Accise sul vino in Svezia

Confagricoltura: ''importante parere dell'avvocato della Corte di Giustizia, tra un mese la sentenza definitiva''


Confagricoltura appoggia il parere dell’avvocato della Corte di Giustizia della Ue, che propone di condannare la Svezia per le sue pesanti imposizioni fiscali a carico del vino. Una decisione necessaria per impedire questa forma di protezionismo che distorce il mercato danneggiando i produttori vitivinicoli.

In Svezia, ricorda Confagricoltura, il livello dei diritti di accisa per il vino è molto più elevato rispetto alla birra, prodotta per la maggior parte localmente. Come riporta lo stesso avvocato generale, su un litro di birra con un tenore medio di alcol (5,2% in volume) l’accisa è di 7,64 corone (circa 0,8 euro); mentre su un litro di vino con un titolo alcolometrico tra 8,5% e 15%, sempre in volume, l’accisa è di 22,08 corone (circa 2,4 euro). Quasi tre volte quella applicata alla birra.

La differenza di livello tra le tasse applicate ai due prodotti è quindi tale da indurre il consumatore svedese a scegliere prevalentemente birra a invece del vino, importato da altri paesi Membri.

“E’ una forma di distorsione che deve essere eliminata” - conclude Confagricoltura.

L’Organizzazione degli imprenditori agricoli ricorda che la decisione della Commissione di deferire la Svezia in Corte di Giustizia era arrivata dopo due richiami ufficiali al Paese nord europeo che, nonostante dei piccoli aggiustamenti, aveva perseverato nella sua politica discriminatoria.

“Ora, finalmente commenta Confagricoltura - siamo vicini al raggiungimento di un sostanziale equilibrio nelle condizioni fiscali. che potrà favorire il posizionamento delle nostre produzioni nel mercato svedese.”

“Un mercato caratterizzato da una certa chiusura, come anche dimostrato dalla sentenza della Corte di Giustizia europea che solo un mese fa si è pronunciata contro le limitazioni imposte dal monopolio svedese alle importazioni di bevande alcoliche da parte dei privati e ritenute in contrasto con il principio comunitario della libera circolazione delle merci.

21.07.07 - www.confagricoltura.it - newsfood.com

Chi non beve balla gratis

Chi non beve balla gratis, iniziativa della Polizia Stradale


Ballare gratis si può...è sufficiente non bene alcol! Così la Polizia Stradale ha promosso un'iniziativa atta a scoraggiare l'uso e abuso di bevande alcoliche, il premio è un biglietto gratis per entrare in discoteca, consumazione compresa, ovviamente, analcolica.

L’iniziativa proseguirà fino al 28 agosto, comprende anche le province di Savona, Rimini, Cagliari e Brescia e si avvale della collaborazione con il Silb, l’Associazione locali da ballo e l’Ania, l’Associazione Assicurazioni. E’ stata presentata ieri al comando della Polstrada dal sostituto commissario Vincenzo Papasodero. Presente anche l’ispettore capo Doriano Celestini e il presidente del Silb, Franco Poggio.

"Troppi morti sulle strade - ha spiegato il comandante Papasodaro - il Ministero vuole cercare di prevenire. L’operazione si chiama 'Guido con prudenza' e sarà portata avanti dai nostri agenti. Insieme con un medico e personale paramedico a bordo di un’ambulanza, le pattuglie controlleranno in maniera sistematica i giovani alle uscite dalle discoteche. Chi verrà trovato 'pulito', cioè senza alcuna traccia di alcol o droga nel sangue, riceverà in regalo un biglietto omaggio per alcuni locali della Riviera".

Si tratta del Kursaal club, Byblos beach e Baia Salata.

"Purtroppo - dice Franco Poggio, presidente provinciale del Silb - debbo lamentare una scarsa partecipazione da parte dei locali della provincia di Imperia. Mi sarei aspettato più entusiasmo, anche se - aggiunge - molto spesso i giovani arrivano in discoteca già ubriachi: noi, ogni sera, ne respingiamo molti proprio per questo motivo".

Redazione - Sabato 21 Luglio 2007 - sanremonews.it

L'università della vergogna

Concorsi truccati, commissioni d'esame pressate, fondi pubblici sperperati. L'ateneo di Messina è di nuovo nella bufera


Nei dati dell'indagine denominata ''Excelsior'', presentati nei giorni scorsi da Unioncamere e Ministero del Lavoro, c'è motivo di grande speranza per i laureati italiani visto che nel 2007 sono ben 75 mila i ''dottori'' che le imprese vogliono assumere entro l'anno (pari al 9% dei posti di lavoro messi a disposizione). Le preferenza tra le imprese va ai laureati in economia e in ingegneria elettronica, ma va forte anche il settore sanitario.

Il mondo del lavoro, dunque, finalmente si avvicina ai giovani che tanto hanno studiato nella prospettiva di dare un futuro migliore a se stessi e all'Italia, anche perché - è fatto risaputo - le università italiane hanno sempre saputo forgiare eccellenze di grandissimo rispetto, che purtroppo, per colpa della miopia politica e dell'intrinseca illiceità del costume cultural-burocratico delle ''caste universitarie'', si sono trovate costrette ad arricchire le compagini scientifiche e di ricerca degli altri Paesi.

Troppo spesso, infatti, quelle che dovrebbero essere cattedrali di saggezza si rivelano in realtà ''covi di ingiustizie ed illegalità'', dove raccomandazioni e nepotismo la fanno da padrona sconquassando letteralmente i normali meccanismi che devono sussistere affinché possano realizzarsi i ''naturali'' presupposti per una crescita reale dell'intera Nazione.

A macchiarsi nuovamente di vergognose colpe è stato l'Ateneo di Messina, dove ieri la Guardia di Finanza e la Dda peloritana hanno scoperto un giro di concorsi per dottorati truccati, pressioni su componenti delle commissioni d'esame per favorire parenti e amici di docenti, fondi pubblici assegnati per progetti di ricerca utilizzati per finte trasferte e serviti in realtà per comprare autovetture. C'è questo ed altro nell'inchiesta che ha portato all'arresto di cinque persone, tra cui il preside della facoltà di Veterinaria Battesimo Macrì.

Dopo le indagini sulla compravendita di esami, sugli appalti pilotati e sull'assassinio del professore Matteo Bottari, la nuova inchiesta apre nuovi scenari attorno all'Ateneo e al Policlinico, col rettore Francesco Tomasello indagato.

Nel mirino degli inquirenti sono finiti due concorsi alla facoltà di Veterinaria e la gestione del progetto 'Lipin' con contributi della Regione Sicilia. Battesimo Macrì, da poco preside di Veterinaria, è finito agli arresti domiciliari accusato di tentata concussione ai danni di un docente, per condizionare l'esito di un concorso per professore associato di chirurgia veterinaria e favorire il figlio Francesco. Macrì è stato anche accusato di avere spinto un altro giovane nell'assegnazione di un dottorato di ricerca. Il preside della facoltà, secondo gli inquirenti, avrebbe cercato di condizionare alcuni colleghi, componenti della commissione universitaria, per raggiungere il suo obiettivo.

Nel registro degli indagati, a seguito dei ricorsi al Tar e al Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) presentati dagli aspiranti docenti esclusi, sono finiti anche il rettore Francesco Tomasello, il consulente dell'area legale Raffaele Tommasini, l'ex preside di Clinica medica Signorino Germanà e il docente Pietro Niutta. Secondo i pm Antonino Nastasi e Adriana Sciglio, gli indagati avrebbero avvalorato la regolarità dei due concorsi.

I magistrati hanno chiesto la sospensione dalla funzioni del rettore, del suo consulente legale, di Germanà e Niutta, ma la richiesta non è stata accolta dal gip, Antonino Genovese, che intende prima chiarire la vicenda interrogando gli indagati.

Nell'ambito del secondo troncone d'indagine, che riguarda il progetto 'Lipin', in carcere sono finiti invece il professore Giuseppe Piedimonte, responsabile dell'area progettazione dell'Università, e il suo segretario Stefano Augliera. Ai domiciliari Eugenio Capodicasa, funzionario del Rettorato, già indagato in un procedimento connesso all'omicidio del docente Matteo Bottari (conclusosi con l'assoluzione) e la moglie Ivana Saccà, dipendente applicata ai progetti 'Lipin'. L'accusa nei loro confronti è di peculato: ingenti somme di denaro provenienti dalla Regione e dalla stessa Università, secondo gli inquirenti, sarebbero state manipolate dagli indagati. La guardia di finanza, che ha eseguito gli arresti, ha perquisito gli uffici del Rettorato e le abitazioni degli indagati per acquisire documentazioni collegate alle due inchieste

.Il ministro dell'Università, Fabio Mussi, ha annunciato l'invio degli ispettori, chiedendo al Consiglio di Stato ''quali sono i poteri che il ministro può esercitare e i provvedimenti che può adottare di fronte a episodi gravi e diffusi, ivi compresa l'ipotesi di commissariamento dell'Università in quanto ente pubblico''.

Un ateneo continuamente sotto inchiesta - L'inchiesta della Dda di Messina sull'università che ha portato all'emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare e che vede indagato anche il rettore Franceso Tomasello, è solo l'ultima, in ordine di tempo, sull'ateneo peloritano, che Nichi Vendola, attuale presidente della Regione Puglia (Prc), quando era componente dell'Antimafia, definì un 'verminaio'. In passato numerose indagini si sono concentrate su presunti rapporti tra docenti dell'università e la cosca Morabito di Africo Nuovo, uno dei clan più potenti della 'ndrangheta calabrese.

L'ateneo, del quale si è più volte occupata anche la Commisione antimafia, è stato al centro di varie inchieste: da quelle sulla compravendita di esami, agli appalti truccati, fino all'assassinio di un docente. La vittima è il professor Matteo Bottari, genero dell'ex rettore Guglielmo Stagno D'Alcontres e titolare della cattedra di endoscopia, ucciso la sera del 15 gennaio 1988 mentre faceva ritorno a casa.

Nell'ambito di questa inchiesta sono emersi gli interessi dei Morabito sugli appalti del Policlinico, definito dagli investigatori una "colonia" del clan calabrese. Il referente della cosca all'interno dell'ateneo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato un collega di Bottari, il professor Giuseppe Longo, gastroenterologo del Policlinico, arrestato nel giugno del 1998 per associazione di stampo mafioso.

La posizione del docente, sospettato anche di essere il mandante dell'omicidio Bottari, fu però archiviata. Longo è stato assolto anche nel processo ''Panta Rei'' riguardante proprio le infiltrazioni della 'ndrangheta nella vita dell'ateneo. Numerosi i reati contestati agli imputati: dall'associazione mafiosa alle vendita degli esami, dalle intimidazioni ai docenti (uno dei quali, il professore Giancarlo Devero, fu pure 'gambizzato' perché si era rifiutato di promuovere una studentessa) allo spaccio di droga. Il processo si è concluso un anno fa con 33 condanne e 33 assoluzioni. Tra gli assolti anche il boss della 'ndrangheta Giuseppe Morabito, noto con il soprannome di ''U tiradritto'', che avrebbe tenuto sotto controllo per anni l'ateneo messinese attraverso alcuni studenti calabresi fuori corso.

Oltre all'attuale rettore, Francesco Tomasello, anche altri due suoi predecessori, Guglielmo Stagno d'Alcontres e Diego Cuzzocrea, sono stati indagati in passato per vari reati. Anche in questo caso, tuttavia, i procedimenti sono stati archiviati. [La Sicilia]


21/07/07 - guidasicilia.it

Motociclista indagato per omicidio colposo

È indagato per omicidio colposo Alberto Giusta, l’agente immobiliare monregalese, che l’altra notte ha provocato l’incidente sull’Aurelia tra Alassio e Albenga nel quale ha perso la vita Giuseppe Laguna, 32 anni, originario di Alassio, ma residente ad Albenga.

Il giovane, difeso dall’avvocato Franco Foglia, è stato iscritto nel registro degli indagati.Tra l’altro si è scoperto che guidava la sua moto con alcol e cannabis nel sangue.

Per lunedì prossimo all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure è in programma l’autopsia sul corpo della vittima del cameriere deceduto. Salvo imprevisti il funerale dovrebbe essere celebrato martedì prossimo alle 16 nella parrocchia Sant’Ambrogio ad Alassio.

L’incidente

Uno scontro frontale tremendo tra un ciclomotore e un maxi-scooter. Ad avere la peggio è stato Giuseppe Laguna. Il giovane viaggiava tranquillamente per tornare a casa sul suo “cinquantino” quando è stato travolto da un “Nex 500 Piaggio” che sopraggiungeva in senso contrario.

Lo scooterone era condotto da Alberto Giusta, 38 anni, nato a Cuneo ma residente a Mondovì, socio di una agenzia immobiliare di Alassio. L’uomo avrebbe perso il controllo del mezzo nell’affrontare la semicurva che immette sul rettilineo in prossimità di “Punta Murena”, proprio davanti al grande piazzale solitamente usato da venditori ambulanti di frutta e verdura.

Lo scontro tra le due moto è stato violentissimo. Entrambi i centauri sono stati sbalzati dai rispettivi sellini. L’allarme è scattato pochi minuti dopo, quando un automobilista di passaggio ha chiesto l’intervento dell’autoambulanza del “118” e dei carabinieri.

Le condizioni di Giuseppe Laguna sono apparse subito gravissime. L’autolettiga, a tutta velocità, ha raggiunto l’ospedale di Albenga per poi proseguire per il più attrezzato “Santa Corona” di Pietra Ligure. Il cuore del giovane non ha però retto ed ha smesso di battere poco dopo il ricovero. Stando alla prima ricostruzione della dinamica dell’incidente effettuata dai carabinieri di Alassio, il mezzo di Giusta, dopo aver superato la striscia di mezzeria, sarebbe finito contro lo scooter di Laguna, che non avrebbe avuto alcuna possibilità di evitare l’impatto.

Anche Alberto Giusta è stato ricoverato all’ospedale, ma le sue condizioni non sono gravi avendo riportato soltanto un trauma al polso destro. Gli esami effettuati, alcuni su richiesta specifica degli stessi carabinieri, avrebbero però permesso di accertare che l’agente immobiliare aveva bevuto sostanze alcoliche e fatto uso di sostanze stupefacenti, risultando positivo sia al testi per la cocaina che a quello per la cannabis.

La vittima Giuseppe Laguna aveva da poco lasciato il bar dove lavorava da anni come cameriere. Aveva tardato un quarto d’ora, rispetto al normale orario di rientro, perché, dimenticate le chiavi di casa sul bancone, era stato costretto ad attendere che il titolare tornasse ad aprirgli. Una fatalità. Il giovane è poi partito alla volta di Albenga dove abitava con i genitori, la mamma Anna e il papà Sandro.

La notizia del grave incidente si è sparsa ieri mattina per tutta Alassio e Albenga, località dove Giuseppe, per gli amici Beppe, trascorreva buona parte delle sue giornate. Nella città del Muretto era nato e cresciuto e da anni lavorava al bar “Tokai” nella centralissima piazza Airaldi e Durante.

Ieri sera nella camera ardente del “Santa Corona”, tanti amici dello sfortunato giovane, insieme ai parenti, si sono radunati per recitare il rosario. Il magistrato ha ordinato l’autospia in attesa di concedere il nulla osta alla sepoltura. I funerali, stando alla volontà della famiglia, si svolgeranno ad Alassio.


21 luglio 2007 - ilsecoloxix.it

Sicurezza, la stretta sulle patenti

Nelle ultime 24 ore, i carabinieri hanno ritirato 36 documenti di guida


TORINO

I controlli sulla sicurezza stradale effettuati dai carabinieri a Torino e provincia si sono conclusi con 36 patenti ritirate su un totale di 839 auto e moto controllate, sui quali viaggiavano 1.541 persone.

I posti di blocco organizzati sono stati 148, per un totale di 174 militari e 80 mezzi impiegati. Le contravvenzioni per violazioni al codice della strada sono state 108,le infrazioni rilevate con autovelox cinque e quelle con etilometro 27. Sono state inoltre ritirate cinque carte di circolazione e tre veicoli sono stati posti sotto sequestro. Complimenti «per l’impegno assicurato nel settore della sicurezza stradale dai militari dell’Arma» sono giunti dal comandante provinciale, colonnello Antonio De Vita, che ha coordinato i servizi e vi ha partecipato.

I controlli si sono estesi anche ai dintorni di alcuni locali e a cinque esercizi pubblici. Si sono conclusi con cinque arresti, per reati diversi, 30 persone denunciate a piede libero, sedici segnalate come consumatori di stupefacenti, per un totale di quasi dodici grammi di droghe leggere sequestrati, in 23 perquisizioni.


21,07,07 - lastampa.it

Travolge e uccide un anziano

Ubriaco e drogato al volante travolge e uccide un anziano


E' successo a San Casciano: il 23enne, sottoposto a test dell'etilometro, aveva un tasso alcolico di gran lunga superiore alla norma: denunciato per omicidio colposo e per guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di stupefacenti.


SAN CASCIANO VAL DI PESA (FIRENZE), 21 LUGLIO 2007 - Un'altra vittima dell'alcol al volante. Ieri sera un uomo di 75 anni, Dino Niccolini, è stato travolto e ucciso da un ubriaco - che in più era sotto l'effetto di droghe - a bordo della sua auto.E' successo in localita' Mercatale, a San Casciano Val di Pesa.


Secondo i medici del 118 l'uomo è morto sul colpo. Il guidatore dell'auto, un ventitreenne di Greve in Chianti, era completamente 'fatto': sottoposto al test dell'etilometro, aveva un tasso alcolico di gran lunga superiore alla norma e, dai successivi esami effettuati in ospedale, e' emerso che al momento dell'incidente era anche sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.


Per questo e' stato denunciato per omicidio colposo e per guida in stato di ebbrezza e sotto l'effetto di stupefacenti.


21.07.07 - qn.quotidiano.net

Ubriaco sfonda una vetrata per seguire delle ragazze

Ubriaco sfonda una vetrata per seguire delle ragazze: muore dissanguato


RIMINI (21 luglio) - Completamente accecato dall'alcol è morto sfondando una vetrata per seguire delle ragazze. E' finito dissanguato per le ferite che si era procurato con i vetri. È successo a Rivazzurra di Rimini, verso l'alba. Ivan Luvetti, 31 anni, di Baranzate (Milano) era completamente ubriaco quando ha cercato di seguire alcune ragazze, due svizzere e due olandesi che verso le 5 della mattina, stavano chiacchierando con un amico davanti al residence. Il ragazzo quando è arrivato era visibilmente alterato e a torso nudo, e ha cercato di attaccare discorso.

Battute e parole sempre più forti cui ha fatto seguito la continuazione dello strip: prima si è tolto i pantaloni e poi ha accennato ad abbassarsi anche gli slip. A quel punto il gruppetto si è ritirato nell'albergo, chiudendo poi le porte.

Il giovane, anzichè andarsene, ha incominciato a prendere a pugni e testate la vetrata che, all'improvviso, si è rotta travolgendolo. Il cristallo gli ha reciso quasi completamente la mano destra. Sono intervenuti il 113 e il personale del 118 che ha portato il ferito nell'ospedale Infermi dove è morto un paio d'ore più tardi. La salma è stata composta nell' obitorio dell'ospedale a disposizione della Procura.


21.07.07 - ilmessaggero.it

Inter, Adriano: "bevevo per solitudine"

Il subdolo regno delle ombre non è riuscito a inghiottire Adriano Leite Ribeiro, quello che fu Imperatore indiscusso del popolo nerazzurro e che oggi, dopo quasi due anni di «esilio » e di dure battaglie contro fantasmi e vizi, sembra aver ritrovato le armi morali per riprendersi un trono che sente ancora suo.

Più uomo, sereno, sicuro di sé, ma sensibile come sempre: così ci accoglie Adriano all'interno di uno degli spogliatoi del campo di Riscone di Brunico. Non ha più paura di raccontare cosa lo ha trascinato, a lungo, lontano dagli affetti, da una vita regolare e dalle responsabilità. «Mi manca mio padre, tantissimo, ancora oggi — torna indietro col pensiero —. Mi lasciò nell'estate del 2004, ma praticamente mi accorsi della sua assenza solo qualche tempo dopo. Non lo avevo visto morire in realtà, quando tornai in Italia a giocare per me in un certo senso era come se fosse ancora qui con noi. Cominciai a soffrire qualche tempo dopo, quando andai in Brasile per le ferie. Lui non c'era e io avrei avuto tanta voglia di stargli vicino».

Litigai con la mia compagna (Daniela, che era in attesa di Adrianinho, ndr) e cominciai a frequentare locali notturni e discoteche, soprattutto provai a scaricare ogni mio problema nell'alcol. Bevevo tanto e non potevo più fare a meno di uscire la sera. Dovevo farlo, altrimenti non dormivo nemmeno. Stare a casa mi era diventato impossibile». In poco tempo, addio forma, testa che salta per aria e risultati deprimenti in campo e nella vita privata: «Però, una cosa voglio dirla: non ho mai voluto far del male a nessuno, né alla squadra, né alla società, né a chi mi voleva bene. Ho sbagliato tantissimo, senza però voler creare problemi.

Oggi ho ritrovato la famiglia, la mia compagna e le mie responsabilità — continua —. È questo che mi dà la certezza di poter restituire a Moratti tutto ciò che gli ho tolto in questo ultimo periodo. A lui dico grazie per la pazienza che ha avuto. È bello, soprattutto nel momento più difficile, sentire che il tuo presidente conta ancora su di te. È stato a volte duro nei miei confronti, ma non mi ha mai fatto sentire solo. E ora lo ripagherò. Non con le parole».


21.07.2007 09.25 di Giuseppe Di Napoli - tuttomercatoweb.com

Droga, indagato il cantante Grignani

La frase per la dose al barista: dammi le chiavi del Paradiso


CREMA — «Destinazione Paradiso » qui non era una canzone ma un cesso con le piastrelle bianche nel cortile di una vecchia casa, accanto al «Caffè convento», nel centro di Crema. Gli avventori arrivavano, ritiravano la loro dose di cocaina e chiedevano al barista: «Dammi le chiavi del paradiso». Dove il paradiso era appunto il bagno, fuori dal locale, che serviva per farsi la «pista». Subito dopo la noia del sabato sera di provincia, in quel bar senza pretese con i tavolini fuori, sotto le antiche mura, si trasformava in una eccitante movida. Otto persone sono finite in carcere ieri per un giro di cocaina da 400 mila euro al mese (prezzo all'ingrosso) e nell'inchiesta è indagato anche il cantautore Gianluca Grignani. Un faldone con centinaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e otto mesi di indagini, hanno convinto il procuratore Benito Melchionna a chiedere gli ordini di custodia cautelare con l'accusa di spaccio, che sono stati eseguiti ieri all'alba.

Tutti gli arrestati — tra cui un albanese e un marocchino — sono incensurati, hanno un lavoro e una vita regolare. L'inchiesta, denominata ovviamente «Operazione Paradiso » (ma ogni riferimento alla canzone più famosa di Grignani è puramente casuale), era partita nell'autunno scorso quando gli agenti della polizia di Stato di Crema avevano messo gli occhi su un giro di coca che ruotava intorno al «Caffè convento» e, alla fine, tre persone erano state arrestate: il titolare del bar, Ivan Mari, 40 anni, e due avventori, Gianluca Roversi e Roberto Piazza, di 34. Il Tribunale della libertà li aveva però scarcerati pochi giorni dopo, ma gli investigatori non si erano dati per vinti e proprio seguendo le mosse del terzetto sono arrivati ieri a tirare le somme; i tre sono tornati in carcere con altre cinque persone: Alessio Dominoni, 40 anni, Francesco Annarumma e Maurizio Bernardi di 37, Ergon Shabani, 23, e Abdellah Hssaine, 47. Grignani, la cui moglie era sino a poco tempo fa comproprietaria del bar, faceva parte — secondo l'accusa — di quel centinaio di clienti (tra cui anche un campione di ciclismo) che si rifornivano nel bar, ma aveva un trattamento speciale. Dall'hinterland di Milano (dove abita) telefonava a Mari e chiedeva: «Chiama la gallina».

L'altro rispondeva: «Ti faccio trovare un panino, ma solo per te». Ed ecco servita la dose di coca, il cui prezzo era per tutti intorno ai cinquanta euro. Ma, sempre secondo gli investigatori, a volte Grignani di dosi ne comprava più di una, per cederla poi ad amici, con cui la consumava. Studenti, professionisti, casalinghe, insegnanti: in questo giro dello sballo del sabato sera c'erano persone di tutti i tipi, che arrivavano a «bruciare» complessivamente due chili di «neve» in un mese. La droga proveniva direttamente dall'Est ed era acquistata in piccole quantità, ora da uno, ora dall'altro degli otto arrestati, che poi se la passavano tra di loro. Nelle telefonate spiate dalla polizia a poco serviva il linguaggio «cifrato »: «Vieni a prendere la pasta», «Portami cinque uova», «Sono arrivate le racchette?», «Quante palline da tennis hai comprato?». E oltre al «Caffè convento» (ora ceduto), c'era un secondo posto dove «tirare» in santa pace: l'altro locale di Mari, il «Briciola pub» di Sergnano, a pochi chilometri da Crema. Nella cantina invece del vino scorrevano fiumi di polvere bianca.


Luigi Corvi - 21 luglio 2007 - corriere.it

Scoppia il caso Rasmussen

DOPING - Sospeso dalla sua nazionale resta in giallo al Tour. La tappa a Boonen, domani crono


CASTRES - Sul traguardo di Castres l'ennesimo sprint del Tour 2007 premia Tom Boonen, ma la dodicesima tappa non sarà ricordata di certo per la vittoria del belga della Quick Step. Ancora una volta a lasciare il segno nella storia della Grand Boucle sarà un'altra giornata di polemiche e di sospetti, di accuse e di difese. Sul Tour è caduta la vicenda che vede come protagonista l'attuale numero uno della corsa, quel Rasmussen che da una settimana indossa la maglia gialla di leader.

Anche su di lui si è addensata nelle ultime ore l'ombra infamante del doping, dopo che la Federazione ciclistica danese, l'altra sera, ha annunciato la sua esclusione dalla nazionale biancorossa, visto che più volte Rasmussen ha evitato di comunicare alle autorità antidoping le località in cui si allenava. Una decisione che risale al 21 giugno, di cui era già al corrente Rasmussen, il quale si è subito difeso: «Ho cercato di dare spiegazioni, ma la Federazione non ha voluto ascoltarmi - ha detto e poi si è subito affrettato a puntualizzare - questa vicenda non compromette il mio Tour».

Per quanto riguarda la tappa, c'è chi può e chi non può. Può Tom Boonen: mettere al lavoro una super squadra come la Quick Step, sparare il colpo di reni, conquistare la doppietta al Tour (sarebbe stata tripletta senza la beffa di Steegmans) e rafforzare il verde della sua maglia. Non può Daniele Bennati: contare sulla sua Lampre-Fondital, meno compatta e competitiva della formazione belga, giocare le sue carte allo sprint e uscire finalmente da una serie di piazzamenti che baratterebbe volentieri con una vittoria.

Storie di un Tour spietato, che esaurisce il sogno partito da lontano del francese Pierrick Fedrigo e del basco Amets Txurruka negli ultimi ottocento metri. E che mantiene in gruppo, per di più in qualità di leader della classifica generale, il danese Michael Rasmussen, sul quale si stanno annidando delle "ombre" che han-no portato la sua federazione ad escluderlo dalla nazionale, e quindi dai Mondiali, che poiché sono in programma a Stoc-carda, dopo il caso Sinkewitz (indagato anche dal Tribunale di Bonn) e la fuga delle tivvù non sono più nemmeno certi. Per fortuna c'è la faccia pulita di Tom Boonen a riportare il discorso sulla corsa: a ventisei anni, questa furia della natura sfrutta alla grande il treno dei suoi gregari e fa la festa ad un veterano come Eriz Zabel ed al sudafricano Robert Hunter, entrato nella storia ventiquattro ore prima come unico esponente del continente nero ad aver lasciato il segno alla Grande Boucle. La delusione di Bennati sfocia anche nella polemica: «Boonen ha una grande squadra, noi invece dobbiamo arrangiarci».


La rabbia del sanguigno aretino fa da contraltare alla calma innaturale di Rasmussen, che termina al centro del plotone e fa spallucce davanti alla decisione della federciclo danese di escluderlo da Mon-diali ed Olimpiadi per non aver segnalato all'antidoping il luogo dei suoi allenamenti. Il vichingo della Rabobank avrà altro a cui pensare, magari alla cronometro di oggi ad Albi, tappa numero tredici di un Tour che attende un altro scossone alle sue gerarchie. I chilometri sono tanti, 54, il percorso capriccioso, con un Gran Premio di quarta categoria a La Bauziè che può spezzare il fiato e far da trampolino di lancio agli specialisti. Uno di questi è certamente Fabian Cancellara, che ieri si è risparmiato fino all'inverosimile per non farsi prendere alla sprovvista proprio sul suo terreno preferito. E poi i soliti nomi, tra i quali per amor patrio va inserito innanzitutto Marzio Bruseghin, che quando c'è da contrastare il ticchettio dell'orologio non si tira mai indietro.

E chissà come si comporterà il kazako Alexandre Vinokourov, partito da favorito ed ora malconcio e in gruppo quasi per scommessa.

O anche Alejandro Valverde, che corre in Francia nonostante i sospetti per un suo coinvolgimento nella Operacion Puerto, altra storiaccia di doping su cui il sipario non è ancora del tutto calato.


21.07.07 - corriere.com

Nepal, la baby-dea «contaminata» dagli Usa

Per riacquistare il suo status ha dovuto sottoporsi a un rito di purificazione


La piccola Kumari privata della divinità a 10 anni dopo un viaggio in America. I saggi: «Potrebbe avere mangiato cibo proibito»


Sajani Shakya si alza ogni mattina alle quattro, si stropiccia gli occhi, fa un grande sbadiglio e, dopo essersi vestita come una dea, si siede su un piccolo trono in attesa di visitatori. La gente arriva, le butta addosso dell'acqua e la guarda adorante. Sajani ha solo dieci anni ma sa che non deve piangere mai. I suoi occhi lucidi potrebbero essere interpretati come presagio di morte imminente, un suo lamento il segno di una malattia grave.

Lei è una delle bambine dalla pelle dorata che il Nepal adora in quanto incarnazioni della dea Durga. E in questi giorni ha rischiato di perdere il suo status di divinità. Perché ha lasciato l'antica città di Bhaktapur, dove vive, e si è recata negli Stati Uniti per assistere alla prima del documentario britannico Living Goddess (Dea vivente) che racconta la storia delle piccole come lei, scelte all'età di due anni, dopo una selezione durissima, per legittimare il potere reale.

Ai saggi di Bhaktapur il viaggio non è piaciuto. Secondo loro una Kumari, che letteralmente vuol dire vergine, non può lasciare il Paese, fare il tour della Casa Bianca, andare sulle montagne russe e girare per uno zoo come una bambina normale. È un oltraggio che va punito con la deposizione. Così mentre Sajani visitava una scuola elementare di Washington e rispondeva alle domande dei suoi coetanei: «Ti piacciono i videogiochi?» «Sì», «Come ci si sente a essere una dea?» «Bene», «Cosa vuoi fare da grande?», «L'insegnante », nel tempio buddista di Bhaktapur si pensava addirittura di toglierle le 6 mila rupie al mese (circa 80 euro) cui la piccola avrebbe avuto diritto una volta in pensione, alla comparsa delle mestruazioni. «È una cosa impura per la nostra tradizione — ha spiegato uno degli anziani —. Potrebbe aver mangiato cibo contaminato».

I genitori della bambina, rimasti in patria, sono subito corsi ai ripari: «Se lo avessimo saputo — ha spiegato la madre — non l'avremmo mai fatta partire. Comunque è stata sempre seguita da uno chef nepalese che ha cucinato per lei il cibo tradizionale. Niente manzo. Niente maiale ». E anche il producer del documentario, Marc Hawker, si è affrettato a presentare le sue scuse: «Pensavamo di aver chiesto tutti i permessi necessari» ha detto, sperando in un ripensamento.

Alla fine i saggi si sono ricreduti e, mercoledì scorso, Sajani è rientrata a Katmandu come una vera divinità, tra le ovazioni della folla e il rullare dei tamburi. L'incidente si è risolto con una cerimonia di purificazione. «Sono molto contenta — ha detto dopo essersi sottoposta al rituale —. Io l'ho fatto per il Nepal».

Una vita non proprio facile quella delle dee viventi. Vengono scelte a due anni, tra le bambine buddiste delle famiglie newar, gli Sakya, i primi abitanti della valle del Katmandu, discendenti di Buddha. Per essere «eleggibili» devono possedere le 32 perfezioni. Tra le altre: nessuna ferita o cicatrice, un corpo come un albero di banano, occhi neri, cosce di daino, una lingua piccola. Ma le prove peggiori, a dir poco crudeli, sono quelle caratteriali. La più terribile è quella della notte nera quando, durante la festa indiana di Dashain, le candidate sono costrette a dormire in una stanza buia tra le teste delle capre e dei bufali sacrificati in onore della dea Kali. Con uomini mascherati da demoni che cercano di spaventarle. Chi resiste senza piangere sarà la nuova incarnazione della dea.

Le prescelte, circa dodici, iniziano così un percorso di solitudine. Soprattutto le Kumari reali, quelle di Patan, Katmandu e Bhaktapur (gli antichi tre regni della valle). La più importante Preeti Shakya, salita al trono divino di Katmandu il 10 luglio 2001 (un mese dopo il massacro della famiglia reale nepalese ad opera del principe Dipendra), non può vivere con i suoi genitori, giocare con i suoi coetanei o frequentare la scuola. Le è vietato indossare scarpe e camminare per strada. Segregata nel tempio di Ganesh, il suo compito è quello di restare immobile, al massimo dispensare sorrisi e soprattutto legittimare con il suo potere il sovrano.

Per alcuni questo si chiama «sfruttamento di minori». È il caso dell'avvocato Pun Devi Maharjan che, due anni fa, ha presentato una petizione alla Corte suprema nepalese: «Queste bambine — ha detto — non ricevono un'istruzione e sono allontanate dalla famiglia. È violazione dei diritti umani». Un'istanza di segno opposto è arrivata sul tavolo dei giudici da Chinda Bajaracharya, professore di cultura alla Tribhuvan University, la più antica del Paese: «Venerate da buddisti e induisti. Sono simbolo di armonia religiosa». E mentre si aspetta il verdetto della Corte, le Kumari danno udienza, senza versare una lacrima.


Monica Ricci Sargentini - 21 luglio 2007 - corriere.it

Palermo: violenza di gruppo su minore

PALERMO: VIOLENZA DI GRUPPO SU UNA MINORE, ARRESTATO PREGIUDICATO

Palermo, 21 lug.- (Adnkronos) - Con l'accusa di avere violentato nel 2001 una ragazza ancora minorenne insieme con un complice, legandola con il nastro isolante, in piena campagna, i Carabinieri di Palermo hanno arrestato all'alba di oggi il pregiudicato Antonino Moncada, 30 anni, disoccupato. L'uomo, che era gia' stato arrestato e condannato nel 2003 per quel reato, cioe' violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e minaccia, e' finito di nuovo dietro le sbarre per scontare un residuo di pena.


21.07.07 - leggonline.it

Messina firma una carta di intenti in favore dei gay

Il Comune di Messina firma una carta di intenti in favore dei gay


Una buona notizia: il nostro appello alle istituzioni, e in particolar modo a quelle messinesi, di combattere coloro che professano omofobia anche attraverso i media, non è rimasto inascoltato. Infatti, la professoressa dell'Università di Messina Antonella Cocchiara, già assessore della Giunta di Francantonio Genovese, ci ha contattato segnalandoci che già in passato lo stesso giornale, oggi sotto accusa per insulti a lesbiche e gay, si era distinto per omofobia e razzismo sessuale. Tanto che la Cocchiara, al tempo assessore al Comune, lo aveva fatto presente a un convegno dell'Arci a cui aveva partecipato in qualità istituzionale.

La Cocchiara aggiunge che esiste al Comune una carta di intenti sottoscritta dallo stesso sindaco di Messina nell'estate 2006. In Italia, infatti, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender (lgbt) non godono ancora di pieni diritti e spesso vivono situazioni di discriminazione nei diversi ambiti della vita familiare, sociale e lavorativa a causa del perdurare di una cultura condizionata dai pregiudizi. Risulta pertanto importante l’azione delle Pubbliche Amministrazioni per promuovere sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone lgbt, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi. L’affermazione dei diritti delle persone costituisce infatti il presupposto per la costruzione di una compiuta cittadinanza. Chiaro?

Ed è chiaro anche al nuovo assessore al ramo, Luciana Intilisano? Insomma ciò che sta veramente a cuore a tutti noi è che gli impegni assunti dall'Amministrazione comunale sottoscrivendo quella Carta vengano adempiuti. A questo punto non possiamo non chiederci come mai Enti di sottogoverno o gli stessi assessorati possano accostare la loro immagine pianificando campagne pubblicitarie su quel giornale che di fatto odia gli omosessuali.

Delle due l'una: o si combatte l'omofobia sul serio o si lascia perdere tutto facendo finta di nulla in cambio di una lauta marketta. E alle istituzioni politiche aggiungiamo anche quelle aziende importanti che non trovano per nulla disdicevole (a quanto pare) accostare il loro marchio a un giornale omofobo. Roba da ridere? E se gli onorevoli Grillini, Capezzone, Cappato, Vendola, Luxuria, Bonino, Pannella, per non dimenticare personalità della cultura e del giornalismo come Pierluigi Diaco e Alessandro Cecchi Paone o le stesse associazioni Arci e Giglio Rosso di Firenze, una volta appreso che molte aziende importanti sostengono concretamente l'attività omofoba di quel giornale decidessero di dare il via a una campagna di boicottaggio civile dei loro prodotti? Vi fa ancora ridere? Pensate al danno che ne riceverebbero.

Infatti tra gli inserzionisti del giornale sotto accusa figurano tra gli altri l'Ato3, Grimaldi Immobiliare, Marina del Nettuno, Caffè Barbera, Richard Ginori, Teatro Antico Taormina, Gruppo Sai Fondiaria, Gruppo Deutsche Bank, Amam, Centro Commerciale Tremestieri e la lista potrebbe non finire qui. Dunque cari signori inserzionisti, siete o no anche voi omofobi? Se state cadendo dalle nuvole dobbiamo pensare che forse investite i vostri soldi e quelli dei contribuenti su una rivista che neppure sfogliate.


21.07.07 - tamles.net

Gaynews : Il convivente sarà parte civile

Gaynews : Il convivente sarà parte civile al processo per l'omicidio di Toma


ROMA. È il primo riconoscimento di un convivente omosessuale in sede penale. Con una decisione che è destinata a entrare negli annali, il gup del tribunale di Roma Claudio Carini ha ammesso come parte civile Mario Chinazzo, 67 anni, nel processo contro l'assassino del suo convivente.

Chinazzo aveva convissuto per 25 anni con Roberto Chiesa, fino a quando il 7 marzo scorso un giovane romeno, George Alain Chisereu, non glielo aveva portato via sgozzandolo e svaligiandogli l'appartamento. Al processo con rito abbreviato, che riprenderà l'8 novembre, sarà presente come parte lesa anche la sorella della vittima, Graziella. Sono state respinte, invece, le richieste di costituzione di parte civile avanzate dal Comune di Roma e dall'Arcigay perché nei loro confronti non sarebbe rilevabile un danno giuridico consistente.

Si dice commosso, Mario Chinazzo, che fino a ieri temeva di non farcela: «Mi faceva star male il pensiero di non essere nessuno per la legge. Questa decisione mi ha tolto un peso». Per lui il giudice ha riconosciuto «un danno diretto». Una sorta di pacs, dunque, riconosciuto non in sede civile, come era già avvenuto diverse volte in caso di sinistri, ma da un giudice penale.

«In Italia è la prima ammissione in un processo penale del convivente di una coppia gay», afferma il deputato di Sinistra democratica Franco Grillini, che aggiunge: «L'assenza di una legge per le unioni civili crea il paradosso che il vedovo di una coppia di fatto debba rimettersi alla competenza di ottimi avvocati o alla lungimiranza di un giudice perché gli vengano riconosciuti i diritti. E non sempre le due condizioni si verificano».

Sulla stessa lunghezza d'onda si era espresso l'altro ieri anche il presidente di Arcigay Roma Fabrizio Marrazzo: «Il fatto che si tratti di due uomini non significa che il convivente della vittima non meriti gli stessi risarcimenti previsti per il coniuge che perda il marito o la moglie. Mario Chinazzo non ha avuto nemmeno il diritto di decidere dove seppellire il compagno».

Quello di Mario Chinazzo, che già era intervenuto sul palco della manifestazione Orgoglio Laico a piazza Navona lo scorso 10 marzo, potrebbe essere un precedente per altri riconoscimenti alle coppie di fatto in sede giudiziaria. Un segnale per la politica che ancora si interroga se ed eventualmente in quale forma garantire i diritti ai conviventi così come avviene in quasi tutti i Paesi d'Europa.


21.07.07 - tamles.net

Prostituzione, bisogna educare, non reprimere

Da Pra: “Prostituzione, bisogna educare, non reprimere”


Lastri: “Con Artemisia a fianco delle donne sfruttate e vittime di violenza”


Uscire dal vicolo cieco della prostituzione è possibile. Cinquemila donne in Italia ci sono riuscite. Ma occorre un lavoro soprattutto per far prendere coscienza a queste persone che, nel nostro Paese, possono essere portatrici di diritti. Lo ha detto intervenendo al meeting di san Rossore Marta Da Pra che, per il Gruppo Abele e Libera, ha studiato a fondo il fenomeno della prostituzione e della tratta di esseri umani. 'Rispetto alla prostituzione di donne immigrate – ha sintetizzato - occorre utilizzare di più il termine 'educare', piuttosto che 'reprimere'. Se queste persone acquisiscono la consapevolezza di avere dei diritti, al riconoscimento legale è più facile che corrisponda da parte loro una presa di coscienza dei doveri.

La Da Pra ha evidenziato le modalità in cui si realizza la tratta delle persone: la rete di sfruttamento e di ricatti che si svela dietro al percorso verso il nostro Paese di queste persone. Ma nel guardare questa faccia della prostituzione, ha aggiunto, occorre poi non dimenticare di guardare anche l'altra, spesso poco considerata, quella dei clienti: 'Se per l'offerta i grandi numeri della prostituzione sono di donne che fuggono da difficoltà materiali, da Paesi in guerra, per la domanda, a parte una percentuale da destinare a manie o perversioni, la maggior parte dei clienti sono persone di grande fragilità, mosse da problemi di solitudine e da incapacità di rapporti. Non possiamo dimenticare di indagare, di cercare di capire questa parte del fenomeno'.

Donne discriminate, abusate, sfruttate. Daniela Lastri, assessore alle pari opportunità del Comune di Firenze ha ricordato l'impegno del Comune contro le discriminazioni provocate dalla tratta e in difesa delle donne vittime di violenze con l'associazione Artemisia attiva dalla fine degli anni Novanta.

Poi si è soffermata anche sul problema delle discriminazioni e sul lavoro costante sulle politiche di genere, per esempio con la promozione del gender budget o bilancio di genere, un processo di analisi dei bilanci degli enti pubblici che evidenzia l'impatto delle politiche economiche rispetto agli uomini e alle donne. Offre quindi agli amministratori e alla cittadinanza una lettura più approfondita del ruolo pubblico rispetto alle differenze di genere, sottolineando come le decisioni politiche hanno conseguenze ben differenti sulla vita di uomini e donne. 'Stiamo lavorando perché i Comuni possano adottarlo e migliorare in questo modo la qualità di vita di molte donne'.

Massimo Orlandi - 20.07.07 - primapagina.regione.toscana.it

Ecco il caldo impossibile

Oggi si arriverà a 45 gradi


Emergenza caldo: è «Codice Rosso» in tutte le città italiane. Le temperature torride non lasceranno la Penisola, e in particolare il Centro-Sud, prima di mercoledì prossimo. E intanto le temperature sono destinate ad aumentare ancora, con picchi di 45 gradi. È questa la previsione del dipartimento della Protezione Civile, che ha emanato ieri una direttiva speciale, inviandola a Regioni, Comuni e prefetti, «per attuare tutte le misure necessarie a prevenire eventuali situazioni di emergenza». Si danno indicazioni sia sulle misure da prendere nei confronti delle categorie più deboli della popolazione (dagli anziani ai bambini) sia su quelle per evitare possibili black-out, oltre che per limitare il rischio di incendi boschivi. Le temperature dovrebbero attestarsi, nelle ore più calde, attorno ai 40 gradi, con punte in Sicilia di 45, ha spiegato Guido Bertolaso: fatta eccezione per Bari, Genova e Cagliari - tre delle 17 città inserite nel sistema di monitoraggio del Dipartimento - tutte le altre fanno e faranno registrare fino a domenica il «livello 3», quello con ondate di calore che persistono per alcuni giorni consecutivi e che possono essere pericolose per la salute.

E proprio sui rischi della super-afa e sulle vittime, effettive e potenziali, si fanno i primi (e controversi) bilanci: se un uomo di 67 anni è morto sul lungomare di Bordighera per infarto, al ministero della Salute si sottolinea che «è errato parlare genericamente di un aumento della mortalità. Possibili decessi correlati alle ondate di calore, e comunque sempre da associarsi ad altre concause (come malattie croniche, età avanzata e probabile condizione di disagio economico), si sono registrati in giugno soltanto in quattro delle 32 città monitorate». La conseguenza è stata, per esempio, di 30 morti in più rispetto alla media della mortalità standard a Bari (con una variazione stimata al 51%), 24 a Catania (+35%), 28 a Palermo (+22%) e 47 a Napoli (+21%).

Intanto continua la corsa ai ventilatori e ai condizionatori: i consumi sono infatti in costante aumento e il fabbisogno ha raggiunto i 56.520 megawatt. È quanto ha rilevato Terna, la società responsabile in Italia della trasmissione e della distribuzione dell’energia elettrica. «I tecnici della società stanno intensificando il lavoro di monitoraggio e controllo dell’andamento dei consumi per garantire, in coordinamento con i produttori e i distributori di energia elettrica, una copertura adeguata del fabbisogno - informa una nota -. Il sistema, comunque, rimane in equilibrio con margini di riserva nella norma del periodo». Importante - è il monito - «è l’attenzione da parte di tutti per un utilizzo razionale ed equilibrato delle apparecchiature ad alto consumo energetico».

Quello di ieri resta il terzo record storico assoluto in tre giorni consecutivi e la differenza è pari al consumo medio di una grande città come Milano. E in parallelo a questi picchi ci sono quelli degli interventi delle ambulanze e il super-lavoro ai pronto soccorso, soprattutto a Roma e nel Lazio. E’ una situazione che ha allarmato anche il Codacons: secondo l’associazione dei consumatori, «occorre immediatamente una procedura speciale: deve prevedere che nel momento il cui si passa dal “livello 2” al “livello 3” di rischio i medici di famiglia vadano a visitare gli anziani a rischio».

L’emergenza caldo, comunque, si rivela in molte forme. Per esempio con lo sciopero di quattro ore all’Electrolux, dove - denunciano i sindacati - «la miscela di caldo insostenibile nei capannoni, dei ritmi di lavoro impossibili con queste temperature, degli svenimenti durante l’orario di lavoro e dell’assenza di assunzione di misure minime ha esasperato lo stato d’animo degli operai». Ma anche gli animali soffrono: la Coldiretti sta organizzando interventi d’emergenza negli allevamenti di molte Regioni.


21.07.07 - BIANCA SABATINI - lastampa.it

Pensioni, la storia infinita

Roma Tanto tuonò che non piovve. Già, dopo un clamore quasi senza precedenti l’interminabile calvario previdenziale non è finito, anzi gode di ottima salute e prosegue imperterrito il suo cammino. Sì, perché incassato l’accordo con i sindacati, il governo ottiene anche il via libera unanime del Consiglio dei ministri all’intesa, e si prepara a bissare lunedì con le associazioni imprenditoriali nel tardo pomeriggio.

L’orizzonte, tuttavia, non è libero da nubi: il Partito della Rifondazione comunista e quello dei Comunisti italiani ribadiscono tutte le loro critiche e si riservano sul da farsi. Dubbi anche dai Radicali. Il Professore si è detto certo che «gli italiani saranno soddisfatti» e ha garantito che «sono stati rispettati i confini di spesa». Insomma, per Romano Prodi ora «l’Italia è un Paese più giusto». Pure per il segretario dei Diesse Piero Fassino quello sulla previdenza è «un buon accordo, ispirato da una cultura riformista che tiene insieme innovazione, rigore finanziario e equità sociale», ma i timori per la tenuta della maggioranza in Parlamento restano tutti quanti: la sinistra del Prc ha già annunciato, con Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò, il suo voto contrario alla riforma previdenziale, anche nell’eventualità che l’esecutivo ponga la fiducia. E i vertici del partito hanno deciso di rimandare “l’offensiva” sullo scalone a settembre, in sede di discussione sulla manovra Finanziaria. Il segretario Franco Giordano avverte: «Chiameremo la nostra base a dare un giudizio politico sul governo, un referendum che esprimerà un voto vincolante sulla nostra permanenza nell’esecutivo». Anche i Comunisti italiani esprimono tutta la loro contrarietà. «Non diamo per finita la battaglia sulle pensioni - annuncia il segretario Oliviero Diliberto al termine di una segreteria straordinaria - che proseguirà in Parlamento, ma non nascondiamo una grande delusione». Infatti, nonostante l’unanimità al Cdm, i ministri Emma Bonino (Radicali) e Paolo Ferrero (Rc), da versanti opposti, hanno espresso entrambi «perplessità e dissenso» sul meccanismo di superamento dello scalone. E se l’Unione deve vedersela con le fibrillazioni interne, l’opposizione di centrodestra non risparmia parole dure e commenti tranchant: «Penso che sia un controsenso questa riforma, visto il continuo aumento della capacità di lavoro legato alle condizioni di migliore qualità della vita», afferma il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. «L’unica cosa certa è che si tratta di un accordo pasticciato - sentenzia il leghista Roberto Maroni, ex ministro del Lavoro e padre del tanto contestato scalone - aumentano i costi e le incertezze per i lavoratori che vengono discriminati, non solo sulla base della data di nascita, ma ora anche in relazione al lavoro svolto». Il leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini spiega: «Prima di dire che la controriforma delle pensioni è fatta, occorre aspettare le valutazioni della sinistra radicale che non a caso è scontenta». Infine, per il segretario dell’Unione di Centro Lorenzo Cesa «è quindi più che giustificato l’allarme sulla tenuta della maggioranza di centrosinistra». Come dire, il disco verde del Consiglio dei ministri di ieri è di certo un primo passo importante verso la nuova riforma pensionistica. Ma il cammino per l’entrata in vigore delle nuove norme è ancora lungo e dovrà affrontare, oltre al giudizio dei lavoratori che Cgil, Cisl e Uil consulteranno nelle aziende, anche, o meglio soprattutto, le insidie dei passaggi parlamentari. Dunque, si prevedono tempi duri per il Professore, quale che sia il prosieguo della vicenda pensionistica. Comunque vada non sarà un successo, si potrebbe dire parafrasando un vecchio slogan televisivo.

Alberto Ciapparoni - 21.07.07 - ilmeridiano.info

La noia non si combatte con l'alcol

Salve,

sono una donna di 50 anni, casalinga, ho un marito che lavora fino alle 8 di sera. Ormai i figli sono grandi e mi sento spesso sola, annichilita, triste. Nel passato sono stata iperprotettiva: aiutavo i miei figli nello studio, arrabbiandomi pure, ora il mio unico passatempo è - oltre a fare la spesa e andare in chiesa a pregare per la mia famiglia - stare in casa a vedere la tv.

Come posso fare per non sentirmi più così? Per non annoiarmi ho bevuto alcol, ma non è la soluzione alla noia. Cosa mi consiglia?

Salve a lei,

nelle sue poche righe ho trovato molti aspetti di cui parlare. Innanzitutto l'alcol. No, non è la soluzione alla noia, non lo è mai stato e neanche potrà mai esserlo. Magari, preso a piccole dosi mentre si mangia in compagnia o ad una festa o all'aperitivo, un po' di alcol qualcosa fa, ma il merito è più della compagnia, o della festa o del fatto che abbiamo un po' di tempo per fare due chiacchiere.

E non mi sembra il suo caso.. Questo mi riporta ad un'altra domanda: ma qual è, in realtà, il suo caso? Lei dice che si sente "sola, annichilita e triste" e non sono delle belle sensazioni, ma dice anche che ha un marito che lavora (e di questi tempi non è poco), che lei ha dedicato molto tempo alla cura dei suoi figli e che, grazie anche alle sue cure, questi ora sono grandi: questa dovrebbe essere una bella soddisfazione.

Ma leggo anche che, oltre a fare la spesa ed andare in chiesa (questo dovrebbe dare una certa serenità), lei passa tanto tempo davanti alla televisione e questo, a seconda dei programmi che segue, potrebbe essere d'aiuto, oppure no. Alla fine però quello che mi risuona dentro è un grande senso di vuoto, come se lei non sentisse più alcuna motivazione a fare, a impegnarsi e avesse perso il senso della vita.

Come se non trovasse più, dentro di sé, quella tensione che ci fa sentire vivi. E in questo "niente" anche io sarei pronto a fare qualsiasi cosa per non sentirmi più "così", anche se non saprei neanche io come definire questo "così".

Lei termina le sue poche righe chiedendo un consiglio e io, a parte la condivisione del suo senso di vuoto, mi accorgo che di lei e della sua vita non so abbastanza per poter dire qualcosa di specifico. Ma sono rimasto colpito da una cosa: lei esordisce dicendo "sono una donna di 50 anni" e racconta la sua vita in poco più di cinque righe. Ecco, partendo da questo un consiglio "buono" lo avrei: mi scriva la sua storia in almeno 50 righe.Credo che, in qualsiasi vita, un anno si meriti almeno una riga di commento. 50 anni e 50 righe mi sembrano il minimo, se poi ci prende gusto arrivi anche a 100, ma non di più, la prego, sennò poi potrei essere io ad avere qualche problema, di tempo, per risponderle.Non scherzo. Non si scherza mai su queste cose. Aspetto la sua storia.


Marco Ventura - 20.07.07 - mentelocale.it

Foto hard col cellulare

Foto hard col cellulare. Arrestato sottufficiale


TARANTO - Finisce in cella un sottufficiale della Marina Militare sorpreso a molestare e fotografare con il telefonino ragazzine all’interno della galleria Auchan. Il militare è stato tratto in arresto dalla Squadra Mobile in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Pio Guarna su richiesta del pubblico ministero Enzo Petrocelli. Risponde di violenza sessuale.


20.07.07 - tarantosera.com

Venezuela, rapito un 18enne italiano

Padre Bossi dopo la liberazione: tornerò dai miei parrocchiani a Payao


«Ero un mezzo per ottenere un riscatto». Sereno, anche se provato, dimagrito ma non abbastanza per non tenere fede al suo soprannome di "gigante buono", padre Giancarlo Bossi ha confermato che dietro il suo sequestro, avvenuto il 10 giugno nelle Filippine ad opera di 11 uomini armati, c'era semplicemente la volontà di avere soldi in cambio della sua liberazione, avvenuta giovedì sera.

«Mi dispiace, ti sequestriamo solo per i soldi», avrebbero infatti detto al sacerdote i rapitori, che si sono qualificati come appartenenti al gruppo di Abu Sayyaf. Si è anche parlato della cifra di 50 milioni di pesos, circa un milione di dollari, anche se padre Bossi ha detto di non sapere nulla. Il sacerdote ha detto di essere stato trattato bene e ha anche ironizzato, «ho smesso di fumare».

I rapitori ricevevano ordini da una persona che li contattava attraverso un cellulare. Lo ha spiegato lo stesso religioso nel corso di una conferenza stampa a Manila subito dopo aver incontrato il presidente filippino, Gloria Arroyo. La Arroyo nel corso dell'incontro ha lodato il "coraggio" del missionario. «Mi ha detto - ha riferito padre Bossi parlando del colloquio - che numerose persone hanno lavorato duramente per ottenere la mia liberazione».

Lui li ha ringraziati tutti, e ha ringraziato anche il Papa «per le sue preghiere». Il sacerdote ha detto di essersi fatto molte domande sui suoi rapitori musulmani, perché «loro pregavano e io pregavo», e di aver però capito che «siamo ancora molto lontani dal riconoscerci fratelli». Intanto continuano a trapelare nuove indiscrezioni sulla dinamica della liberazione.

Padre Luciano Benedetti, della sede del Pime a Zamboanga, sull'isola di Mindanao, alla quale fa capo padre Bossi, ha detto che il missionario italiano è stato liberato giovedì sera alle 23.30. I rapitori lo hanno «lasciato libero in un luogo concordato con la polizia locale che si è poi recata all'appuntamento con un'auto per prelevarlo e portarlo a Zamboanga dove è arrivato dopo un viaggio di sei ore». «Noi non sappiamo se sia stato pagato un riscatto», ha poi aggiunto padre Benedetti.


Padre Bossi tornerà a Payao, dove è la parrocchia da lui fondata, e vi resterà certamente fino al 5 agosto. Poi deciderà se tornare in Italia, ma per chi lo conosce bene la certezza è che lui deciderà di restare tra la gente alla quale ha dedicato 27 anni della sua vita da missionario. In Italia sono in tanti ad aspettarlo.


21.07.07 - corriere.com

Al Gemelli reparto di neuropsichiatria infantile

SANITA'/ APRE AL GEMELLI NUOVO REPARTO NEUROPSICHIATRIA INFANTILE


Roma, 20 lug. (Apcom) - E' stato il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ad inaugurare questa mattina il nuovo reparto di Neuropsichiatria infantile, presso il dipartimento di Scienze pediatriche del Policlinico universitario 'Agostino Gemelli'.

L'innovativo servizio è stato ideato e realizzato in collaborazione con l'Associazione Famiglie Sma (Genitori per la ricerca sull'atrofia muscolare spinale) presieduta da Domenico J. Marchetti e con il contributo finanziario di Enel Cuore Onlus, presente il consigliere delegato Gianluca Comin. Il Servizio del Gemelli, per la prima volta in Italia, integra numerose competenze mediche e sociosanitarie, e si pone come modello di riferimento nazionale per il trattamento delle disabilità congenite e per l'assistenza alle famiglie con bambini affetti da queste patologie, con particolare attenzione alle patologie neuromuscolari pediatriche.

Il Servizio per l'assistenza alle disabilità congenite afferisce al Dipartimento di Scienze pediatriche del Gemelli ed è ubicato al terzo piano del Policlinico, all'interno dell'Unità operativa di Neuropsichiatria Infantile.

20.07.07 - notizie.alice.it

La povertà che non fa notizia

Almeno una volta l’anno c’è qualche istituto di ricerche sociali che ricorda quante famiglie, in Italia, una delle sette nazioni più industrializzate del mondo, vivano in condizioni di povertà. Una povertà che colpisce non soltanto chi un lavoro non riesce a trovarlo o chi ha una pensione troppo bassa per sopportare un’inflazione che non risparmia neanche i beni di prima necessità. Povere sono, sempre di più, anche le classi medio-basse: operai e dipendenti con stipendi a volte talmente bassi da potersi permettere solo un dormitorio pubblico.

Vittime non solo di un potere d’acquisto che si riduce progressivamente, ma anche di un sistema di garanzie sociali che nessun partito politico ha la forza – e forse la volontà – di ripensare. E poi ci sono i giovani. Accusati di essere mammoni, di non fare figli, di non voler lasciare la casa dei genitori perché allergici alle responsabilità e che, invece, troppo spesso sono costretti a far ritorno sotto il tetto della famiglia d’origine a causa di lavori precari, a chiamata, a cottimo.

A cercare di riportare l’attenzione su questo tema è stato, pochi giorni fa, l’Eurispes, divulgando i risultati di una ricerca dal titolo esplicito: “Problemi di famiglia. Senza rete: famiglia italiana di fronte alla crisi del welfare”. I dati generali su cui si basa il lavoro provengono dall’Istat e parlano chiaro: 2 milioni e 585 mila di famiglie si trovano in condizioni di povertà relativa. L’11,1% di tutti i nuclei familiari italiani, cioè 7 milioni e 577 mila persone (il 13,1% della popolazione) vive, o meglio sopravvive, con un reddito che rende impossibile far quadrare i conti alla fine del mese.

Per una famiglia di due persone, la soglia di povertà fissata dall’Istat è pari a 936,58 euro. Ma nel 2005 (anno a cui fanno riferimento gli ultimi dati disponibili) la spesa media di una famiglia povera è stata nettamente al di sotto di questo, già basso, valore, fermandosi a 737 euro al mese. Settecentotrentasette euro per pagare un affitto o il mutuo, le bollette, fare la spesa. In un precedente studio condotto dall’Istat sulle condizioni economiche degli italiani, l’5,8% degli intervistati dichiarava di non avere avuto, nei 12 mesi precedenti, i soldi per comprare il cibo necessario; il 12% non aveva potuto pagare le spese mediche e il 10,9% quelle per riscaldare adeguatamente l’abitazione.

Uno dei problemi più impellenti da risolvere rimane comunque la casa. Se l’affitto è quello di una grande città, se non c’è l’aiuto di qualche parente, se ci si trova di fronte una spesa imprevista, non è poi così difficile ritrovarsi senza un tetto ed essere costretti a bussare a un dormitorio pubblico. Certo, ci sono le case popolari. Peccato che nella maggior parte delle regioni italiane non ci siano - non si trovino - i soldi per investire in edilizia pubblica e le case disponibili non bastino mai a soddisfare le migliaia di domande in possesso dei requisiti. In ogni caso, poi, spesso passano anni prima di vedersi assegnare un appartamento ad affitto calmierato.

La sofferenza delle famiglie viene registrata anche dall’aumento dell’indebitamento degli italiani, che nel 2005-2006 hanno contratto il 9,8% in più tra mutui, finanziamenti e acquisti a rate. Mutui sempre più difficili da onorare, dato che nel 2006 il 5,1% di famiglie in più ha avuto difficoltà a pagare le rate.

Non stupisce, poi, che il 69,8% di questi due milioni e mezzo di famiglie si concentri nel Mezzogiorno. Solo in parte questa percentuale vive una situazione meno drammatica in forza di un costo della vita più basso che altrove. L’Italia non è solo, come ha sottolineato l’Eurispes, “un’Italia a due economie. Un’economia delle famiglie e un’economia delle imprese”, con un Pil in crescita da un lato e “l’assenza di redistribuzione della ricchezza” dall’altro. È anche un’Italia a due velocità, che vede aumentare il divario economico, sociale, culturale tra Nord e Sud.

Non sorprende allora che, come ha evidenziato l’ultimo rapporto della Svimez, l’emigrazione interna - da Sicilia, Puglia, Calabria verso Lombardia, Veneto, Friuli - abbia ripreso vigore, tornando ai livelli degli anni Sessanta. Nel 2004, sono stati in 270mila a trasferirsi stabilmente o temporaneamente in queste regioni. Basti dire che nel periodo 1961-1963, nelle industrie del nord si riversavano 295mila meridionali l’anno. Si torna indietro, invece di andare avanti.

A trovarsi in una situazione economica non semplice c’è anche un gruppo ben più ampio di persone a rischio di povertà. In totale, si arriva a 5 milioni e 100mila nuclei familiari, per 15 milioni di persone. Tra questi, principalmente famiglie monoreddito o con più di due figli, soprattutto se il capofamiglia è un impiegato o un operaio. La retribuzione dei primi ha perso, tra il 2001 e il 2005, il 20% della capacità d’acquisto. Quella dei secondi, si è invece ridotta del 14%.

Dando un occhio ai consumi degli italiani si riesce ad avere un quadro ancora più dettagliato. Gli anziani hanno livelli di spesa decisamente più bassi delle famiglie con componenti al di sotto dei 65 o 40 anni, inferiori anche del 30%. Inevitabile che le pensioni vengano spese per beni strettamente necessari: il 45,3% per la casa e utenze domestiche, il 22% per gli alimentari e il 5% per le spese sanitarie. Per il resto rimane ben poco.

I più giovani, del resto, non se la passano meglio. Il 43% di coloro che avevano lasciato la casa familiare dopo aver trovato lavoro, è stato costretto a rientrarvi. Anche perché, come sottolinea l’Istat, le spese di una famiglia composta da una sola persona sono circa due terzi di quelle affrontate se si è in due.

Insomma, il quadro che anno dopo anno le statistiche contribuiscono a tratteggiare conferma quanto sia inutile gioire di fronte a un Pil che riprende a segnare valori positivi. Dimostra che la percezione comune racconta un’altra storia, quella di una situazione reale del Paese che non sta migliorando affatto. E appare una storia molto più verosimile di quella propinata da chi sbandiera la ripresa economica. Ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, l’urgenza di riforme sociali serie e radicali, la necessità di fare proposte concrete, di pensare ad altro, oltre alla differenza “scalino” - “scalone” e a chi deve candidarsi a leader di un partito che ancora non esiste.

Agnese Licata - 21 luglio 2007 - canisciolti.info

La marijuana non dà dipendenza

Sig. Severgnini.

leggo il suo articolo sulla droga (Corriere, 20 luglio) e in particolare sugli spinelli e resto sbigottito perché, come sempre e nuovamente, in Italia chi parla di droghe non ha la più pallida idea di quello che dice. La Skunk esiste da decenni ed è un tipo di «erba» selezionata in laboratorio in Olanda, ma la Skunk non è il problema. Il problema è che negli ultimi anni il pricipio attivo nell'erba, Thc, è passato dal 6%, come in natura, al 25%. Che l'abuso di erba possa portare alcune patologie è un fatto, ma il continuare a voler paragonare erba, coca e quant'altro, giustificando invece l'alcol e le sigarette, è segno di ignoranza e pericoloso. L'erba non porta alcuna dipendenza, questo è provato scientificamente, le altro, cioè coca, robba, anfe e via dicendo, portano dipendenza. Alcol e sigarette portano dipendnza. Quello che sta facendo il sig. Brown non è nulla di diverso da quello che ha voluto fare il sig. Fini con la legge che amo definire per «vecchietti»: tanto loro quando votano, votano per i paladini della giustizia. Entrambi hanno infatti un assoluto bisogno di voti. Le chiedo per cui di parlare sì di droghe, ma di farlo nella maniera giusta, senza voler creare ulteriori paure, ma informando realmente.

Matteo Modesti, matteo.modesti@ntlworld.com



Resto del mio parere. Secondo me, molta gente in Italia si sta fumando il cervello (in tutti i sensi). L'erba non porta alcuna dipendenza? Ma dico, scherziamo? Conosco gente che, di fronte a qualsiasi problema/difficoltà, si fa una canna: non è dipendenza, questa?


21.07.07 - corriere.it

Usa, manette per chi guida ubriaco

Caro Servergnini,

condivido in pieno il suo articolo in relazione agli «incidenti» stradali. Ho vissuto per alcuni anni negli Usa, e Dwi (Driving While Intoxicated) è un reato che comporta l'arresto immediato (con tanto di manette) e pene detentive serie. Inoltre quando si prende la patente è necessario un corso preliminare di informazione chiara sugli effetti dell'alcol e delle droghe quando si è alla guida di veicoli e delle relative pene cui si va incontro. Da noi, come tu dici, solo chiacchiere e solo quando ci sono i morti.

Dopo un po' in nostri «politici» (le virgolette sono per d'obbligo perché ci vorrebbero ben altri titoli che tutti possono facilmente immaginare), continuano imperterriti la loro attività, con una produttività che in qualunque scalcagnata azienda li avrebbe portati a un immediato licenzamento. Il guaio è che oltre a essere inattivi, sono pure in malafede. Non posso credere che i nostri parlamentari non sappiano come funzionano le cose in Europa o negli Usa, molti di loro ci sono stati. Quindi i casi sono due: o sono emeriti imbecilli o non gliene frega niente (magari tutte e due le cose). Tutto questo non fa che incrementare il pessimismo e la sfiducia delle persone che, come me, hanno vissuto in altri Paesi e conosciuto ben altri modi di fare politica. Forse non resta altro che fare le valigie di nuovo, soprattutto per il bene dei nostri figli. In Italia ci verremo in vacanza (forse).

Saluti,

Walter Diurno, w_diurno@hotmail.com - 21.07.07 - corriere.it

Fermiamo per sempre i killer sulle strade

Caro Severgnini,

Fermiamo i killer sulle strade, ma fermamoli per sempre. Siamo all'ennesima disgrazia sulla strada provocata da un ubriaco alla guida. Pochi giorni fa una signora anziana per rispondere al telefono cellulare è uscita di strada investendo un gruppo di pedoni tra cui una donna incinta. La lista delle disgrazie mortali si allunga ogni giorno. Una recente inchiesta pubblicata sull'«Espresso» ha documentato una realtà spaventosa: chi uccide sulla strada non solo non va in galera, ma torna sempre al volante. Vi sono casi incredibili di persone responsabili di 3-4 incidenti mortali che sono ancora liberi di guidare sulla strada con il loro camion, auto o motocicletta. In Italia la patente non si ritira mai a vita, ma solo temporaneamente. Nemmeno se fai una stage in autostrada.

Anche a Pinerolo all'omicida avevano già ritirato la patente tre volte. Per poi ridargliela e rimetterlo sulla strada. I numeri citati dal ministro Bianchi sono drammatici: ogni giorno gli incidenti stradali uccidono 14-15 persone. Quasi sempre persone comuni che hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Un giro sulle le strade italiane spiega più di mille statistiche: la totale indisciplina e il senso di irresponsabilità di molte persone alla guida dei veicoli è fin troppo evidente. Queste persone vanne fermate. Con l'educazione e con le campagne di prevenzione (quanta reticenza in Italia a parlare e mostrare cosa succede davvero in un incidente). Con i controlli, che mancano sempre, ma anche con sanzioni serie e dure. In certi casi la patente va ritirata per sempre. Chi viene trovato più volte a guidare alterato da alcol e droghe, chi provoca un incidente mortale non dovrebbe mai più tornare alla guida di un veicolo a motore.

Gianluca Brugnoli, gianluca.brugnoli@polimi.it - 21.07.07 - corriere.it

La vera causa dell'alcol sulle strade

Caro Beppe, cari Italians,

sono un italo-americano cresciuto in Italia. Arrivo immediatamente al punto: non è solo l'alcol che uccide, qui. E' quello che c'è dietro. Avendo fatto dieci anni di analisi, sono abituato a guardare gli eventi nel rapporto di causa ed effetto. Ebbene, l'alcol è - se vogliamo - un effetto. Che certamente, diventa concausa di alcuni dei sinistri mortali protagonisti di questi giorni. Ma la vera causa - che spinge poi a bere, da noi come nel resto del mondo umano - sono le frustrazioni/depressioni così largamente presenti (e al contempo sconosciute e/o negate) dilaganti. Frustrazioni/depressioni cui si reagisce spesso tirando fuori aggressività represse. Così tipico al volante.

Lo vedo con chiarezza sulle strade italiane. La frustrazione di vite insoddisfatte (evidentemente, molte) che finalmente possono trovare vendetta al volante. E si abbandonano (se mai si sono conosciute) le distanze di sicurezza, entrando nello «spazio dell'altro» con veemenza. Si minaccia l'altro attraverso la presenza della propria macchina, incombente, da dietro, come fosse un caccia da guerra a ore sei. Qualsiasi cosa pur di sorpassare. E' il «ti frego, ti frego io, ti ho fregato». La rabbia cieca che si scatena. L'alcol non fa altro che liberare più facilmente questa presenza interiore. Si beve per trovare coraggio. Per dimenticare la voce dei freni inibitori ritenuti indegni, vigliacchi.

A molti italiani dunque, manca qualcosa di più profondo. Manca di trovare (nemmeno ritrovare: non c'è reiterazione, non ci si è ancora trovati come individui e come unità popolare, manca il senso civico non per nulla) se stessi. Ben vengano dunque le campagne educative. Non basta, non basterà, il lavoro necessario è più profondo, ma educazione all'autoconsapevolezza - e repressione, anche - possono aiutarci a tamponare questa rabbia. Così dilagante sulle strade (e non solo) italiane. Un caro saluto,

Filippo Federico Olivieri, filippo.olivieri@anthilia-cp.com - 21.07.07 - corriere.it

Ubriaco in moto investe e uccide barista

Ubriaco in moto investe e uccide barista alassino


ANCORA una giovane vittima sulle strade savonesi. E ancora una volta il dubbio, ma secondo l’esito dei primi accertamenti effettuati dai carabinieri si tratta di molto di più che di un semplice dubbio, che oltre alla velocità a causare la tragedia sia stato il fatto che alla guida di uno dei mezzi coinvolti si trovava una persona che aveva ingerito bevande alcoliche e probabilmente assunto sostanze stupefacenti. Un cocktail micidiale, che nelle ultime settimane ha causato sulle strade italiane una lunga serie di tragedie. Al punto tale da indurre il sostituto procuratore della Repubblica di Pinerolo, Francesco La Rosa, a ipotizzare il reato di omicidio doloso, e non colposo, nei confronti dell’automobilista ubriaco che giusto una settimana fa travolse e uccise una studentessa di Rivalta.


Ma torniamo alla tragedia avvenuta l’altra notte lungo l’Aurelia, tra Alassio e Albenga. Un incidente nel quale sono rimasti coinvolti il conducente di un ciclomotore e quello di un maxi-scooter. Uno scontro frontale tremendo, con i due motociclisti che a seguito dell’urto sono stati sbalzati sull’asfalto. Ad avere la peggio è stato Giuseppe Laguna, 32 anni, alassino di origine ma residente ad Albenga. Il giovane viaggiava tranquillamente per tornare a casa sul suo “cinquantino” quando è stato travolto da un “Nex 500 Piaggio” che sopraggiungeva in senso contrario. Lo scooterone era condotto da Alberto Giusta, 38 anni, nato a Cuneo ma residente a Mondovì,socio di una agenzia immobiliare di Alassio. L’uomo avrebbe perso il controllo del mezzo nell’affrontare la semicurva che immette sul rettilineo in prossimità di “Punta Murena”, proprio davanti al grande piazzale solitamente usato da venditori ambulanti di frutta e verdura.


Lo scontro tra le due moto è stato violentissimo. Entrambi i centauri sono stati sbalzati dai rispettivi sellini. L’allarme è scattato pochi minuti dopo, quando un automobilista di passaggio ha chiesto l’intervento dell’autoambulanza del “118” e dei carabinieri. Le condizioni di Giuseppe Laguna sono apparse subito gravissime. L’autolettiga, a tutta velocità, ha raggiunto l’ospedale di Albenga per poi proseguire per il più attrezzato “Santa Corona” di Pietra Ligure. Il cuore del giovane non ha però retto ed ha smesso di battere poco dopo il ricovero.


Stando alla prima ricostruzione della dinamica dell’incidente effettuata dai carabinieri di Alassio, il mezzo di Giusta, dopo aver superato la striscia di mezzeria, sarebbe finito contro lo scooter di Laguna, che non avrebbe avuto alcuna possibilità di evitare l’impatto. Anche Alberto Giusta è stato ricoverato all’ospedale, ma le sue condizioni non sono gravi avendo riportato soltanto un trauma al polso destro. Gli esami effettuati, alcuni su richiesta specifica degli stessi carabinieri, avrebbero però permesso di accertare che l’agente immobiliare aveva bevuto sostanze alcoliche e fatto uso di sostanze stupefacenti, risultando positivo sia al testi per la cocaina che a quello per la cannabis. E per questo motivo i carabinieri hanno denunciato Roberto Giusta all’autorità giudiziaria per omicidio colposo e guida sotto l’effetto di alcol e sostanze stupefacenti.


La vittima Giuseppe Laguna aveva da poco lasciato il bar dove lavorava da anni come cameriere. Aveva tardato un quarto d’ora, rispetto al normale orario di rientro, perché, dimenticate le chiavi di casa sul bancone, era stato costretto ad attendere che il titolare tornasse ad aprirgli. Una fatalità. Il giovane è poi partito alla volta di Albenga dove abitava con i genitori, la mamma Anna e il papà Sandro.


La notizia del grave incidente si è sparsa ieri mattina per tutta Alassio e Albenga, località dove Giuseppe, per gli amici Beppe, trascorreva buona parte delle sue giornate. Nella città del Muretto era nato e cresciuto e da anni lavorava al bar “Tokai” nella centralissima piazza Airaldi e Durante.


Ieri sera nella camera ardente del “Santa Corona”, tanti amici dello sfortunato giovane, insieme ai parenti, si sono radunati per recitare il rosario. Il magistrato ha ordinato l’autospia in attesa di concedere il nulla osta alla sepoltura. I funerali, stando alla volontà della famiglia, si svolgeranno ad Alassio.


Daniele La Corte - 21.07.07 - ilsecoloxix.it

Stragi del sabato sera, scatta il piano di prevenzione

Stragi del sabato sera, scatta il piano di prevenzione contro alcol e droga


(a. f.) Riunione organizzativa ieri, in Questura (a presiederla, la dottoressa Capolupo), per mettere a punto gli ultimi dettagli di un’iniziativa contro le stragi del sabato sera. All’incontro – nei giorni scorsi ce n’era stato un altro in Prefettura – erano presenti il comandante della polstrada, Cipriano, il capitano dei carabinieri Bolis, il maggiore della finanza Dell’Italia, il presidente della Misericordia di Benevento, Iacoviello, e la dottoressa Calandra, dell’Asl. L’iniziativa, che punta ad evitare che le strade diventino sempre più teatro di tragedie, coinvolgerà gli agenti della polstrada, della volante, i carabinieri, la guardia di finanza, la polizia municipale dell’Unione dei Comuni ‘I Santi Sanniti’ e i vigili urbani di Amorosi ed Airola, tutti affiancati e supportati da due autoambulanze della Misericordia di Benevento. Due le pattuglie delle forze dell’ordine che da domani sera e ogni sabato, fino alla fine di settembre, da mezzanotte alle 6 del mattino, effettueranno delle soste operative nei pressi di locali notturni o, di volta in volta, lungo le strade. Gli automobilisti verranno sottoposti, oltre alla normale verifica dei documenti, all’alcoltest ed al drogatest. Nel caso in cui ce ne fosse la necessità, i conducenti delle autovetture verranno ‘invitati’ a salire sull’ambulanza della Misericordia dove, alla presenza di un medico dell’Asl, potranno essere anche effettuate altre analisi, come quella delle urine. Istituzioni e volontari della Misericordia in campo, dunque, con l’obiettivo di rendere tranquille le notti d’estate nella nostra provincia attraverso un’attività di controllo e monitoraggio che verrà poi analizzata ogni settimana e strutturata in vista del successivo week end.


20.07.07 - ilsannioquotidiano.it

Cina, bambini schiavi

Le peggiori fabbriche con schiavi esistono ancora

Genitori di bambini schiavi spiegano che in molte fabbriche non è stato arrestato nessuno e che la polizia protegge gli schiavisti. Ritengono “lievi” le pene date ai pochi riconosciuti colpevoli, anche se un sorvegliante è stato condannato a morte per avere ucciso di botte un operaio. Solo qualche anno di carcere al proprietario.

Esistono ancora fabbriche di mattoni peggiori di quella della contea di Hongtong, dove c'erano bambini ridotti in schiavitù. Zhang Xiaoyng, genitore che ha visitato centinaia di fabbriche nello Shanxi mentre cercava il figlio rapito, dice che le gravi condanne degli schiavisti non sono da sole sufficienti a stroncare il traffico di essere umani.

“La fabbrica di Hongtong – dice la Zhang al quotidiano South China Morning Post – non era la peggiore… Le peggiori stanno a Yongji e Linyi. Ci sono molti sorveglianti e abbiamo visto molti bambini”. In alcune fabbriche è stato difficile persino entrare e i bambini si sono attaccati ai loro calzoni pregando di portarli via. “Lo abbiamo raccontato alla polizia locale – dice – ma si è rifiutata di intervenire”. Osserva che molti schiavisti non sono stati arrestati, ad esempio quelli diLinyi, per cui teme che proseguiranno il loro “traffico”.

Ieri il tribunale di Linfen ha condannato a morte Zhao Yanbing, caposquadra della fabbrica di Hongtong, e al carcere altri 10 responsabili, tra cui il sorvegliante Heng Tinghan all'ergastolo e il proprietario Wang Bingbing, figlio del segretario del Partito comunista locale, a nove anni per detenzione illegale di esseri umani. Zhao ha ammesso di avere battuto a morte a novembre uno schiavo, ritardato mentale, perché non lavorava abbastanza veloce.

Sono stati condannati anche responsabili di altre fabbriche, a pene di qualche anno di carcere. In queste fabbriche centinaia di lavoratori (tra cui oltre 100 minori) sono stati ridotti in schiavitù, costretti a lavorare tutto il giorno senza paga e con un minimo nutrimento, sorvegliati da guardie e cani. spesso percossi. A Linfen e Yuncheng, nello Shanxi, sono stati puniti 95 funzionari, ma tutti di basso livello; la maggior parte ha ricevuto semplici ammonimenti o sanzioni lievi e solo alcuni sono stati espulsi dal Pc o accusati di reati.

Zhang Shanlin, padre del minore Zhang Yinlei per mesi costretto a lavorare a Hongtong, dice che la pena per Wang è stata mite e teme che abbia avuto “protezioni”. “Quelli dello Shanxi – dice – hanno avuto sentenze miti, e quelli dell'Henan ancora più lievi”.

Liu Jianzhuang, avvocato che assiste alcune vittime della fabbrica, è “sorpreso” che il sorvegliante Zhao sia stato condannato a morte mentre Heng, vero organizzatore e supervisore della fabbrica, abbia avuto “solo” l’ergastolo. Intanto non è chiaro quando il tribunale terrà l'udienza per il loro risarcimento.

Data articolo: luglio 2007 - R.S. a cura della redazione ECplanet - ecplanet.com

Emergenza caldo. E' arrivata quota 40

Raggiunta quota 40 gradi. È il meteo dell’Aeronautica a dare l’ufficialità a quello che già i ferraresi sentivano, è il caso di dirlo, direttamente sulla propria pelle. Dopo aver ripetutamente sfiorato nei gironi scorsi la fatidica temperatura, ieri il “record africano” è stato raggiunto. La colonnina di mercurio alle stelle ha creato non pochi problemi, con diversi anziani che si sono sentiti male e il pronto soccorso spettatore di un via vai da corso Giovecca che da circa tre giorni rende le dimensioni del fenomeno.
Date la situazione, tutte le Aziende sanitarie della Regione, assieme ai Comuni, hanno attivato le reti di assistenza previste con i Piani anti-caldo locali per aiutare le persone più fragili (in particolare le persone anziane). Per informazioni, chiamare il numero verde gratuito del Servizio sanitario regionale 800 033033. E’ attivo un sistema di allerta per prevedere le ondate di calore.

Il servizio è promosso da Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con la Sanità, l’Agenzia regionale prevenzione e ambiente, i Comuni e le associazioni di volontariato.

Condizioni di disagio sono previste in questi giorni per l’ondata di calore che sta investendo le zone di pianura (in particolare le aree urbane) della regione. In tutte le province sono stati attivati i pianti di intervento "anti-caldo" per l’assitenza alle persone più fragili, a partire dalle persone anziane. I piani vengono realizzati grazie alle reti di coordinamenti locali gestiti dalle Aziende sanitarie con i Comuni, con le associazioni di volontariato e con il terzo settore, sulla base delle linee guida regionali. Le azioni indicate nelle linee regionali, vincolanti per i Comuni con più di 50 mila abitanti si inseriscono in un più generale programma regionale di interventi socio-sanitari volti al contrasto della solitudine e dell’isolamento nelle fasce di popolazione più fragili.

Secondo le linee guida regionali i piani locali anti-caldo prevedono:

- il potenziamento dell’assistenza della popolazione già assistita a domicilio o nei centri diurni;

- la costruzione di una rete di pronto intervento con gruppi di operatori e volontari;

- il sostegno telefonico o con visite a domicilio privilegiando le persone più anziane e ammalate e che vivono in condizioni di isolamento;

- l’utilizzo, nelle ore più calde della giornata, di centri diurni, case protette e residenze sanitarie assistenziali (rsa). In ogni realtà locale, inoltre, sarà diffuso materiale informativo per i famigliari e gli operatori che assistono anziani e disabili.
I servizi sul sito dell'Arpa

Quest’anno è disponibile un servizio di previsione delle ondate di calore, fornito dall’Arpa e pubblicato sul sito dell’agenzia attraverso un bollettino giornaliero.

Il bollettino consente alle strutture sanitarie di attivare una serie di procedure rivolte alle strutture ospedaliere e alle persone a rischio, tramite la fornitura di servizi a domicilio.

Il sistema di previsione adottato dall’Arpa è basato sull’ indice di Thom, parametro che considera congiuntamente le misure di temperatura e di umidità. Il sito riporta, attraverso una semplice legenda cromatica, le indicazioni sul livello di disagio previsto nelle diverse province regionali, con un approfondimento per le aree urbane, dove tradizionalmente il calore percepito risulta sempre più elevato.

Oltre al servizio di previsione delle ondate di calore è in atto una campagna informativa degli enti locali, per mezzo di divulgazione diretta, istituzione di numeri verdi e altre attività di supporto, al fine di ridurre almeno in parte i disagi per i cittadini più vulnerabili.

Lo stesso sito di Arpa pubblica una serie di consigli pratici per limitare il disagio dovuto al calore e per i comportamenti da adottare nelle situazioni di emergenza. Una sezione del sito è dedicata alle informazioni sanitarie, con una descrizione degli effetti e danni sulla salute e un capitolo dedicato ai soggetti a rischio.

Il sito raccoglie anche i piani di intervento elaborati da enti ed istituzioni di riferimento in ambito regionale, nazionale ed internazionale, con materiale documentativo prodotto dalle diverse aziende AUSL della regione.

Sono inoltre disponibili numerose pubblicazioni relative ai cambiamenti climatici, con un’ attenzione particolare alle analisi condotte a livello regionale, e una vasta documentazione di articoli tratti da riviste scientifiche sui principali studi climatici a livello internazionale.

21.07.07 - estense.com

Basta guerre nel mondo!