La stampa e i giovani

"La stampa e i giovani": il tema dello stage formativo all'Ufficio Stampa del Congresso di Stato


Cinque studenti 80 ore di lavoro analizzando oltre 400 articoli su 9 testate, fra sammarinesi e italiane, ma anche conducendo sondaggi e intervisti fra i loro coetanei. La normalità non fa notizia, forse perché ormai la trasgressione è consuetudine. Ma i giovani sani e portatori di valori positivi non trovano spazio nelle pagine dei quotidiani. Un’immagine dunque spesso falsata quella che i media restituiscono dell’universo giovanile. A queste conclusioni sono giunti i ragazzi dello stage all’Ufficio stampa del Congresso di Stato. In un’ampia relazione tirano le somme dell’analisi su 166 articoli di stampa locale e 243 di stampa italiana
Si parte dalla rappresentazione dei fenomeni devianti, in primis, il cosiddetto “Bullismo”. L’attenzione va agli episodi di violenza avvenuti durante il tempo libero, ma poco si sa di quanto accade nelle mura scolastiche: dalla banda delle biglie, al teppismo al parco Ausa, fino alle risse, in territorio. Trovano invece spazio sulle pagine sammarinesi i temi dell’abuso di alcol e stupefacenti, anche attraverso le testimonianze: bere – dicono i ragazzi – è un comportamento obbligato per sentirsi integrati e parte di un gruppo. Si parla genericamente di disagio: dalle azioni delle baby gang alle presunte sette sataniche, atti estremi fino al suicidio.
La trasgressione degli adolescenti fa notizia: dalle scritte su edifici scolastici, alla profanazione di simboli sacri, anche quando non è certo che autori di tali atti siano effettivamente ragazzi.
Poco trattati, infine, i temi del lavoro e dell’istruzione per i giovani, se non come rassegna delle misure prese per incentivare o regolamentare, da parte di governi o istituzioni.
“Uno specchio poco fedele” – questo pensano i ragazzi della stampa, che parla di loro. Troppi pregiudizi e imprecisioni, relative, poi, ai soli episodi negativi che segnano l’universo giovanile. Molte, infine, le responsabilità che vengono attribuite alle istituzioni, viste come incapaci di far fronte al disagio.


11/08/07 - sanmarinortv.sm

Zurigo vibra al ritmo della musica techno

La città sulla Limmat accoglie questo fine settimana l'annuale Street Parade, il più grande "dancefloor" a cielo aperto d'Europa. Il lungolago di Zurigo è stato preso d'assalto da centinaia di migliaia di ravers.
La manifestazione è iniziata con un corteo di 23 carri e proseguirà in modo eclatante per tutta la notte.

Zurigo è ancora una volta la Mecca degli appassionati di musica techno e house. Alla 16esima edizione della Street Parade, che quest'anno ha seguito il motto "Respect!", partecipano secondo gli organizzatori tra le 600 e le 900 mila persone (800mila nel 2006).

La festa - animata da oltre 200 DJ da tutto il mondo - ha preso il via alle 13.00 con una serie di cosiddetti warm ups nei cinque palchi allestiti sul lungolago zurighese.

Nel pomeriggio le "love mobiles" hanno poi iniziato a sfilare lungo il tradizionale percorso dal quartiere di Seefeld al Mythenquai, per un tragitto di 2,4 chilometri.

«Un percorso più bello non esiste», secondo il portavoce della manifestazione Stefan Epli.

Ridotti carri e budget

Oltre al rispetto reciproco, questa edizione è pure all'insegna del ridimensionamento: il numero delle love mobiles - i carri che diffondono musica techno - è stato ridotto a 25 (due però non si sono presentati al via), contro i 37 di un anno fa.

Questo per dare ad ogni carro una «maggiore presenza sul tracciato della parata», ha spiegato Epli.

In seguito all'abbandono di uno sponsor, anche il budget del megaevento si è ridotto di circa un quinto a 1 milione di franchi.

Come l'anno scorso, le Ferrovie federali svizzere mettono a disposizione 110 treni supplementari e i trasporti locali (tram, bus e treni) circoleranno fino a notte inoltrata.

Analizzare le proprie droghe

Imponenti come sempre anche le misure per garantire la sicurezza della manifestazione, con 3000 volontari e circa 200 fra infermieri, samaritani e medici. La polizia zurighese ha precisato che l'evento rappresenta un'occasione per prepararsi in vista del Campionato europeo di calcio del 2008.

L'Istituto svizzero di prevenzione dell'alcolismo e altre tossicomanie ha messo a disposizione un numero telefonico gratuito per informare sui rischi delle droghe da «sballo».

Alla Mainstation Party organizzata nella stazione centrale di Zurigo, i raver hanno la possibilità di far analizzare il contenuto delle pasticche in circolazione, ha reso noto il Dicastero cittadino delle opere sociali.

Gli operatori sociali hanno inoltre messo l'accento sul consumo di alcol da parte dei più giovani, un fenomeno che secondo gli esperti diventa sempre più preoccupante.

Come da tradizione, la festa non finirà con la sfilata in riva al lago, ma continuerà per tutto il week-end con un centinaio di party nei club e nelle discoteche dell'intera città.

swissinfo e agenzie - 11/08/07 - swissinfo.org

Fa prostituire moglie e la violenta

Fa prostituire moglie e la violenta, arrestato pregiudicato quarantenne di Sesto Fiorentino


11/08/2007 - La donna ha denunciato il marito alla polizia. Secondo le sue dichiarazioni, era lui ad accompagnarla sul marciapiede e a picchiarla se l'incasso non lo accontentava. Il marito-padrone era stato scarcerato ad ottobre per effetto dell'indulto

Tredici anni di abusi e violenze, di botte e minacce. La vittima, una donna di 40 anni, ha trovato il coraggio di ribellarsi, di sporgere denuncia e di mettere fine all'incubo. In carcere e' finito il marito-padrone, un pregiudicato italiano di 40 anni, tornato in liberta' lo scorso ottobre grazie all'indulto. L'arresto e' scattato ieri: gli agenti del commissariato di Sesto Fiorentino, che nei giorni scorsi avevano raccolto la disperata denuncia della donna, hanno notificato la richiesta di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Firenze. Pesanti le accuse dalle quali l'uomo dovra' difendersi: violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione, minacce, percosse e lesioni continuate. Una vita d'inferno, il degrado delle botte e della violenza sessuale, fino al marciapiede. La donna, secondo quanto ha denunciato il primo agosto, veniva costretta dal marito a prostituirsi in strada. La polizia, coordinata dal sostituto procuratore Pietro Suchan, ha accertato che l'uomo accompagnava la moglie sul marciapiede, controllava il suo lavoro, interveniva se qualcuno la disturbava, poi le prendeva i soldi e la riportava a casa. Insomma, il classico protettore che - questo ha raccontato la moglie - alzava le mani se l'incasso non lo accontentava. In un'occasione, inoltre, la donna sarebbe stata violentata e brutalmente picchiata tanto da farla finire in ospedale. La donna ora vive in casa di amici, lontano da Sesto Fiorentino, in un posto sicuro. La polizia lancia un appello alle vittime di violenze familiari: 'Denunciate'.


11/08/07 - toscanatv.com

Terme di Angolo: il No Alcol Festival

(red.) Angolo Terme (provincia di Brescia, in Valle Camonica) ospiterà la sera del prossimo giovedì 16 agosto nel Parco delle Terme, la prima edizione del No Alcol Festival, un evento a base di bevande analcoliche, musica, frutta e sport.
I musicisti che hanno raccolto l'invito sono stati Enrico Zani che, insieme con Stefano Calzavacca, forma il duo "Gli amici di tua moglie", Melissa Orefice, i bresciani Piergiorgio e Charlie Cinelli, Bepi e, per chiudere, Omar Pedrini con la sua band. Il No Alcol Festival offre anche la possibilità di tornei di beach volley durante la serata che si terrà al bacco Beach, all’interno del Parco delle Terme


10.08.07 - quibrescia.it

Oltre le soluzioni private

DROGA, ANDARE OLTRE LE SOLUZIONI PRIVATE
Cosa ci lascia oggi il buco nero di Gelmini? Colpevole o innocente che sia?
Cerchiamo oggi, di portarci alla chetichella oltre i fatti pur gravi di questi giorni per gettare lo sguardo su di uno scenario inquietante per ciò che riguarda le politiche sociali in materia di droga. Uno scenario che è sul palcoscenico della politica da molto tempo ma che, dopo questi ultimi fatti, bisognerà affrontare davvero, per non correre il rischio che sia un domani l’Europa stessa a costringerci a farlo.
Dunque, oltre ovviamente alle «comunità», come risposta al problema oggi abbiamo i Sert che, benché bistrattati un po’ da tutti (e spesso a ragione), restano però l’unica risposta presente capillarmente sul territorio da parte dello Stato. Sono dei servizi a mezzo servizio si può dire, privati come sono oggi della possibilità di adoperare nella lotta medico scientifica alla malattia droga (così come definita dall’OMS, «malattia cronica e recidivante»), di quasi tutti gli strumenti farmaceutici adoperati in altri Paesi, nonché di ogni possibilità di ricerca autonoma, e perfino dei più banali strumenti psicoterapici maggiormente adatti alla bisogna. Ma sono comunque strutture funzionanti, zoppicanti, con le mani legate dalla legge ma ci sono. Potremmo ripartire da lì?
La «super nova Gelmini» ci deposita poi sul groppone un intero universo, una galassia di piccole medie e gigantesche comunità, spesso in lotta accanita tra loro su metodi, presupposti e adesso tragicamente anche in cronica carenza di clienti, nonostante le sbandierate cifre e richieste fantasma che, se vagliate una per una, mostrerebbero una realtà ben diversa, essendo inoltre uno dei canali migliori che gli extracomunitari, tossici e non tossici adoperano, per avere un tetto sul nostro territorio.
Per fortuna per andare in comunità bisogna passare per i Sert, ci diano oggi i Sert queste cifre e vedrete che le decine di migliaia di adepti pronti al portone delle comunità sono solo l’ennesimo bluff di un sistema che in Italia ha fatto più danni che altro bloccando il Paese in politiche retrograde e facendo in modo che rigettasse tutto ciò che di scientifico proveniva dal mondo della ricerca. Così sulla questione droga ripartiamo con quindici anni di ritardo sugli altri.
Eh si, perché finita l’emergenza eroina, che vomitava in queste strutture un numero impensabile di persone che per storia, esperienza e istruzione avrebbero meritato ognuno un approccio ed un terapia diversa, grazie ai nostri santoni siamo andati a cercare la panacea, la «soluzione finale».
Eccovela servita oggi la soluzione finale, condita con il probabile processo a Gelmini, ma cosa faranno adesso le sue 107 (o sono 170?) strutture già strapiene di casi umani di ogni tipo, di cui molti con la droga non hanno assolutamente nulla a che fare? E cosa faranno le altre? Sono pronte a confrontarsi con una tipologia di «drogato» poliassuntore di sostanze diverse, che non si considera affatto drogato, ma soltanto «esagerato» come la recente vicenda del parlamentare a luci rosse ci rammenta?Cosa ne faremo? Li trasformeremo tutti in tossicodipendenti? Manderemo nelle vacanti strutture i giovani presi con lo spinello e i parlamentari con il naso sporco di coca? Anche loro da Gelmini? A zappare? Certo non gli farebbe male, ma è purtroppo molto poco credibile perché, se poi venissero violentati, la responsabilità sarebbe solo nostra, e un parlamentare abusato e certo cosa più grave di un povero Cristo minorenne.
Ed ancora, sanno oggi nelle comunità cosa sono le «smart drugs» le droghe legali del futuro e come impedirne l’abuso quando arriverà presto anche da noi? O ci limiteremo come sempre a fornire un calcio in bocca e una zappa anche a gente super istruita, e preparata che magari ha perso un momento la «brocca» mentre affrontava un esame di fisica quantistica troppo impegnativo?
C’è da ridere o da piangere? Non so ma una cosa è certa: i tempi sono cambiati e prima ce ne accorgiamo meglio sarà per tutti.
Insomma, tranne alcuni casi rari come il gruppo Abele che ha svolto in questi anni un lavoro serio e profondo a 360 gradi e che quindi non va annoverato tra queste realtà minori o tra i grandi condottieri «gelmin-muccioliani», qui c’è bisogno di ripensare subito ad una politica sociale adatta ai tempi che stiamo vivendo, che si occupi sì degli eroinomani rimasti nelle piazze di Scampia o del Giambellino, ma che soprattutto guardi al futuro, al cocanoimane socialmente integrato che ogni mese finisce in prima pagina, perché situato in luoghi di potere e che magari dopo una sniffata di troppo può essere in grado non solo di licenziare per frustrazione il suo miglior collaboratore ma di compiere chissà quali casini annebbiato da una droga che esalta in tal modo le performance dell’Ego, da render ciechi anche alle cose più ovvie.
È il momento anche che la destra in buona fede ma male informata, cominci a prendere atto che queste mega-strutture con concorso ippico annesso, non sono luoghi idonei, né forse lo sono mai stati, al trattamento di un problema fondamentalmente medico e psicologico.
Siamo un paese ostico a comprendere, c’è voluto uno scienziato come Veronesi per allontanare perfino dalla classe medica il terrore delle cure contro il dolore che utilizzano oppioidi, ed ora abbiamo finalmente un popolo malato che soffre meno inutilmente, ma di Veronesi ne abbiamo uno solo e ce lo siamo fatto scappare. Adesso si tratta di andare avanti solo con la forza della scienza e della ragione, e trovare delle soluzioni, presto.
Sappiamo che gli interessi in ballo sono forti e che avremo ancora grida isteriche per il paese, e minacce di catastrofiche adunate di microcriminali in libertà perché non ci sono più i vari Gelmini a «curarli».
Sappiamo oggi però molte cose in più su quello che accade in queste strutture e sono cose di cui dobbiamo tenere conto, una volta e per tutte, per arrivare finalmente ad una riforma equa che ci riporti in parità con chi nel mondo sta tirando il carro e risolvendo i propri problemi sociali, senza crocifissi, senza magie carismatiche, e soprattutto senza violenze gratuite e senza colossali sprechi di denaro pubblico.


di Marco Salvia - 11/08/07 - antiproibizionisti.it

Brescia, dedica a Hina

Brescia dedica a Hina Salem un centro medico transculturale


Brescia ha intitolato oggi il centro di salute internazionale e medicina transculturale a Hina Salem, la giovane pachistana uccisa dai parenti esattamente un anno fa a Sarezzo solo perché aveva deciso di vivere all'occidentale. Alla cerimonia anche la vicepresidente della Regione, Viviana Beccalossi, che aveva sostenuto l'idea, chiedendo che Hina non fosse dimenticata

«Con la cerimonia di oggi - ha detto - raggiungiamo un traguardo che ritenevamo indispensabile, e cioè che la voce di Hina potesse continuare a farsi sentire. La sua storia resterà indelebile, una vicenda tristissima alla quale tutti hanno rivolto la massima attenzione con quella riservatezza e quello spirito critico che ha sempre contraddistinto la nostra gente».

Nel 2006 il centro di medicina internazionale, ora intitolato a Hina, aveva erogato circa 9.750 visite, mentre nei primi sei mesi del 2007 ne sono già state effettuate quasi 6.000. L'obiettivo ora è che anche attraverso le cure gli immigrati possano essere aiutati con informazioni certe e puntuali a regolarizzare la loro permanenza in Italia.


11/08/07 - eco.bg.it

Roma, un morto e due ricoverati per overdose

Droga: Roma, un morto e due ricoverati per overdose


ROMA - Un uomo di 40 anni e' morto e altre due persone sono state salvate in extremis per overdose oggi a Roma in un'abitazione nella zona di San Giovanni. I tre si erano trovati nella casa della nonna della vittima per bucarsi. L'intervento dei medici del 118 ha permesso di salvare almeno due persone. Sul posto sono intervenuti anche gli agenti del commissariato Porta Maggiore. (Agr)


11/08/07 - corriere.it

Morti quattro bambini rom

Morti quattro bambini nell'incendio di una capanna a Livorno
I bimbi, tutti di nazionalità romena, avevano tra i 4 e i 10 anni
Al comando dei Vigili del fuoco è arrivata una chiamata per un incendio di sterpaglie, ma quando i pompieri sono arrivati sul posto indicato, hanno trovato una baracca di legno e lamiere completamente avvolta dalle fiamme. Le persone della zona hanno subito fatto presente che si trattava di una capanna frequentata da rom. Spento l'incendio, i Vigili del fuoco hanno trovato i corpi semicarbonizzati dei quattro bambini. I bambini deceduti, tutti di nazionalità romena, si chiamavano Eva di 10 anni, Danchiu di 8 anni, Lenuca di 6 anni, Nengi di 4 anni, e sarebbero legati da vincoli di parentela diversi tra loro e sui quali sono in corso accertamenti. Accertamenti sono ancora in corso sulle origini dell' incendio. I genitori di alcuni dei bambini morti nell'incendio sono da alcune ore in questura per essere ascoltati dagli inquirenti e ricostruire le dinamiche dell'accaduto. A quanto si è appreso, i due vivono di espedienti, lavando i vetri delle auto ai semafori e chiedendo le elemosina in strada.La baracca in legno dove i quattro bambini sono morti è collocata sotto un cavalcavia lungo Pian di Rota, alla periferia industriale, vicino alla raffineria in località Stagno. La baracca, larga una decina di metri per quattro, é stata completamente distrutta. Al momento non è possibile sapere l'origine dell'incendio. Sul posto personale dei vigili del fuoco di Livorno, polizia di stato e polizia scientifica, carabinieri, il magistrato di turno e il medico legale. (ANSA).

11/08/07 - intoscana.it

Ucciso in piscina davanti a moglie e figli

Non conoscono pausa estiva i killer di camorra. E sono stati attimi di terrore ieri al parco acquatico «Magic World» di Licola, in provincia di Napoli. Nessuno scrupolo, nessuna pietà: in due sono arrivati su uno scooter, si sono avvicinati alla folla in coda alle biglietterie e una volta inquadrato il bersaglio hanno aperto il fuoco. Ammazzando un uomo di fronte alla moglie e ai suoi due bambini.
La vittima, 46 anni, si chiamava Nunzio Cangiano, pregiudicato, già noto alle forze dell’ordine e ritenuto vicino al clan degli «scissionisti». Due proiettili lo hanno fulminato centrandolo alla testa mentre si trovava con la moglie e i suoi due figli, di 8 e 14 anni.

Panico e fuggi fuggi tra la gente che era in fila per pagare il biglietto d’ingresso al parco che sorge sul litorale flegreo, tra Licola e Varcaturo. Ma nonostante l’accaduto, il Magic World non ha bloccato le sue attività anche se sono stati molti quelli che hanno abbandonato scivoli e giochi d’acqua. Molti di coloro che erano all’interno, però, non si sono accorti di nulla. Da lettini e sdraio, gli ostinati della piscina poi quasi si giustificavano: «Abbiamo sentito solo dei colpi, ma pensavamo che fossero dei fuochi d’artificio per qualche festa patronale». Altri clienti dell’acquapark raccontano di aver capito che stava succedendo qualcosa solo quando hanno visto gli addetti alla vigilanza correre frettolosamente verso gli accessi, protetti da tornelli che si aprono con l’inserimento del biglietto.

Cangiano era considerato uno dei fedelissimi del gruppo degli scissionisti, gli antagonisti del clan Di Lauro del quartiere Secondigliano. Il controllo per il traffico degli stupefacenti, negli scorsi anni, ha provocato decine di agguati e numerosissimi morti. Da alcuni mesi, però, lo scontro tra le bande rivali sembrava essersi bloccato: l’omicidio di ieri lascia intuire che potrebbe essersi riaperta la guerra di camorra per il controllo dei traffici illeciti. Una faida esplosa tre anni fa per il controllo milionario della droga nell’area a nord di Napoli. E che ha lasciato sul terreno decine e decine di morti ammazzati. Sebbene non possano escludersi le piste che portano a una resa dei conti all’interno del cartello stesso degli «scissionisti», o ad uno scontro con un’altra cosca cittadina, la faida di Scampia rimane l’ipotesi più accreditata per spiegare la plateale esecuzione di Nunzio Cangiano, un ex fedelissimo del boss Di Lauro passato agli scissionisti. Decapitato dagli arresti messi a segno dalle forze dell’ordine, e decimato dalle esecuzioni dei rivali e dai cambi di maglia il clan di Di Lauro, forse sta cercando di rialzare la testa.


11/08/07 - ilgiornale.it

Tutti a spasso

L’Italia è una repubblica fondata sul delirio. Inutile ricorrere a un giureconsulto per farsi spiegare quel che è successo ieri, nell’incubo di una mattina di mezza estate, fra Sanremo, Pinerolo e Latina: il triangolo della giustizia in bermuda, anzi in mutande. Meglio sarebbe interpellare lo psicanalista, oppure un Kafka a rovescio, come a rovescio è il funzionamento del diritto in questo Paese.

Cominciamo il nostro viaggio da Sanremo, dove il signor Luca Delfino ha sgozzato l’ex fidanzata a pochi metri dalla sede del Festival, fra decine di passanti ignari e inorriditi. Lo hanno acciuffato mentre ancora infieriva sul corpo della donna. Le foto della scena del delitto, che ovviamente non vi mostriamo, hanno sconvolto lo stomaco persino a noi giornalisti, noti ciniconi. Ebbene, dell’autore di questo scempio ebbe già modo di occuparsi la Questura di Genova alla fine del 2006, indagando sull’omicidio di un’altra sua ex. Il Delfino apparve subito come il probabile colpevole: non aveva un alibi, era stato l’ultimo a vedere la vittima da viva, nelle ore successive all’omicidio si era improvvisamente tagliato barba e capelli, le perizie psichiatriche lo definivano «una personalità disturbata e socialmente pericolosa». Come se non bastasse, esistevano sospetti fondatissimi che in passato avesse architettato un’esplosione di gas in casa della signora, al chiaro scopo di farla saltare per aria. I magistrati lessero con grande gusto il dossier della polizia e, dopo lunghe riflessioni, decisero di lasciar fluttuare il Delfino libero e bello per le vie della Liguria, alla ricerca di altre ex da perseguitare.

Missione compiuta. Stavolta l’hanno preso col coltello in funzione e si spera che la flagranza riesca almeno a prenotargli un breve soggiorno in galera. Ma nemmeno questo è sicuro, dopo che a Latina hanno liberato in poche ore un pastore sorpreso ad appiccare incendi nei boschi per allargare lo spazio vitale dei suoi pascoli. Era recidivo e nella sacca gli hanno trovato 17 inneschi: uno per ogni incendio che intendeva scatenare. Poiché però, e per fortuna, è stato fermato prima che il fuoco divampasse, lo si è potuto accusare solo di tentato incendio. Quindi, in nome della Legge, si è deciso di tenerlo dentro fino a pranzo ma di lasciarlo uscire subito dopo, in tempo per una sigaretta digestiva. Prego, signor pastore, vuole accendere? Meglio un colpevole fuori che un innocente in galera, ci ricordano i tanti innocenti finiti dentro anche solo per un giorno.

Ma questa verità non lenisce la rabbia per il colpevole uscito di cella ieri, a Pinerolo, cuore di quello Stato sabaudo che prima di allargarsi era considerato un esempio di rigore. Il miracolato di Ferragosto è un ubriaco di 30 anni che aveva travolto con la sua auto una ragazza di 16. Lo hanno scarcerato perché il suo omicidio è sprovvisto di dolo. E se manca la volontà, la galera non si fa. Il delitto di chi, inzuppato di alcol e droghe, gironzola per strada a tranciare vite altrui è trattato alla stessa stregua di quello compiuto da un muratore sobrio e perbene, dalle cui mani affaticate caschi un mattone sulla nuca di un passante. Entrambi sono omicidi colposi. Di diverso il primo ha solo l’aggravante, ma non abbastanza grave, evidentemente, da meritarsi l’onore del carcere. Ne sarà sollevata la signora di Genova che, guidando in stato di ubriachezza, ha appena steso un pedone di 65 anni. Il suo avvocato invocherà subito la par condicio. E come negargliela? Libera anche lei, liberi tutti. D’altronde da noi non fa notizia nemmeno che un prete spacciato per santo fosse già stato condannato a 4 anni per bancarotta fraudolenta. Cos’è infatti una sentenza definitiva passata in giudicato se non l’espressione di uno stato d’animo?

Rimane chi, per colpa o per dolo ma a lui non interessa, ha perso un figlio, un parente, un bosco. In un Paese dove i carnefici si comportano da vittime, chi lo è davvero non può più neppure permettersi di farlo. Anzi, fra tante coscienze lavate con perlana che pattinano senza memoria sulla superficie della vita, alla lunga rischia di essere ancora guardato come uno che porta rancore. Un cuore duro e incapace di perdonare. Ma si consoli: non manderanno in galera neanche lui. Almeno per ora.


11/08/07 - MASSIMO GRAMELLINI - lastampa.it

Ubriaca uccide pedone: niente galera

Una donna di 24 anni, L. R., genovese, impiegata, incensurata, a mezzanotte di giovedì, ha travolto all’uscita della galleria di Arenzano (sull’Aurelia) due pedoni: uno è morto, l’altro è ricoverato in gravissime condizioni in ospedale. L’automobilista era ubriaca, «tanto da non riuscire a pronunciare il proprio nome», dicono i carabinieri. Immediatamente sottoposta al test dell’alcol, è stato riscontrato un tasso nel sangue di 2,2 grammi litro, oltre quattro volte il limite di legge consentito, che è di 0,5.La giovane, alla guida della sua Volkswagen Polo, è piombata addosso ai due malcapitati che stavano salendo sulla loro auto, uccidendo Mario Parodi, operaio in pensione di 65 anni, e ferendo gravemente Angelo Pellizzaro di 72 anni, anch’egli pensionato. I carabinieri hanno ipotizzato i reati di omicidio colposo, lesioni colpose gravissime (il ferito è in prognosi riservata con diversi traumi) e guida in stato di ebbrezza. La ragazza, in stato di choc, dopo essere stata interrogata dai militari è ritornata a casa, mentre l’auto è stata sequestrata. È stata denunciata a piede libero. Sulla vettura vi era anche un giovane di 29 anni anche lui alticcio.

Sembra che i due stessero tornando da una festa quando, sotto gli occhi delle mogli, la loro auto ha investito i due anziani trascinandoli per diversi metri dall’auto killer. Le due coppie erano state a cena in un ristorante sul mare e tornavano a piedi verso la Ford Fiesta posteggiata regolarmente lungo l’Aurelia, su un rettilineo. I mariti erano avanti di qualche metro, quando è sopraggiunta nella stessa direzione la Polo che ha urtato la Fiesta prendendo in pieno i due pensionati che hanno sfondato il parabrezza, ricadendo poi sull’asfalto.

Della sbandierata tolleranza zero verso gli ubriachi al volante non c’è stata traccia nemmeno in un caso estremo come questo. «Per il momento - dice il sostituto procuratore Anna Canepa - ho ricevuto solo una comunicazione. Quindi non ho preso iniziative. I carabinieri stanno effettuando i rilievi, che sono anche complessi. Quando riceverò il rapporto deciderò cosa fare, sulla base degli atti». Spetterà al pm formulare il capo d’imputazione con le accuse che intende contestare all’automobilista, per poi proseguire con l’attuale procedura (istruttoria e richiesta di rinvio a giudizio).


Quest’ultima tragedia conferma come il nuovo codice, varato per decreto il 3 agosto scorso, sia inefficace, pieno di incongruenze e di distinguo difficili da capire. Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto genovese Franco Cozzi, che coordina il lavoro dei pm sui reati di guida in stato di ubriachezza, aveva mosso pesanti critiche al provvedimento, lanciando un Sos: «Chi guida ubriaco deve andare in cella. Bisognerebbe anzitutto che il legislatore prevedesse il fermo del conducente con un tasso alcolico elevato in tal modo da farlo stare in guardina una notte per smaltire la sbornia, così come bisogna dare il potere alla polizia giudiziaria di provvedere al sequestro preventivo del veicolo. La Commissione Europea ritiene che senza l’alcol in Europa potrebbero essere salvate almeno 10mila vite all’anno».
«Inoltre, - ha aggiunto il magistrato - il superamento di 3 volte dello 0,5 di tasso alcolemico, per esempio tra 1,5 e 2,5, provoca la perdita di coordinamento e equilibrio, confusione mentale, sopore e sonnolenza».
A Genova i processi per guida in stato di ebbrezza sono passati dai 1.089 del 2006 a 806 dei primi sette mesi del 2007. Altro dato in campo nazionale: ogni anno gli ubriachi al volante mietono 700 vittime (circa 8.000 negli ultimi 10 anni). Ma, come si evince dai vari incidenti dei giorni scorsi per guida in stato di ebbrezza, il decreto del governo non sembra aver reso più sicure le strade.


11/08/07 - ilgiornale.it

Basta guerre nel mondo!