Turco propone etichette shock

Bianchi: “Inasprire le sanzioni”, Gasparri: “Errore imperdonabile abolire la patente a punti”

Roma, 17 Lug. – Dopo i pacchetti di sigarette, arrivano le etichette shock anche sulle bottiglie di alcolici. Il ministro della Salute Livia Turco ha deciso che “è arrivato il momento di cambiare le cose”. A questo proposito la Turco ha ''convocato, giovedì prossimo, i produttori di alcolici, per discutere come rendere concreta la proposta di etichette dissuasive sulle bottiglie'' che riportino le avvertenze sui danni e sui rischi dovuti al loro consumo.

''La prevenzione dell'abuso di alcol - ricorda la Turco - fa parte di un programma di lavoro che da tempo abbiamo avviato anche con le Regioni, il Piano nazionale alcol. Con i produttori di alcolici - spiega - abbiamo molto discusso. Avevo presentato loro l'ipotesi di una regolamentazione più severa, attraverso uno strumento legislativo, che prevedesse anche il divieto di pubblicità. Mi hanno risposto in modo convincente, di puntare all'assunzione di responsabilità. Li ho presi sul serio e giovedì ci vediamo per valutare come regolamentare la pubblicità e anche la dissuasione'' all'abuso di alcolici. All'esame del Senato, inoltre, c'è una norma, presentata un anno fa dal ministro, che prevede il divieto della vendita di alcolici negli autogrill delle autostrade. “Può essere una misura efficace, perché anche questa è una misura dissuasiva'' ha spiegato la Turco.

Il ministro parla di “morti gratuite” che devono essere fermate in qualche modo.

Da qui, anche l'importanza di intensificare i controlli sulle strade, ''concentrandoli in alcune aree e in alcuni giorni della settimana e rendendoli visibili, perché i cittadini sappiano che guidare in stato di ebbrezza viene punito'. Il ministro riflette anche sull’uso delle droghe: ''tutte le sostanze fanno male - ribadisce la Turco - questo Paese però ha sempre molto enfatizzato e criminalizzato i danni provocati dall'uso dello spinello, ma ha sempre taciuto i danni correlati all'abuso di alcol. Bisogna essere equanimi, non per motivi ideologici, ma per una ragione d'efficacia. Ed evitare che il consumo e l'abuso di tutte le sostanze sia considerato la strada per essere felici''.

Valentina Pellegrino - 17/07/2007 - voceditalia.it

Valsugana, sparatoria in baita: due feriti

TRENTO -- Tragedia sfiorata in una baita nella provincia di Trento. Un uomo di 62 anni, Mario Hueller, ha sparato a Rita Ciola e Serafino Parotto, una coppia di coniugi, ferendoli. Per un motivo davvero futile: i due avevano parcheggiato l'auto nel terreno di proprietà di Hueller.
E' accaduto in Valsugana, in una baita sopra Roncegno Terme, in Trentino. Mario Hueller ha impugnato il suo fucile da caccia e ha sparato contro i coniugi Parotto.

Sembra che i due avessero parcheggiato l'auto nel terreno di proprietà del 62enne, che è solito trascorrere gran parte dell'anno nella baita. Ora l'uomo è in carcere con l'accusa di tentato omicidio. E sembra che, al momento della sparatoria, Hueller fosse sotto l'effetto dell'alcol.

La Ciola, 53 anni, è ricoverata in opsedale con un polmone perforato da una scarica di pallini. Mentre il marito Serafino, 62 anni, è stato colpito alle gambe. I due coniugi, fortunatamente, non sembrano in pericolo di vita.

Greta Consoli - 17-07-07 - montagna.tv

Licenza di uccidere, parte seconda

Come si poteva facilmente prevedere, la politica si scatena sull’argomento del giorno. Tanto, tra un paio di settimane cominciano gli incendi e tutti addosso ai piromani che è anche stagione. Il compito in classe di oggi, però, è: “Soluzioni al problema degli ubriachi al volante” e tutti si cimentano nello svolgimento proponendo, guarda caso, la medesima soluzione. Cioè, farsi pagare di più.

Dopo Bianchi, ci si mettono anche Amato e Mastella ad insidiare il posto di primo della classe. Amato propone il sequestro del veicolo prospettando una nuova figura di responsabilità. Nei fatti, la colpa è della macchina e non dell’autista il quale può essere tranquillamente lasciato nelle condizioni di prendere un altro veicolo (lo acquista, lo prende in prestito, lo noleggia, lo ruba, non importa) e riproporsi come macellaio stradale. Gli sequestreranno anche il secondo e così via riempiendo i depositi giudiziari (pagati coi soldi di tutti, quando li pagano) senza risolvere la classica fava.

Grande idea, degna di un ministro di questo governo. Ma il primo posto spetta a Mastella la cui furia si concentra sulla prevenzione. Certo, in tutta Italia stiamo aspettando lui per sapere che guidare sotto l’effetto di alcol o di droga può essere pericoloso per gli altri. Fino a quando non parte la campagna del governo (altri soldi da spendere), non si può ragionevolmente presumere che uno lo sappia già.

«Bisogna aumentare i controlli, lavorare ancor di più sugli strumenti di prevenzione, rendere consapevoli i cittadini e tutta l'opinione pubblica che tragedie come quella avvenuta ieri a Pinerolo, ma non solo, possano e debbano essere evitate»

Gli italiani sono tutti deficienti, si sa, e non capiscono il potenziale distruttivo delle proprie azioni fino a quando non arriva qualche illuminato satrapo di Ceppaloni a tenere lezione.

Speriamo che l’uscita di Mastella sia determinata dalla voglia di affidare la campagna informativa del governo a qualche buon amico che lavora nel settore, perché se discende da qualche ragionamento, non abbiamo speranze.

Nell’ordine, siamo a tre ideone che ricapitoliamo di seguito:

gli aumentiamo le multe;
gli sequestriamo la macchina;
facciamo una campagna informativa.

Uno dei pochi fuori dal coro è Di Pietro, ma tanto voterà per spirito di squadra quindi la sua opinione non vale un fico secco.

A questo punto, visto che vale tutto, ci aggiungo qualche proposta personale che, mi pare, possa andare nella direzione giusta:

istituzione di un comitato provinciale per la prevenzione degli incidenti che indaghi sulla consistenza reale del fenomeno in modo da consentire al governo una più puntuale individuazione degli strumenti di lotta all’infrazione del codice della strada modulata su base territoriale federale;

norma che dichiari illegali i vani portaoggetti delle autovetture dedicati ad ospitare bottiglie e bicchieri pena sanzioni amministrative pesantissime retroattive a partire dal 2001;

deduzione di un punto dalla patente per ogni vittima causata con un massimo di 10 in caso di strage (mezzo punto per i feriti) recuperabili integralmente frequentando un corso serale di bon ton della durata di mezz’ora presso un’autoscuola;

aumento del prezzo degli alcolici venduti in tutti gli autogrill ed eliminazione degli sconti quantità per chi acquisti cassette intere di whisky invecchiato 12 anni;

1.000 punti bonus “You and Me” Agip per chi produca un’autocertificazione che attesti la promessa di smettere di bere e/o di drogarsi nei prossimi diciotto mesi, senza impegno.

Se qualcuno ha qualche idea migliore, lo dica e mandi un curriculum a Prodi che di gente in gamba c’è bisogno assai.

Nota bene: anche di là c'è più di qualcuno che ragiona col cervello, a dimostrazione che il buon senso difficilmente ci ha un colore politico.

da:http://lavocedelpadrone.net - 17.07.07 - legnostorto.com

Pubblicità e dissuasione

(PRIMA) ROMA - Il ministro della Salute, Livia Turco, incontrerà i produttori di alcolici giovedì prossimo. Durante l’incontro si discuterà della "pubblicità" e della "dissuasione" sul consumo di bevande alcoliche, considerando la possibilità di introdurre segnalazioni sul pericolo dell'abuso di alcol sulle bottiglie degli alcolici. Il Ministro, inoltre, in seguito ai numerosi incidenti sulle strade italiane, sta pensando di vietare la vendita di alcolici negli autogrill autostradali. (PRIMA)

Data: 17/07/07 - primapress.it

L’unica via per evitare le stragi è la tolleranza zero

«L’unica via per evitare le stragi è la tolleranza zero»

Gli ultimi incidenti mortali causati da ubriachi al volante hanno risvegliato anche i politici. E chissà che il testo del nuovo Codice della Strada, fermo in Senato dopo l’approvazione della Camera, non subisca un’accelerata e venga approvato prima ella chiusura estiva.

Il nuovo testo, voluto dal ministro dei Trasporti Bianchi, prevede tra le altre cose un netto inasprimento delle pene per chi guida si in stato di ebrezza da alcol che sotto l’effetto degli stupefacenti: il raddoppio delle multe, la revoca della patente dopo quattro sospensioni e, nei casi più gravi, l’arresto del conducente. Insomma, un vero e proprio giro di vite che però - ha denunciato ieri il ministro dell’Interno Giuliano Amato - ha perso strada un pezzo: il testo originario prevedeva il sequestro del mezzo, quello arrivato in Senato lo prevede solo nel caso di sostanze stupefacenti e non per quanto riguarda l’alcol.

«Siamo d’accordo con quella norma e faremo in modo che venga reintrodotta. - dice Andrea Gibelli, membro della commissione trasporti della Camera - La tolleranza zero è l’unica via da seguire, non ci sono altre strade. Quello che, come partito, abbiamo sempre portato avanti e che è stato in parte accettato nel nuovo codice è la netta distinzione tra colpa grave ed errore accidentale. Chi si mette in macchina ubriaco non deve avere nessuna attenuante, discorso diverso invece deve essere fatto per chi, sobrio, sbaglia e causa un incidente. Chi beve e poi guida deve essere punito il più severamente possibile, colpendo soprattutto i recidivi: solo così si può fare un’azione di vera deterrenza. E poi bisogna agire sui controlli: da una parte devono essere aumentati, soprattutto nelle zone e nei periodi a rischio, come all’uscita dei locali notturni nel weekend; dall’altra devono essere davvero efficaci. Per questo, per esempio, siamo riusciti ad introdurre un meccanismo che trasforma gli autovelox da strumento improprio di prelievo fiscale a reale mezzo di prevenzione e promozione della sicurezza».

17/07/2007 - lapadania.com

Giovedì incontro con produttori alcolici

Incidenti, Turco: ''Giovedì incontro con produttori alcolici su etichette shock''

Roma. Il ministro della Salute Livia Turco ha "convocato giovedì prossimo i produttori di alcolici, per discutere come rendere concreta la proposta di etichette dissuasive sulle bottiglie". Avvertenze sui danni e sui rischi, come quelle che campeggiano sui pacchetti di sigarette. Lo ha annunciato lo stesso ministro Turco, in collegamento con 'Radio anch'io' questa mattina su Radiouno. Etichette shock, ma non solo. "La prevenzione dell'abuso di alcol - ricorda la Turco - fa parte di un programma di lavoro che da tempo abbiamo avviato anche con le Regioni, il Piano nazionale alcol. Con i produttori di alcolici - spiega - abbiamo molto discusso. Avevo presentato loro l'ipotesi di una regolamentazione più severa, attraverso uno strumento legislativo, che prevedesse anche il divieto di pubblicità. Mi hanno risposto in modo convincente, di puntare all'assunzione di responsabilità. Li ho presi sul serio e giovedì ci vediamo per valutare come regolamentare la pubblicità e anche la dissuasione" dell'abuso di alcolici. All'esame del Senato, inoltre, c'è una norma che "sta a cuore" al ministro: "l'ho presentata da un anno, prevede il divieto della vendita di alcolici negli autogrill delle autostrade. Puo' essere una misura efficace, perché anche questa è una misura dissuasiva".In un momento come questo, "di una morte così gratuita", come quella della ragazza investita da un giovane.

17.07.07 - estense.com

Vaccino anti-tumore uterino

Diffusione vaccino anti-tumore uterino: a che punto siamo?


Sanihelp.it - A breve il vaccino contro il tumore del collo dell’utero sarà disponibile anche nei Paesi in via di sviluppo: l'OMS ha infatti accettato la richiesta di certificazione per la verifica del rispetto dei criteri di qualità, sicurezza ed efficacia da parte dell’Agenzia delle Nazioni Unite, comprese l’Unicef e il Paho (Pan American health Organization). In questo modo il vaccino sarà disponibile a prezzi estremamente bassi nei paesi rientranti nel Gavi (The Global Alliance for Vaccines and immunization) che, senza questo tipo di iniziativa, rimarrebbero esclusi dalla possibilità di vaccinare le donne delle loro popolazioni contro la seconda causa di morte per tumore nel mondo.

Il vaccino, a oggi, è stato approvato in circa 80 paesi, compresi quelli che fanno parte dell’Unione Europea (EU), gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia, oltre a molti paesi dell’Africa e dell’Asia. Ulteriori approvazioni in altri paesi sono in corso.

In Italia, grazie all’intervento del Ministro della Salute Livia Turco, è stato dato il via all’offerta gratuita del vaccino per tutte le 12enni. Attualmente l’unica Regione a essere partita con una campagna di vaccinazione gratuita è la Basilicata. A breve partirà anche la Sicilia. In particolare inizierà il 24 settembre la vaccinazione contro 4 tipi di Papilloma Virus umano, 2 dei quali responsabili, nelle donne, di circa il 70-75% dei tumori del collo dell'utero. A essere chiamate alla vaccinazione attraverso avvisi inviati a casa, segnalazioni dai pediatri e da parte dei centri vaccinali, saranno le bambine di 11 anni.

Secondo gli studi clinici effettuati dalla Regione, però, per ottenere un valido risultato nel breve e medio termine la strategia più adatta dovrebbe riguardare non la sola coorte delle undicenni, ma anche quelle di 17 e 24 anni. Per le altre regioni si parla di un avvio delle campagne di vaccinazione a gennaio 2008.


di Roberta Camisasca - 7-07-2007 - sanihelp.it

Un incidente su due causa di un ubriaco

Un incidente su due a causa di un ubriaco

Seicentodiciassette incidenti, 15 morti e quasi 900 feriti al giorno. Numeri da guerra, bilanci di un’«ordinaria» strage quotidiana che nemmeno i bollettini di quel terrorismo che terrorizza il mondo riescono a superare. In Italia, le «armi di distruzione» viaggiano su due e quattro ruote. E i killer, troppo spesso, hanno gli occhi annebbiati e le mani tremolanti, dell’ubriaco. Nel primo semestre dell’anno sono stati 195.579 gli automobilisti controllati con la strumentazione per misurare il tasso di alcol in corpo; erano stati 104.723 nei primi sei mesi del 2006. Parallelamente, sono anche aumentate le contravvenzioni per guida in stato di ebbrezza: 21.658 contro 16.638 (+30,2%) e quelle per guida sotto l’effetto di droghe (+19%). L’effetto punti è durato poco, giusto i primi due-tre anni. Poi escamotage vari («Eccesso di velocità? E stato mio nonno ottantenne»; «rosso non rispettato: avevo prestato la macchina al mio amico svizzero»), ritardi burocratici, e crediti riacquistati «corrompendo» lo Stato versando qualche soldo in più di multa, hanno vanificato il deterrente.

I numeri - anche se risalgono al 2005 - non ammettono repliche: quasi il 50 per cento degli incidenti è dovuto all’abuso di alcol o di droghe. Dati forniti dall’associazione per i diritti del cittadino «Codici».

Un’emergenza che fa passare in secondo piano il bilancio più leggero di quest’ultimo weekend in cui si sono registrati «appena» 34 incidenti con 36 vittime, quattordici in meno rispetto alle cinquanta dello scorso anno.

In attesa dell’approvazione definitiva del disegno di legge presentato dal governo in materia di sicurezza stradale, il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena prova a rintuzzare le critiche di Roberto Cota, vice capogruppo alla Camera e segretario nazionale della Lega Nord Piemont. Che ha attaccato le toghe auspicandosi dalla magistratura sentenze più severe. «È difficile seguire la strada dell’omicidio volontario - ha spiegato ieri il magistrato -. Non posso e non voglio entrare nel merito dei procedimenti aperti dai miei colleghi (a Bologna e a Pinerolo ci sono stati gli episodi più recenti, ndr ) ma devo osservare che la tesi prevalente, in questi casi, è quella dell’omicidio colposo. Intendiamoci, un pubblico ministero può anche ipotizzare la volontarietà, ma poi, in genere, sono i tribunali a dargli torto».

«In teoria - spiega Maddalena - è possibile ritenere che si tratti di un omicidio con dolo eventuale. In altre parole, il conducente accetta il rischio di investire e di uccidere qualcuno. In genere, però, nelle sentenze si preferisce parlare di colpa cosciente: l’esempio è quello del guidatore che sfreccia a duecento all’ora confidando che la propria abilità al volante non produrrà incidenti. Oppure, come spiegava il professor Marcello Gallo agli studenti delle Facoltà di legge, quello del lanciatore di coltelli che ferisce involontariamente il suo bersaglio umano».

Ma non è solo questione del troppo alcol in corpo. Le statistiche che arrivano dall’Unione Europea non sono incoraggianti: tra i ragazzi di diciotto anni morti in Europa, quasi uno su due ha perso la vita in un incidente stradale. Un dato che ha fatto di questa fascia d’età quella più colpita, secondo quanto rilevato dal Rapporto 2006 dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza stradale. Ogni anno, a livello comunitario, ci sono circa quarantamila morti negli incidenti d’auto e 1,8 milioni di feriti per un costo economico complessivo di 160 miliardi di euro. Il 2 per cento del prodotto interno lordo europeo.



di Andrea Acquarone - martedì 17 luglio 2007 - ilgiornale.it

Basta un bicchiere di vino per annebbiare il cervello

«Basta un bicchiere di vino per annebbiare il cervello»

«Servono sanzioni severe e irrevocabili: il ritiro della patente, multe salatissime, il sequestro dell’automobile, l’espulsione dal nostro Paese per gli stranieri. Insomma, chi guida dopo aver bevuto deve sapere che rischia grosso perché può andare incontro a una punizione che gli cambia la vita». Franco Garattini, direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri e membro del Comitato nazionale di bioetica, non concede sconti a chi alza il gomito e poi si mette al volante.

Professore, anche l’alcol piaga sociale come la droga?

«Si parla di 20mila morti all’anno. La gente che beve è tanta però qui non si tratta di abolire o proibire l’uso dell’alcol ma di disciplinare il comportamento di chiunque si metta al volante».

A chi si riferisce?

«Innanzitutto servono severi controlli - che ancora non ci sono - per i guidatori professionisti. Un taxista che beve è pericoloso, così come un macchinista o un pilota. Poi devono essere predisposti precisi accorgimenti per tutti gli automobilisti».

Ci sono gli etilometri.

«Purtroppo io non ne ho mai visto uno. E temo fortemente che queste apparecchiature siano pochissime così pure i controlli a campione sugli automobilisti. Se non si ferma la gente davanti ai ristoranti o alle discoteche non si becca nessuno. Solo in caso di incidente spunta fuori il palloncino che magari arriva dopo ore di attesa, quando la sbornia di chi era al volante è evaporata».

A proposito di etilometro, secondo lei la soglia fissata è corretta?

«Secondo me è fin troppo permissiva. Io sono per una concentrazione vicina allo zero: chi deve mettersi al volante non deve bere. Anche due bicchieri di vino o un aperitivo possono rallentare i riflessi e causare incidenti».

Il ministro Bianchi annuncia pene più severe, anche l’arresto per chi guida ubriaco.

«Io non credo che fare demagogia serva a qualcosa. Se si annuncia l’arresto e poi non finisce in galera neppure l’ubriaco che ammazza tre bambini innocenti, allora annunciare queste sanzioni non serve a nulla. Bisogna stabilire regole certe che intacchino soprattutto il portafoglio di una persona».


Per esempio?

«Innanzitutto il ritiro della patente permanente a chi risulta fuori dalle concentrazioni. Nei casi più gravi va previsto anche il sequestro dell’auto e una multa non inferiore ai 10mila euro. Insomma le sanzioni devono essere adeguate al pericolo, devono cambiare la vita di una persona, se rimangono solo degli avvertimenti sono inefficaci».


di Enza Cusmai - martedì 17 luglio 2007 - ilgiornale.it

L'alcol provoca il 30% degli scontri

ROMA - Sono 4 milioni gli italiani che bevono troppo e 1 milione quelli che ne sono dipendenti: l'alcool è la causa del 30% degli incidenti stradali. A sottolinearne le responsabilità è l'Aduc, Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori. «Dei 170mila incidenti registrati sulle strade italiane - sottolinea Primo Mastrantoni, segretario dell'associazione - 50 mila sono da attribuire agli effetti di un elevato livello di alcol nel sangue». Se una persona ha in circolo nell'organismo una concentrazione di alcool pari o superiore a 0,5 grammi a litro, «si va incontro a una probabilità di causare un incidente stradale 5 volte superiore rispetto a un individuo che non ha bevuto».

In materia di sicurezza sulle strade scende in campo anche l'Aci. «Norme e strumenti per affrontare la piaga degli incidenti stradali ci sono ma devono essere utilizzati con costanza, coerenza, chiarezza ed equità», dicono all'Automobile Club d'Italia. «La sicurezza stradale - dice l'Aci - non è un problema estivo, ne può riassumersi nelle stragi del sabato sera. La realtà è che l'Italia continua a non affrontare adeguatamente un'emergenza che è quotidiana».

Per l'Aci non servono nuove strutture né servono ulteriori inasprimenti pecuniari delle sanzioni amministrative. «Una pattuglia visibile è - secondo l'Aci - molto più utile, ai fini della sicurezza stradale, di un autovelox nascosto. Le leggi e le strutture ci sono. Il problema è che le leggi servono a poco se poi non vengono spiegate ai cittadini, applicate con intelligenza e rigore e fatte rispettare. Coloro che percorrono le strade italiane devono avere la certezza che chi infrange le regole sarà fermato e sanzionato». «Anche se raggiungessimo la soglia annunciata di 1 milione di controlli - conclude la nota dell'Aci - saremmo ancora lontani dalla media europea perché i controlli antialcol, in Francia e Inghilterra, hanno superato quota 5 milioni».

Sull'argomento scende in campo anche l'Osservatorio sui diritti dei minori, con il suo vicepresidente, Antonino Napoli. «E' necessario - dice - che per gli incidenti causati da soggetti che hanno assunto alcol o droghe e che hanno come conseguenza omicidi colposi o lesioni colpose gravissime ci sia l'arresto immediato, l'impossibilità di un giudizio direttissimo, l'applicazione obbligatoria dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere e la sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore a sei mesi».

E sui controlli antialcol ecco il parere positivo di Guido Blumir, membro della Consulta nazionale sulle dipendenza.

«Infatti - dice - i morti sono diminuiti del 40% in Francia e del 48% in Inghilterra. In Italia facciamo 3.900.000 controlli all'anno di tipo generico (patente, libretto, assicurazione) ma solo 200.000 antialcol. E sapete perché? Perché le forze dell'ordine non hanno in dotazione un numero sufficiente di etilometri, nonostante i nuovi strumenti digitali costino solo 50 euro su internet, meno di un pieno di benzina. E per il risultato di una prova con etilometro bastano 30 secondi». «Dunque - aggiunge Blumir - tutte le pattuglie che fanno i 3,9 milioni di controlli possono fare il controllo antialcol». Dal punto di vista medico-legale, inoltre, il responso dell'etilometro digitale basta e avanza. «Amato e Bianchi - dice Blumir - hanno diverse strade con cui muoversi subito: acquistare immediatamente 200.000 etilometri e distribuirli a tutti. Oppure fare un decreto amministrativo operativo che fa obbligo a tutti di acquistare immediatamente questi etilometri low cost».


17.07.07 - liberta.it

Italia nel forno, prime vittime

Turco: "Via le cravatte negli uffici"


Un'anziana turista è morta in spiaggia a Grado e a Milano il decesso di due uomini potrebbe essere legato all'afa. Consumi elettrici alle stelle, è rischio black out. Intanto il Ministero della Salute propone abbigliamento adeguato alle temperature. Pescara e Bologna le città più calde


Roma, 17 luglio 2007- Torna il grande caldo e miete le prime vittime, mentre immediati volano i consumi di energia elettrica, spinti al massimo dal massiccio uso di condizionatori e refrigeratori. Ed il ministro Livia Turco invita a togliere le cravatte in ufficio.



VITTIME


Un'anziana turista italiana di 78 anni e' morta sulla spiaggia di Grado (Gorizia), dopo essere stata colta da malore mentre si trovava sotto l'ombrellone. Sul posto sono giunti i sanitari del 118, che non hanno pero' potuto far altro che constatare il decesso. A favorire l'insorgere del malore potrebbe aver contribuito il caldo torrido che grava sulla zona. Ad anche a Milano, la morte di due uomini - un cardiopatico di 34 anni con problemi di dipendenza dall'alcol ed un anziano - potrebbe essere legata all'afa ed alle temperature che oggi hanno raggiunto i 36 gradi.



CONSUMI ALLE STELLE


Ieri pochi minuti prima di mezzogiorno, la domanda di elettricita' ha superato i 53mila megawatt, avvicinandosi pericolosamente ai 55mila sfiorati il 26 giugno - record per il 2007 - quando i consumi fecero temere un black out generalizzato e furono attuati dei distacchi programmati di energia in Sicilia. Al momento pero', sottolineano gli esperti, non sussistono rischi per la stabilita' e la sicurezza dell'intero sistema elettrico. La situazione non dovrebbe cambiare nei prossimi giorni, tanto che a Terna i tecnici non escludono che venga rivisto sia il record annuale di circa 55.000 Mw sia addirittura quello storico, fissato il 27 giugno 2006 con una domanda complessiva di 55.600 Mw. E' soprattutto l'afa che avvolge le regioni del nord, quelle a maggior tasso di utilizzo di condizionatori e refrigeratori, sottolineano gli esperti, a preoccupare.



CENTRO-NORD NEL FORNO


Sull'Italia centro-settentrionale si registrano temperature elevate che potrebbero creare problemi alla salute delle fasce di popolazione a rischio. Il livello 3, il piu' alto nella scala e per il quale e' necessario ''adottare interventi di prevenzione mirati'', e' previsto oggi a Pescara e domani a Bologna. L'allerta e' invece al livello 2, sempre domani, per la stessa Bologna e per Roma, Milano, Torino, Verona, Campobasso, Napoli e Trieste.



TURCO, VIA CRAVATTE IN UFFICI


Ed il caldo si combatte anche con un abbigliamento adeguato. Per questo motivo, il ministro della Salute, Livia Turco ha invitato ''tutti gli uffici pubblici e privati italiani a proporre ai propri dipendenti di non usare la cravatta durante le ondate di calore come quella che sta attraversando parte della penisola in questi giorni''. Togliere la cravatta, ricorda il ministero, ''produce infatti un immediato abbassamento della temperatura corporea valutabile tra i 2 e i 3 gradi centigradi, con beneficio dell'organismo e con conseguente minore necessita' di refrigerio permettendo un piu' oculato uso del condizionamento artificiale dell'aria, a tutto vantaggio del risparmio energetico e della tutela dell'ambiente''.


17.07.07 - © quotidiano.net

117 incidenti stradali al giorno

2.106 Nei primi mei del 2007 sono state sospese 2.106 patenti per alcol e droga. La cifra è tendenzialmente in crescita rispetto al 2006. A Roma ci sono, in media, 117 gli incidenti ogni giorno.

Oggi alle 15 vengono celebrati a i funerali di Melania e Davide, i due giovani morti giovedì sera scorso a Fiumicino in un incidente stradale. Ieri invece le strade romane hanno contato altre due vittime: un 20enne ha perso la vita dopo che il motorino sul quale era a bordo si è scontrato con un'auto in piazza Femi; in via Osteria delle Capannacce invece è morto un automobilista 34enne, spirato poco dopo il soccorso.

222 morti

Ma ogni giorno nella capitale gli incidenti rappresentano una vera emergenza cittadina. Nel 2006 la polizia municipale di Roma ha rilevato 42.786 incidenti (un conto per difetto dal quale quindi sono esclusi gli scontri sul gra, sulla Roma-Fiumicino e sul tronchetto della A-24, rilevati dalla stradale). Negli incidenti sono rimaste ferite 23.556 persone: di queste 449 sono finite in prognosi riservata. Vanno poi aggiunti 222 morti in 205 sinistri.

Ubriachi e drogati

Da gennaio a giugno 2007 la municipale ha sospeso 327 patenti per guida in stato di ebbrezza ad altrettante persone che controllate con l'etilometro erano risulate sopra la soglia di 0,5 grammi per 100 millilitri ddi sangue. Patenti che poi vengono inviate in prefettura dove confluiscono anche i dati delle sospensioni applicate da tutte le forze dell'ordine. Secondo la prefettura nel 2006 per guida in stato di ebbrezza sono stati ritirati 2.985 documenti, per guida sotto l'effetto di stupefacenti 290. Nel 2007 invece, dall'1 gennaio fino a ieri, per alcol erano 1.774 le patenti sospese, 232 per droga. Numeri in crescita quindi che testimoniano anche l'aumento dei controlli ordinari.

Alessandro Conti - 17.07.07 - city.corriere.it

Ubriachi al volante: si alla linea dura

Anche per il procuratore capo Enrico Di Nicola chi guida ubriaco o sotto l'effetto di droga e uccide qualcuno è imputabile di omicidio volontario. Una linea, quella già seguita dal pm Valter Giovannini, condivisa dunque dai vertici della Procura bolognese e applaudita, ieri, anche dal ministro delle Infrastrutture ed ex pm Antonio Di Pietro. Intanto i carabinieri hanno fatto controlli a tappeto all'uscita del locale Ca' de Mandorli. Il bilancio è stato di 5 giovani denunciati perché positivi al palloncino, dieci auto rimosse perché parcheggiate male lungo via Idice e 58 multate per divieto di sosta.


17.07.07 - city.corriere.it

Sfruttavano bambini: processo per due rom

Sfruttavano bambini: richiesto il processo per due rom

Comprati e venduti come merce qualunque, mandati ai semafori a mendicare o davanti alla stazione Centrale con l’obiettivo di derubare i turisti di passaggio in città. Perché hanno meno di 14 anni, e - come è accaduto per il tredicenne fermato 17 volte in sei mesi dai carabinieri, e mai arrestato - per legge non sono imputabili. Ma la legge non protegge gli aguzzini. Così, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di due romeni accusati di riduzione in schiavitù e tratta di persone. Le loro vittime - due connazionali - hanno appena dieci anni.

Il loro è un racconto di sfruttamento e miseria. Sono fratelli, spiegano i due ragazzini al pm Massimo Meroni -, ceduti dai genitori a due intermediari in Romania. Di lì, arrivano a Milano. Vengono subito mandati in strada, a commettere furti. «La loro giovanissima età - sottolinea il magistrato nella richiesta di rinvio a giudizio - li rendeva in stato di inferiorità fisica e psichica verso gli adulti che li sfruttavano come strumenti dei loro disegni criminosi, in un regime vessatorio e in uno stato di totale assoggettamento».

Gli agenti di polizia li fermano più volte, e ogni volta sono costretti a lasciarli andare. Non c’è norma, infatti, che preveda il fermo per i minori di 14 anni. Da Milano a Firenze, dove sono «comprati» per mille euro, per poi tornare di nuovo a Milano, quando i loro primi sfruttatori vengono segnalati alla questura. La vita dei due bambini, portati nel campo nomadi di Cascina Burrona (nelle vicinanze del comune di Gorgonzola) non cambia.

Il loro compito è quello di derubare i turisti che passano dalla stazione, «costretti all’accattonaggio e al furto». Soldi e cellulari, per lo più. «Poi - spiegano i due bambini - dovevamo consegnare tutto ai due maggiorenni».

La Procura, quindi, chiede che Elvis M. (34 anni) e Ion D. (di 22) siano processati «per un reato - scrive ancora il magistrato - particolarmente odioso, sintomo di una mentalità e di un’indole disposta ai gesti più spregevoli per ottenere profitto».


di Enrico Lagattolla - martedì 17 luglio 2007 - ilgiornale.it

Lesi rene e fegato del francese Sdiri

Qualche complicazione per Salim Sdiri, il saltatore in lungo colpito dal giavellotto durante il Golden Gala di Roma: «Il giavellotto ha toccato il rene destro, c’è una piccola lesione alla parte alta. E anche il fegato è stato toccato dalla punta penetrata per 12 centimetri. Ma la Iaaf cambi regole sennò ci scappa il morto», ha raccontato l’atleta al quotidiano L’Equipe. Per il francese non ci sarà intervento chirurgico, ma continua il ricovero all’ospedale Gemelli di Roma.

Intanto la Iaaf ha richiamato all’ordine Oscar Pistorius, il quattrocentista che corre con due protesi alle gambe. A fronte di alcune sue lamentele («Sono come l’Fbi»), la federazione internazionale ha replicato: «Non abbiamo nulla contro gli atleti disabili, crediamo che Pistorius si avvalga di aiuti tecnici non consentiti e stiamo facendo ricerche. Ma Pistorius deve calmarsi e rispettarci visto quel che stiamo pagando per questa ricerca».

Ma la moda comincia a prendere piede. Alla maratona di Roma (16 marzo 2008) parteciperà un altro Pistorius: l’inglese Richard Whitehead ha entrambe le gambe amputate e dall’età di 12 anni partecipa, spesso vincendo, a gare di nuoto e di corsa su strada.


martedì 17 luglio 2007 - ilgiornale.it

Diocesi di Los Angeles e pedofilia

Diocesi di Los Angeles e pedofilia. La giornata delle scuse


Il giorno dopo l'accordo sul risarcimento alle vittime di abusi sessuali compiuti dal clero, il cardinale Mahony chiede scusa. In serata, si unisce anche il direttore della sala stampa della Santa Sede: “Evitare il ripetersi di simili nefandezze”.

È la giornata delle scuse pubbliche e del dolore. L'arcivescovo di Los Angeles, cardinale Roger Mahony, ha voluto usare parole chiare, all'indomani dell'accordo sul maxi risarcimento di 660 milioni di dollari (pari a 485 milioni di euro), che la diocesi dovrà versare a 500 vittime di abusi sessuali compiuti da preti pedofili, dagli anni '40 in poi. ''Una volta ancora presento le mie scuse a tutti, - ha detto - a tutti coloro che hanno subito abusi nella Chiesa cattolica da parte di preti, religiosi e laici: questo non doveva succedere e questo non dovrà succedere un'altra volta”. ”Molte delle vittime - ha rilevato il porporato - mi hanno detto, in modo preoccupato, che anche se gli abusi sono stati condannati” e “anche se sono stati assicurati loro dei risarcimenti, non c'è in realtà alcun modo per tornare indietro e per restituire loro l'innocenza che gli è stata rubata”. L'auspicio è allora che le vittime degli abusi sessuali possano almeno trovare una misura di conforto nel risarcimento annunciato, “un gesto di riconciliazione in favore di quanti hanno sofferto”.

L'arcivescovo ha poi messo l'accento sul grande lavoro che le parrocchie di Los Angeles stanno svolgendo per evitare nuovi casi di abusi. ''Non abbiamo speso il nostro tempo soltanto a risolvere questi casi'' di pedofilia, ma ''stiamo cercando di fare in modo che la Chiesa sia un luogo sicuro per tutti, specialmente per i bambini e per i giovani''. Il cardinale ha ricordato che, dal 2002, l'arcidiocesi ha intrapreso un importante programma per fare in modo che sia certo che chiunque lavori a contatto con i bambini nell'arcidiocesi sia qualificato a farlo e soprattutto che, nello svolgimento del proprio ministero non ponga alcuna minaccia o pericolo per i bambini e per i giovani. Questo perché, spiega, “non c'é posto nel clero per chi usa violenza sui bambini”.

Alle parole del cardinale si è unito anche padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, con un commento diffuso da Radio Vaticana. “La Chiesa – ha detto - è evidentemente anzitutto addolorata per la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie, per le ferite profonde causate dai comportamenti gravi e inescusabili di diversi suoi membri, ed è decisa a impegnarsi in ogni modo per evitare il ripetersi di simili nefandezze”. In questa prospettiva, “l’accordo raggiunto, con i sacrifici che comporta, è anch’esso un segno di questo impegno, della decisione di chiudere una pagina dolorosa per guardare in avanti nella linea della prevenzione e della creazione di un ambiente sempre più sicuro per i bambini e i ragazzi in tutti gli ambiti della pastorale della Chiesa”.

Con una precisazione: “Il problema degli abusi nei confronti dell’infanzia e della sua adeguata tutela non riguarda affatto solo la Chiesa, ma anche molte altre istituzioni, è giusto che anche queste prendano con decisione i provvedimenti necessari”. Da parte sua, “la Chiesa, cosciente della sua responsabilità educativa nei confronti della gioventù, intende quindi partecipare da protagonista nella lotta contro la pedofilia, che giustamente sta coinvolgendo oggi settori sempre più ampi della società in molti paesi del mondo”.

Intanto, la vicenda statunitense ha avuto un'eco polemica anche in Italia con i Radicali che hanno tirato in ballo l'8 per mille, dicendo che i fondi serviranno anche per pagare i risarcimenti. Accusa infondata, ha replicato don Domenico Pompili, direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, spiegando che “non c'è alcuna possibilità che i fondi dell'8 per mille destinati alla Chiesa Cattolica vengano usati per finalità diverse da quelle previste dalla legge”, ovvero ”le esigenze di culto della popolazione, il sostentamento del clero e interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del Terzo Mondo”.

di Mattia Bianchi/ 17/07/2007 - korazym.org

Draghi: il tesoretto non c'è

Scossa da Bankitalia: "Aumentare l'eta pensionabile"


La ripresa economica c’è, la fase congiunturale è favorevole al punto tale da poter procedere subito al riequilibrio dei conti con la riduzione del disavanzo ed il raggiungimento del pareggio di bilancio, «essenziale per un rapido e significativo abbattimento del debito pubblico». Così come «cruciale» è l’intervento sulle pensioni, con l’allungamento dell’età pensionabile, e fondamentale, per aiutare lo sviluppo, è un taglio della pressione fiscale, arrivata ormai ai livelli massimi degli ultimi decenni. I programmi del governo nel Dpef 2008-2011 «confermano l’obiettivo del pareggio di bilancio nel medio periodo» ma per il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, «rinunciano a sfruttare il miglioramento delle previsioni tendenziali per accelerarne il conseguimento».

Circa la metà degli interventi correttivi necessari per raggiungere il pareggio del bilancio «è rinviata all’ultimo anno dell’orizzonte di programmazione». Eppure, ha spiegato il governatore davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, «l’esperienza dei primi anni di questo decennio suggerisce di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo per operare una decisa riduzione del disavanzo». Il rischio, ha avvisato Draghi, è di «dover correggere in futuro, in condizioni cicliche più difficili, le scelte di oggi». Quindi ogni discussione sull’utilizzo del tesoretto è superflua: anche il termine «è fuorviante. Con il nostro debito pubblico, con un disavanzo strutturale pari al 3%, con oneri significativi attesi per i prossimi anni a causa delle prospettive demografiche, non esiste un tesoretto da spendere. La nostra esperienza passata e quella di altri paesi suggerisce di usare questo miglioramento dei conti rispetto alle previsioni, che riflette certamente un ciclo molto favorevole, per ridurre il disavanzo e il debito».

E che il ciclo sia positivo bastano i dati a dimostrarlo. Sempre ieri, la Banca d’Italia ha diffuso il bollettino economico che ha ormai scadenza trimestrale. La produzione industriale è in ripresa, con un incremento a giugno di mezzo punto percentuale rispetto a maggio, quando era salita di un punto sul mese precedente. Il calo registrato nel primo trimestre dell’anno sembra quindi superato. E sul fronte della crescita, le stime di via Nazionale sono incoraggianti: l’economia italiana si sviluppa a tassi in linea o addirittura superiori a quelli stimati come potenziali, con un pil atteso a +2% nella media del 2007 e +1,7% nel 2008. La ripresa dell’attività produttiva, sostenuta dalle esportazioni e dagli investimenti come nei trimestri precedenti, trae sostegno dall’accelerazione della spesa delle famiglie, con un inatteso aumento dei consumi del 2,8% in ragione d’anno nel primo trimestre del 2007. Il ritorno alla crescita «non è stabile senza la ripresa dei consumi», ha spiegato Draghi in audizione. La crescita va sostenuta anche attraverso una riduzione della pressione fiscale, arrivata «in prossimità dei valori massimi degli ultimi decenni», al 42,8% per il 2007. E se fino ad ora la lotta all’evasione ha iniziato a dare alcuni risultati, occorre proseguire su questa strada: «Far pagare le imposte a tutti quelli che le devono pagare per diminuirle ai contribuenti onesti».

Nel Dpef si sottolinea che il contenimento e la graduale riduzione della pressione fiscale «rappresentano un impegno prioritario; di conseguenza, il finanziamento dei maggiori oneri previsti dal documento come le spese connesse con impegni già presi, quelle legate al rinnovo di prassi consolidate quali gli stanziamenti per le future tornate contrattuali e in favore dell’Anas e delle Ferrovie, e infine, gli oneri derivanti da nuove iniziative (11 miliardi solo per le prime due categorie) dovranno derivare da «risparmi di spesa. Il Dpef - ha puntualizzato Draghi nel corso dell’audizione - non precisa come questi verranno realizzati».

Per un riequilibrio duraturo dei conti pubblici sono cruciali le scelte in materia di pensioni, in un paese in cui il rapporto tra ultrasessantenni e popolazione in età da lavoro, pari al 42% nel 2005, raddoppierà nel 2040. Draghi non è contrario all’aumento delle pensioni minime, ma «nella situazione demografica che si prospetta per i prossimi decenni solo scelte coraggiose volte a elevare l’età contro chi ha e favorevoli a chi non ha, ma chiediamoci quante tasse dovranno pagare i giovani nei prossimi anni per sostenere il sistema pensionistico così com’è. L’aumento delle pensioni di importo più basso appena definito dal governo mira ad alleviare la situazione di disagio economico in cui si trova un’ampia fascia di anziani. L’erogazione di pensioni di importo adeguato a un numero crescente di anziani è la sfida da affrontare nei prossimi anni», ha concluso.


17.07.07 - lastampa.it

Terremoto in Giappone, sette morti

Roma - Sette morti, più di ottocento feriti, migliaia di evacuati e una fuga di acqua radiottiva dalla centrale nucleare più potente del mondo, quella di Kashiwazaki Kariwa. E' severo il bilancio del terremoto che ieri ha colpito il Giappone centro occidentale. Due scosse in tredici ore, la prima di magnitudo 6.7 e la seconda di 6.6 sulla scala Richter, che hanno provocato il crollo di decine di abitazioni nella provincia di Niigata, un lungo black out e la sospensione delle forniture di acqua e gas per migliaia di famiglie.


La prima scossa ha avuto epicentro al largo della costa di Honshu, a 49 chilometri di profondità, ed è stata registrata alle 10.13 locali (le tre del mattino in Italia).Una scossa devastante che ha fatto oscillare a lungo anche i grattacieli di Tokyo. A subire le conseguenze peggiori la città portuale di Kashiwazaki, dove il sisma ha fatto sette vittime (oltre 90mila gli abitanti). A trovare la morte nel crollo delle loro abitazioni in legno sono stati sette anziani (quattro donne e tre uomini, tutti fra i 70 e gli 80 anni di età) che non hanno avuto il tempo di fuggire.

Un'altra persona risulta tutt'ora dispersa. Ma assieme ai morti ci sono stati anche i feriti. In poche ore più di ottocento persone sono state trasportate nell'ospedale cittadino costringendo le autorità locali a lanciare una richiesta di soccorso per fare arrivare medici da altre zone del paese. A questo si è aggiunto l'allarme sanitario provocato dalle lesioni al sistema fognario e di fornitutra di acqua portabile alla popolazione, rimasta da ieri all'asciutto e in varie zone anche senza gas. Molte strade sono state deformate dalla forza del sisma, alcuni ponti sono rimasti danneggiati, i treni ad alta velocità sono stati costretti a fermarsi per verificare la tenuta delle rotaie, e anche l'aeroporto di Niigata ha chiuso i battenti per un controllo urgente delle piste. La costa è stata poi battuta da piccole onde di tsunami, per fortuna inferiori al metro.

A far davvero paura è stato invece l'incendio scoppiato, subito il dopo il terremoto, nella centrale nucleare alle porte delle città. Dagli impianti si sono levate alte colonne di fumo nero: immagini inquietanti che hanno fatto il giro del mondo e provocato l'immediato rientro a Tokyo del premier Shinzo Abe, impegnato a Nagasaki per la campagna elettorale. Il focolaio di incendio (sembra che a prendere fuco sia stato un trasformatore) è stato rapidamente domato.

In seguito alla scossa i sette reattori della centrale da 8.212 megawatt (la più potente del mondo) si sono spenti automaticamente; ma dopo un primo diniego, i vertici della Tepco (la società già finita sotto inchiesta nel 2002 per la falsficiazione di dati sulla sicurezza dei suoi impianti) hanno dovuto ammettere di essere stati obbligati a chiudere tre dei sette reattori. «Confermiano che c'è stata una perdita di acqua radiottiva dai circuiti di raffreddamento della centrale», ha dichiarato un portavoce della compagnia pur sostenendo che si è trattato di un rilascio esiguo: poco più di un metro cubo di acque irraggiate finite in mare. «La fuga è stata ben al di sotto dei livelli che potrebbero mettere a repentaglio l'ambiente», ha aggiunto lo stesso portavoce garantendo che nessun lavoratore è stato esposto alle radiazioni.

Più di ottomila persone hanno comunque trascorso la notte in ansia, rinchiusi nei centri di accoglienza allestiti dalla protezione civile. Una notte che alle 23,15 locali ha visto riesplodere la paura con una seconda scossa di terremoto, sempre con epicentro nel Mar del Giappone, stavolta a 33 chilometri di profondità. Un evento «non eccezionale» dicono gli esperti che in mezza giornata hanno contato oltre venti potenti scosse di assestamento.

Natalia Andreani - 17.07.07 - liberta.it

36 vittime nel fine settimana

Incidenti stradali: 36 vittime nel fine settimana


Amato propone il sequestro dell'auto per pirati, Di Pietro invece il carcere

ROMA (16 lug. 2007) - Il sequestro dell'auto di chi viene scoperto alla guida in stato di ebbrezza. Lo proporrà, secondo quanto si apprende, il ministro dell'Interno Giuliano Amato, al ddl in discussione al Senato. Nel suo disegno di legge sulla sicurezza stradale il Governo aveva previsto la confisca o almeno il sequestro del veicolo nel caso di guida sotto l'effetto di alcolici.

Alla Camera, però, i deputati hanno tolto dal provvedimento del Governo sia la confisca sia il sequestro del veicolo, prevedendo il semplice fermo e lasciando il sequestro solo per la guida sotto l'effetto di droghe. Il ministro Amato, spiegano al ministero, riproporrà ora al Senato le norme originarie, chiedendo di tornare a equiparare la guida sotto l'effetto di alcolici a quella sotto l'effetto di droghe, prevedendo, anche nel primo caso, come era stato indicato dal Governo, almeno il sequestro del veicolo.

36 VITTIME NEL FINE SETTIMANA

Trentasei persone sono morte durante lo scorso fine settimana in 34 incidenti stradali avvenuti sulle strade italiane.Il dato e' in diminuzione sia rispetto allo scorso weekend, sia in relazione allo stesso periodo dell'anno scorso, quando si contarono 50 vittime in 42 incidenti. La situazione suscita comunque allarme soprattutto per l'aumento dei pirati della strada.

DI PIETRO: SERVE IL CARCERE

Eliminare il senso di impunità diffusa e prevedere norme durissime, fino al carcere, per le stragi sulle strade. Questa la strada da prendere, secondo il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, per affrontare il dramma degli incidenti stradali.

"E' una morte continua - afferma il ministro nel corso della trasmissione 'Vivavoce' a Radio 24 - a cui bisogna reagire certamente con l'educazione e la prevenzione, ma anche con la repressione. Mi dispiace dirlo in modo così duro, ma occorre sradicare il senso dell'impunità che c'é in Italia". Secondo Di Pietro, dunque, è necessario "prevedere norme durissime, perché si sappia che chi mette a rischio la vita degli altri mette a rischio anche la propria vita sul piano della libertà". Infatti, dice il ministro, bisogna punire "il comportamento di quella persona che quando è in grado di intendere e volere si mette in condizione di non capire più niente.

E' necessario anticipare la colpevolezza al momento in cui uno sceglie di comportarsi in questo modo". Quanto alle pene, secondo Di Pietro il ritiro della patente a vita non è sufficiente, bisogna andare dal ritiro della macchina alla galera: "Cominciamo - osserva - con l'abitudine che dopo un'infrazione si scende e si va a piedi, fino a multe salatissime e se è davvero grave si va direttamente in carcere".

BIANCHI: INASPRIREMO LE SANZIONI

"Inaspriremo le sanzioni per le infrazioni più gravi, la sicurezza stradale è ormai una vera e propria emergenza". Il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi commenta così la drammatica serie di incidenti stradali mortali delle ultime ore, ed in particolare l'incidente in cui ha perso la vita una ragazza di 16 anni a San Secondo di Pinerolo. Il ministro ricorda che "il governo si è già mosso presentando un disegno di legge già approvato dalla Camera. I controlli aumenteranno e le sanzioni saranno più severe per i tre livelli previsti: multe, ritiro della patente e arresto. Quest'anno abbiamo avuto 5.500 vittime sulla strada, si tratta di una vera e propria emergenza".

Sulla classifica della decurtazione punti della patente di guida pubblicati stamani su "Il Sole-24Ore"

L’indagine de “Il Sole-24 Ore” sulla decurtazione dei punti dalla patente di guida, mette in risalto come le province emiliano-romagnole siano ai vertici della classifica nazionale: nei primi quindici posti si trovano ben 6 nostre province, mentre se consideriamo il fanalino di coda regionale, cioè Reggio Emilia, non ci spingiamo oltre il 35esimo posto.

In Emilia Romagna, dunque, si corre maggiormente il rischio di vedersi decurtare punti dalla patente di guida, mentre se consideriamo la decurtazione media per ogni violazione la nostra provincia balza al quarto posto nella classifica regionale. Viene allora da chiedersi se gli automobilisti emiliano-romagnoli siano più indisciplinati di quelli del resto d’Italia.

Potrebbe essere facile pensarlo, ma la realtà è un’altra: la classifica del prestigioso quotidiano economico non tiene conto di una variabile essenziale in questo contesto, cioè del numero di controlli effettuati. Infatti, è molto più facile essere controllati e contravvenzionati al Nord piuttosto che al Sud e non è un caso se le province che registrano una minore decurtazione siano quelle siciliane, campane, pugliesi e insulari.

Questo non significa che le forze di polizia stradale usano due diverse misure, ma più semplicemente che l’indice di motorizzazione ed i fenomeni negativi legati alla circolazione stradale sono più presenti in quelle regioni dove polizia e carabinieri operano in maniera più costante ed efficace (basti pensare ai servizi antistragi del sabato sera che sono organizzati nella nostra provincia dallo scorso mese di marzo...).

Per avere un quadro obiettivo della situazione, dunque, bisognerebbe conoscere il rapporto che esiste tra il numero di violazioni e quello dei veicoli controllati, senza dimenticare che essenziale è anche conoscere il numero dei ricorsi ai verbali che viene accolto e che talvolta rende meno efficace il sistema deterrente della stessa patente a punti.

Roberto Rocchi - Resp.le prov.le Asaps
“UNA PATTUGLIA VISIBILE E’ PIU’ UTILE DI UN AUTOVELOX NASCOSTO”

“Norme e strumenti per affrontare la piaga degli incidenti stradali ci sono. Devono solo essere utilizzati con costanza, coerenza, chiarezza ed equità.” Questo il commento dell’Automobile Club d’Italia sugli ultimi gravi incidenti che hanno insanguinato le strade italiane.

“La sicurezza stradale – dice l’ACI – non è un problema estivo, ne può riassumersi nelle stragi del sabato sera. La realtà è che l’Italia continua a non affrontare adeguatamente un’emergenza che è quotidiana”.

Per l’ACI “non servono nuove strutture né servono ulteriori inasprimenti pecuniari delle sanzioni amministrative. E’ necessaria, invece, una concreta, visibile e tangibile presenza delle Forze dell’Ordine sulle nostre strade finalizzata alla prevenzione e non solo ed esclusivamente alla repressione. Una pattuglia visibile è – secondo l’Automobile Club d’Italia – molto più utile, ai fini della sicurezza stradale, di un autovelox nascosto”.

“Le leggi e le strutture ci sono – sempre secondo l’ACI – il problema è che le leggi servono a poco se poi non vengono spiegate ai cittadini, applicate con intelligenza e rigore e fatte rispettare. Coloro che percorrono le strade italiane devono avere la certezza che chi infrange le regole sarà fermato e sanzionato”.

“Anche se raggiungessimo la soglia annunciata di 1 milione di controlli – conclude la nota dell’ACI - saremmo ancora lontani dalla media europea. La UE ci impone di ridurre del 50% le vittime della strada entro il 2010 e i risultati finora ottenuti sono davvero esigui. La Francia ha quasi raggiunto l’obiettivo, ma conta 8 milioni di controlli sulle strade solo nell’ultimo anno. L’Italia deve trovare al più presto le risorse economiche adeguate per permettere alle Forze dell’Ordine di compiere quel ruolo di prevenzione sulle strade che, insieme alla educazione stradale, è l’unica arma per ridurre questa enorme piaga sociale”.

16.07.07 - emilianet.it

Iraq, ecatombe a Kirkuk

Curdi sotto tiro, colpiti i partiti più vicini al premier Al-Maliki


Contrasti politici, oppure contese sul controllo del territorio, ricco di petrolio, già quasi tutto in mano ai curdi: entrambe le ipotesi, che rischiano anche di intrecciarsi, potrebbero spiegare la strage provocata ieri a Kirkuk, città del nord dell'Iraq, dove un camion bomba guidato da un kamikaze ha causato stamattina tra i 100 e i 130 morti e poco meno di 180 feriti. Il primo attentato è stato seguito in giornata da altre due autobomba, con effetti molto meno devastanti (un ufficiale di polizia è morto e sei agenti sono rimasti feriti).

Il camion carico di esplosivo è stato guidato dall'attentatore suicida fino al palazzo in cui ha sede il partito dell'Unione Patriottica del Kurdistan (Puk), diretto dal presidente iracheno, Jalal Talabani. La strage è stata forse più grave di quanto si erano prefissati i pianificatori perché si è prodotta all'interno di un mercato affollato e vicino a una stazione di autobus i cui passeggeri sono stati uccisi sul colpo o morti avvolti dalle fiamme conseguenza dell'esplosione. Più o meno la stessa violenza del più grave degli attentati degli ultimi mesi, quello che a Ermeli il 7 luglio scorso, anche in quella circostanza con un camion bomba, ha causato la morte di un numero incerto tra 100 e 130 turcomanni-sciiti, che abitano in maggioranza il piccolo centro 130 chilometri a sud di Kirkuk. Una seconda autobomba è esplosa vicino alla sede del Partito Democratico del Kurdistan (Pdk), presieduto da Massud Barzani, e che con il Puk costituisce una dei gruppi di appoggio più deciso al governo del primo ministro Nuri al Maliki.Il ripetersi di episodi così gravi, in tempi anche abbastanza stretti, induce a ritenere che, in un Paese sempre più devastato da violenze interconfessionali, settarie e di pura criminalità, con le pressioni crescenti per il ritiro delle truppe multinazionali, il cuore del problema possa essere sempre più di natura politica e interetnica.In dicembre è in programma proprio a Kirkuk un referendum nel quale 18 milioni di persone saranno chiamate a decidere se la loro provincia, quella di Altaamin, dovrà diventare autonoma e magari aderire al Kurdistan iracheno (realtà geografica e amministrativa che controlla già le tre province a nord-nordest di Suleimaniya, Duhuk ed Erbil). E se i curdi guardano con entusiasmo a questa prospettiva, diversamente la pensano turcomanni e arabi sunniti trapiantati lì solo dagli anni Settanta.


«Dicono che c'è una democrazia qui, ma a noi pare una dittatura, come quella di Saddam - scrive un giornale locale - i curdi hanno ormai in mano tutto». Paura di essere marginalizzati e perseguitati in caso di vittoria della scelta curda nel referendum non sembrano però cause sufficienti a giustificare violenze di così vasta portata. Continuano invece i sospetti sull'operatività nell'area di terroristi di Al Qaeda o di altri gruppi di insorti.

17.07.07 - corriere.com

Unicef: in Iraq i bambini stavano meglio prima

IRAQ: DENUNCIA DELL'UNICEF, I BAMBINI STAVANO MEGLIO CON SADDAM


(AGI/EFE) - Ginevra, 16 lug. - I bambini iracheni se la passavano meglio quando Saddam Hussein era al potere. E' il duro atto d'accusa dell'Unicef contro il governo iracheno e gli Stati Uniti. Il direttore, Daniel Toole, ha denunciato le tragiche condizioni di vita dei piccoli iracheni: in termini di nutrizione, salute ed educazione la situazione e' "molto peggiore" ora rispetto a prima dell'invasione nel marzo 2003.

Toole ha ricordato che due terzi della popolazione irachena non ha accesso all'acqua potabile e che le violenze hanno incrementato il tasso di abbandono scolastico. In una conferenza stampa a Ginevra sulle condizioni dei bambini che vivono in zone di conflitto o crisi umanitarie, Toole ha spiegato che i casi piu' gravi si riscontrano, oltre che in Iraq, nei Territori palestinesi, nello Zimbabwe, nel sud del Sudan e nel Ciad. In particolar modo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania - ha lamentato - la "situazione non e' mai stata cosi' grave" come nell'ultimo mese. In Zinbabwe, inoltre, la sopravvivenza del 20 per cento della popolazione dipende dal cibo inviato dalla comunita' internazionale, una percentuale che potrebbe raddoppiare nei prossimi mesi. (AGI)


17.07.07 - cooperazione.agi.it

Iraq, due autobomba a Kirkuk contro i curdi

Iraq, due autobomba a Kirkuk contro i curdi: ottanta uccisi


Sedi dei due maggiori partiti curdi, l'Unione Patriottica del Kurdistan (Puk) e il Partito Democratico del Kurdistan (Pdk) sono stati gli obiettivi dei due attentati a Kirkuk, 255 chilometri a nord di Baghdad, che hanno provocato un numero di morti e feriti non ancora accertato con precisione.

Non meno di 100 sono i morti, secondo la tv di Dubai Al Arabia, e 120 i feriti del primo attentato, compiuto con un camion bomba guidato da un attentatore suicida, vicino alla sede del Puk, nel cui palazzo hanno sede anche i servizi di sicurezza curdi, Assaysh, un'associazione culturale ed il club sportivo Sulaf. Nessun bilancio di vittime viene invece fornito per ora sull'attacco con un'autobomba vicino alla sede del Pdk, che come il primo è in una zona centrale della città. Secondo il sito Internet del Puk gli attentati - che a suo avviso avrebbero causato per ora 80 morti e 180 feriti, ma il bilancio sarebbe destinato a salire - sono avvenuti entrambi in quartieri abitati prevalentemente da curdi, anche se la provincia di cui Kirkuk è capoluogo, quella di Altaamin, pur confinante, non fa parte del Kurdistan iracheno (che include invece le tre di Sulaimaniya, Erbil e Duhuk, nell'estremo nord-nordovest dell'Iraq).

A Kirkuk sono in programma per il prossimo dicembre votazioni per un referendum sull'eventuale autonomia amministrativa, e l'eventuale annessione al Kurdistan. Ieri si è conclusa ad Erbil una conferenza di una settimana nella quale tra l'altro per la prima volta rappresentanti del parlamento curdo e di quello iracheno si sono incontrati per esaminare eventuali iniziative comuni.

16.07.07 - unita.it

La causa dei soldati italiani colpiti dall'uranio impoverito

La causa dei soldati italiani colpiti dall'uranio impoverito dinanzi al COCER Esercito


Lecce - Alla presenza di una delegazione del Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dell'Esercito, il Capitano Carlo Calcagni , il 18 luglio presso la Scuola di cavalleria di Lecce, esporrà la sua storia di militare vittima della contaminazione da uranio impoverito durante le missioni all'estero. Carlo Calcagno, capitano elicotterista dell'Esercito italiano, è affetto da neoplasia in seguito ad una missione in Bosnia nel 1995 dove è venuto in contatto con le sostanze e i metalli pesanti prodotti dall'esplosione di armi prodotte con uranio impoverito.

Il COCER Esercito del X mandato, in accordo con lo Stato Maggiore dell'Esercito, ha dunque deciso di prendere atto di tale situazione e di schierarsi a tutela dei propri soldati e delle rispettive famiglie colpite da oncopatologie, consapevole infatti della necessità di porre in essere azioni e progetti finalizzati a garantire la massima assistenza sanitaria, sociale e previdenziale al personale militare.

Da molti anni, infatti, la contaminazione dei soldati italiani da agenti radioattivi contenute nelle armi, è caduta nell'oblio dei media e delle istituzioni, nonostante la gravità delle malattie che ha colpito centinaia di persone. Dopo che emerse il caso, e i continui tentativi di negare l'evidenza, si è avuta la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta "sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale" , con la deliberazione del 17 novembre del 2004. La Commissione, al termine dei lavori ha infatti stabilito che "dalle risultanze delle audizioni svolte, ed anche dalle verifiche e dalle testimonianze raccolte durante la missione nei Balcani, non sono emersi elementi che consentano di affermare che le patologie in questione siano da attribuire ad effetti tossicologici o radiologici derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti o alla contaminazione chimica dovuta a questo tipo di munizionamento. In proposito, appare di rilievo la circostanza che, a tutt'oggi, non sono state riscontrate, a quanto risulta alla Commissione, tracce di uranio impoverito in campioni istologici di militari italiani impegnati nelle missioni in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo che hanno sviluppato patologie tumorali."

Negando dunque una correlazione con le patologie tumorali all'esposizione a tali sostanze, la Commissione parlamentare afferma invece che "in base alla pubblicistica scientifica acquisita, l'esistenza di un rischio significativo per la salute riconducibile in quanto tale all'uranio impoverito sembra doversi circoscrivere ai soggetti che abbiano comunque potuto inalare l'aerosol che si sviluppa a seguito dell'impatto di proiettili a UI: in concreto, tale situazione sembra poter ricorrere solo per coloro che si fossero trovati a breve distanza di tempo da un mitragliamento con utilizzo di proiettili a UI ". Allo stesso modo tende a precisare che "quasi tutte le forme di tumore abbiano un'eziologia multicausale, e come in particolare l'esposizione a un ampio novero di agenti chimici, fisici o biologici possa avere effetti mutageni e oncogeni. "

La Commissione parla anche di " un ruolo indiretto dell'UI nel provocare le suddette patologie attraverso l'inalazione delle nanoparticelle da esso generate", rinviando così le ulteriori indagini e una soluzione del caso al Governo italiano " che si attivi presso le competenti istanze dell'Unione europea e della NATO affinchè sia progettato e realizzato uno studio di carattere scientifico su tale questione. "

Al momento dunque la situazione non sembra muoversi, anzi sembra calata in un certo immobilismo, e la lotta di Carlo Calcagno rappresenta un'azione che fa da apripista per la risoluzione dei casi dei soldati italiani che hanno messo a repentaglio la propria salute mentre hanno prestato un servizio pubblico. " Sono orgoglioso di questa occasione che la Forza Armata italiana mi sta dando per parlare del mio caso dopo anni di ricorsi e di procedure burocratiche per veder riconosciuta la mia malattia dinanzi allo Stato italiano." - dichiara il Capitano Carlo Calcagno.

Cosa dirà dinanzi al COCER e quale documentazione presenterà?

Quella di mercoledì è un'occasione molto importante per me, perché esporrò tutti i dettagli del mio caso, dal momento in cui ho contratto la malattia, sino a tutto l'iter burocratico che ho dovuto percorrere per vedere riconosciuto la connessione dell'esposizione ad un ambiente bellico pericoloso con i danni alla salute che ho subito. In particolare parlerò proprio delle problematiche economico-amministrative, nonché burocratiche, che vengono stabilite per vedersi riconosciuto un diritto legittimo e garantito in maniera automatica. Vi sono infatti delle leggi che tutelano le "vittime del dovere", ma per molto tempo sono stati sollevati dei dubbi sull'automatica applicazione della legge 206 del 2004, dubbi che hanno impedito a me - come a molti - la possibilità di accedere a dei benefici e delle agevolazioni che sono garantiti di diritto. Il mio scopo sarà dunque quello di sensibilizzare il COCER affinchè si attivi per garantire ai soldati italiani un'assistenza minima di sostentamento per affrontare delle malattie logoranti e difficili, malattie contratte proprio durante la prestazione di un servizio pubblico a difesa della sicurezza nazionale.

Vi è dunque indifferenza da parte dello Stato italiano ?

Siamo purtroppo dinanzi ad una situazione paradossale, in cui lo Stato italiano tratta in maniera differente casi simili, come può essere il caso dei soldati morti a Nassirya, o con troppo zelo altri, com'è accaduto il caso dell'indulto promulgato con decreto nel giro di poche ore. Ciò significa che i soldati italiani colpiti dalle scorie dell'uranio impoverito, che lentamente sono morti, altri si sono ammalati nel silenzio avendo così poco spazio all'interno delle cronache dei giornali, sono hanno colpito molto l'opinione pubblica e sono stati dimenticati, la loro voce non è stata ascoltata. Quando il contingente di Nassirya fu duramente colpito da un attacco terroristico, lo Stato - giustamente - ha reso onore a quei grandi uomini che avevano servito la sicurezza nazionale, e tengo a precisare che è stato giusto e dovuto ai carabinieri di Nassirya. Quell'episodio ha però colpito e traumatizzato l'opinione pubblica, al punto che lo Stato è intervenuto a sostegno dei familiari delle vittime in maniera repentina e d'ufficio, senza che sia stata sollevata alcuna causa, come giusto che sia. I soldati che hanno invece prestato servizio in Bosnia o in Kosovo, stanno da anni lottando per vedere riconosciuto un minimo beneficio che spetta loro di diritto.


Cosa ha dunque scoperto durante questi anni di ricorsi e procedure?

Ho portato avanti delle ricerche sia scientifiche che burocratiche, dimostrando innanzitutto che già nel 1970 gli Stati Uniti hanno effettuato degli esperimenti su tale tipo di munizionamento affermando che durante l'impatto, per via dell'elevate temperature che sono in grado di raggiungere - sino a 3000 gradi - i metalli pesanti che contengono sublimano e si polverizzano a tal punto da essere inalati con facilità anche a grandi distanze dal luogo dell'impatto. Questa documentazione è stata consegnata all'esercito italiano, ma non è stata divulgata tra le forza armate, come pure non è stato fornito alcun equipaggiamento di protezione. Esistono dunque dei dati certi che questo tipo di armi sprigiona delle sostanze pericolose che vengono assorbite in pochi secondi dal corpo umano, andandosi a depositare all'interno degli organi vitali. Da molti anni è stata pubblicata persino in internet la mappatura completa delle zone che sono state colpite da questo tipo di armi, con la spiegazione delle precauzioni da prendere e dei possibili rischi. Sono così riuscito a dimostrare senza ombra di dubbi che esiste una correlazione innegabile tra i danni che ho subito e le sostanze a cui sono stato esposto: gli accertamenti e le analisi mediche hanno infatti riscontrato nel mio organismo i metalli pesanti contenenti delle armi ad uranio impoverito, e sono state definite la causa della mia malattia.

Qual è dunque ora la sua situazione?

La mia situazione è alquanto assurda, perché nonostante io abbia avuto il riconoscimento della malattia mediante certificazioni mediche, ottenendo così la "causa di servizio" dinanzi allo Stato Maggiore, non ho ancora avuto alcun sostegno da parte dello Stato che mi permetta di affrontare la mia malattia in maniera serena, senza convivere con la paura di subire l'esproprio della casa per non riuscire a pagare il mutuo, o a dover lottare con gli Istituti di medicina per avere delle cure appropriate.

Lei dunque porterà avanti questa lotta?

Io continuerò a combattere per una causa giusta per garantire alla mia famiglia, alle vittime dell'uranio impoverito e ai familiari dei soldati morti dopo aver contratto delle terribili malattie, il dovuto sostegno da parte dello Stato. Non cerchiamo un capro espiatorio, non cerchiamo un colpevole come spesso si cerca di fare per mettere a tacere una storia, perché sappiamo che lottiamo contro un nemico invisibile, il cd. "fuoco amico" , che ci ha uccisi, ci ha fatto ammalare e ci ha isolati. Noi abbiamo sempre rispettato il nostro dovere, abbiamo assolto al nostro ruolo, e ora continuiamo a lottare per una causa giusta. Io non mi fermerò e finchè avrò forza, continuerò a denunciare l'indifferenza dello Stato.

Si riuscirà, secondo lei, ad eliminare l'uso di queste armi?

Io non credo, perché ne vengono utilizzate sempre di più, proprio per il suo grande potere piroforico, in grado di perforare la corazzata di un carroarmato e sprigionate un terribile calore. Quando nell'1995 bombardavamo la Bosnia neanche sapevamo con quali tipo di armi avevamo a che fare, ma i grandi vertici lo sapevano e hanno nascosto a noi soldati il grande pericolo a cui eravamo esposti. Oggi, dopo questa esperienza, posso dire di aver letto e studiato la maggior parte delle informazioni a proposito, senza che ne sia mai venuto a conoscenza durante la prestazione del servizio militare, nonostante ricoprissi un ruolo di ufficiale. È giunto dunque il momento che diano a tutti noi delle risposte.


16.07.07 - newsitaliapress.it

Sequestro dell'auto per chi guida ubriaco

Non accenna a diminuire il drammatico bilancio di vittime sulla strada. Sono oltre 5500 le vittime degli ultimi sette mesi e soltanto nello scorso week end 36 persone sono morte a causa degli incidenti stradali. Un bollettino troppo elevato per un paese che voglia definirsi 'civile' e ben lontano dagli obiettivi che l'Italia prese in sede Ue allo scopo di dimezzare il numero dei morti sulla strada. A dispetto di questo obiettivo (ormai irraggiungibile) la mortalità sulle strade in Italia è persino in controtendenza e aumenta. L'Italia è il paese europeo con minori controlli sulla strada. Soltanto 400 mila l'anno contro i 10 milioni della Francia.


Troppi i casi di guida in stato d'ebbrezza


Guidare in stato d'ebbrezza è purtroppo diventata una nuova emergenza nazionale. La cronaca degli ultimi mesi ha portato alla luce diversi casi di guida in stato di ebbrezza che secondo l'Aduc è causa del 30% degli incidenti e negli ultimi quattro mesi la polizia stradale ha emesso quasi 65 mila sanzioni. A questa devianza sociale si aggiunge una normativa del tutto inadeguata a fronteggiarla che sembra tenere in scarsa considerazione le conseguenze mortali di questi comportamenti con sanzioni minime e spesso irrilevanti. Basti ricordare i tre bambini morti sulla Caserta-Salerno di venerdì scorso a causa di un tamponamento provocato da un ubriaco alla guida di un auto o la sedicenne travolta a Pinerolo appena uscita dalla discoteca. Può una sanzione ripagare la vita? La legge non prevede l'arresto se non in caso di omissione di soccorso e le sanzioni per guida in stato di ebbrezza sono inadeguate al danno provocato (la morte di persone innocenti).


Le proposte del governo. Il ministro dei Trasporti Bianchi ha annunciato una linea dura per chi guida ubriaco e un potenziamento dei controlli stradali. Tra le proposte il sequestro dell'automobile a chi guida dopo aver ingerito alcol. Sono in molti però a ritenere questa sanzione troppo leggera ed è la stessa società civile a invocare 'vere' sanzioni e misure repressive contro chi guida ubriaco come l'arresto immediato in caso di omicidio colposo, la sospensione triennale della patente o la sospensione a vita in caso di recidivi. Oggi la sospensione della potente è solo per pochi mesi.


Riuscirà il Parlamento o il Governo a legiferare prima della strage che puntualmente avverrà il prossimo week end? Nel frattempo ai malcapitati non resta che andare al cimitero e alle rispettive famiglie di piangere.


20070717 - Fonte news: http://www.autoage.it - autoage.it

Alcool al volante: multe più pesanti

Alcool al volante: presto arriveranno multe più pesanti


Arresto fino a 6 mesi se si causa un incidente


Roma 17/07/2007 - Incidenti mortali causati da chi ha bevuto troppo, ma basta anche un po' in più per abbassare inesorabilmente la soglia di lucidità. I recenti fatti di cronaca rilanciano il problema della guida in stato di ebbrezza, con tante vittime (molti bambini e minori) dei "pirati" della strada. E contro questi sono in arrivo sanzioni più aspre se si viene colti al volante dopo aver alzato il gomito o aver fatto uso di droghe anche leggere. Il disegno di legge di riforma del Codice della Strada, approntato dal ministro dei Trasporti Bianchi, introduce infatti nuovi criteri che aumentano le multe e le sanzioni accessorie nei casi di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti: tra questi, il tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro e l'eventualità di causare un incidente per la propria condotta scorretta, con l'arresto previsto fino a 6 mesi se le conseguenze sono particolarmente gravi. Più lunghi anche i tempi dell'eventuale fermo del veicolo e della revoca della patente.


Il disegno di legge approvato dalla Camera e in discussione al Senato raddoppia l'ammenda in caso di guida in stato di ebbrezza. Si andrà da un minimo di 500 a un massimo di 2.000 Euro, mentre adesso la sanzione pecuniaria va da 258 a 1.032 Euro. Multa che raddoppia (da 1.000 a 4.000 Euro) se il guidatore causa un incidente, ed in questo caso raddoppia anche il rischio di arresto da uno a due mesi, che sale fino a 3 mesi se il tasso alcolemico supera gli 1,5 grammi per litro e fino a sei mesi se il conducente ha causato un incidente. Resta immutato il taglio di 10 punti dalla patente, ma aumenta nettamente il rischio di vedersi sospesa la patente: se prima si andava da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 3 mesi, con la riforma del Codice si passa da 3 mesi a un anno. Ed anche in questo caso, superando gli 1,5 grammi e causando un incidente, le sanzioni raddoppiano, con la sospensione della licenza di guida che può essere prolungata da un minimo di 6 ad un massimo di 24 mesi. L'ubriaco che a Pinerolo ha ucciso una ragazza di 17 anni aveva un tasso alcolemico 4 volte superiore al consentito ed aveva peraltro già subito per tre volte il ritiro della patente.


Il giro di vite compiuto dal Ministero dei Trasporti giunge nel mezzo dei drammatici incidenti dei giorni scorsi e di una stagione estiva che sta svelando l'uso sempre più diffuso di alcol e droghe da parte degli italiani. Peccato però che l'approvazione del pacchetto di riforme si concluderà non prima del prossimo autunno e fino ad allora c'è solo da sperare che la cronaca della strada riduca le occasioni di mettersi in mostra. Ma i grandi esodi estivi sono ormai iniziati, avranno il loro picco tra due fine settimana e le risorse a disposizione sono poche, basti pensare che in Italia si effettuano in media 500 mila controlli l'anno sulla presenza di alcol o droghe nei guidatori contro i due milioni di controlli che avvengono in Francia. Ma dopo i fatti dell'A30 Caserta-Salerno, con i tre bambini morti a seguito di un tamponamento, e quelli di Pinerolo, il Ministero dei Trasporti promette il raddoppio delle pattuglie e dei controlli già da questo fine settimana.


Nel disegno di legge che inasprisce le sanzioni previste dal Codice della Strada ci sono altre novità, come il controverso rifiuto da parte del guidatore di sottoporsi al test etilico: può farlo, ma rischiando sanzioni amministrative pesanti come la multa da 2.500 a 10.000 Euro (che sale da 3.000 a 12.000 Euro in caso di incidente), la sospensione della patente da 6 a 24 mesi, il fermo del veicolo per 180 giorni (contro i 90 precedenti) e la revoca della stessa patente anziché il taglio di 10 punti se nell'arco degli ultimi due anni c'è recidiva da parte del guidatore. Revoca che scatta subito se a guidare in stato di ebbrezza o di stupefacenti è il conducente di un autobus o di un camion di oltre 3,5 tonnellate. Ed anche in questo caso la cronaca recente ha contribuito all'aggravio delle sanzioni.


©2007 - Più Uno International Spa - 17.07.07 - tgcom.mediaset.it

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