Dodici persone impiccate in Iran

Dodici persone sono state impiccate oggi a Teheran dopo essere state condannate per violenza carnale, sequestri di persona e traffico di stupefacenti. Lo riferisce l'Agenzia di notizie centrale (Cna), che fa capo alla televisione di Stato.

Il procuratore di Teheran, Said Mortazavi, ha aggiunto che altri quattro "trafficanti di droga" sono stati messi a morte nella capitale la scorsa settimana e 17 "saranno impiccati" presto perché già condannati.

I condannati fanno parte di quelle che sono state definite "bande di teppisti" dalla polizia che ha detto di averle sgominate alcune settimane fa con operazioni in grande stile da parte di reparti speciali. In quelle occasioni, alcuni degli arrestati vennero trascinati dagli agenti per le strade e sottoposti a varie umiliazioni davanti agli abitanti dei loro quartieri, ai fotografi e ai cameraman. Alcuni di loro vennero portati in giro con infilato in bocca il beccuccio di una brocca ('Aftabeh') usata per la pulizia personale nei gabinetti.

Intanto l'agenzia Irna scrive che a Zabol, nel sud-est del Paese, un uomo, Naim Molai, è stato impiccato in pubblico perché trovato in possesso di dieci chilogrammi di eroina. Un altro, nella città vicina di Zahedan, è stato sottoposto a cento frustate sulla pubblica piazza per 'relazioni illegali', cioé sesso al di fuori del matrimonio.

Con queste esecuzioni salgono ad almeno 132 le impiccagioni avvenute nella Repubblica islamica dall'inizio dell'anno, secondo notizie di stampa e testimonianze. A queste va aggiunta la lapidazione di un uomo, Jafar Kiani, condannato a morte per adulterio e ucciso in questo modo dopo aver passato 11 anni in carcere.

22 luglio 2007 - rainews24.it

La droga dietro due morti caccia ai pusher assassini

DUE morti per sospetta eroina tagliata male. Eroina killer, allungata (tagliata appunto) con sostanze impure o troppo pura e quindi fulminante. In Procura sono stati aperti due fascicoli distinti che però potrebbero confluire in uno unico visto che il giro dell’eroina in città vede protagonisti un nucleo ristretto e spesso collegato di spacciatori che si approvvigionano dagli stessi canali.

Che ci sia l’eroina dietro i decessi di Fabrizio Caregnato, 43 anni, morto nello scorso mese di marzo in un alloggio di via Ponchielli alla Fornaci, e di Roberto Rogano, per gli amici “Adriano”, 38 anni, trovato cadavere a metà giugno in casa sua a piazzale Moroni, non ci sono più dubbi. Lo hanno accertato gli esami autoptici disposti dalla Procura che hanno evidenziato tracce di droga nel sangue e conseguenti collassi cardiocircolatori tipici del “post” overdose.

Da qui la doppia inchiesta che sta cercando di capire da chi siano state cedute le rispettive dosi letali e se per caso facciano parte di una partita di eroina killer sbarcata a Savona. L’indagine è appunto separata ma idealmente unica vista la somiglianza dei casi e tanti “parallelismi”.

In particolare sul dramma di Fabrizio Caregnato gli inquirenti hanno sospetti su un pregiudicato savonese già nei guai per vicende legate allo spaccio che potrebbe avergli ceduto la dose letale poche ore prima del malore fatale nella casa delle Fornaci dov’era con la sua compagna-convivente. Se questa cessione venisse confermata a carico del pusher si configurerebbero gravi responsabilità in ordine all’omicidio colposo. Sull’indagine però vige il massimo riserbo. Impossibile sapere di più. «Stiamo indagando» è l’unica replica.

Nel caso di Roberto Rogano l’indagine è ancora più delicata perché a quanto pare nel suo appartamento sono stati trovati un paio di occhiali forse di un amico tossicodipendente la cui posizione è diventata scottante. Questo amico risulterebbe consumatore di eroina e quindi potrebbe essere stato con Rogano negli attimi prima del collasso fatale. Uno dei dubbi è che possa avergli fornito lui la dose letale o almeno sappia chi lo ha fatto. E oltre all’aspetto della provenienza della droga c’è da capire se per caso sia colpevole di omesso soccorso: se c’erano i suoi occhiali in casa della vittima, poteva essere con lui ma non ha dato l’allarme quando si è sentito male. Come mai? (l’allarme, il giorno dopo, è partito dai colleghi di lavoro della coop Nova non vedendolo arrivare sul cantiere). A meno che quegli occhiali non li abbia semplicemente dimenticati giorni prima. Ma perché si erano visti?

Si tratta per ora di semplici sospetti su cui gli inquirenti stanno lavorando da un mese a tutto campo. Il proprietario di questi occhiali, tra l’altro, è in questi giorni oggetto di un’altra indagine in corso in quanto cliente di una serie di tossici collegati ad un recentissimo arresto nell’ambito dello spaccio cittadino. Il dubbio, insomma, è capire se tra questi spacciatori e Roberto Rogano ci sia stato un contatto nel week end in cui ha perso la vita. E se qualcuno gli abbia spacciato una dose killer, tagliata male. La doppia indagine prosegue e non sono esclusi colpi di scena nelle prossime ore.

Dario Freccero - 22 luglio 2007 - ilsecoloxix.it

Picchia moglie e agenti, arrestato

Operaio di 38 anni già condannato per maltrattamenti


Si udivano fin sulla strada le urla di dolore di una moglie picchiata dal marito. Urla che i passanti hanno definito "strazianti". Giunti alla porta dell'appartamento da cui uscivano i lamenti, gli agenti sono stati accolti da una bambina in evidente stato di shock che ha accompagnato i poliziotti fino al soggiorno della casa. Qui, al buio, rannicchiata in un angolo, una donna implorava pietà al marito la cui furia che non si placava. L'uomo ha smesso di picchiarla solo quando gli agenti hanno acceso la luce. Da quel momento la violenza dell'uomo si è riversata sui poliziotti.


Le manette poi lo hanno bloccato, ma anche sull'auto di servizio che lo ha condotto al carcere delle Novate non ha risparmiato calci e pugni agli agenti. S. P. (queste le sue iniziali), originario della Romania, è stato arrestato in flagranza di reato grazie alle segnalazioni dei passanti che hanno sentito le urla della donna fin dalla strada. L'accusa nei confronti dell'uomo è di lesioni personali alla compagna e di resistenza e violenza a pubblico ufficiale: due degli agenti sono finiti al pronto soccorso, uno dei quali con la falange di un dito rotta. Inoltre, a quanto pare, la donna (anch'essa medicata presso l'ospedale Guglielmo da Saliceto e giudicata guaribile in dieci giorni) subiva da tempo violenze da parte del convivente, e dopo questo ennesimo episodio si è finalmente decisa a sporgere querela per le molestie e i maltrattamenti subiti, sui quali sta ora indagando la squadra mobile della polizia diretta da Stefano Vernelli.

Questo contesto familiare fatto di tenebre, violenze, minori sotto shock e disagio si è concretizzato davanti agli occhi degli agenti della volante nella notte tra venerdì e sabato, intorno alle 3 e 30 di mattina quando alcuni passanti hanno udito le urla e le implorazioni di una donna provenire da una finestra di un appartamento di via Mascagni. Fortunatamente non hanno fatto finta di nulla ma hanno preso in mano il telefono cellulare e chiamato il 113.

L'arrestato è un operaio 38enne da tempo residente in città. Ulteriori accertamenti sul suo conto hanno portato alla luce una precedente condanna in primo grado ad un anno e dieci mesi per maltrattamenti in famiglia, condanna contro cui è stato presentato ricorso in Appello. Il caso è arrivato sul tavolo del pubblico ministero Antonio Colonna. La prossima tappa del procedimento giudiziario sarà lunedì, quando il giudice per le indagini preliminari deciderà se convalidare o meno l'arresto. Nel frattempo l'uomo resta in carcere. Anche l'operaio romeno è stato medicato al pronto soccorso per delle contusioni giudicate guaribili in sette giorni.

I servizi sociali del Comune si sono messi in moto per cercare di far luce attorno al contesto famigliare. Nell'appartamento insieme alla ragazza di 16-17 anni che ha aperto la porta agli agenti di polizia e li ha guidati fino al soggiorno, c'era anche un'altra bambina più piccola in una camera da letto. Entrambe, come hanno riferito in questura, erano in evidente stato di shock.


Mattia Motta - domenica 22 luglio 2007 - liberta.it

Con tanto dolore e rimpianto

con tanto dolore e rimpianto, con una sensazione di irrealtà, vi mando un ricordo che uscirà domani sulle pagine torinesi di Repubblica. Di rado ho scritto una cosa con altrettanta fatica e tristezza. un abbraccio, anna bravo


Senza Bruno Vasari: parole difficili da scrivere, idea difficile da concepire per una quantità di persone diverse. Perché Vasari è stato (è) molte cose: un antifascista, un resistente, un grande testimone del Lager, un catalizzatore culturale, il massimo custode della memoria della deportazione italiana. Si deve a lui, e ai suoi compagni dell¹Aned, la raccolta iniziata nell¹81 delle storie di vita delle deportate e dei deportati piemontesi, una ricerca unica per la sua ampiezza e per l¹accuratezzza storiografica. Ne è nato un Archivio di 224 interviste biografiche, risorsa straordinaria per la ricerca e la comprensione. Si devono sempre a lui l’Archivio degli scritti di memoria della deportazione dall’Italia, i tanti convegni nazionali e internazionali promossi dall¹Aned, fra cui quello sulla deportazione delle donne, il primo in Europa. E i moltissimi libri, le rappresentazioni teatrali, la ricerca sulla storia della deportazione italiana di cui sono già usciti risultati importanti. Nell¹insieme, un¹impresa pluridecennale, che solo la sua energia felicemente e proverbialmente ostinata ha consentito. Bruno era fiero di questo suo sforzo per moltiplicare i narratori e i temi, dell’appoggio fattivo e affettuoso delle istituzioni piemontesi, della collaborazione con studiosi esterni all’Aned, delle nuove leve di ricercatori, del lavoro con la scuola cui molti ex prigionieri si sono dedicati e si dedicano. ³Il dovere di testimoniare², titolo del primo convegno organizzato a Torino, era il suo pensiero centrale. Lo era già all¹indomani del ritorno dal Lager: il suo Mauthausen, bivacco della morte è uno dei primi testi italiani di memoria della deportazione, in cui l¹autore si fa portavoce della desolazione e della morte di massa, e dei singoli che non potranno testimoniarla che per interposta persona. Seguiranno altre opere e interventi profondi e originali, dedicati alla resistenza in Lager, a compagni di prigionia, alla sua cara Trieste, alla Versilia. Bruno è stato( è) anche un interlocutore critico e solidale, forte di una cultura sterminata e di una curiosità avvertita ma simpatetica verso il nuovo. Nei primi anni ottanta, la deportazione era per gran parte degli storici un tema di pertinenza delle scienze sociali, le sole ritenute in grado di andare al di là del compianto e della denuncia del male incarnato dal Lager. Negli stessi anni, la storia orale stava suscitando polemiche negli ambienti universitari. La memoria era accusata di inaffidabilità, i testimoni di presentare una versione degli eventi troppo personale. La scelta di promuovere una ricerca di ampio respiro fondata su fonti orali era dunque doppiamente innovativa. E coraggiosa. Decidendo di far intervistare tutti i deportati e le deportate della regione, ci si esponeva alla possibilità di discorsi e intepretazioni magari in contrasto fra loro; ma il primo intervento di Bruno che ricordo è il sostegno alla metologia ricca e complessa della storia di vita. Con la stessa apertura aveva guardato al concetto di resistenza civile, su cui all¹inizio degli anni novanta si addensavano diffidenze. Dopo averlo vagliato in prima persona, Bruno l¹aveva accettato come strumento utile a mettere in valore alcuni aspetti della deportazione, precedendo anche in questo caso studiosi più giovani secondo l¹anagrafe, incomparabimente meno giovani quanto a disposizione mentale. Per queste e tante altre ragioni, Bruno è stato (è) uno dei padri simbolici che svettano nel nostro paesaggio mentale. E uno splendido settantenne, ottantenne, novantenne (e non dubito che fosse splendido a qualsiasi età) capace di inaugurare in questi ultimi anni un nuovo registro espressivo - poesie, versi sparsi, filastrocche, così musicali e visive che leggerle è come ascoltare un canto o muoversi fra i colori. Questo Bruno imprevisto e senza età si accompagnava di buon grado al Bruno testimone di Mauthausen e anima di tante ricerche; l¹uomo che non dimenticava l’enormità degli eventi e l’enormità dello sforzo necessario a farli conoscere, era lo stesso che custodiva l¹amore per le piccole cose, il frammento, il dettaglio. Ecco perché la sua scomparsa provoca insieme al dolore, una sorta di stordimento. E un bisogno prepotente di dirgli ancora una volta grazie.

22 luglio 2007 - isolapossibile.it

Abbiamo smesso di difenderci

...abbiamo smesso di difendere la parte sana del nostro Paese. Commentando i fatti delle ultime settimane, dal regalo di € 50 mln alla comunità musulmana alle 200 firme contro le idee di Magdi Allam. Dall'attacco scientifico alla nostra tradizione occidentale e cristiana alla sperequazione contro tutti gli stranieri che vengono in Italia e che non siano musulmani o fatwisti....


Solitamente è mia abitudine iniziare la lettura dei giornali in maniera pigra e svogliata partendo sempre dalle pagine di politica estera .


Non tanto per una forma di patologia esterofila, ma semplicemente per preparami al peggio e immunizzarmi dalla spazzatura della “cronaca” politica italiana. Lo faccio per immunizzarmi dal nuovo che avanza, ovvero Mr. Dabbliù Veltroni poeta dell’effimero peggio del suo maestro ed ex sindaco di Roma, tal Nicolini (che i Romani ancora non riescono a cancellare dai loro incubi notturni).


Per immunizzarmi dal vecchio che si ripropone attraverso i piacioni di turno, come i settantenni Prodi, De Benedetti, Scalfari, Amato…, così come per immunizzarmi dal potere della magistratura d’assalto, dal potere delle banche in salsa Sindona e dal potere economico e finanziario di una classe dirigente in perfetto stile Cefis e Schimberni.


Alla fine puntualmente però mi pongo la solita domanda. Ma i nostri politici, sanno e sono a conoscenza di quello che sta succedendo nel mondo ? La risposta la lascio a voi.


La lascio a quelli che come sognano di essere governati anche in Italia con la stessa onestà e saggezza con cui vengono governati alcuni Stati che hanno la fortuna di non avere una classe politica lestofante come la nostra.


La lascio alle migliaia di cristiani che quotidianamente vengono privati della loro libertà religiosa, privati della loro dignità ed il più delle volte anche della loro vita.


La lascio al popolo Sud Americano, Asiatico e soprattutto a quello Africano, nuovamente colonizzato e schiavizzato questa volta dalla Cina alleata dell’Islam, e la lascio principalmente a tutti quelli che con il loro silenzio si stanno macchiando di complicità, dell’atroce pulizia etnica in atto nel mondo e soprattutto in Oriente ai danni dei cristiani.


Vorrei iniziare a parlare di questo argomento facendo una piccola precisazione: non sono un cattolico praticante o bigotto come solitamente questa sinistra sovietica preferisce, etichettare tutti quelli che non appartengono al politycally correct; sono semplicemente un laico cristiano ne più ne meno di come orgogliosamente si definiva Oriana Fallaci.


Un cristiano che soffre nel vedere come certi predatori politici osino scorazzare indisturbati, depredando all’interno delle nostre case e dentro la nostra tradizione, dentro la nostra cultura e dentro le nostre anime.


Mi riferisco in questo caso al ministro Ferrero che ha deciso di destinare 50 milioni di euro ad un progetto subdolo dirottando il denaro degli Italiani ( ià derubati dalla violenza delle tasse e dagli espropri proletari), direttamente nelle casse della ricca comunità Islamica.


Un progetto destinato a favorire l’integrazione musulmana,dice. E guarda caso, perché non a quella Buddista, Protestante, Cristiana…eccetera, eccetera? No. Solo a quella musulmana che Ferrero ovviamente intravede come futura religione di Stato.


50 milioni di euro?


E aiutare le famiglie Italiane meno abbienti, gli invisibili, quelli no?

E l’emergenza idrica in Calabria?

E le casse vuote delle nostre forze dell’ordine che non si possono permettere di pagare l’affitto delle caserme o delle bollette? O di sostituire i mezzi con cui operano?

E la mancanza di gasolio che paralizza l’uscita dei nostri pompieri?

Quelli no, caro ministro Ferrero ? Dove li ha trovati i soldi il nostro Prodi visto che per la pensione dei nostri anziani guarda caso non ci sono mai ?


E visto che per lo stato sociale delle famiglie Italiane non ci sono mai i soldi, allora come le è venuto in mente di sottrarci 50 milioni di euro per insegnare l’italiano ai musulmani attraverso gli Imam che predicano la violenza e la nostra distruzione? E chi lo va a dire ai polacchi, ai rumeni, agli ungheresi, ai cechi, agli slovacchi che loro devono pagare di tasca propria? Oppure andare in Moschea e convertirsi.


Non era forse più logico magari destinare questi soldi all’ammodernamento delle nostre scuole tra l’altro invase da extracomunitari?Ovviamente no.


Anche perché il più sottile (Amato ?), dei nostri ministri sempre in cerca di uno sponsor o di un tutor, da buon socialista quale è, da parte sua, è intervenuto subito in soccorso del compagno di merende Ferrero, fertilizzando intellettualmente il suo orticello. Sentite Amato cosa dice : in Italia sono in troppi a respingere l’Islam in nome dell’identità Cristiana, mentre anche le parrocchie dovrebbero discutere al loro interno ed operare per l’integrazione. “Sono troppi i miei concittadini che in nome dei valori cristiani respingono gli altri”


Mi permetto di ricordare al dottor Sottile in maniera sommessa sommessa che padre Bossi è stato fino a poco tempo fa in mano a degli amici degli amici….. E mi domando se questo signore dalle origini socialiste, si sia mai veramente fatto una passeggiata dentro le nostre parrocchie , dentro le loro mense e le loro cambuse ormai diventate di proprietà degli extracomunitari e non sempre bisognosi, a partire proprio da quelli che auspicano la nostra morte e ci chiamano maiali e chiamano scimmie gli ebrei?


Caro Ministro, ha mai sentito parlare della Caritas, delle migliaia di giovani che la notte girano per le stazioni ferroviarie per dare aiuto e conforto ai barboni di ogni lingua e di ogni fede religiosa? Ha mai sentito parlare di perdono e di carità cristiana? La stessa per intenderci che abbiamo noi verso questa classe dirigente?


No, non capirebbe. Anche perché questi angeli silenziosi, non hanno nulla in comune con i volontari di sinistra, stile le due Simone che in cambio del loro volontariato percepivano un lauto stipendio che a volte nemmeno un top- manager percepisce.


Veramente ce di che preoccuparsi. Se proviamo ad incastrare tutti i tasselli che questo governo produce in quantità industriale, non possiamo non renderci conto che ormai è in corso d’opera una scientifica islamizzazione della nostra cultura da una parte.E per la legge del contrappasso, di un colpo di Stato dall’altra.


Vedi sostituzioni ai vertici militari, occupazione delle cariche istituzionali, della macchina burocratica, del monopolio economico finanziario delle banche, dell’informazione , del potere legislativo ed esecutivo.


Basterebbe infatti passeggiare per le strade e le piazze per percepire lo sconforto ed il grande senso di smarrimento che la nuova delinquenza etnica ci sta regalando grazie alla copertura di salvacondotti politici che li autorizzano al saccheggio legale delle nostre città,delle nostre famiglie, come se non bastasse già il saccheggio fiscale.


Basterebbe passeggiare nel nostro piccolo anche nelle nostre calli Veneziane, assediate dalle Baby gang di Rom che sguazzano indisturbate dentro le nostre case e dentro le borse dei turisti, oppure passeggiare a Padova e non solo su via Anelli, cosi come in tutte le città Venete amministrate dalla sinistra,cosi come nella Regione Campana sommersa dai rifiuti, dal furto dell’acqua in Calabria… per rendersi conto che forse si stanno o si vogliono creare le condizioni destabilizzanti di illegalità politica e sociale, per tirare poi ad arte,magari dal solito baffetto il jolly da colpo di stato: annunciare il copri fuoco.


E questa non è esagerazione o fantapolitica.


Nel frattempo però continuiamo lo stesso a farci prendere in giro dall’informazione Soviet e godiamoci i giochi pirotecnici di Dabbliù Veltroni, dell’effetto serra, del Polo Nord ,di Rasputin Ferrero, di Vallettopoli...


Ah! Dimenticavo una nota di colore, cosi per rimanere in tema di Fatwa Italiana.A proposito di toghe rosse. Il Presidente dell’Ordine di Padova, ha invitato all’ordine ed al decoro, tutti gli addetti ai lavori.


Non più gonne succinte e vestiti colorati ,perché potrebbero offendere qualcuno che certamente non appartiene alla cultura occidentale. Per ora è toccato solo a loro il rimprovero. Alle donne avvocato e compagnia.


Forse tutto questo per preparaci alla Sharia?


Il modello della donna elegante e politicamente corretta in tribunale lo si è già visto: in quello di Cremona dove la moglie dell’ex Imam si è presentata con il Burqa.Tanto, abbiamo Ferrero che ci ricorda e ci invita a convertirci all’islam, abbiamo Amato che ci ricorda l’isola Siculo- Pakistana, abbiamo duecento idioti cosi detti intellettuali che firmano un manifesto contro uno dei pochi veri Italiani,e mi riferisco a Magdi Allam.


Abbiamo la cultura di regime in mano a duecento saltimbanchi e giullari che tenta di violentare la nostra onestà intellettuale,di violentare la nostra cultura,la nostra religione,le nostre tradizioni,la nostra libertà e la nostra vita perché collusa e nutrita dall’integralismo islamico.


Abbiamo un ministro degli esteri che in nome della pace Palestinese e della morte di Israele,invita dei terroristi a regalarci la loro Road Map, come se il nostro Ministro dell’Interno per estirpare la Mafia, invitasse in Parlamento il boss mafioso Totò Riina a parlarci d’amore. Cosa che poi potrebbe succedere per davvero conoscendo l’attuale Governo.


Abbiamo smesso di difendere la parte sana del Paese.Abbiamo perso la voglia di difenderci.


Speriamo che questo governo cada subito e che venga cancellata ogni riga del trattato Parigino della DEA.


Claudio Saragozza - 21/07/2007 - liberaliperlitalia.it

La mappa della persecuzione religiosa nel mondo

Per mancanza di fondi, l’edizione del 2007 dell’annuale "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" non sarà pubblicata, nonostante gli autori abbiano svolto il lavoro di analisi e mappatura delle violazioni della libertà religiosa nei vari Paesi.


Per quasi dieci anni la Sezione italiana dell’Opera di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre - ACS, che dal 1947 s’impegna a favore dell’evangelizzazione nei Paesi in cui la Chiesa è perseguitata, è minacciata o è in difficoltà, ha pubblicato il "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo". Una pubblicazione, a scadenza annuale, in cui sono state denunciate le violazioni della libertà religiosa e le persecuzioni operate dai governi nei confronti dei cristiani e di altri gruppi religiosi. Sconcerta la notizia che - per mancanza di fondi - invece, l’edizione del 2007 non sarà pubblicata.

La difesa della libertà religiosa nel mondo è uno degli impegni prioritari del pontificato di Benedetto XVI. Si può dire che ne è un tema strategico. Al diritto alla libertà religiosa "va riconosciuto un posto di primo piano tra i diritti fondamentali dell'uomo", affermò il pontefice nel discorso al Corpo diplomatico il 9 gennaio 2006. E prima della recita dell’Angelus Domini domenicale del 4 dicembre 2005, ricordando i 40 anni della dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, aveva differenziato coloro che ne violano l'esercizio: "La libertà religiosa è ben lontana dall'essere ovunque effettivamente assicurata: in alcuni casi essa è negata per motivi religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell'agnosticismo e del relativismo". Questa denuncia di Benedetto XVI trovava nelle pagine del "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" un puntuale riscontro e ne documentava la sua analisi, come pure la ripetuta denuncia della Santa Sede sulle gravi persecuzioni dei cristiani nei Paesi islamici.

"Informare e denunciare la violazione di un diritto fondamentale come la libertà religiosa è un fattivo contributo alla pace - osservava il compianto dott. Orazio Petrosillo nella presentazione del "Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo", in qualità di presidente della Sezione Italiana di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" -. Nella strategia del fondatore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Werenfried van Straaten, scomparso il 31 gennaio 2003, la condivisione della denuncia non può avvenire senza una concreta risposta di generosità verso le invocazioni di aiuto che giungono da tutto il mondo". Quindi, l’annuale "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" voleva far conoscere a un vasto pubblico le realtà nelle quali opera l’ACS, che non è una organizzazione caritativa o assistenziale e nemmeno una sorta di Amnesty cattolica. Il suo obiettivo è la raccolta di fondi, grazie alla generosità di oltre 500 mila benefattori in tutto il mondo, per soccorrere la Chiesa cattolica - vi è però anche un'importante azione a favore della Chiesa ortodossa russa - ovunque la mancanza di mezzi economici o la violazione della libertà religiosa rendano difficile o impossibile la sua missione evangelizzatrice.

Il "Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo" era giunto ormai all'ottava edizione. Anno dopo anno, il Rapporto si era imposto all'attenzione di uomini di Chiesa, diplomatici, politici e giornalisti, come uno strumento indispensabile per chi voglia conoscere la situazione della libertà religiosa in tutti i Paesi del mondo. Il Rapporto è stato citato anche da autorevoli personalità della Santa Sede e della Chiesa italiana così come in Commissioni parlamentari nazionali e dell’Unione europea, quale fonte affidabile nel campo della libertà religiosa. Pur redatto da un’associazione cattolica al servizio della Chiesa dovunque essa sia perseguitata o minacciata o in difficoltà, questo Rapporto ha mantenuto sempre un approccio non confessionale, perché prende in esame la situazione di ciascun Paese, con riferimento a ogni tipo di violazione della libertà religiosa riguardante i credenti di qualsiasi fede. Non si limitava quindi a monitorare la situazione delle Comunità cattoliche o soltanto cristiane.

Seppure il "Rapporto 2007 sulla libertà religiosa nel mondo" non sia pubblicato, gli autori comunque hanno svolto il lavoro di analisi e mappatura delle violazioni della libertà religiosa nei vari Paesi, nell’anno trascorso. Quindi, per tracciare una mappa aggiornata delle vessazioni subite dai cristiani, l’agenzia Zenit ha intervistato Andrea Morigi, giornalista del quotidiano Libero, conduttore di Radio Maria, nonché coordinatore del "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" di Aiuto alla Chiesa che Soffre dal 1998.

Nella prima parte dell’intervista a Zenit, Andrea Morigi illustra le gravi persecuzioni subiti dai cristiani nei Paesi islamici, mentre nella seconda parte racconta alcune violazioni della libertà religiosa in Paesi come India, Buthan, Nepal e Cina, senza dimenticare Paesi come Cuba e Venezuela, o il Mondo occidentale.

La gran parte dei musulmani nel mondo non è fondamentalista né ostile alle persone che praticano altre religioni o che non credono, eppure, nei paesi a maggioranza islamica, l'intolleranza violenta per chi non crede nel Corano ed anche per chi è solo moderato, sembra in crescita ... Violazioni alla libertà religiosa sono state denunciate in Algeria, Malesia, Pakistan, Palestina, Libano ... Può farci un quadro della situazione?

Andrea Morigi: "Se partiamo dalla cronaca, ogni giorno ci troviamo di fronte a fatti gravi di intolleranza nei confronti dei cosiddetti ‘infedeli’ che vivono come minoranze tra i musulmani. La fuga ininterrotta dei cristiani dall’Iraq rischia di sancire la scomparsa definitiva di alcune comunità tra le più antiche, i Siri. È vero che a provocarla sono terroristi, più o meno variamente collegati ad Al Qaeda, eppure non si registra certo una reazione popolare in difesa dei perseguitati. Non so se sia per timore di essere coinvolti, a causa della lunga abitudine a non immischiarsi dei fatti altrui maturata durante gli anni del regime di Saddam Hussein e dovuta più che altro a ragioni di sopravvivenza, oppure piuttosto a una vicinanza ideologica al fondamentalismo. Di fatto si assiste all’isolamento, interno e soprattutto internazionale, delle vittime, mentre si trova sempre qualcuno disposto a "capire" le ragioni dei terroristi. Tanto che i politici e i diplomatici che vorrebbero mostrarsi più sensibili arrivano a concepire un piano che creerebbe una sorta di ‘riserva indiana’ nel Nord dell’Iraq, dove raccogliere i cristiani in pericolo di vita. Nessun governo però ritiene di dover intervenire con un atto di ingerenza umanitaria, come accadde durante la guerra di Bosnia, perché si continua a considerare la guerra santa come la conseguenza della lotta al terrorismo, e non un fenomeno endogeno connaturato all’islam. Allo stesso modo, per non suscitare reazioni, si abbandonano al loro destino tutti coloro che soffrono, sottoposti alla legge islamica. Nessun Paese ne è esente, a partire dai più ‘liberali’, come la Tunisia, dove comunque non è consentito a una donna musulmana sposare un non-musulmano. In Arabia Saudita opera una polizia religiosa, la Muttawa, che vigila sul comportamento islamicamente corretto della popolazione, compiendo raid nelle case degli immigrati Filippini o Indiani che si riuniscono per recitare il Rosario o leggere la Bibbia, reati considerati gravissimi nel territorio ‘santo’ dell’islam e per i quali sono previsti il carcere, il sequestro di ogni bene e il rimpatrio immediato. Altrove, la pressione si esercita in modo diverso, impedendo per legge la conversione ad altre religioni o limitando amministrativamente la diffusione pubblica e privata del messaggio evangelico. Se si abbandona l’islam si può essere messi a morte in Iran, in Sudan, in Mauritania, mentre in Pakistan si perde la tutela dei propri figli e il diritto di ereditare patrimoni dai propri parenti musulmani. E questo rappresenta un problema di violazione della libertà religiosa degli stessi musulmani, completamente ignorato in nome del relativismo culturale, secondo il quale ogni uso e costume va rispettato se non si vuole essere accusati di imporre colonialisticamente le regole della civiltà occidentale".

Violazioni alla libertà religiosa e problemi di sicurezza personale nell'ambito delle comunità musulmane stanno emergendo anche in Europa. Le vittime sono in particolare le donne e i musulmani che rifiutano e denunciano il terrorismo e il fondamentalismo. Cosa può dirci in merito?

Andrea Morigi: "Lo stesso modello multiculturale si replica ovunque. Non a caso in Italia è stato proprio un musulmano che vive sotto scorta, il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, a convocare per primo una manifestazione per la libertà religiosa all’inizio di luglio. E al processo che si sta svolgendo a Brescia per l’omicidio di Hina Saleem, la ragazza pakistana decapitata l’11 agosto 2006 dai suoi parenti per aver voluto infrangere le regole della sharia vivendo come un’occidentale, sono state le donne musulmane a chiedere di costituirsi parte civile, anche per dare un segnale di speranza a tutte le mogli e le figlie di immigrati costrette a vivere segregate. Con loro c’era anche un’unica deputata, Daniela Santanchè, di Alleanza Nazionale. E chi non ha mosso un dito per esprimere solidarietà alle vittime della violenza ha avuto il coraggio di accusarla di aver strumentalizzato il caso. Allora, io dico: ben vengano le strumentalizzazioni, se servono a far emergere la realtà di soprusi e schiavitù che si nasconde dietro e dentro le moschee. Pensi che il giorno successivo alla dimostrazione davanti al Tribunale di Brescia, Dounia Ettaib, la leader delle donne marocchine che avevano manifestato, è stata aggredita in viale Jenner, a due passi da dove sorge l’Istituto culturale islamico di Milano. Due uomini le hanno intimato di smettere di gettare fango sull’islam e l’hanno minacciata fisicamente. È una cittadina italiana, pur essendo immigrata. Il che significa che si vanno restringendo gli spazi di libertà anche per noi tutti che siamo nati e cresciuti in questo Paese, come se la convivenza civile e le istituzioni democratiche stessero lasciando il passo a delle zone franche - si direbbero dei germi di califfato - in cui la sovranità nazionale è stata sostituita dalla legge del Corano".

Esistono misure contro l'attività missionaria dei cristiani anche in Tajikistan e Uzbekistan, vero?

Andrea Morigi: "Non si è ancora estinta l’eredità dei regimi sovietici. Hanno schiacciato ogni possibilità di testimonianza religiosa per settant’anni e ancora oggi, gli Stati che ne sono i successori trattano la questione religiosa come un problema di ordine pubblico. È chiaro che, nei Paesi ai confini con l’Afghanistan, la minaccia terroristica legata al fondamentalismo esiste ed è concreta, ma la soluzione non consiste certo né nel dirigismo confessionale né nell’imposizione di limiti alle religioni non islamiche. Invece una recente bozza di legge del Tajikistan renderà praticamente la vita impossibile a cattolici, protestanti e baha’i, che protestano invano senza che nessuno a livello internazionale presti loro ascolto, se non l’Osce. Tutto ciò per tacitare le proteste dei musulmani, ai quali viene fissato un tetto sul numero consentito di moschee e viene impedito di formare partiti confessionali. Nel frattempo, in Turkmenistan, i testimoni di Geova Nuryagdy Gayyrov e Bayram Ashirgeldyyev sono stati arrestati e i fedeli della Chiesa battista sono finiti a scontare una condanna a tre anni nei campi di lavoro soltanto per essersi dichiarati obiettori di coscienza, come è accaduto a Vyacheslav Kalataevsky o per ragioni squisitamente religiose, come nel caso di Yevgeny Potolov. Ma alla repressione non è sfuggito nemmeno l’ex mufti Nasrullah ibn Ibadullah. In Uzbekistan, poi, ci si scatena letteralmente sulle denominazioni minoritarie, come la chiesa pentecostale dell’amore di Dio, sui musulmani e sugli Hare Krishna, con sequestri di libri e video, arresti e processi - anche se può sembrare paradossale - per violazione delle leggi sulla libertà religiosa. Infine, ma in realtà non si finirebbe mai, ci sono 19 tra cattolici e protestanti, tra cui la sedicenne Feodora Andreyevskaya e la quattordicenne Yuliya Kosheleva, finiti in carcere dal 5 al 7 luglio in Bielorussia per aver presentato una petizione che chiede di cambiare la legge del 2002 sulla libertà religiosa. E si noti che le petizioni sono del tutto legali per la Costituzione di Minsk".

Anche negli scorsi anni il "Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre" non si è occupato soltanto della sorte dei cattolici ma anche degli appartenenti ad altre confessioni e ai nuovi movimenti religiosi. Perché?

Andrea Morigi: "Perché non sarebbe cattolico fare diversamente. Si elencano anche le violazioni commesse nei confronti di membri di altre religioni non per smanie di correttezza politica o ecumenica, ma perché il Concilio Vaticano II, nella sua Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae riconosce tale diritto innanzitutto agli individui, poi alle comunità. E mi pare di poterlo interpretare nel senso che Nostro Signore Gesù Cristo si è incarnato, è morto ed è risorto per ogni singolo uomo. E con ciò ha anche reso pubblica la primissima dichiarazione nella storia sui diritti umani, che non si identificano e non si sovrappongono con la ‘libertas ecclesiae’. E questo ovviamente non toglie uno iota di verità al fatto che il Redentore abbia costituito sulla terra un’unica Chiesa ‘nella quale sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti’ e, come ha ribadito recentemente la Congregazione per la Dottrina della Fede, ‘questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica’".

Esistono dure leggi anticonversione anche in Paesi come India, Buthan e Nepal?

Andrea Morigi: "Gli Stati indiani che colpiscono la conversione degli individui dall’induismo sono Rajasthan, Gujarat, Madhya Pradesh e Chattisgarh, tutti governati dagli induisti del Bharatiya Janata Party (Bjp) che però è all’opposizione nell’Himachal Pradesh, l’ultimo Stato ad aver introdotto la legge anticonversione, nel gennaio 2007, su proposta del Partito del Congresso. Dunque sembra che il laicismo degli eredi di Indira Gandhi e il fondamentalismo indù coincidano nell’obiettivo di negare la libertà alle minoranze. Quando si tratta di territori fuori dalla loro giurisdizione, però gli indiani intervengono, come in Bhutan, dove la religione di stato è il buddismo mahayana. Così Nuova Delhi ha esercitato pressioni, un anno fa, per la liberazione di due cristiani pentecostali, Benjamin Budhu Mani Dungana e John Purna Bahadur Tamang accusati di proselitismo, arrestati nel gennaio 2006 e condannati al carcere rispettivamente per tre anni e tre anni e mezzo perché ritenuti colpevoli di aver mostrato in una casa di bhutanesi buddisti un film sulla vita di Gesù. Sembra uno scherzo, ma è considerato un reato grave in un Paese dove l’ingresso ai cristiani è proibito dal 1965, i cristiani non possono costruire chiese né riunirsi tra loro. Di certo, però, l’India non si scomoda per il Nepal, che per 238 anni, fino al 2006, è stato una teocrazia indù. Poi re Gyanendra è stato deposto e sono saliti al potere i maoisti. Il che, naturalmente, non migliora granché la situazione, perché i nuovi governanti hanno concesso dieci posti nel Parlamento a dalit, esponenti tribali, donne, un monaco buddista e un rappresentante islamico, ma i cristiani sono stati esclusi, nonostante abbiano prestato un prezioso soccorso alla popolazione durante tutti i lunghi anni della guerra tra terroristi maoisti e l’esercito".

In America Latina molto grave sembra la situazione a Cuba e in Venezuela. Cosa può dirci al riguardo?

Andra Morigi: "Soltanto che l’alleanza tra Hugo Chavez e Fidel Castro passa per gli accordi nuclear-petroliferi tra Caracas e Teheran. E che in tutti e tre i Paesi gli oppositori, cristiani e non, vengono sacrificati sull’altare di una rivoluzione che sembra avere come scopo principale quello di far sparire il cristianesimo dalla faccia della Terra".

La Cina che l'anno prossimo ospiterà le Olimpiadi e che cresce impetuosamente, nasconde in realtà molte gravi violazioni alla libertà religiosa, così come la violazione di molti altri diritti umani. Cosa si può dire in proposito?

Andrea Morigi: "La prima reazione, istintiva, è il paragone con le dittature e i totalitarismi del secolo scorso. Fino alla caduta del Muro di Berlino, i regimi autoritari venivano colpiti da sanzioni, boicottaggi, di cui ora non si vede nemmeno l’ombra. Poi subentra la consapevolezza che i meccanismi della par condicio funzionano sempre a senso unico e la barbarie comunista sembra godere di una immunità dalle condanne. Accanto a questa amara costatazione, però, c’è la certezza che la sofferenza dei credenti cinesi non è infruttuosa agli occhi di Dio. Quei 16 Vescovi fedeli alla Santa Sede che oggi risultano scomparsi o incarcerati, insieme ai venti sacerdoti attualmente agli arresti rappresentano una sconfitta politica per il Partito comunista che vede l’insuccesso del tentativo di cancellare la Chiesa iniziato nel 1957, con la creazione della Chiesa Patriottica Cinese, fedele al regime. Lo dimostra il vero e proprio ‘sacro terrore’ che le autorità di Pechino hanno della preghiera, contro la quale non sanno che strategia adottare, se non inutili divieti. Perciò, il 16 luglio i 40-50mila fedeli dell’Henan che si radunano da decenni per andare in pellegrinaggio al santuario della Madonna del Carmelo di Tianjiajing, non hanno potuto farlo perché il governo della provincia dell’Henan ha ordinato la distruzione del luogo di culto con l’esplosivo. Hanno fatto saltare in aria anche una statua della Vergine, di oltre un secolo fa, e le 14 stazioni della Via Crucis che costellano la strada. Che il crollo del comunismo si debba alla Madonna di Fatima, dunque, lo capiscono anche gli atei più militanti e aggressivi, quelli che minacciano i sacerdoti per convincerli a desistere dal pellegrinaggio, ma non possono fare altro che proclamarsi impotenti".

Il relativismo morale dominante nei Paesi occidentali sembra voler stravolgere anche la logica che sta alla base dei diritti umani. Così accade negli Stati Uniti che un genitore non si possa opporre all'insegnamento obbligatorio che insegna ai bambini di accettare e sottoscrivere l'omosessualità. In questo caso la religione cattolica è stata accusata di essere intollerante e la libertà religiosa di quei genitori e dei loro figli è stata limitata. Come può accadere tutto ciò?

Andrea Morigi: "Accade perché negli Stati Uniti la distinzione tra la sfera religiosa e quella civile si è trasformata in una contraddizione che alimenta un’idea privatistica della libertà religiosa. Vi è chi ritiene che la fede sia un fattore di civiltà e combatte contro queste interpretazioni, ma deve subire l’accusa di fondamentalismo e fanatismo. Di conseguenza, anche nel resto dell’Occidente, la separazione tende a diventare invasione, come in Spagna, dove nel giugno scorso è stato introdotto l'insegnamento ‘Educazione per la Cittadinanza e i Diritti Umani’, che dal prossimo anno scolastico imporrà agli studenti, come materia curricolare, l’educazione all’accettazione di diversi tipi di famiglia e di affettività, comprese quelle omosessuali. Curiosamente, nello stesso tempo, anche il governo totalitario di Cuba sta pensando di riformare il Codice di famiglia per concedere alle coppie gay il riconoscimento giuridico della loro convivenza, l’adozione di minori e l’accesso alla fecondazione assistita. Così, la convergenza nella lotta ai princìpi morali sembra essere l’unico comun denominatore che unisce i Paesi democratici e non".

Così, anche se il "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" di Aiuto alla Chiesa che Soffre quest’anno è costretto a "saltare" un’edizione, ne abbiamo almeno dato una sintesi. Ci sono speranze che ritorni a essere pubblicato?

Andra Morigi: "In realtà, la sintesi non basta a dare un quadro complessivo della minaccia che impedisce la missione della Chiesa. Ma ci sono senza dubbio le premesse per riprendere, dopo una sosta di un anno, magari rinnovando anche il metodo di ricerca e ridando slancio all’approfondimento delle analisi. Ma le speranze sono legate agli uomini di buona volontà, che non vorranno lasciare soli, davanti ai loro boia, i cristiani e i fedeli di altre religioni che quotidianamente testimoniano in modo eroico il loro coraggio di credere. Ricordo che, oltre alla versione italiana, il Rapporto di ACS ha conosciuto diverse traduzioni in lingue straniere ed è stato finora l’unico esempio di denuncia delle violazioni della libertà religiosa prodotto da una organizzazione indipendente. Certo, i governi non amano essere messi sotto accusa e il risultato è che pongono ogni ostacolo, compresa l’indifferenza, alle opere di misericordia spirituale come questa. Ma coloro che vorranno dare un segnale in controtendenza possono rivolgersi ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - ACS, Opera di diritto pontificio che presta la propria attività dal 1947 a favore dell’evangelizzazione nei Paesi in cui la Chiesa è perseguitata. Ma, quando nell’opinione pubblica manca la consapevolezza della necessità in cui si trovano i propri fratelli, anche la solidarietà rallenta. Perciò, chi ritiene che la preghiera sia il mezzo più importante, ma che occorra anche sacrificare un po’ del proprio tempo e delle proprie risorse, può visitare il sito Internet di ACS, inviare una lettera ad ACS-Italia, piazza San Calisto 16, 00153 Roma, telefonare allo 06-698.93911, o spedire una E-mail ad ACS-Italia".

Fonte: Agenzia Zenit Zenit.org.

di Alessandro Renzo/ 22/07/2007 - korazym.org

Scuola per terroristi islamici a Perugia

Smantellata scuola per terroristi islamici a Perugia: tre arresti


Una vera e propria "scuola per terroristi" nella quale gli imam incitavano i fedeli a combattere la guerra santa svolgendo "in maniera continuata addestramento ad azioni con finalità di terrorismo". E' quanto emerso dalla operazione antiterrorismo islamico 'Hammam' eseguita ieri nella moschea di Ponte Felcino a Perugia, dove le forze dell'ordine hanno fermato l'imam marocchino e due dei suoi più stretti collaboratori che, secondo gli inquirenti, avrebbero tenuto ai fedeli lezioni di combattimento corpo a corpo che hanno riguardato "non solo pratiche di autodifesa ma anche tecniche di agguato e uccisione".

Hanno scelto la strada del silenzio, l'imam della moschea di Ponte Felcino (Perugia) Korchi El Mostapha e suoi due connazionali El Jari Mohamed e Safika Driss, arrestati la scorsa notte dalla polizia con l'accusa di avere svolto addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Tutti, infatti, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip. I tre sono difesi dall'avvocato Diana Iraci.

Le forze dell'ordine hanno individuato all'estero un quarto marocchino, anch'egli facente parte della squadra di quella che Carlo De Stefano, direttore dell'Ucigos, ha definito una "scuola di terrorismo".

Secondo quanto scoperto dagli inquirenti gli indagati all'interno della moschea, ed in orari e contesti estranei alle ordinarie cerimonie religiose, avrebbero svolto "una laboriosa ed approfondita opera di istruzione e addestramento all'uso delle armi e alle tecniche di combattimento proprie delle azioni terroristiche nonché lezioni di lotta corpo a corpo", avvalendosi per l'addestramento anche di filmati e documenti scaricati da siti internet 'protetti' che commentavano insieme alle potenziali reclute, tra cui anche alcuni bambini.

Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, si è subito congratulato con le forze di polizia che "hanno dimostrato la loro grande capacità di mantenere sotto controllo questi ambienti, sventando rischi molto concreti".


22 luglio 2007 - rainews24.rai.it

La disfatta della sinistra

Ma dove sta questa sinistra radicale massimalista estremista che vince sempre? Ma chi l'ha vista questa invincibile armata che condiziona il governo, gli tarpa le ali, gli impedisce di dispiegare tutta la sua potenza riformista? Al di là del leit motiv, ormai quasi un luogo comune, che da più di un anno anima il dibattito politico e giornalistico - interviste di leader politici, editoriali, interventi televisivi che seguono sempre lo stesso schema - vediamole le vittorie dei nostri radical. E scopriremo che sono molte di più le loro sconfitte, anzi che sono quasi esclusivamente sconfitte.

L'ultima, cocente, è ovviamente quella sulle pensioni, tanto che i dirigenti di Rifondazione minacciano fuoco e fiamme, non solo una battaglia in Parlamento per cambiare l'accordo ma addirittura un referendum tra i loro elettori per farli decidere se ha ancora senso restare nel governo. Se avessero vinto, direbbero tutt'altro. E se torniamo a un anno fa, ci ricordiamo che sul Dpef di allora il ministro Ferrero votò contro. Poi, certo, arrivò la Finanziaria che fu all'inizio corretta in senso redistributivo, così da suggerire quell'infelice manifesto, «Anche i ricchi piangono». Peccato che poi piansero anche i poveri, non a caso i fischi a Mirafiori se li beccarono sia i leader sindacali sia quelli del Prc, accolti nelle fabbriche non certo come vincitori. Nel frattempo - e questa può essere una mezza vittoria - riuscirono a bloccare l'offensiva di Fassino e Rutelli sulla Fase due del governo, ma fu una magra consolazione.

Poche settimane dopo infatti la sinistra radicale lanciò la sua parola d'ordine: risarcimento sociale. Che tra l'altro era un'implicita ammissione di sconfitta: finora abbiamo pensato al risanamento, quindi ai sacrifici, adesso dobbiamo aumentare salari e pensioni. Ma i salari sono rimasti fermi, le pensioni non aumentano (tranne quelle minime, un euro al giorno, grande vittoria), lo scalone viene trasformato in scalini, l'età per uscire dal lavoro cresce. Il risarcimento insomma non è arrivato e nemmeno si intravede all'orizzonte.

Così come non arriva la cancellazione della «famigerata» legge Biagi, e nemmeno la sua profonda modifica. Così come non è stata ancora neanche discussa la nuova legge sulle droghe che dovrebbe sostituire quella considerata super repressiva voluta da Fini. Per non parlare dei Dico, battaglia che non è stata magari la bandiera della sinistra radicale (concentrata troppo sulle questioni sociali e poco sui diritti civili) ma che comunque è andata male: i Dico non ci sono, e forse non ci saranno nemmeno i loro sostituti Cus.

Si dirà, ma c'è la politica estera. Giusto, il ritiro dall'Iraq per esempio. Peccato però che fosse stato deciso già prima delle elezioni. La missione in Libano? Perfetto, ma non è stata certo una battaglia della sinistra radicale, semmai del ministro degli Esteri. Così come è stato Massimo D'Alema a decidere di cambiare la linea della nostra diplomazia, in senso più antiamericano, più antiisraeliano e più filopalestinese. Rifondazione e gli altri possono al massimo applaudire, concordare, appoggiare, ma non certo rivendicare una loro vittoria. Se poi ci spostiamo in Afghanistan, altro che vittorie: i nostri soldati sono sempre lì, di ritiro non si parla più, sono arrivati anche i terribili Predator, e la tanto agognata Conferenza di pace, grazie alla quale la sinistra del centrosinistra si è autocostretta a votare e rivotare la missione, è morta prima di nascere. Vogliamo aggiungerci anche la base di Vicenza? Aggiungiamocela.

Sarebbe ingeneroso tuttavia non segnalare i (pochi) risultati ottenuti da questa parte della coalizione di governo, la nuova legge sugli immigrati, il piano sulla casa e l'indulto. Che purtroppo non si è rivelato una grande iniziativa, visto che gli stessi elettori del centrosinistra (e della sinistra) non hanno affatto gradito, e infatti nessuno dei suoi leader politici ha poi avuto il coraggio di rivendicarlo come una battaglia vinta, meglio stenderci sopra un velo pietoso.

Morale della favola. La sinistra radicale ha scelto il governo per cambiare il Paese secondo le sue idee ma si ritrova al massimo a ridurre il danno (sempre dal suo punto di vista), ossia a frenare gli eventuali eccessi di riformismo. Nulla di più. Non molto viste le sue ambizioni, anzi molto poco: e ne è così consapevole che si prepara a chiedere ai suoi elettori se deve restare o andarsene dal governo.


RICCARDO BARENGHI - 22.07.07 - lastampa.it

26 LUGLIO 2007, ORE 9-13 PIAZZA COLONNA

MANIFESTAZIONE ROMA

26 LUGLIO 2007, ORE 9-13 PIAZZA COLONNA, PAL. CHIGI


L’Italia sta seriamente rischiando di mancare l’obiettivo europeo del dimezzamento del numero delle vittime della ! strada entro il 2010.

L'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada invita tutti coloro che hanno a cuore la difesa della dignità umana, della vita e della salute oggi compromesse o distrutte sulla strada, a partecipare alla manifestazione del 26 luglio 2007 dalle ore 9 alle ore 13 dinanzi a Palazzo Chigi: lanciamo insieme un forte appello ai politici per raggiungere l'obiettivo europeo. Ed anzi, per superarlo!

L'Italia deve riscattarsi dall'immagine di ignominiosa superficialità che oggi offre di sé!

Sulle strade italiane continua la scandalosa, ingiustificata ed incivile carneficina: ogni giorno in media 617 incidenti stradali, con morte di 15 persone e il ferimento di altre 860, di cui circa 40 invalidi gravi; Roma, capitale d'Italia, è oggi anche la capitale europea degli incidenti stradali!

L'ETSC ha dichiarato che l'Italia è lontana dal raggiungimento dell'obiettivo europeo del dimezza! mento degli incidenti entro il 2010.

L'AIFVS non ci sta e! ritiene che un paese civile debba mobilitare le proprie istituzioni per raggiungere tale obiettivo ed anzi per superarlo, senza anteporre al valore della persona gli interessi delle aziende.

Ritiene, inoltre, che la strage è frutto di comportamenti di trasgressione delle persone e delle istituzioni, che con le loro inerzie ed omissioni la mantengono.A fronte di tali responsabilità, il Governo propone di incrementare le pene per i conducenti, ma non prevede alcuna sanzione per le istituzioni inadempienti.

L'AIFVS chiede che il Governo si attivi d'urgenza con un decreto legge per stabilire adeguate sanzioni anche per le amministrazioni locali che non ottengono entro i tempi indicati il risultato della diminuzione degli incidenti nel loro territorio, ponendo fine all'ingiustificato privilegio, e promuovendo comportamenti orientati a raggiungere obiettivi.Aiutiamo l'Italia a diventare un paese civile!

per comunicazioni o adesioni all’iniziativa, scrivete a:

manifestazione.roma@vittimestrada.org

Comunicato.pdf

La tv pubblica tedesca oscura il ciclismo

La scelta delle tv tedesche (Ard e Zdf) ha destato scalpore, ma in realtà era stata già annunciata nei giorni precedenti l'inizio del Tour de France."Al primo nuovo caso di doping sospendiamo la trasmissione della corsa", questa la minaccia puntualmente messa in atto mercoledì scorso appena giunta la notizia della positività ad un controllo anti-doping del ciclista della T-Mobile Patrick Sinkewitz.


In germania il nuovo ciclone doping sul ciclismo animato da quella Operazione Puerto e dalle pratiche del medico spagnolo Fuentes, lo stesso che ha travolto l'italiano Ivan Basso, ha fatto vittime eccellenti, Jan Ullrich su tutti. Molti dei campioni del passato della T-Mobile (la squadra ciclistica tedesca più importante) hanno ammesso in questi mesi di aver fatto uso di doping durante la loro carriera. Già molti quotidiani tedeschi prima dell'inizio del Tour avevano annunciato la scelta di trascurare volutamente la parte sportiva dell'evento per dare un segnale morale forte ed inequivocabile, le due tv si erano solo poste il limite di attendere l'arrivo di un nuovo caso.


L'oscuramento in realtà è durato solo un giorno perchè alla rinuncia di Ard e Zdf si è fatta avanti la tv privata Sat 1 che ha iniziato a trasmettere la corsa a tappe per eccellenza dopo solo un giorno di buio effettivo.


Resta comunque la decisione senza precedenti che rende palese la perdita di credibilità del movimento ciclistico, una perdita di credibilità apparentemente inarrestabile che trova nuova linfa negli scandali senza soluzione di continuità che coinvolgono grandissimi nomi. I tifosi sono ormai tristemente abituati a non potersi innamorare di nessuno dei loro beniamini senza rischiare cocenti delusioni.


Ovviamente il dibattito sulla decisione della tv pubblica tedesca, sulla sua efficacia e non solo, è pienamente aperto.

Vi proponiamo un sondaggio per esprimere il vostro gradimento, nei commenti (come sempre) lo spazio per approfondire le vostre ragioni e per un confronto, misurato, su questo tema.


domenica 22 luglio 2007 - tvblog.it

Abusi sessuali nel falso centro contro l'anoressia

Anche sospetti di abusi sessuali nel falso centro contro l'anoressia


COMO - Non solo finti medici e truffatori. Nelle sedute per uscire dal tunnel dell'anoressia c'entrava anche il sesso - o almeno il tentativo di farlo - e una delle pazienti, che si è uccisa il 2 settembre 2005, potrebbe essere stata per questo spinta al suicidio.

La procura di Como indaga sulla presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'esercizio abusivo della professione medica, sette le persone coinvolte tra cui un sedicente professor W.B e altre sei persone. Il gruppo è titolare di un centro terapeutico per persone sofferenti di anoressia e bulimia a Cascina Respaù di Como nonostante nessuno di loro sia in possesso dei titoli necessari per la professione e gestire un centro così delicato.

Gli investigatori però non si fermano a questo. La loro attenzione è adesso concentrata sul diario di Daniela, una giovane residente a Morbegno (Sondrio), che si suicidò il 2 settembre 2005. La ragazza raccontava - e a quanto pare ne ha scritto - di rendersi conto, senza equivoci, delle particolari attenzioni a sfondo sessuale che le venivano praticate durante le sedute mediche nell'ambito delle cure cui si stava sottoponendo per guarire dalla anoressia.

Questo avrebbe convinto il sostituto procuratore comasco Mariano Fadda ad acquisire il diario nell'inchiesta. Il magistrato, anzi, starebbe per contestare anche il reato di induzione al suicidio. L'aspetto delle violenze sessuali che potrebbero essere state commesse nel centro terapeutico di Cascina Respaù, era già emerso nelle scorse settimane quando P.B., uno degli indagati, è stato indagato per violenze sessuali da un'altra procura.

Le indagini hanno già permesso di raccogliere la testimonianza di decine di ragazze che nel corso degli anni sarebbero passate da Cascina Respaù pagando anche 250 euro al giorno per cure terapiche che, secondo l'accusa, venivano praticate senza che i medici avessero i titoli validi, almeno in Italia, per farlo.

21 luglio 2007 - repubblica.it

Le pensioni pagate coi soldi dei precari

Le pensioni ai cinquantenni pagate coi soldi dei precari


La controriforma delle pensioni di Prodi rappresenta un monumento al privilegio. Per l’ottusa richiesta sindacale di mandare in pensione i cinquantenni, si fa pagare il conto a chi guadagna mille euro, lordi. Vediamo perché, citando e compulsando solo numeri pubblici, forniti dallo stesso esecutivo.

Il costo della controriforma, secondo i dati di Schioppa, è di dieci miliardi (anche se alla fine l’onere sarà maggiore). E il 44 per cento (4,4 miliardi) di questi maggiori costi (o mancati risparmi) per le casse pubbliche arriveranno dagli aumenti dei contributi che pagheranno i cosiddetti lavoratori parasubordinati.

L’Inps, l’ente pubblico di previdenza italiano, ha scattato una interessante fotografia di questo variegato mondo. Dentro c’è di tutto: ex collaboratori coordinati e continuativi (i vecchi Co.co.co), i nuovi collaboratori a progetto, collaboratori occasionali, lavoratori autonomi occasionali, i dottori di ricerca universitaria, venditori porta a porta e così via. Un mondo di precari che sfiora il milione e 800mila persone. Alcuni di loro sono molto giovani, giovanissimi appena affacciatisi sul mondo del lavoro. Altri sono studenti che arrotondano. Qualche decina di migliaia sono pensionati che svolgono qualche lavoretto. Molti sono lavoratori che non hanno trovato un’occupazione fissa. È un mondo variegato fatto di mille professioni e di estreme flessibilità. Ma una cosa, mediamente, hanno in comune. Con i quattrini che guadagnano campano a stento. Sempre secondo l’Inps (e non secondo i dati di un centro di ricerca della destra liberista) il loro reddito medio annuo nel 2005 è stato di 14.776 euro. A cui sottrarre le imposte sul reddito (il nostro fisco criminale applica a taluni di questi redditi perfino l’Irap) e 2.395 euro a testa di contributi previdenziali (il dato è fornito dall’Inps).

Rimettiamo in fila i concetti. I parasubordinati guadagnano in media poco: 1.200 euro al mese. A ciò debbono sottrarre le imposte sul reddito (che variano a seconda delle proprie condizioni personali) e 200 euro al mese di contributi previdenziali. Cosa si inventano Prodi e soci? Diamo un’altra botta a costoro. Aumentiamo la percentuale del loro reddito che dovrà essere prelevata come contributo previdenziale: con la controriforma si porta il prelievo a oltre il 26 per cento. Prima che Prodi mettesse il naso a Palazzo Chigi il livello era intorno al 19%. Sette punti in più di contributi previdenziali sulla fascia di popolazione che guadagna meno, che soffre di più, che ha minori certezze sul proprio impiego.


Cosa fareste se foste in questa condizione e sentiste qualcuno raccontarvi che la controriforma delle pensioni è «equa e giusta» come hanno detto Prodi e Schioppa? Come si può digerire che 4,4 miliardi di maggiori entrate pensionistiche necessarie per far andare prima in pensione i cinquantenni siano sottratte ai più deboli? Il 44 per cento della folle generosità di Prodi e soci è a carico di un milioni e 800mila persone che non hanno neanche la forza economica e organizzativa per protestare, per urlare compatta. Non si tratta neanche del popolo delle partita Iva, di berlusconiana memoria, è un gradino sotto.

Ovviamente le vie dell’inferno sono lastricate di ottime intenzioni. E sindacati e governo dicono: «Più contributi sui parasubordinati permetteranno loro di avere una pensione». Sì, bumm. Resta un piccolo particolare. I maggiori contributi (6 punti percentuali sul reddito dei più deboli o 4,4 miliardi, come si preferisce) si richiedono per coprire il buco che si crea per i cinquantenni. Questi quattrini si possono, se la logica ancora esiste, essere utilizzati una sola volta: o per pagare le pensioni anticipate ai cinquantenni o per alimentare le pensioni per i parasubordinati di oggi. Le favole questo governo le raccontasse ai propri figli. È proprio quello che fa.

di Nicola Porro - domenica 22 luglio 2007 - ilgiornale.it

Pedofilia - Sospesi 800 «caschi blu» dell'Onu

Un intero contingente, quello marocchino, è stato sospeso oggi e rimane confinato nella sua caserma in Costa d'Avorio, in seguito alle accuse di stupro di minorenni e sfruttamento della prostituzione

NEW YORK – La misura è senza precedenti: un intero contingente di caschi blu, quello marocchino, composto da circa 800 uomini, è stato sospeso oggi e rimane confinato nella sua caserma in Costa d’Avorio, in seguito alle accuse di stupro di minorenni e sfruttamento della prostituzione.

La decisione, si sottolinea al Palazzo di Vetro a New York, è il frutto della politica di tolleranza zero avviata dall’ex segretario generale Kofi Annan, dopo un primo scandalo a sfondo sessuale che aveva coinvolto in passato caschi blu nella repubblica democratica del Congo, e dopo anni di impunità perchè i casi sarebbero in realtà decine, in tutto il mondo.

Un’inchiesta completa è in corso, ma le prime indicazioni, emerse quando era stato chiesto alle vittime (che come spesso succede non denunciano spontaneamente fatti di questo tipo) se avevano subito violenze, sono particolarmente pesanti. Un portavoce della missione, l’Onuci, ha confermato che i militari marocchini sono rimasti in caserma.“Ciò vuole dire che non partecipano alle nostre operazioni», ha precisato il portavoce Hamadoun Toure, aggiungendo:“Chi sarà riconosciuto colpevole sarà rimandato a casa».

Le accuse riguardano soldati di stanza nella città di Bouake sui quali le Nazioni Unite hanno aperto un’inchiesta, chiedendo inoltre ai diplomatici di Rabat presenti al Palazzo di Vetro di rispondere appena possibile e di fornire tutte le informazioni disponibili.

Secondo fonti Onu a New York centinaia di militari marocchini di stanza a Bouake avrebbero avuto relazioni sessuali con ragazze minorenni.

Complessivamente circa 9mila caschi blu sono dislocati in Costa d’Avorio, provenienti da una quarantina di paesi. I marocchini di Bouake lavoravano insieme con poliziotti del Bangladeh, ingegneri pachistani e medici del Ghana.

L'estensione fino a gennaio della missione in Costa d’Avorio era stata decisa dal Consiglio di Sicurezza proprio questa settimana e i caschi blu lavorano in collaborazione con le forze armate della Francia, l’ex potenza coloniale, per appoggiare il processo di pace dopo l’accordo tra il presidente Laurent Gbagbo e il leader dei ribelli Guillaume Soro.

21/7/2007 - lagazzettadelmezzogiorno.it

Più infettati dal virus Hiv

Più infettati dal virus Hiv, colpa della scarsa attenzione
L'Azienda ospedaliera fa appello a chi abbia avuto rapporti sessuali a rischio anche per breve periodo di sottoporsi al test, solo così la terapia può essere iniziata nei tempi giusti

REGGIO EMILIA (21 lug. 2007) - Sono in aumento nella provincia di reggio Emilia i soggetti riscontrati sieropositivi dal test HIV. Questo quanto dimostrato dai dati semestrali rilevati al 30/06/2007 dalla Struttura Complessa di Malattie Infettive della provincia. I soggetti sieropositivi sono in totale 2111 (erano 2072 al 31 dicembre 2006). La suddivisione per tipologia è la seguente:

Tossicodipendenti 1352
Omosessuali e bisessuali 208
Tossicodipendento omo/bisex 50
Figli di madri Hiv+ 2
Partner eterosessuali di soggetti Hiv+ 477
Politrasfusi 2
Emofilici 1
Classificazione incerta 19

Il numero complessivo dei casi conclamati di A.I.D.S. denunciati alla data del 30 giugno 2007 - informa la direzione sanitaria del Santa Maria Nuova - è di 512 mentre i deceduti per patologie correlate all'A.I.D.S., nel corso del I° semestre 2007, sono stati 12 di cui 6 femmine (4 tossicodipendenti e 2 eterosessuali) e 6 maschi (3 tossicodipendenti, 2 eterosessuali e 1 omosessuale) che aggiungendosi a quelli al 31.12.2006 (390) raggiunge il numero di 402 decessi.

Il dato significativo è la crescita del numero di sieropositivi nella fascia di popolazione eterosessuale (passato da 461 del 30/12/2006 ai 477 del 30/06/2007).

Il direttore della Struttura di Malattie Infettive del Santa Maria Nuova - Giacomo Magnani - conferma l'allentarsi della attenzione sul rischio di contrarre l'infezione.

Questo è dimostrato dalla netta diminuzione - da due anni a questa parte - del numero di reggiani che si sottopongono al test HIV. Il professionista spiega che oltre il 60% dei nuovi casi di sieropositività è stato riscontrato in soggetti che, anche per un periodo breve, hanno avuto comportamenti sessuali promiscui ma che non appartenendo alla fascia di popolazione tradizionalmente a rischio - tossicodipendenti ed omosessuali - non sanno di avere contratto l'infezione.

L'appello è quello di sottoporsi al test che, va ricordato, è anonimo e gratuito per tutti. È fondamentale individuare precocemente l'eventuale sieropositività poiché l'avvio tempestivo del trattamento terapico consente di condurre una vita normale per un tempo più lungo.


22.07.07 - emilianet.it

L’afa si vince bevendo l’acqua

La disidratazione è il primo pericolo per gli anziani. Vietati alcol e caffè

IN città si moltiplicano gli appelli per fare bere gli anziani. Federanziani ha proposto per la terza età un decalogo che parte dall'appello rivolto ai familiari affinchè si accertino che la prima regola venga rispettata: farli bere perchè spesso non sentono la sete. «L'allerta riguarda gli anziani che vivono da soli, spesso ai piani alti dei palazzi, in appartamenti piccoli. Hanno problemi di salute e forse solo la pensione minima. Vogliano lanciare - ha dichiarato Roberto Messina, presidente di Federanziani - un appello alle famiglie italiane affinchè si accertino che i loro nonni assumano abbastanza liquidi». Secondo dati recenti, un ultra-75 enne su sette residenti nei quartieri storici delle grandi città vive da recluso perchè senza ascensore. E uno su tre è poco o per nulla autosufficiente. Gli anziani, per un problema di ormoni che non producono più, non si rendono conto che durante la giornata non assumono abbastanza liquidi, ed in realtà si disidratano molto facilmente. Dieci bicchieri al giorno di acqua è la dose ideale secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Bene anche il thè, soprattutto se tiepido, da evitare, invece, bevande gasate, in particolare se contengono caffeina e anche troppe tazzine di caffè: sono diuretici e causano una perdita di liquidi invece di rimpiazzarli. Tassativamente vietato l'alcol. Ed ecco un decalogo per affrontare l’emergenza caldo compilato dagli esperti. 1) Bevete molti liquidi, almeno un litro e mezzo al giorno 2) Arieggiate l’ambiente 3) Evitate di uscire nelle ore più calde 4) Consumate pasti leggeri: pasta, frutta, verdura, gelati. 5) All'aperto riparatevi il capo dal sole 6) In caso di mal di testa dopo una prolungata esposizione al sole, fate impacchi con acqua fresca per abbassare la temperatura corporea. 7) Indossate abiti leggeri, chiari, di tessuti naturali 8) Non interrompete nè sostituite i farmaci, ma consultate sempre il vostro medico 9) Non sostate in automobili ferme al sole 10) Possibilmente andate in vacanza in località collinari e termali.


domenica 22 luglio 2007 - iltempo.it

Basta guerre nel mondo!