di approccio». Bisogna individuare target diretti, mentre risulterebbero poco incisivi gli interventi a spot con programmi risolutivi che non possono valere per tutti. Positivo quindi che ad entrare in classe siano i volontari. «L'esperienza diretta del volontario - commenta il dottor Mosti - non è un'esperienza qualunque o di un professionista, inoltre la passione che riesce a trasmettere ha più possibilità di essere attraente per i giovani».


31/08/07 - liberta.it

La famiglia rinnega la star maledetta

La famiglia rinnega la star maledetta: «È drogata, boicottate i suoi dischi»


«Hanno cercato di mandarmi in disintossicazione, ma io ho detto no, no, no». Canta la sua vita, Amy Winehouse. Scrive di suo pugno i testi delle canzoni che raccontano di ventitré anni vissuti come fossero un secolo, tra alcol, droga e tradimenti. Così ha fatto innamorare gli inglesi, col suo soul autobiografico, col suo look eccessivo, extension e matita nera scaricata sugli occhi come un rimpianto aggressivo degli anni Cinquanta. E così ha stregato gli americani, prima solista femminile nella storia del Regno Unito ad arrivare col suo secondo album, «Back to Black», al settimo posto nelle classifiche americane infarcite di rap e di lolite alla Britney Spears.Ma i suoi «no» alla «Rehab», alla disintossicazione dall’alcol e dalle droghe, potrebbero costarle la vita e potrebbero costare agli inglesi - così ha scritto il Guardian - la perdita di una «delle artiste più esageratamente talentuose» che il Paese ricordi. Perché a febbraio, in occasione degli Elle Style Awards, la Winehouse mostra tagli e cicatrici al braccio. Il suo portavoce parla di una caduta per strada, ma poco dopo arriva il ricovero in clinica per overdose: cocaina, ecstasy, chetamina e marijuana. Qualche giorno fa Amy e il marito, Blake Fielder-Civil, sono stati immortalati all’uscita di un albergo londinese col volto sfregiato e macchie di sangue sugli abiti. Gli ospiti dell’hotel hanno raccontato di urla e deliri durati per ore nella camera d’albergo.
Fino all’appello disperato dei suoceri dell’artista, che hanno chiesto di boicottare i suoi dischi: «Forse è venuto il momento che la gente smetta di comprarli. Potrebbe essere un messaggio», ha detto il padre di Blake. «Io e mia moglie siamo convinti che siano drogati, ma entrambi non vogliono ammetterlo, pensano di non esserlo e di avere la situazione sotto controllo», ha aggiunto il suocero. Poi il padre di Amy: «Come genitore ho trovato le immagini dell’hotel stomachevoli. Volevo morire, ma non posso perché ho un altro figlio e mia figlia che ha bisogno di me anche se pensa di no».
Amy, insomma, è diventata un caso nazionale e internazionale. Ne parlano i tabloid e i giornali di qualità, ogni giorno un nuovo episodio per raccontare la spirale di inferno in cui è piombata questa giovane cresciuta alla periferia di Londra, Southgate, figlia di un tassista ebreo (alle spalle una famiglia di musicisti jazz) e di una mamma farmacista, viso paffuto agli esordi, ora il volto scarno, segnato dalle droghe e dall’anoressia e un mucchio di tatuaggi sul corpo. Con gli inglesi che si interrogano sull’ennesimo spreco di genio, sul mix letale di eroina, lsd, alcol che ha già ucciso decine di artisti, da Jimi Hendrix a Jim Morrison, da Kurt Kobain dei Nirvana a John Belushi e Janis Joplin, la più grande cantante bianca di blues, l’unica alla quale la Winehouse può essere paragonata. Un mix distruttivo che non ha tolto la vita ma ha distrutto la carriera di artisti come Whitney Houston e Sid Barrett dei Pink Floyd.


È entrata e uscita dalle cliniche di disintossicazione per alcolisti, Amy. Tra concerti, jazz e rythm’and blues, dischi di platino e Awards, i drink sono diventati troppi, consumati sul palco con una foga da dannata, fino ai commenti sprezzanti su un presentatore lo scorso novembre e alla scena in cui davanti a un pubblico adorante vomita sul palco e poi riprende a cantare. Ma è dallo scorso febbraio, da quando la love-story con Blake Fielder-Civil diventa un fidanzamento ufficiale e sfocia in matrimonio lo scorso maggio, a Miami, che questa sfida al ribasso si trasforma in un giro di valzer autodistruttivo, con l’eroina che sta portando la coppia all’annientamento.«Love is a losing game», «l’amore è un gioco a perdere», recita una delle sue vibranti canzoni. E ora Amy rischia di perdere non solo quello.


di Gaia Cesare - venerdì 31 agosto 2007 - ilgiornale.it

Oms: allarme su rischio diffusione epidemie

Ginevra - Allarme dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: nel suo rapporto «A safer future» denuncia il rischio di un'altra grande epidemia come quelle dell'Aids, di Ebola o della Sars. Secondo il documento, le nuove epidemie potrebbero colpire più di un miliardo di persone, pari al 25 per cento della popolazione mondiale. I nuovi virus si stanno diffondendo a velocità crescente, grazie anche ai 2,1 miliardi di passeggeri che viaggiano ogni anno in aereo.

UNA MALATTIA ALL'ANNO

Nel suo documento l’Oms afferma che le nuove malattie stanno emergendo a un ritmo che non ha «precedenti nella storia»: almeno una nuova malattia infettiva all’anno a partire dal 1970. Sono 39 finora le malattie che dal 1970 si sono sviluppate, e solo negli ultimi cinque anni il l’Oms ha isolato e identificato oltre 1.100 eventi sanitari di natura epidemica. Da settembre 2003 a settembre 2006 sono stati 685 gli eventi sensibili per la salute pubblica.

Il quadro è reso più allarmante dal fatto che i progressi compiuti nelle terapie farmacologiche risultano compromessi dalla generalizzazione della resistenza agli anti-infettivi. Particolarmente allarmanti, i casi di turbercolosi ultra resistente, ma anche la farmaco-resistenza per le infezioni ospedaliere e quella che comincia ad emergere presso l'Hiv.

RISCHI CONOSCIUTI

Una collaborazione internazionale è necessaria anche per far fronte a minacce le malattie di origine alimentare, le conseguenze sanitarie dei conflitti armati, delle catastrofi naturali o del bioterrorismo. Per gli autori del Rapporto, l'azione da condurre a livello internazionale non deve mirare solo ai rischi conosciuti, ma anche quelli che non lo sono, come le malattie «che potrebbero sopraggiungere a seguito dei cambiamenti ambientali o climatici estremi oppure di un inquinamento o di un incidente industriale e suscettibili di mettere in pericolo milioni di persone in diversi Paesi».

SOLIDARIETA' NELL'INTERESSE DI TUTTI

Per l'Oms, «la battaglia per la sicurezza sanitaria mondiale sarà un fallimento se vaccini, trattamenti, strumenti e prodotti per la diagnosi saranno accessibili solo ai più ricchi. La »vulnerabilità e universale«, ha dichiarato la direttrice generale dell'Oms Margaret Chan. La risposta esige «una solidarietà mondiale». Se non si prendono contromisure potrebbero esserci devastanti conseguenze per l'economia globale e per la sicurezza mondiale.

23 agosto 2007 - www.corriere.it - newsfood.com

Basta guerre nel mondo!