Sesso, droga e omicidi nel "normale" inferno di Perugia

di Assuntina Morresi

Un delitto multietnico a sfondo sessuale; Amanda, Raffaele e Patrick, un’americana, un italiano, e un congolese che uccidono o collaborano all’uccisione di Meredith, la ragazza inglese, forse in un festino finito male accidentalmente: queste finora le ipotesi degli investigatori. Tanti indizi ma nessuna certezza, tranne che su due cose: Meredith è stata uccisa, e gli indagati erano suoi amici, universitari a Perugia. Una città universitaria di provincia come tante, non è l’inferno, come scriveva ieri il Corriere. Ragazzi come tanti, normali.

In ventidue hanno scritto da Giovinazzo, il paese di Raffaele, al Corriere della Sera, sono i suoi amici che non lo credono capace di tanto, proprio lui “sempre disponibile ad aiutare nel silenzio”, “hanno costruito un Raffaele che siamo sicuri non sei tu”. Quel Raffaele che racconta “ Faccio uso di cannabis tutte le volte che è un giorno di festa e tutte le volte che ne ho bisogno. Sono una persona ansiosa”. Aveva conosciuto Amanda due settimane prima e lei era andata a vivere da lui fin dal primo giorno. Amanda l’americana, vent’anni, da Seattle, “ragazza tranquilla e romantica, studiosa”, dicono stupefatti i suoi concittadini “non è l’Amanda che conosciamo”. “Lei gridava e io mi sono tappata le orecchie. Poi mi sono addormentata e non ricordo più nulla”, ha confessato qualche giorno fa, ma adesso ha cambiato versione e nega tutto.

Giacomo era coinquilino di Meredith e ci stava insieme da qualche settimana, non è indagato perché nei giorni del delitto era fuori Perugia, a casa dei suoi: “Insieme ai miei amici faccio spesso uso di hashish e marijuana, ma non di altre droghe. Anche Meredith faceva uso di hashish e spesso l’assumevamo insieme, o noi due da soli o insieme ai ragazzi del condominio. In genere prendevamo la droga al centro di Perugia […] ogni volta che ci serviva, uscivamo e andavamo in piazza per rifornirci”. Solo droghe leggere, però, e poi alcol: pare che accadesse spesso che Meredith e le sue amiche tornassero a casa ubriache.

Patrick invece a Perugia ci sta da vent’anni, lo conoscono tutti. Un’ amica mi ha telefonato, sconvolta: con Patrick ci ha passato anche il Natale, è una persona buona e mite, ha un figlio piccolo che adora, non può assolutamente essere coinvolto in questa storia. E altri: "non si faceva di roba pesante. Qualche canna, certo, ogni tanto, come tanti. Beveva sì, a volte troppo. Capitava che esagerasse. Ma scriveva anche cose come: “Rebecca, mia bella ragazza africana/con gli sguardi e gli occhi pieni d’amore/oggi i tuoi occhi sono pieni di lacrime”.

Gente normale, solo droga leggera, alcol e “sesso facile, disinvolto, come accade spesso quando si ha vent’anni”.

Normalità è un pomeriggio come quello raccontato da Raffaele, prima del delitto: due ore, forse tre in centro, non si ricorda a fare che, poi torna a casa, poi una canna, la cena, la telefonata del padre, naviga su internet, poi arriva Amanda, forse ci è andato a letto, o forse no, non ricorda. Non ricordano. Forse non c’è niente da ricordare.

Tutta gente normale, insomma. Come se gli assassini, quelli veri, se ne andassero notoriamente in giro con gli occhi iniettati di sangue, la bava alla bocca, o girassero liberi con pistola alla mano e colpo in canna, perchè li hanno stuprati da piccoli.

Lo sballo non è una novità, e non ci si sballa solo a Perugia. Niente roba pesante, poi, e niente spaccio, niente reati: la droga si compra regolarmente in centro, in piazza, davanti al duomo, quasi ci fosse un sali&tabacchi&droga. Ultimamente, poi, a Perugia ce n’è proprio tanta (ma non è l’unica città, vuoi mettere con Roma e Milano?), lo sanno tutti. In certe scuole superiori hanno mandato pure l’avviso a casa, arriverà a sorpresa la Guardia di Finanza con i cani antidroga. Lo fanno perché se un insegnante si accorge che qualche ragazzino fuma, non può fare niente per via della “modica quantità”.

Capita dappertutto, è normale.

La sera in centro è meglio non andarci, in certe strade vedi spacciare anche alla luce del sole, ma non è una novità, certo non succede solo a Perugia, e poi in fondo in tanti quartieri ancora si vive tranquilli e i bambini possono ancora giocare fuori - per esempio nel campetto sotto casa mia - e nessuno che dice che se tutta Perugia fosse impraticabile allora non sarebbe più una città ma un penitenziario.

Ma perchè sono normali le canne, gli spinelli, l’alcol, o il sesso che non ricordi?

O forse sarebbe meglio chiedersi: perché no? Per quale motivo non dovrebbero essere normali una canna e uno spinello, un pomeriggio intero di cui non ricordi niente di quel che hai fatto, come tanti?

Non è certo l’inferno. E’ la normalità.

12 Novembre 2007 - loccidentale.it

Omicidio Reggiani, nomade ribadisce l'accusa

Roma, 12 novembre 2007 - Parla la testimone chiave dell'omicidio di Giovanna Reggiani. Davanti al gip Claudio Mattioli conferma l'accusa nei confronti di Nicolae Romulus Mailat, unico indagato del brutale assassino che si è consumato lo scorso 30 ottobre nei pressi della stazione Tor di Quinto, alle porte di Roma.

LA RICOSTRUZIONE - Emilia N. rom romena e parente del presunto omicidia, il giorno del tragico delitto ricorda di aver visto il giovane romeno portare a spalla la donna assassinata e gettarla in un fosso. Fu proprio lei a richiamare l'attenzione dei passanti invocando a gran voce il nome di Mailat e indicando l'abitazione del connazionale. Intanto tramite il proprio avvocato, il romeno continua a dichiararsi estraneo all'omicidio e si assume la sola responsabilità del furto della borsa.

IL FATTO - Durante la perquisizione dell'abitazione di fortuna di Mailat fu trovata la borsa della vittima. Le accuse di violenza sessuale, avanzate agli inizi, caddero all'indomani dell'autopsia. Nel corso dell'interrogatorio, il presunto assassino dichiarò di essere tornato sul luogo dell'aggressione e di non aver più trovato il corpo della donna.


12/11/07 - redazione.romaone.it

Pedofilia, Cassazione: carcere per chi visita siti internet

Roma, 12 nov. (Apcom) - La Cassazione condanna duramente i consumatori del materiale pedopornografico: è reato visitare i siti internet a pagamento contenenti immagini a luci rosse di bambini.

La pedopornografia, spiega la Suprema corte con la sentenza 41570 di oggi, "esiste e si perpetua solo perché vi è a monte una domanda". Non solo. Guardare certi siti internet non è una esplicazione della propria libertà sessuale.

Insomma il collegio di legittimità ha respinto il ricorso di un 67enne milanese accusato di aver visitato dei siti pedopornografici a pagamento. In sostanza è stata confermata la decisione della Corte di appello di Milano che, a maggio 2006, lo aveva condannato ad un anno e sei mesi di reclusione. Lui si era difeso sollevando, fra l'altro, una questione di legittimità costituzionale: "Il bene tutelato - si legge nel ricorso - che è quello del diritto ad un'infanzia serena, è certamente cospicuo; ma non si può, esprimendo una istanza solo moralistica, condannare un uomo solo perché si compiaccia di scene pornografiche o pedopornografiche, quando non abbia in alcun modo partecipato alla realizzazione del prodotto e non ne tragga un vantaggio economico. La Costituzione, del resto, tutela entro certi limiti il diritto di disporre della propria sessualità".

I giudici della terza sezione penale hanno bocciato integralmente il ricorso precisando che "appare invero che qualsiasi espressione della propria personalità e libertà possa essere considerata lecita e costituzionalmente garantita nella misura in cui la sua esplicazione non comporti danno per altre persone: specialmente se si tratti di soggetti incapaci di difendersi ed impossibilitati ad operare delle libere scelte. Anche perchè - continuano i giudici del Palazzaccio - è indubbio che tutta l'attività organizzata ai fini della produzione, diffusione e messa in commercio di certe immagini esiste e si perpetua solo perché vi è a monte una domanda: un pubblico, cioè, di consumatori che intenda acquistarle e detenerle. Pertanto, il comportamento di chi accede ai siti e versa gli importi richiesti per procurarsi il prodotto è altrettanto pregiudizievole di quello dei produttori".


12/11/07 - notizie.alice.it

Boom parafarmacie, oltre 1600 in Italia

Si iniziano a tirare le somme sugli effetti del decreto per la liberalizzazione della vendita dei farmaci da banco: a circa un anno e mezzo dal via libera voluto dal ministro Pierluigi Bersani, sono 1664 le parafarmacie aperte in Italia. Un vero e proprio boom delle nuove attività dedicate alla vendita dei farmaci non soggetti a prescrizione medica.


12/11/07 - jugo.it

A Reggio 1.400 morti per tumore ogni anno

REGGIO EMILIA (12 nov. 2007) - E' vero, il progresso scientifico corre a "velocità geometriche", ma il rischio di ammalarsi di cancro continua a essere elevatissimo: la percentuale di possibilità di contrarre la malattia nel corso dell’esistenza è del 50%.
E anche se guarire non è più una chimera, è spaventoso il numero di vittime che ancora miete il flagello del terzo millennio: nella nostra provincia sono 19mila coloro che hanno o hanno avuto (quindi sono guariti o sono in terapia) il tumore.
In questo specifico campo della medicina, il sistema sanitario della nostra provincia si conferma ai vertici europei: siamo ai primi posti per la guarigione della patologia considerata nella sua generalità, in vetta alla classifica per quanto concerne i tumori alla mammella e al colon. Merito di una equipè composta da 8 medici e due specializzandi.
Un team, numericamente inferiore rispetto ad altre realtà a noi vicine, ma che rappresenta un’eccellenza del settore di riferimento. Tanto più che l’ospedale cittadino è in procinto di trasformarsi in un Irccs Oncologico (Istituto di ricerca e di cura a carattere scientifico).
A capo della struttura di Oncologia reggiana è il primario Corrado Boni, 57 enne, parmigiano di origini e presidente del Goirc (Gruppo oncologico italiano di ricerca clinica fondato dal reggiano Giorgio Cocconi, oltre 25 anni fa a Parma).

Professor Boni, in occasione della giornata contro il tumore proclamata dall’Airc, il presidente della Repubblica ha dichiarato: “La lotta contro il cancro sta passando per strade innovative: nel secolo scorso abbiamo capito quali sostanze provocano i tumori, adesso invece studiamo come queste sostanze interagiscono con il nostro Dna”. Le chiedo: a che punto sta la ricerca?

E’ in continuo divenire. E’ vero che si procede a piccoli passi ma è altrettanto vero che negli ultimi anni sono state fatte importanti scoperte nell’ambito della ricerca molecolare. In altre parole è aumentata la conoscenza della genesi del tumore, così come si è accresciuta la conoscenza delle loro specificità. Due dati importanti per lo studio dei rimedi specifici della patologia.

Quindi si può affermare che oggi conosciamo a fondo il nemico?

Sicuramente molto più a fondo di prima.

In tema di ritrovati scientifici, quali sono le novità?

Sono stati individuati nuovi agenti biologici: dagli anticorpi monoclonali alle molecole che inibiscono i fattori di crescita del cancro e quello dei vasi (attraverso cui il tumore si nutre). Ma il problema è più complesso perché esistono molte vie metaboliche attraverso cui il tumore può svilupparsi. Per cui: inibita una strada, il cancro può svilupparsi seguendo altre direttrici.

Dagli esperimenti in laboratorio, quanto tempo bisogna aspettare prima che la medicina o il farmaco possano essere commercializzati?

Di solito l’iter di un farmaco nuovo è lungo: prima gli studi in vitro, quindi le sperimentazioni sugli animali, infine quelle sull’uomo. E’ vero che oggi si stanno velocizzando i passaggi da una fase di sperimentazione all’altra, ma, soprattutto con riferimento allo studio delle terapie post-operazione chirurgica, i tempi sono piuttosto lunghi.

Lei parla di “tempi piuttosto lunghi”: è possibile quantificarli?

Per avere una valutazione iniziale sull’efficacia del farmaco occorrono fra i 5 e i 10 anni.

Esistono ostacoli di natura speculativa, da parte delle aziende farmaceutiche, ad esempio, alla diffusione di medicine e farmaci?

E’ un sospetto assurdo. L’interesse della case farmaceutiche è di essere più veloci delle concorrenti.

Sempre due giorni fa, e sempre il capo dello Stato Napolitano ha sottolineato la necessità che “gli investimenti in ricerca non vengano condizionati dagli orientamenti politici”.

In che misura, politica e baronati incidono, o possono farlo, nella lotta al cancro?

Fino ad ora la ricerca è stata sponsorizzata al 90% dalle aziende farmaceutiche. E’ chiaro che gli studi spontanei (che partono dai vari centri o gruppi di ricerca) hanno il vantaggio di perseguire solo risultati scientifici puri, lontani da quello che può essere un interesse economico. Tuttavia, per fare uno studio sono necessari sistemi di persone specializzate con costi elevatissimi.

Paolo Vineis, docente di epidemiologia all’Imperial University di Londra ha sottolineato che l’ambiente in cui viviamo ha un’incidenza sullo sviluppo di un tumore compresa fra l’1% e il 20%. Cosa ne pensa?

Si tratta di stime difficili da accertare. Di certo l’ambiente in cui viviamo è importante. Ma i rischi maggiori arrivano dai nostri stili di vita: fumo ed alimentazione inadeguata probabilmente possono essere considerati più importanti.

Ci sono alimenti particolarmente indicati per prevenire la malattia?

Sicuramente la frutta e la verdura, una dieta ipocalorica e un uso parco dei grassi animali. Insomma, la dieta mediterranea sembra la migliore che esista.
Dai dati del registro tumori italiano emerge che la nostra città spicca in termini di sopravvivenza in caso di patologie tumorali.
Negli ultimi 30 anni sono stati fatti progressi enormi grazie alla diagnostica tempestiva e a nuove tecniche di cura.

Lei parla di miglioramenti: tradotti in cifre, di cosa stiamo parlando?

Rispetto agli anni ’70, oggi è più che raddoppiato il numero delle donne che guariscono dopo l’intervento chirurgico. Venendo al tumore del colon metastatico, rispetto a 15 anni fa, la durata della sopravvivenza è più che quadruplicata.

Il ministro Turco sostiene che, in 10 anni, la mortalità per cancro è scesa del 90%. Le risulta?

Mi sembra un po’ ottimistico, mi accontenterei di una percentuale del 5%.

Quante persone muoiono di cancro a Reggio, ogni anno?

Nel 2003 nella provincia di Reggio sono stati registrati circa 1.400 decessi per cancro (complessivamente, fra malattie e incidenti sono stati circa 5mila i morti), a fronte di circa 3.600 nuovi casi. Da qui si evince che la percentuale di guarigione è abbondantemente superiore al 50%.

Quali sono le percentuali di sorpavvivenza a 5 anni dei principali tumori?

La percentuale è del 64% per il tumore del colon (era di circa il 45% pochi anni fa), dell’87% per il carcinoma della mammella, del 73% per il tumore della cervice uterina. Ancora un po’ deludenti i dati relativi al cancro al polmone, al pancreas e allo stomaco.

In quanti si ammalano?

A Reggio si ammalano di cancro circa 3.600 persone all’anno. Il dato fa riferimento a tutti i tipi di tumore. Globalmente, presso l’Oncologia di Reggio abbiamo 1.500 pazienti (di cui 900 nuovi casi) in terapia nel corso di un anno.

Risulta che l’Oncologia reggiana sia fra le più attive in regione?

Sono circa 22mila gli accessi di pazienti in day hospital nella nostra struttura.

Qual è, oggi, in percentuale, il rischio che corriamo di essere vittime del cancro?

E’ la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari: un morto su quattro è una vittima del cancro. Il rischio di ammalarsi di tumore nel corso dell’esistenza è comunque superiore al 50%. Tuttavia, è bene sottolinearlo, ammalarsi non significa morire.

Ci sia ammala di più o di meno rispetto al passato?

Calcolando che l’età media è aumentata moltissimo (oltre 80anni) la percentuale con cui si contrae la malattia è in aumento. Ma a fronte di una calodella mortalità. E, quest’ultimo, è un dato in continuo miglioramento.

Perché ci si ammala: più per motivi genetici o per lo stile di vita che conduciamo?

Esistono problemi ereditari, ma lo stile di vita è più importante. Togliendo il fumo, con un’alimentazione corretta, e riducendo le esposizioni ambientali (all’inquinamento, e a sostanze tossiche) l’incidenza del tumore scenderebbe parecchio.

La possibilità di ammalarsi cresce con l’aumento dell’età?

Quasi tutti i tumori aumentano con l’avanzare dell’età.

Sono più a rischio gli uomini o le donne?

Globalmente è superiore l’incidenza nel maschio, perché esistono due forme tumorali molto comuni che colpiscono prevalentemente o esclusivamente il maschio quali il cancro al polmone e quello alla prostata.

Qual è il tasso di mortalità nel caso di tumore al polmone?

Intorno all’80%

Quali sono le forme tumorali più diffuse?

Dipende. A livello italiano i più diffusi sono: tumore al polmone, tumore del colon, quello allo stomaco e alla mammella. A livello mondiale sono più diffuse le patologie al polmone, allo stomaco e al fegato (in aumento anche in Italia a causa del diffondersi delle Epatite C).

Quali sono i più pericolosi?

Sono tutti pericolosi. Le percentuali di guarigione maggiori riguardano le patologie alla mammella (87%), al colon, ai linfomi (più del 50%), e al testicolo (oltre 90% dei casi).

Esistono vaccini?

No. Si stanno studiando sperimentazioni sul tumore ovarico in cui esiste un farmaco che agisce da vaccino, ma è ancora in fase sperimentale.

Quanto conta l'approccio mentale del paziente nella guarigione da questo male?

Molto poco. E’ molto importante per quanto concerne l’alleanza terapeutica col medico. Ma di per sé non conta granché.

Qual è lo Stato più evoluto, per quanto concerne le terapie nella cura del cancro?

Come ricerca di base gli Usa hanno mezzi e finanziamenti elevati. L’Italia vanta una delle sanità migliori in assoluto.

Si tratta di terapie costose?

Sì, molto costose (per la società), ma le cure sono gratuite per il paziente. E’ per questo che è necessario utilizzare i farmaci con molta attenzione e in base a evidente scientifiche di efficacia.

Esiste una sintomatologia che funge da campanello d’allarme per chi si sta ammalando?

Nella stragrande maggioranza il cancro è molto subdolo. Fare lo screening (oggi è possibile farlo alla mammella, al colon, e per prevenire il tumore della cervice uterina) è molto utile. A Reggio lo screening per il tumore del colon è partito qualche anno fa e i benefici già si vedono.

C'è chi la definisce la vera guerra del terzo millennio. Ma ritiene che la lotta al cancro potrà finire?

C’è chi lo sostiene. Di certo registriamo progressi continui e tangibili. E questo è un bene.

La ricerca sulle cellule staminali potrà essere risolutiva?

Sicuramente è una delle centinaia di strade da intraprendere.

E' ottimista?

Ci sono stati progressi tangibili.

Ci dispensa i quattro consigli più importanti?

Smettete di fumare, conducete una vita sana, sottoponetevi agli screening e, in caso di malattia, rivolgetevi immediatamente a centri specializzati.

12/11/07 - emilianet.it

Giovane travolto e ucciso da un ubriaco

Rossano Orlando

LANCIANO. Lo hanno forzato gli amici ad uscire di casa per trascorrere alcune ore di svago. Ma in discoteca, al Fitzroy di Lanciano, dove la comitiva era diretta, non è arrivato. E’ morto un centinaio di metri prima, in via Masciangelo, investito sulla strada da un’auto il cui conducente è risultato positivo al test dell’alcol. Orazio De Fanis, 27 anni, dipendente Sevel, nato ad Atessa ma residente a Montazzoli, è deceduto sul colpo, scaraventato da un’Audi A4 per venti metri. Illesi gli amici.

L’incidente è avvenuto all’1,30 della notte scorsa. Il giovane era arrivato a Lanciano con amici di Atessa, Montazzoli, Francavilla e Termoli. La destinazione era il disco club che affianca la Provinciale per Treglio. Ma per lasciare le auto in sosta, la comitiva ha deciso di raggiungere via Masciangelo, la parallela che porta al rione di Santa Rita. La strada è larga. Sul lato mare-monti c’è una corsia per la sosta degli autoveicoli. Dopo l’incrocio, i conducenti hanno parcheggiato. Altri hanno scelto la strada di fianco. Il tempo di scendere dai mezzi, avvicinarsi al punto di ritrovo, attraversare la Provinciale e la discoteca è lì davanti. Ma De Fanis all’appuntamento non è giunto.

Mentre camminava sulla carreggiata, è stato travolto alle spalle dall’Audi A4 che, secondo la polizia stradale, andava a velocità sostenuta. Alla guida c’era Marco Valenti, 27 anni, geometra, di Lanciano. Con lui nell’abitacolo una ragazza e un conoscente. De Fanis è stato trascinato e schiacciato alle auto ferme sulla destra. Poi è finito venti metri più in fondo, scaraventato in altezza. Il suo corpo si è fermato su una Ford Fiesta. Il giovane è morto sul colpo per la frattura della colonna cervicale. Nulla hanno potuto fare i soccorritori del 118, tra la disperazione degli amici, illesi ma spettatori inermi. L’ispezione sulla salma è stata eseguita dal medico legale Ivan Melasecca.

Alle 11, su disposizione del procuratore capo, Tullio Moffa, Valenti è stato arrestato: nel suo sangue è stato trovato un tasso alcolico superiore di circa tre volte il consentito. Il giovane è accusato di omicidio colposo aggravato dalla guida in stato di ebbrezza alcolica.

Orazio De Fanis lascia il papà, Luigi, ortopedico nell’ospedale di Atessa, assessore di An al Comune di Atessa ed ex sindaco di Montazzoli; la madre, Rosanna, di Paglieta; la sorella Valeria, universitaria a Bologna: proprio da lei si trovavano i genitori quando hanno appreso dell’incidente. In tanti ieri sono giunti nell’obitorio per stare vicini alla famiglia. Tra gli altri anche il segretario regionale di An, Fabrizio Di Stefano, e il capogruppo alla Provincia, Mauro Febbo. I funerali domani, alle 9,30, a Montazzoli ma già oggi pomeriggio la salma verrà trasferita nel paese, in casa della famiglia.


12 novembre 2007 - espresso.repubblica.it

Mar Nero, scatta allarme ambientale

E' emergenza ambientale nel Mar Nero, dopo che nelle ultime ore ben 5 navi sono naufragate. L'episodio più grave ha interessato una petroliera russa che si è spaccata in due e ha riversato in mare 1.300 tonnellate di petrolio: salvo l'equipaggio. Sono invece stati recuperati in mare 3 cadaveri, forse marinai di una nave cargo carico di zolfo affondata nel mare d'Azov. "Ci vorranno anni per risolvere il disastro" hanno detto le autorità russe.

Oltre alla petroliera, si sono inabissate nelle acque del mar Nero quattro navi cargo. Prima è stata la volta del mercantile "Volnogorsk" e del cargo "Nakhitchevan", entrambi carichi di zolfo. Quindi è toccato a un terzo cargo, "Hadj Ismail", con bandiera georgiana, andato a picco con 5.600 tonnellate di ferraglia a bordo nelle acque antistanti il porto di Sebastopoli, in Ucraina. Infine è affondato il cargo "Kovel". Complessivamente, sono state tratte in salvo 34 persone, mentre risultano ancora dispersi otto membri dell'equipaggio del Nakhitchevan e non si conosce la sorte delle 15 persone che si trovano a bordo del cargo georgiano. I soccorsi vedono impegnati 13 imbarcazioni e quasi 150 persone. Le autorità russe hanno avviato un'indagine per "inquinamento del mare", che cercherà di verificare quali sono stati i comportamenti dei comandanti delle navi e dei responsabili in condizioni di tempesta.

La sciagura più allarmante resta peròquella della petroliera ussa 'Volganeft-139' dalle cui stive sono fuoriuscite 1.300 tonnellate di greggio, la metà del carico a bordo. La petroliera era in navigazione dal porto di Azov, nella regione meridionale russa di Rostov, a Kerch, sulla costa orientale della Crimea, in Ucraina, quando un'onda ha spaccato lo scafo. La petroliera, progettata principalmente per la navigazione fluviale, era in servizio dal 1978.

La situazione resta grave soprattutto nello Stretto di Kerch, che collega con lo stesso Mar Nero il Mar d'Azov: continuano a soffiare raffiche superiori ai 100 chilometri l'ora, e la forza del vento alimenta onde alte anche più di 5 metri. Allarme in particolare nel porto di Kavkaz, che resta praticamente isolato. "Il vento sta soffiando in direzione della costa ucraina. L'emergenza è diventata quindi comune", ha detto Oleg Mitvol, vice capo della Rosprirodnadzo, l'agenzia russa per l'Ambiente. "La soluzione del problema potrebbe richiedere anni. Il petrolio è una sostanza pesante e si sta depositando sul fondale. Ci troviamo di fronte a un disastro ambientale", ha aggiunto.

12/11/07 - tgcom.mediaset.it

Rissa da Far West a Ponte Zanano

(red.) Sembrava un normale litigio da ubriachi del sabato sera, ma la situazione è degenerata e un uomo è finito in carcere. Si tratta di un senegalese di 42 anni residente a Polaveno, Modou Fal, che è accusato di ubriachezza molesta, lesioni, danneggiamento, violenza a pubblico ufficiale.
Tutto è successo sabato sera dopo le 22 all’interno e all’esterno del bar "Calagò" di Ponte Zanano, frazione di Sarezzo (Brescia), nel quale l’uomo è entrato già su di giri chiedendo da bere. Al rifiuto del barista, il 63enne Sergio Beleri, il senegalese ha iniziato a protestare con decisione. Invitato a uscire dal locale, ha rifilato una testata sul naso al gestore e poi, all’arrivo della prima pattuglia dei carabinieri, dopo un attimo di calma apparente ha schiaffeggito il figlio del barista, Cristian, cercando di divincolarsi e aggredendo i militari che lo trattenevano.
Caricato sull’Alfa dei carabinieri grazie all’intervento dei rinforzi, l’energumeno ha rotto con un calcio il lunotto posteriore, poi s’è azzuffato ancora con alcuni uomini delle forze dell’ordine, terminando la sua personale battaglia solo in caserma, dove ha passato la notte smaltendo i fumi dell’alcol e della rabbia prima di essere trasferito a Canton Mombello.


12/11/07 - quibrescia.it

Guida in stato d'ebbrezza, ritirate dodici patenti

RIMINI – Sono complessivamente 12 le patenti ritirate dai Carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Rimini per guida in stato d’ebbrezza nella nottata di sabato e domenica. I trasgressori sono tutti uomini.

Il più ebbro è risultato un foggiano di 39 anni sorpreso al volante con un tasso alcolemico pari a 1.79 gr/lt (il limite consentito dalla legge è 0.50).


12/11/07 - romagnaoggi.it

Carabinieri fermano studenti spacciatori

PIEDIMONTE MATESE (CASERTA) - Nel corso di servizi straordinari finalizzati a contrastare in particolare il fenomeno dello spaccio e del consumo di sostanze stupefacenti, predisposti dalla Compagnia Carabinieri di Piedimonte Matese, diretta dal Capitano Salvatore Vitiello, in prossimità di Istituti Scolastici ubicati nel circondario di Piedimonte Matese, due giovani studenti del locale Istituto Alberghiero, sono stati trovati in possesso di alcune dosi di “hashish”. Per la precisione i due studenti, entrambi diciassettenni, erano intenti al confezionamento di tre involucri contenenti complessivamente circa cinque grammi del predetto stupefacente, quando sono stati sorpresi dai militari che già da alcuni giorni tenevano d’occhio l’Istituto Scolastico e la Villa Comunale antistante, luogo dove sono stati fermati i due studenti. Ora i militari stanno cercando di accertare se la droga sequestrata, fosse destinata allo spaccio locale o all’uso personale. Sta di fatto che per i due è scattata una denuncia alla Procura dei Minori per detenzione illegale di sostanze stupefacenti. Sempre a Piedimonte una ragazza, ventenne, è stata denunciata alla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, perché sorpresa alla guida della propria autovettura, una Audi A6, in stato di ebrezza alcolica. Ovviamente oltre alla denuncia, è scattato il ritiro della patente di guida e il fermo dei veicolo. Infine in prossimità di un Istituto Bancario di Piedimonte è stato fermato un pregiudicato di Caserta, nei confronti del quale è stata avanzata una misura di prevenzione che prevede il foglio di via obbligatorio per la durata di tre anni. La sua presenza aveva insospettito alcuni passanti che hanno avvertito una pattuglia di militari in servizio antirapina, che hanno immediatamente proceduto al controllo della persona sospetta, accertando che sul conto dello stesso vi erano numerosi precedenti penali. Accompagnato in caserma venivano redatti i previsti atti relativi alla richiesta del foglio di via obbligatorio, poiché con molta probabilità il pregiudicato fermato stava per portare a termine qualche reato, sventato in tempo grazie all’intervento dei Carabinieri.


12/11/07 - lnx.casertasette.com

Abuso dell’alcol tra i giovani: sballo e droga

L’Unione Europea rappresenta la regione con più il alto consumo di alcol nel mondo. Subiti dopo il tabacco e la caffeina, l’alcol è la sostanza psicoattiva maggiormente usata anche dai giovani italiani. Ma tutte le evidenze scientifiche hanno dimostrato che al di sotto dei 15 anni c’è una scarsa capacità metabolica di trasformare l’alcol, una maggiore facilità a cadere nella dipendenza, un maggiore rischio di provocare patologie croniche.

La sub-cultura del bere attualmente più popolare tra i giovani è orientata verso il “binge drinking”, cioè verso l’abuso concentrato in determinate occasioni, finalizzato al “bere per ubriacarsi”, consumando 6 o più bevande alcoliche di seguito. Ciò in netto contrasto con le sane abitudini “mediterranee” che enfatizzavano l’uso frequente, ma moderato ed ai pasti, di bevande non superalcoliche, privilegiando soprattutto il vino.
Quindi birra e superalcolici vengono sempre più usati come droghe con le quali ricercare lo sballo. I Paesi del Nord dai quali abbiamo mutuato queste recenti abitudini, hanno però da sempre adottato misure molto restrittive, se non francamente proibitive, nei confronti dei soggetti minorenni. Le stragi legate a guida incontrollata a causa dell’alcol sono concentrate, ma non sono più esclusive del “sabato sera”.
Dati nazionali dimostrano che nella fascia d’età fra i 15 ed i 18 anni i maschi che consumano quotidianamente alcol aumentano progressivamente fino all’ 11,7%, mentre le femmine raggiungono circa il 3%. Il fenomeno del “bere per ubriacarsi” è stato osservato nel 5,2% nell’età compresa tra gli 11 ed i 18 anni.
Il consumo di alcol in Italia è peraltro un fenomeno in continua evoluzione. Dal 1998 al 2003 tra i 14-16enni sono aumentate, per entrambi i sessi, le prevalenze dei consumatori di superalcolici (+24,4%), di aperitivi alcolici (+46,1%), dei consumi fuori pasto (+50%).
In aumento, in particolare fra gli universitari, l’uso di bevande alcoliche “mixate” con energy drink: quindi cocktail di superalcolici, uniti a bibite a basa di taurina e caffeina. Un’indagine tra gli studenti di Medicina (sic!) dell’Università di Messina ha rilevato che ben il 27% degli studenti ha questa abitudine di sballo, finalizzata a “mascherare” la sonnolenza conseguente soprattutto all’uso di superalcolici, quali: rhum, vodka, gin.
Purtroppo i mass-media e le pubblicità continuano ad enfatizzare la correlazione di immagini di successo e di piacere, concomitanti al consumo di alcol. Dovrebbe essere rese obbligatorie le avvertenze contro l’abuso, le informazioni sui danni, così come si è realizzato con il fumo di tabacco.
Il cosiddetto “pacchetto sicurezza” dovrebbe quanto meno introdurre pene decisamente più severe nei riguardi della guida in stato di ebbrezza.
Si dovrebbero informare in maniera martellante le famiglie sugli effetti pericolosi dell’alcol sulla psiche: comportamenti sessuali a rischio, violenza contro se stessi e contro gli altri, ecc.
I danni fisici sono soprattutto legati all’abuso cronico e possono interessare tutti gli organi ed apparati. Ricordiamo tra tutti: i problemi pancreatici, epatici che possono portare alla cirrosi, gastrointestinali, cardiovascolari, neurologici, a carico degli organi genitali e del sistema riproduttivo.
L’insorgenza di tumori viene facilitata sia dall’azione diretta dell’alcol, sia dalle patologie e dalle flogosi croniche da esso provocate.


12/11/07 - cataniaomnia.it

Agente uccide tifoso della Lazio

Il fratello: "Me l'hanno ammazzato"

I suoi amici e l'ex fidanzata: "Non è mai stato un violento"


Arezzo, 11 novembre 2007 - Un tifoso della Lazio, Gabriele Sandri, 26 anni, è morto questa mattina dopo un tafferuglio in un'area di servizio sull'A1 a Badia al Pino nei pressi di Arezzo tra tifosi laziali diretti a Milano e quelli juventini in viaggio per Parma. Il giovane è stato raggiunto al collo da un colpo di pistola, sparato in aria da un agente della Polstrada interventuta per sedare la rissa.

LA VITTIMA

È Gabriele Sandri, 26 anni, noto dj della capitale e animatore del 'Piper', il tifoso laziale morto questa mattina nella stazione di servizio di Badia al Pino, sulla A1, nei pressi di Arezzo. Sandri, che si stava recando a Milano per assistere alla partita della Lazio con l'Inter, è stato raggiunto da un colpo di pistola mentre si trovava all'interno di un auto.

La vittima era conosciuto dai giocatori e recentemente aveva partecipato a una festa con il difensore Lorenzo De Silvestri. Il capo ufficio stampa della SS Lazio, Giacomo Mazzocchi, nel più profondo sgomento, definisce il tutto «allucinante e incomprensibile; ci chiediamo - ha proseguito - come possa essere successo, una tragedia, una tragedia...»

LA DINAMICA

Due i colpi esplosi da un agente della polizia stradale di Battifolle, uno il proiettile che stamattina ha ucciso Gabriele Sandri, 27enne tifoso laziale, seduto sul sedile posteriore dell'auto con cui stava viaggiando alla volta di Milano, insieme agli amici, per assistere a Inter-Lazio. La Renault dei ragazzi laziali era all'area di servizio di Badia al Pino, sull'A1 in direzione Nord, poco prima di Arezzo, intorno alle 09.10: poco prima, i ragazzi avevano avuto un violento alterco con alcuni tifosi juventini, sfociato in una rissa.

Da Arezzo spiegano che l'agente, che stava effettuando dei controlli nell'area dall'altra parte della carreggiata, ha sparato in aria a scopo intimidatorio dopo aver visto quanto stava accadendo a 50-70 metri di distanza fra "almeno tre autovetture", spiega la nota della questura. Dopo che Sandri è stato ferito al collo da un colpo di arma da fuoco, che ha bucato il finestrino posteriore destro dell'auto, gli amici hanno guidato fino al casello di Arezzo, dove l'ambulanza del 118 ha constatato il decesso del giovane.

TESTIMONIANZE

''Erano in auto e stavano uscendo dall'area di servizio, quando hanno sentito un rumore. Hanno pensato a una sassata, poi hanno visto Gabriele che stava male, rantolava, perdeva sangue. Non comprendendo subito la gravita' di quanto accaduto e anche per lo choc hanno continuato per fermarsi al casello di Arezzo. Li' li ha fermati poi la polizia''. E' quanto ha riferito un tifoso laziale che si trova alla caserma della polizia stradale di Arezzo, raccontando di un colloquio avuto con una delle persone che erano in auto insieme a Gabriele Sandri.

Tanta rabbia invece nei tifosi laziali che già dalla tarda mattinata si sono radunati davanti alla caserma della Polstrada per sapere cosa realmente fosse accaduto al loro amico Gabriele: "Un bravo ragazzo, uno tranquillo", hanno detto di lui, ultrà biancoceleste della `Banda de' Noantri', e dj attivo nelle discoteche della Capitale, amico di giocatori laziali come il giovane De Silvestri. L'idea dei tifosi, che non hanno assistito al fatto ma hanno sentito telefonicamente i compagni di Sandri, è chiara: per loro le auto erano solo due, la scazzottata fra biancocelesti e bianconeri si era già conclusa, e l'agente non ha sparato in aria, ma più in basso. "Erano risaliti in macchina, avevano messo in moto - ha raccontato uno di loro, capelli rossi, occhiali, giubbotto nero - poco dopo hanno sentito il vetro rompersi, e hanno visto Gabriele che rantolava in un lago di sangue. Hanno pensato ad una sassata, poi hanno cercato di accostare nella corsia d'emergenza e raggiungere il casello".

IL QUESTORE DI AREZZO

Il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe, non ha voluto mettere in relazione gli spari dell'agente con l'uccisione di Sandri, spiegando in conferenza stampa che si attende ancora l'esito della perizia balistica. Tuttavia, uscendo dalla caserma della Polstrada a Battifolle per raggiungere la questura, aveva parlato di "tragico errore", formula utilizzata anche dal ministro dell'Interno, Giuliano Amato, per descrivere la vicenda: "Sembrerebbe trattarsi del tragico errore di un agente - ha dichiarato - che comunque era intervenuto per evitare che una rissa fra tifosi potesse degenerare". Giacobbe ha ricordato che l'agente coinvolto, ora interrogato dai magistrati della Procura di Arezzo, è "un agente che fa parte di un reparto che ci dà grandi soddisfazioni, un operatore che ha lavorato sempre bene".

Il questore ha aggiunto che 'Non e' ancora certo se il colpo che ha ucciso sia stato sparato dal poliziotto. Gli accertamenti balistici sono ancora in corso''.

''Siamo letteralmente, profondamente addolorati per quello che e' successo. Abbiamo interesse a che la verita' sia accertata. E' stato nominato un medico legale, e' stato nominato un perito balistico, il pm sta interrogando ancora chi ha partecipato all'operazione'', ha proseguito il questore, aggiungendo che si sta agendo ''in piena sintonia'' e con ''la serena e coerente guida della magistratura'': ''per cui abbiamo tutte le garanzie della legge e non abbiamo alcun motivo a derogare a questi principi''.

Adesso si aspettano i risultati degli interrogatori delle persone coinvolte nell'accaduto: "Le forze dell'ordine - ha spiegato ad Arezzo Roberto Sgalla, responsabile relazioni esterne della Polizia di Stato - stanno lavorando in piena sintonia col procuratore". Proprio l'autorità giudiziaria nel frattempo ha nominato un perito balistico e un medico legale per effettuare l'autopsia sul cadavere di Gabriele Sandri, attualmente al centro di medicina legale dell'ospedale di Arezzo. Si cerca il proiettile, che ancora non è stato individuato. Sgalla ha precisato che al momento non c'è nessun fascicolo aperto, e che l'agente è stato sentito come persona informata sui fatti.


12/11/07 - qn.quotidiano.net

Arriva anche in Italia la pillola abortiva

Milano, 12 nov. - L’azienda francese Exelgyn ha presentato domanda all'agenzia europea per i farmaci, l'Emea - con sede a Londra - per la commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486. La richiesta di autorizzazione dovrebbe arrivare all'Aifa, l'agenzia italiana per il farmaco, e già in primavera la pillola, presente in quasi tutti gli stati membri dell'Ue (con le eccezioni di Italia, Portogallo e Irlanda) dovrebbe essere disponibile anche in Italia, inizialmente ad esclusivo uso ospedaliero.

«La richiesta della Exelgyn all'Unione Europea per commercializzare anche in Italia la pillola abortiva Ru486, dimostra che gli interessi economici dalle case farmaceutiche prevalgono sui principi di tutela della salute» polemizza Giorgia Meloni (An), vicepresidente della Camera dei Deputati.

Ma il Ministro Livia Turco rassicura: «Dopo che, come previsto dalle norme europee, l'Aifa avrà verificato la sussistenza dei presupposti perchè il farmaco sia autorizzato anche nel nostro chiederò al Consiglio Superiore di Sanità di valutare l'eventuale necessità di specifici indirizzi, affinchè l'impiego del farmaco avvenga nel totale rispetto delle esigenze di tutela della salute della donna, garantite dalla legge 194».

E se il sottosegretario alle politiche per la famiglia Chiara Acciarini sottolinea che la Ru486, «per il corpo femminile, rappresenta un metodo meno invasivo rispetto all' applicazione della 194. Fermo restando, naturalmente, l'indispensabile controllo medico».

La capogruppo Prc in Commissione Sanità Erminia Emprin non ha esita ad affermare: «Sulla RU486 è in corso una inaccettabile campagna politica punitiva nei confronti delle donne che vogliono ricorrere a questo metodo abortivo. La RU486, di cui è stata richiesta la commercializzazione in Italia, non è una novità. E’ stata sperimentata da moltissimi paesi del mondo, compreso il nostro, e ci sono studi di valutazione scientifica dei rischi e degli effetti su un arco di più di cinque anni».
E continua dicendo che «non si comprende perché non si possano applicare nei suoi confronti gli stessi criteri che si applicano, alla somministrazione di tutti i farmaci – aggiunge – se la finalità fosse davvero quella che viene dichiarata, cioè la tutela della salute della donna, si dovrebbe allora tenere nella dovuta considerazione il fatto che ostacoli e divieti incoraggiano l'acquisto diretto del farmaco fuori frontiera e la sua assunzione in condizioni meno sicure. In realtà – conclude Emprin – si tratta solo di un nuovo attacco al principio di autodeterminazione femminile, con l’obiettivo di ricondurre le donne sotto tutela di uno stato paternalistico e patriarcale".

Valeria Carletti - 12/11/07 - voceditalia.it

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