La Dipendenza Affettiva

Si soffre tanto per amore... Ma quando è vero? Talvolta ci ritroviamo a credere di amare, ma invece a dipendiamo soltanto: l’amore diviene una droga, una cosa negativa quando perde il suo significato...

“As long as we are in need of the other we are not able to be alone and enjoy the immense riches aloneness gives. Our center is the place where only we can go, where we find our fulfilment. "But real love is not an escape from loneliness, real love is an overflowing aloneness. One is so happy in being alone that one would like to share - happiness always wants to share. It is too much, it cannot be contained; like the flower cannot contain its fragrance, it has to be released." Osho

“Finchè abbiamo bisogno dell’altro non abbiamo la capacità di stare soli e godere l’immensa ricchezza che lo stare soli fa scaturire. Il nostro centro è il luogo dove solo noi possiamo andare, luogo dove troviamo il nostro soddisfacimento. “Ma l’amore vero non è una fuga dalla solitudine, l‘amore vero è uno stare soli che trabocca. Uno è così felice nell’essere con se stesso che vorrebbe condividere. La felicità vuole sempre condividere. E’ troppa, non può essere contenuta, come il fiore non può contenere la sua fragranza, deve essere emanata”. Osho

(Cit. http://www.urbanmonk.net/136/loneliness-the-beginning-of-romance)


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“Io non vivo senza te”

Le canzonette sono piene di frasi che inneggiano all’indispensabile presenza dell’altro che dia un senso alla nostra vita. Già Platone ci definiva mezze mele in cerca di una precisa, specifica metà...

E’ socialmente accettato soffrire per amore, socialmente sostenuto ed auspicabile per perpetuare la specie, scegliere un partner, vivere in coppia, riprodursi. Precocemente ed in genere incessantemente si cerca un legame, una relazione, stabile, unica e che possibilmente duri per sempre.
E’ un comportamento adattivo ricercare un partner ideale per la riproduzione dei propri geni, meno adattivo è invece crearsi un’ossessione per quel partner. E ancora meno adattivo è morire per amore. Eppure accade. Succede di trovarsi invischiati in una relazione “tossica”, ossessionati dall’importanza dell’altro al punto da perdere di vista se stessi.

Qui non si parla più di amore. Entriamo nel campo della dipendenza: Love Addiction.

Dell’originario sentimento d’amore, dove il cuore batte più forte all’arrivo dell’amato, dalle commosse lacrime di fronte al primo mazzo di fiori, si passa all’incubo del distacco, alla sofferenza se l’altro non c’è. Dell’amore non rimane che un remoto desiderio, vagheggiato, struggente anelito.

Vi sono relazioni dannose, malate, mortali (Robin Norwood), da cui diventa impossibile staccarsi, fuggire.

Alcune dipendenze della nostra cultura (occidentale) sono codificate ufficialmente tra le patologie del DSM IV (ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), classificazione multiassiale delle malattie mentali.
Per tossicodipendenza si intende l’abuso di sostanze tossiche (o comportamenti, procedure) che danneggiano l’individuo dal punto di vista della salute, del lavoro, delle relazioni sociali, occupando quasi interamente il suo tempo, i suoi pensieri, le sue attività che vengono totalizzate dalla dipendenza impedendogli di svolgere una regolare vita.
Altre dipendenze sono sommerse, tuttavia dilaganti ed altrettanto invalidanti. Al punto che in America sono stati coniati neologismi combinati con la parola ALCOHOLIC (che definisce l’alcolista). Da qui Sexaholic, Workaholic, Shopaholic, Foodaholic, Sportaholic. Oppure combinate con la parola Addiction (DIPENDENZA) da cui Love
Addiction, Net Addiction, Gambling Addiction (che definisce la dipendenza dal gioco d’azzardo).

E’ evidente che alcune dipendenze hanno esiti più nefasti, talune sono socialmente più tollerate. Tra queste la più silente resta quella affettiva. Non dà effetti collaterali eclatanti, non fa molto rumore, se non nella mente di chi ne è posseduto. Poiché quando l’altro diventa l’unica ragione di vita, anche a scapito di se stessi, si è in preda totalmente all’ossessione.
Il primo pensiero del mattino, l’ultimo della sera.
Sembra una frase da cioccolatino. In realtà nasconde una trappola feroce, quella dell’abnegazione malsana di se stessi, per rincorrere l’altro. Perché quando c’è dipendenza affettiva non si è ricambiati.
Vi è una relazione. Un legame fortissimo, ma il copione segue uno schema preciso che non è quello della reciprocità. Uno insegue, l’altro fugge. Lasciando a parte il banale luogo comune in cui si dichiara che “in amor vince chi fugge”, tale schema diventa più simile al bracconaggio, all’inseguimento della “preda” fino a sfociare a volte nella molestia (stalking).

Uno rincorre, l’altro si fa rincorrere.
Uno vuole, l’altro si nega.
Uno dice “ho bisogno di te” e l’altro si volta da un’altra parte.


Apparentemente uno è dipendente, l’altro “anti-dipendente”. In realtà si tratta di una vera “folie à deux”. Entrambe le mezze mele hanno bisogno dell’altra metà per esistere, per poter agire il proprio ruolo.
Quando l’altro diventa più importante della nostra stessa vita non è amore. E’ dipendenza. E’ PATOLOGIA.

Il bisogno di inseguire nell’uno è speculare al bisogno di rifiutare nell’altro. Bisogno di fondersi e bisogno di differenziarsi (Klein) sono entrambi veri e agiti. Colui che fugge è punitivo, negandosi inconsciamente castiga l’altro, in cui vede forse il genitore “cattivo” che non ha soddisfatto i suoi bisogni quando era necessario. E’ interessante osservare però che se per caso colui che fugge si ferma e diventa all’improvviso accettante e bisognoso i due ruoli si invertono, colui che prima inseguiva implorante inizia a prendere le distanze, diventa a sua volta fuggitivo… Ma la danza resta uguale.

Questo tipo di relazione è tipica nelle coppie dove uno dei due è alcolista. L’altro si erge quindi a “salvatore” (Norwood). In realtà sono entrambi “alcolisti”, uno dipende dalla bottiglia, l’altro dipende da colui che dipende dalla bottiglia. A parte il complicato gioco di parole, è una triste realtà la condizione di quelle donne che non riescono a lasciare il marito alcolista, fanno una vita di umiliazioni ed infelicità, si immolano sull’altare della devozione.

“Prometto di esserti fedele sempre. In salute e malattie fin che morte non ci separi?”

La causa di tali legami non ha radici religiose. Ma psicologiche! L’altro diventa la bottiglia del non-alcolista. Salvarlo diventa lo scopo della sua vita. Nobile intento, in apparenza. Impresa impossibile, tempo sprecato, inutile lotta in realtà. Nessuno potrà mai cambiare o smettere qualcosa perché glielo dice un altro, ma solo e soltanto se lo vuole nel profondo del suo essere.

Chiameremo per convenzione la persona che vuole salvare l’altro il co-dipendente.

IDENTIKIT DEL CO-DIPENDENTE

Co-dipendente è colui che controlla, vuole cambiare l’altro a suo piacimento. A fin di bene, per carità! Bere fa male alla salute, giocare d’azzardo rovina la vita a se stessi e alla propria famiglia, dipendere dal lavoro porta via tempo per esistere, vivere di sport impedisce una vita normale ecc. ben lo sanno i partner di costoro. I quali si armano di pazienza e coraggio e al motto di “io ti salverò” (io ti aggiusterò) partono per la loro crociata, strada costellata di spine… il co-dipendente è convinto che l’altro abbia qualcosa da aggiustare. Ma non solo, è anche convinto di poter risolvere i problemi che affliggono l’umanità e il partner in nome del suo “amore”. Il co-dipendente si crede onnipotente, più forte dell’alcol, del vizio, dell’altra moglie, della suocera ecc. non importa a chi ha dichiarato guerra. E’ far la guerra che conta, perché VINCERE è l’obiettivo, vincere per riavere l’amore dell’altro tutto per sé. Pura mera illusione.

Lo schema cognitivo del co-dipendente è molto semplice, obbedisce al mantra “se solo non ci fosse…
l’alcol,
l’altra donna,
il gioco,
il calcio,
la cocaina,
e così via..
IO LO POTREI AVERE TUTTO PER ME… E FINALMENTE SAREI FELICE”.


Così l’altro diventa qualcuno da convincere, carpire, controllare, guidare, curare, guarire, possedere, sistemare, ecc, ecc.
Perché lo si vuole TUTTO. E si sente che lui, lei non c’è… L’altro è TUTTO preso da altro… che sia la droga, l’alcol, il lavoro, il gioco o il sesso anonimo e compulsivo. L’altro è altrove.
E il co-dipendente è tutto incentrato, votato, devoto, perso, focalizzato totalmente sull’altro.
Quindi anch’egli è altrove. Entrambi hanno una cosa in comune. Non ci sono per loro stessi, sono incapaci di stare, ascoltare ed accudire i propri bisogni senza ricorrere a sostanze o persone esterne.
Entrambi sono incapaci di stare in una relazione sana: uno, intero, di fronte all’altro, intero.
Sono entrambi mezzi. E cercano di riempire il proprio buco vuoto con ALTRO da sé. Nel caso dell’alcolista, tossicodipendente o “aholics” vari, facendo ricorso ad una sostanza o un comportamento nocivo, nel caso del co-dipendente cercando di riempire la propria esistenza con l’esistenza dell’altro che ha “il problema da risolvere”.

E’ qui l’inganno, la distorsione. Torniamo a Platone. Egli si sbagliava. Non è la metà su cui insistere, ci ha proposto un’immagine falsata. E’ sull’essere UNO il segreto, il sentirsi interi non ci porterà a vagare in cerca di qualcosa o qualcuno che ci riempa.
Questo bisogno di sentirsi uno ha origini remote, nel grembo materno.
Lì facciamo l’esperienza di sentirci un tutt’uno. Fusi, accuditi, nutriti, contenuti, in simbiosi. Alla nascita creiamo un legame di attaccamento col care-giver (Bowlby), se tale legame è soddisfacente il genitore buono verrà interiorizzato (Winnicott) e avremo dentro di noi la una presenza calda, amorevole, capace di farci tollerare la frustrazione, l’assenza, il distacco (Klein), il no (Bion).
Se questo passaggio non è avvenuto restiamo con una spina in mano e cerchiamo una presa a cui attaccarci per funzionare, per sentirci di nuovo UNO. Non tutte le prese funzionano. Solo quelle che ci portano a risentirci fusi simbiotici. Nasce così un legame struggente, totalizzante. Da cui presto uno dei due sente il bisogno di fuggire perché si sente inghiottito dal bisogno dell’altro.

Inizia la danza, che diviene dramma e spesso sfocia in tragedia.
Il distacco , quando l’altro va a bere, a drogarsi, a fare altro, viene vissuto come intollerabile, insopportabile, la mancanza, l’assenza, la nostalgia diventano devastanti.L’altro diventa la droga del co-dipendente, la possibilità di sentirsi uno.
Ma deve fare i conti con il distacco , la fuga dell’altro che rifiuta, si nega, si rifugia nell’alcol, o altrove. Perché a sua volta si sente risucchiare dal bisogno infinito ed inappagabile del partner.

A vuole B, ne ha necessità estrema, inizia il tunnel.
B è preso da un vizio,o da altro, non sa prendersi cura nemmeno di sé ed è chiamato ad accudire il co-dipendente, che insiste per trascinarlo sulla retta via, così potranno vivere felici e contenti.. B inizia a fuggire, a ribellarsi agli ordini e ai controlli di A che si fanno sempre più pressanti,incalzanti, esigenti. B può diventare sempre più distante, ribelle, violento, anafettivo, crudele, o semplicemente assente, inizia a fuggire, non regge alle richieste, al controllo, non vuole essere aggiustato. Tuttavia poi si riavvicina, è inesorabilmente attratto da A, ne ha altresì bisogno, di quell’attimo perfetto di unione, illusorio tuttavia vitale, indispensabile ma tossico..
Vittima e carnefice, l’uno con il bisogno estremo dell’altro.

Si innesca così una lotta senza fine. Poiché in questa storia non c’è libertà, non c’è rispetto, non c’è amore. C’è bisogno, a volte violenza, lotta per il potere. C’è fame, e l’altro viene fagocitato, viene vampirizzato (Abraham) ma mai visto per ciò che è in verità.


COME SE NE ESCE?

Come da una qualsiasi altra tossicodipendenza. Ricostruendo la propria identità, autostima, imparando ad essere UNO senza aggrapparsi, riempiendo la propria esistenza di se stessi, con l’amore e la cura di sé. Soddisfacendo i propri bisogni, prendendosi la responsabilità di accudirsi, diventando genitori buoni di se stessi.
La creatività è la strada che porta ad esprimere ciò che siamo.
Crearsi una vita piena di cose per noi stessi, i cui possiamo occuparci e rispondere in prima persona è un terapia quotidiana di cui prendersi carico.
E’ un cammino lungo con frequenti ricadute e giornate buie, ma piano piano è possibile imparare a contenersi, a prendersi cura di quel bambino nascosto dentro. Solo così potremo avvicinarci all’altro e non aggrapparci, trascinandolo in un abbraccio soffocante in discesa verso gli inferi.
Si può imparare a stare bene con se stessi, sentirsi completi, esseri armoniosi e creativi, amandosi ed accettandosi pienamente per ciò che si è e si può.
Nasciamo soli, moriamo soli , a volte ci incontriamo con l’altro, ma poi dobbiamo essere in grado di tornare soli, occorre imparare ad amare questa condizione e farne una ricchezza, per questa avventura affascinante che è il viaggio nella conoscenza di sé.
E’ da qui, solo da qui che possiamo davvero incontrare amare ed includere l’altro.


[Per approfondimenti, o altre informazioni, contattare l’autore: ameya@libero.it]


Ameya Gabriella Canovi - 25-11-2007 - redacon.radionova.it

Inghilterra, notte di sesso e alcol

'Vergogna del sesso per le star d'Inghilterra'. E' questo il titolo con cui il 'News of the World' annuncia un nuovo scandalo per il football. Il settimanale racconta di un party del 27 ottobre al 'Wardour', club di Soho con lap-dance. Dopo la sconfitta con la Russia e prima di quella con la Croazia, alcuni nazionali si sono scatenati: ubriachi, hanno fatto sesso in pubblico, vomitato e urinato ovunque. Tra i segnalati, il capitano John Terry infortunato per il campo non per le lap-dancers.


Speciale-Risultati - 25/11/07 - raisport.rai.it

Alcoltest, si fa la prova nel pub

FIORENZUOLA - No al proibizionismo, sì al bere responsabile: la pensano così i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 35 anni circa che venerdì sera si sono sottoposti volontariamente all'alcoltest nel locale che frequentano abitualmente e dove di solito consumano alcolici: il pub Croce Bianca di Fiorenzuola. I titolari hanno scelto di installare l'etilometro e di lasciarlo all'ingresso in modo permanente, per permettere ai ragazzi di misurare il proprio tasso alcolico, darsi un limite, ed evitare soprattutto di mettersi alla guida in stato di ebbrezza, e comunque con misure di alcol nel sangue superiori alla fatidica quota di 0,5 grammi/litro che, secondo il codice della strada, fa scattare multe salate.
I ragazzi conoscono bene il livello limite e si attrezzano: «Io ci mangio su: se bevi e basta, non assorbi l'alcol» dice un ragazzetto sveglio, sui vent'anni. «Devi far passare del tempo, prima di metterti a guidare. Magari inizi alle nove di sera, poi prima della chiusura del locale, alle due, ti fai una pausa di un'ora». A proposito di orari, fa discutere la circolare del Comune che invita i bar a non servire alcolici in bottiglia dopo le 20. «Secondo me è inutile - protesta un trentenne - se si vuole bere, si trova il modo. Il problema è che bere è inevitabile: dopo una settimana che ti rompi sul lavoro, hai diritto a rilassarti. È che devi insegnarlo ai ragazzini a farlo senza esagerare: non devono mettere in pericolo se stessi o gli altri in auto».
«Ci sono anche ragazzi che hanno la macchina potente e sono ubriachi - protesta una giovane di 18 anni - io li ho visti questa estate in collina, dove ho fatto la barista. Ci sono dei tipi che devono bere fino a stare male». Le chiediamo perché, e ci risponde: «Per essere più disinvolti con le ragazze, ad esempio». Tanti alla Croce Bianca sono i ragazzi che si sono sottoposti all'alcoltest: si inserisce un euro nella macchinetta, si estrae la cannuccia monouso, si soffia in un foro e come in videogioco sul display appare il valore di alcol nel sangue. «Non è tarato bene» dice una ragazza appena finito il test: sul suo display registra ben 2,5 grammi, con due rum lisci e due calici di vino a cena. «Dipende anche quando li hai bevuti. Se fai il test appena dopo che hai bevuto un superalcolico, il valore è alto» le spiega un amico. Una volta fatto l'alcoltest, al pub di piazza Caduti si regala un bracciale fosforescente: «È un segno che tu ti sei impegnato nel prevenire casini», dice un 27enne. Luciano Schernardi, uno dei titolari della Croce Bianca, pensa che la strada giusta per non andare fuori strada, sia quella dell'educazione che coinvolge i giovani. «Il proibizionismo non funziona. Le discoteche dopo le due non possono più servire alcolici. L'obiettivo è giusto, ma la regola non funziona, viene aggirata. Fuori dalla discoteca trovi gente che ti vende le bottigliette a un euro». Ieri all'iniziativa dell'etilometro hanno partecipato anche i carabinieri di Fiorenzuola, coinvolti in questo lavoro di prevenzione che non si limita alla sola repressione.

Donata Meneghelli - 25/11/07 - liberta.it

Congresso internazionale sui clochard

Il Pontificio Consiglio per i migranti promuove il primo Congresso internazionale sui clochard


“In Cristo e con la Chiesa a servizio dei senza fissa dimora", i cosiddetti clochard. Su questo tema si confronteranno domani e martedì a Roma circa cinquanta persone, in rappresentanza di 29 Paesi di 4 Continenti, per il primo Incontro internazionale di pastorale delle persone senza fissa dimora promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. L’obiettivo è di offrire l’opportunità ai diversi operatori pastorali impegnati in questo particolare campo, di condividere le loro esperienze e individuare nuove vie per restituire dignità alle persone che vivono sulla strada.

Ci sono sofferenze laceranti, molte volte confinate tra la morsa del freddo e dell’indifferenza, che le società ricche spesso trascurano: sono quelle dei senza tetto, che attualmente nel mondo sono più di un miliardo. Molti conducono vite ‘invisibili’ a causa di piaghe purtroppo diffuse, quali la povertà e la mancanza di lavoro. A queste poi si aggiungono la stigmatizzazione, l’emarginazione e l’esclusione sociale. Sono drammi, spesso avvolti dal silenzio, che si ripetono quotidianamente: si stima che siano almeno 50 mila le persone, per la maggior parte donne e bambini, che muoiono ogni giorno a causa di carenti condizioni sanitarie dovute alla mancanza di sistemazioni, alloggi adeguati. Su questo fenomeno, ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:

"È importante ricordare che, in quanto fenomeno globale, è difficile parlare della realtà di chi vive senza una dimora fissa in modo semplicistico e pre-definito, dal momento che si manifesta con modalità diversificate. È facile descrivere con stereotipi una persona senza dimora fissa con espressioni come barbone, clochard, hobo, tramp e così via, ma in realtà tale condizione si presenta in una varietà di modi diversi e complessi, normalmente correlati alla molteplicità di cause che portano un individuo a vivere sulla strada. Per alcuni si tratta di una realtà transitoria, di breve durata, ma per altri essa rappresenta un’ininterrotta, e spesso persino scelta, modalità di vita. Spesso coloro che corrono il rischio più grave di diventare senza fissa dimora sono i più poveri, coloro che sono maggiormente emarginati, meno istruiti e più vulnerabili. Scarsa formazione culturale e insufficiente preparazione professionale, tossicodipendenza o alcolismo, patologie croniche, malattie mentali ed eccentricità sono fattori che si trovano frequentemente. Un ulteriore elemento riguarda la gioventù, che abbraccia una 'rozza' esistenza per sperimentare un nuovo stile di vita. Molti altri rimangono impigliati nella trappola di una permanente povertà, che corrode la stima di sé, intaccando attese e motivazioni. Sebbene coloro che vivono senza fissa dimora non formino ovviamente un gruppo omogeneo, tuttavia essi hanno “valori”, comportamenti e prospettive che li caratterizzano. Tra di essi ve ne sono alcuni non disposti o incapaci di comportarsi in modo convenzionale, quale normale e ovvia difesa contro l’emarginazione e il rifiuto. Molte di queste manifestazioni della condizione di chi vive senza fissa dimora servono soltanto a spingerli ulteriormente ai margini della società".

Anche se la situazione dei senza fissa dimora si manifesta in molteplici e svariati modi nel mondo intero – si legge nel comunicato del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti - “quasi ovunque chi è senza tetto vive ai margini della società”. “Un comportamento ritenuto anti-sociale, l’accattonaggio, l’inosservanza delle convenzioni – si legge ancora nel documento - servono soltanto a dare risposte al problema che rimangono distaccate e senza reciproco coinvolgimento”. Di fronte alle problematicità delle persone senza fissa dimora, la Chiesa interviene, invece, con specifiche iniziative ecclesiali per rispondere a mutevoli necessità. Ascoltiamo ancora l’arcivescovo Agostino Marchetto:

"La Chiesa ha sempre cercato di riconoscere la presenza di Cristo specialmente nei più poveri ed emarginati e, perciò, lungo la sua storia ha anche cercato di dare risposta alle necessità di coloro che vivono senza fissa dimora. Nel suo ministero Gesù è andato incontro a chi era lungo la via e sulla strada. Allo stesso modo oggi la Chiesa continua ad incontrare chi vive sulla strada e a rispondere a questo serio disagio: dare alloggio, nutrire e vestire coloro che ne hanno bisogno. È la prima accoglienza. Il nostro Incontro rappresenta le molteplici sfaccettature della risposta della Chiesa. Sacerdoti, religiosi e laici; congregazioni e ordini religiosi, istituti di vita apostolica, coloro che lavorano nell’ambito del volontariato sono qui presenti. Non dovremmo poi dimenticare la collaborazione e la partecipazione che esistono tra molti Cristiani e gli organismi statali, deputati all’assistenza dei senza fissa dimora. La Chiesa offre la sua risposta non soltanto soccorrendo le primarie necessità, ma anche cercando di scorgere Cristo in ciascuna persona, con ciò stesso promuovendo e riconoscendo la dignità umana, aiutando i senza fissa dimora, con il dovuto rispetto, a scoprire la ricchezza del Vangelo di Gesù Cristo e dei Sacramenti di salvezza. Essa è consapevole che in ogni persona che vive sulla strada non vi è soltanto un individuo senza un luogo di riparo, ma anche una persona lontana dal focolare domestico, con le negative ripercussioni che fanno seguito a tale privazione. Questo significa accompagnare una persona, se ciò è possibile, lungo il cammino, non solo dando risposta ai suoi bisogni fondamentali ma anche offrendole la possibilità di prendere parte, in modo completo e dignitoso, alla famiglia umana e, dove è possibile, anche a quella ecclesiale".


25/11/07 - oecumene.radiovaticana.org

Questo Governo mi confonde le idee

Il ministro dei Trasporti Bianchi ha rincarato le sanzioni per la guida in stato d'ebbrezza (la multa minima è passata da 258 a 500 euro). E di recente ha dichiarato: l'anno prossimo, 2,5 milioni di controlli con l'etilometro. Quindi, meno incidenti.

Dopodiché arriva un progettino del ministero dell'Interno. Che cosa prevede? Tentevi forte: la chiusura di 13 reparti della Polstrada. Obiettivo: risparmiare. Insomma, meno spese per lo Stato.

Problemuccio. I reparti in questione trovansi sulle strade statali ed ex statali. Ma sapete che succede su quelle strade, specie di notte e nei weekend? Si muore: incidenti per guida in stato d'ebbrezza. Se la media nazionale è di 2,4 morti ogni 100 incidenti, sulle strade statali si sale al 6% di sinistri mortali.

E allora, che nel Governo stesso si mettano d'accordo. Questa benedetta sicurezza stradale deve migliorare? Con quali mezzi? Gli alcoltest aumentaranno da soli, magicamente?


25/11/07 - dallapartedichiguida.blogosfere.it

Si allarga la crociata anti-fumo

Ottavio Lucarelli

Dopo i parchi il divieto nello stadio e davanti alle scuole DIVIETO di fumo nei cortili e negli ingressi di scuole materne ed elementari. Divieto in impianti sportivi, palestre e palazzetti dello sport. E poi una raffica di controlli in tutte le sedi comunali, dal Maschio Angioino a Palazzo San Giacomo, dal Consiglio comunale di via Verdi alle Municipalità. È la proposta che l´assessore comunale Rino Nasti, l´inventore della caccia ai fumatori tra parchi e giardini, troverà stamattina sul tavolo della commissione Ambiente del Comune. In origine bisognava discutere la sua ordinanza che in pochi giorni ha fatto il giro d´Italia e d´Europa (ieri si aggiravano giornalisti francesi in cerca di fumatori nella Villa comunale) ma i consiglieri comunali hanno deciso trasversalmente di arricchire l´idea trasformandola in una crociata anti tabacco che oggi sarà presentata dal presidente di commissione, Carlo Migliaccio dell´Udeur.
«Sono aperto a tutte le proposte» è il commento di Nasti che dopo un lavoro oscuro alla guida dell´assessorato all´Ambiente durato un anno e mezzo si è trovato all´improvviso in prima linea. «Il fatto importante - sostiene l´assessore - è che non solo non ci siano contestazioni alla mia ordinanza ma che addirittura la nostra linea, che ha già sfondato addirittura in Veneto, verrà qui arricchita. Per quanto mi riguarda sono soddisfatto e aperto sia ad ascoltare che a rispettare la volontà del Consiglio comunale».
Un´ordinanza che non sarà estesa solo in città. Tanto è vero che un altro politico dei verdi, l´assessore provinciale all´ambiente Francesco Borrelli, ha già annunciato che quel testo sul divieto di fumo nei parchi imposto dall´amministrazione comunale sarà riprodotto a livello metropolitano. Dopo il copia-incolla già deciso dal Comune di Verona, dunque, è ora il turno della Provincia di Napoli. «Il fatto che un´amministrazione del Veneto - commenta Borrelli - abbia deciso di adottare la stessa norma voluta dall´assessore verde Rino Nasti, dimostra che l´ordinanza sindacale che vieta il fumo nei parchi pubblici in presenza di donne e bambini è dettata dal buonsenso ed è anche un importante messaggio culturale».
Un´ordinanza, peraltro, nata da una richiesta della Lega italiana per la lotta ai tumori che ha evidenziato i rischi per i bambini e le donne incinte derivanti dal fumo passivo. «Chiederò al presidente della Provincia Dino Di Palma - ha aggiunto l´assessore Borrelli - di subordinare la consegna delle giostre per bambini ai Comuni all´adozione del divieto anti-fumo in quelle aree in cui saranno installate». Tra i Comuni già pronti ad aderire e sostenere il divieto ci sono San Giorgio a Cremano, Massa di Somma, Castellammare di Stabia, Portici e Meta di Sorrento.
La crociata anti-fumo supera i confini del Comune che proprio ieri ha ottenuto un riconoscimento atteso da parte del governo. Il premier Romano Prodi ha infatti rafforzato i poteri del sindaco-commissario in materia di lotta al traffico e all´inquinamento. Rosa Russo Iervolino, in sostanza, ha ora ampliato i poteri speciali anche nell´ampia area portuale che entra dunque nel bacino di competenza del commissariato straordinario. Uno strumento che potrà tornare utile soprattutto per accelerare le procedure di realizzazione del nuovo Waterfront già disegnato dalla società "Nausicaa". Complessivamente il commissariato anti-traffico è ora dotato di un portafoglio di 263 milioni euro per investimenti e, altra novità contenuta nell´ordinanza del governo, non è più sottoposto alla supervisione da parte della Protezione civile nazionale.


23 novembre 2007 - espresso.repubblica.it

Lotta ai tumori

Premiata l’ematologia delle Molinette


L’ematologia universitaria dell’ospedale Molinette di Torino si è aggiudicata uno dei quattro premi nazionali «Vittorio Alfieri» finalizzati alla lotta contro i tumori. Il professor Mario Boccadoro e il professor Corrado Tarella hanno ricevuto il riconoscimento per le loro ricerche sul mieloma multiplo e i linfomi non-Hodgkin. Gli altri premiati sono stati il professor Umberto Veronesi, dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, che si è distinto per la cura dei tumori della mammella, il professor Alessandro Massimo Gianni, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, per gli approcci innovativi al trapianto allogenico di progenitori emopoietici, e il professor Massimo Martelli, in rappresentanza dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, per la terapia dei linfomi non-Hodgkin.

Il professor Tarella: «Grandi passi avanti nei linfomi non-Hodgkin»
I linfomi in questi anni hanno conosciuto un crollo verticale della mortalità. Ed è per i risultati ottenuti in questo ambito che il professor Corrado Tarella, dell’ematologia delle Molinette, è stato premiato. «Per i linfomi - spiega il professore Tarella - si sono fatti significativi passi avanti: alcuni nuovi farmaci, come gli anticorpi monoclonali e i fattori di crescita emopoietici, una radioterapia più efficace e meno tossica e un impiego ottimale dei farmaci a disposizione».
Torino e l’Istituto Nazionale dei Tumori hanno per primi identificato il ruolo delle cellule staminali circolanti, che hanno permesso di abbattere drasticamente la mortalità da autotrapianto. Nei cosiddetti linfomi B ad alto grado, le sopravvivenze sono molto aumentate. Addirittura nei linfomi follicolari avanzati, finora considerati inguaribili, sono state ottenute lunghe sopravvivenze senza segni di ricaduta.

Il professor Boccadoro: «Svolta per il mieloma multiplo»
«Il mieloma multiplo rappresenta un ottimo esempio di come i nuovi farmaci abbiano permesso di cambiare la storia della malattia. Oggi si ha risposta nell’80% dei casi, con un terzo di remissione completa - spiega il professor Mario Boccadoro, primario di ematologia delle Molinette di Torino -. Recentemente sono state introdotte molecole che si sono dimostrate molto attive in pazienti in fase di ricaduta, molecole che il nostro centro ha contribuito a sviluppare». È stato dimostrato che esiste una sinergia tra questi nuovi farmaci e la chemioterapia convenzionale, che migliora la risposta alla terapia e la sopravvivenza dei pazienti. «Sono state anche applicate con successo - continua Boccadoro - nuove procedure di trapianto allogenico non mielo-ablativo, molto meno tossico e più efficace».


24/11/2007 - lastampa.it

Tutte le donne del mondo...

La manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne è riuscita: le strade di Roma sono state riempite da 150 000 donne. Da Piazza della Repubblica a Piazza Navona sfila un corteo allegro ma arrabbiato, che dice basta alla violenza, soprattutto a quella domestica, prima causa di morte delle donne in tutto il mondo


24 novembre 2007. Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne. Alla vigilia della giornata mondiale contro la violenza su quello che, purtroppo, per tanti versi può ancora essere definito il 'secondo sesso' -dopo quasi cinquant'anni da quando Simone de Beauvoir intitolò così il suo celebre saggio- le donne scendono in piazza. Sono centocinquantamila, secondo le organizzatrici, a sfilare per Roma. Quarantamila secondo la questura.



Sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita.

Negli ultimi 12 mesi il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila.

Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate.


Ci si ritrova in Piazza della Repubblica. Il cielo su Roma inizia a schiarirsi, ha appena smesso di piovere, ma si è comunque in tante. Nonne, madri e figlie, più generazioni che si tengono per mano, unite dalla stessa rabbia e dalla stessa voglia di dire basta alla violenza sulle donne e di riprendersi la parola nello spazio pubblico.



14.45: si muovono i primi passi, ad aprire il corteo uno striscione: "La violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha confini". E' un corteo in rosa, gli uomini sono stati invitati a mettersi da parte. Su questa scelta, nata all'interno dei collettivi femministi che hanno organizzato la manifestazione, ci sono state non poche polemiche, provenienti non solo dagli uomini che oggi avrebbero voluto esserci, ma anche da molte donne che non condividono la scelta separatista. Scelta ampliamente argomentata dalle organizzatrici, che hanno parlato di significato simbolico di una manifestazione per le donne e fatta solo dalle donne, di spazio di cui appropriarsi, di autocoscienza. Tagliare fuori gli uomini perché le donne oggi sono le protagoniste, non solo le loro vittime.

Le donne subiscono più forme di violenza.

I partner sono i responsabili della maggioranza degli stupri.

Le violenze domestiche sono in maggioranza gravi.


Di uomini comunque se ne vedono tanti, nonostante vengano invitati a mettersi in coda al corteo. E a chi di loro chiediamo perché ha voluto esserci, ci dice che era necessario sfilare per manifestare solidarietà, per far capire che c'è chi si vergogna anche dalla parte dei 'carnefici'. Ci avviciniamo ad una coppia, si tengono per mano, l'espressione seria di chi sa per quale motivo sta camminando in mezzo a migliaia di persone. Chiediamo al ragazzo perché è qui, nonostante non sia 'autorizzato'. E lui ci risponde così: "Penso che i diritti di ognuno siano i diritti di tutti, e che le violazioni di questi diritti colpiscano e riguardino tutti. Mi sembra naturale essere qui oggi".



Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti. Solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Il silenzio è stato la risposta maggioritaria. Il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell’accaduto.


Il corteo è gioso, allegro, colorato, pacifico. Ma arrabbiato. L'entusiasmo si sente sulla pelle, per la consapevolezza di esserci, in tante. La rabbia si trasforma in un grido di denuncia. Donne che si ritrovano vicine, per testimoniare che non sono sole, per dire no alla violenza maschile e patriarcale. Patriarcale, perché ancora oggi è così che si può chiamare, legata ad un modello di società e di famiglia che persiste e segna il quotidiano. Anche con la violenza. E' importante dire, e lo si fa continuamente lungo tutto il percorso della manifestazione, che è proprio nella famiglia, tanto decantata e invocata come unità base della società e della civiltà, che la violenza viene esercitata. "L'assassino non bussa, ha le chiavi di casa" è scritto su uno striscione a metà corteo. E' all'interno delle mura domestiche che viene perpetrata in maggior misura la violenza sulle donne, e per questo oggi si urla che le strade sono sicure, le nostre case no. Ed essere colpite all'interno di quello che dovrebbe essere un rifugio fa aumentare la vergogna e il senso di impotenza per le violenze subite, diventa più difficile denunciarle. Sono tanti gli slogan contro il pacchetto sicurezza: "Ancora lupo cattivo, ma quale uomo nero, il marito è il nemico vero".



2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking).


7 milioni 134 mila donne hanno subito o subiscono violenza psicologica.


Tra i "Guai a chi ci tocca" e i "Se ti picchia non ti ama", il corteo prosegue. Si balla, si canta, si parla. A metà di via Cavour non se ne riesce a vedere né la testa né la coda: siamo tantissime. Dai camioncini che trasmettono la musica a tutto volume ("Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu") si chiede agli uomini e ai partiti di spostarsi, in fondo al corteo, perché oggi sono le donne le protagoniste. Protagoniste che non vogliono essere strumentalizzate da nessuno, né da destra né da sinistra, e per questo chiedono che a spostarsi sia anche l'ex ministra Stefania Prestigiacomo, che alla fine se ne va. È un corteo femminista, antirazzista e antifascista, e certe facce, come quella di Alessandra Mussolini, non sono gradite.



Solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia un 'reato', il 44% lo giudica semplicemente 'qualcosa di sbagliato' e ben il 36% solo 'qualcosa che è accaduto'.


Oggi si chiede un cambiamento culturale e una presa di coscienza. Si chiede alle istituzioni di esprimersi pubblicamente sulla violenza alle donne, e di non confinarla all'ambito della sicurezza, dell'ordine pubblico, della repressione. Si chiedono leggi che consentano l'uscita immediata delle donne dalle situazioni di violenza, e più fondi per incrementare la rete dei centri antiviolenza sul territorio. Si chiede un piano d'azione che agisca a livello culturale e di formazione. Bisogna modificare l'immagine stereotipata che si ha della donna, associata solo a corpo e cura, oggetto sessuale e soggetto responsabile dei compiti domestici. Per questo durante il corteo si urla anche contro i media e il marketing.




1 milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6% delle donne tra i 16 e i 70 anni.


Cantando, correndo, ballando, citando dati e statistiche, si prosegue fino a Piazza Venezia. Si passa davanti al bottegone e si punta dritti a Piazza Navona, dove si arriva dopo aver camminato per più di due ore. La piazza è piccola, tutte non ci stiamo. Le prime che riescono a vedere la fontana del Bernini trovano una sorpresa sgradita: all'ingresso della piazza è stato montato un palco, palco che le organizzatrici non avevano previsto, ma le televisioni si. Palco su cui salgono tre ministre: Livia Turco, Barbara Pollastrini e Giovanna Melandri. Vengono contestate e le organizzatrici, al grido 'la piazza è nostra', se la riprendono: salgono sul palco e le tre politiche vengono allontanate. La7 interrompe la diretta.

Ci sono due schermi che proiettano i video girati da Donna tv, con interviste alle organizzatrici della manifestazione e a femministe storiche come Lea Melandri. Compaiono poi i dati Istat sulla violenza alle donne: chi è rimasto in piazza guarda, in silenzio. Dalle facce è sparita l'allegria, si leggono numeri troppo alti, si ascoltano violenze troppo comuni. Le domande e la costernazione illuminano tutti gli occhi fissi su quei dati, su quelle immagini. E si capisce, perfettamente, il perché di una giornata come quella di oggi. Ci si sente schiacciati dall'enormità di un fenomeno intollerabile, gravissimo. E il peso della consapevolezza scende sulla piazza illuminata. Ma spostando lo sguardo attorno a noi, capiamo di poterci permettere un sorriso, perché essere qui, in tante, vuol dire aver fatto un primo passo. Adesso non dobbiamo fermarci.


Emma Berti, 24 novembre 2007 - aprileonline.info

Stuprata al supermercato dal suo ex

TORINO (24/11/2007) - Ha stuprato l’ex fidanzatina nel bagno e subito dopo l’ha congedata dicendole: «Ho fatto quello che dovevo fare, ora possiamo lasciarci». L’autore della violenza è Marco Lapiccirella, 23 anni, residente in una palazzina popolare al civico 43 di via Fornaci, alla periferia di Settimo Torinese.


L’episodio è accaduto in città, giovedì pomeriggio, all’interno del centro commerciale Bennet, dove la ragazza lavora come commessa. Il ragazzo, che ha alle spalle precedenti per ingiurie e minacce, è stato arrestato nella tarda serata di giovedì dai carabinieri della Compagnia di Chivasso. Dovrà difendersi dalle accusa di violenza sessuale.

A denunciare l’accaduto ai militari è stata la vittima, Simona (il nome è di fantasia). La ragazza si è presentata dai carabinieri, poi in ospedale a Torino, al Sant’Anna. I medici hanno riscontrato e confermato che sul corpo dell 19enne c’erano evidenti segni di un rapporto sessuale consumato con violenza. Una volta dimessa, la giovane, ancora sotto shock, davanti al capitano Dario Ferrara e al tenente Roberto Ghiorzi ha raccontato che quel pomeriggio, verso le 14.30, durante la pausa pranzo, si è presentato il suo ex e da quell’istante si sarebbe consumata la vendetta.


«Ci eravamo lasciati ad agosto, ma lui non si era mai rassegnato e mi perseguitava ovunque. Mi telefonava a tutte le ore del giorno…», ha detto la giovane, in lacrime agli inquirenti. I due si sono incontrati all’interno del grande magazzino, in un’area in cui non c’erano altre persone. Lì, Marco Lapiccirella l’ha minacciata e costretta con la forza a seguirlo nei servizi pubblici vicino al bar.


Poi, dopo un breve alterco, l’ha violentata e abbandonata dopo averle rivolto la frase offensiva. Accurate indagini degli inquirenti hanno poi portato a individuare che tra i due esisteva un rapporto tormentato. Si lasciavano e si riappacificavano spesso fino a quando lei, nell’ag osto scorso, l’ha denunciato per minacce. Fra i due comunque il rapporto sembra sia proseguito, pur in modo burrascoso.


Poi, stanca del carattere aggressivo del giovane, la diciannovenne, quindici giorni fa gli aveva detto: «Non mi cercare più. Non esisto più per te». E proprio da quel giorno, probabilmente, il settimese ha covato la vendetta che ha messo a segno giovedì pomeriggio.


Il giorno successivo all’episodio, all’interno del centro commerciale, nessuno ha voglia di parlare. Nessuno, soprattutto, sembra essersi accorto di nulla


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Arrestato un rapinatore e violentatore di prostitute

Torre del Lago, arrestato ancora


TORRE DEL LAGO – E’stato di nuovo arrestato ieri sera (22 novembre) un giovane uomo, responsabile di violenze sessuali e rapine nei confronti di alcune prostitute che esercitano a Torre del Lago.
E’ un polacco sui trenta anni l’uomo, responsabile di violenze sessuali e rapine, arrestato per la seconda volta ieri dai carabinieri di Torre del Lago.

Robert Barzak, polacco residente nella cittadina,nel mese di luglio era stato individuato, tratto in arresto e condannato agli arresti domiciliari nella propria abitazione. Il criminale era divenuto infatti quest’estate una figura da cui guardarsi per alcune delle prostitute che esercitano nella zona di Torre del Lago. L’uomo si era reso responsabile di rapine, in cui non aveva esitato a usare violenza fisica e sessuale.

Barzak contava forse di farla franca, pensando che molte delle donne che esercitano sono all’interno di un sistema illegale e che non avrebbero denunciato quella che comunque, nel mondo della prostituzione di strada, è una pratica piuttosto diffusa. Violenze e rapine vennero invece segnalate ai carabinieri di Torre del Lago che effettuarono un primo arresto.

Ieri, su segnalazione di alcune prostitute che avevano notato l’uomo aggirarsi nei luoghi della prostituzione torrelaghese, i carabinieri locali hanno rilevato il suo inadempimento agli obblighi carcerari. L’uomo è stato tratto in arresto alle 19.30 in via dei Tigli a Torre del Lago.

24/11/2007 di Manuela Mattei - loschermo.it

Violenza sessuale

Orrore in provincia di Firenze per un abuso sessuale di un ragazzo perpetrato da anni ai danni delle sue due sorelle minori


Avrebbe abusato sessualmente, per otto anni, delle sue due sorelle, entrambe minorenni quando si sarebbero verificate le violenze. E' l'accusa che stamani ha portato in carcere un giovane, non ancora trentenne, residente in provincia di Firenze, arrestato in esecuzione di misura cautelare dopo indagini dei carabinieri partite dalla denuncia, e' stato spiegato, delle sue due sorelle. L'indagato e' stato bloccato appena dopo il suo rientro in Italia: da qualche tempo, per lavoro, vive all'estero. Secondo quanto emerso, gli abusi sarebbero andati avanti dal 1999 fino a quest'anno, fra le mura della casa di famiglia dove vivevano il giovane e le sue sorelle, la piu' grande delle quali ha da poco compiuto 18 anni. Tutto all'insaputa dei genitori: nessuno, secondo quanto e' emerso, si sarebbe accorto delle violenze che le due ragazze avrebbero subito. A far scattare l'inchiesta e' stata proprio la denuncia delle due presunte vittime, dopo essere riuscite a trovare la forza di rivolgersi alle forze dell'ordine. Sono cosi' scattati una serie di accertamenti da parte dei carabinieri che hanno portato alla richiesta di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per violenza sessuale aggravata e continuata, disposta infine dal gip. Il giovane e' stato cosi' fermato stamani, appena tornato dall'estero, e poi portato in caserma dove gli e' stata notificata la misura cautelare.


24/11/2007 - iltempo.it

Filetti di trota contaminati

Batteri della Listeria trovati in un prodotto di un'azienda friburghese


24.11.2007, 17:30 Batteri patogeni della Listeria monocytogenes, agenti della listeriosi, sono stati identificati in filetti di trota iridea (o arcobaleno) affumicati di un'impresa artigianale del canton Friburgo. Il prodotto, distribuito in varie regioni della Svizzera, è stato ritirato dal mercato. Malgrado i provvedimenti presi dai chimici cantonali, è possibile che alcune confezioni siano state acquistate, mette in guardia l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) in un comunicato odierno. Il consumo dei filetti può essere pericoloso per la salute.


La presenza dei patogeni in quantità superiore ai limiti ammessi è stata rivelata in seguito ad un controllo effettuato presso un distributore del canton Zurigo, ha precisato il chimico cantonale friburghese Jean-Marie Pasquier. L'azienda produttrice dovrà ora rivedere il proprio processo di lavorazione e dimostrare il rispetto dei criteri di qualità e di sicurezza. Finora non si conoscono casi di pazienti ammalati in seguito a questo alimento, ha detto Pasquier.


Il prodotto incriminato è contenuto in un imballaggio di alluminio su cui è rappresentata una trota che salta fuori dall'acqua con una rappresentazione schematica del villaggio di Estavayer-le-Lac (FR) sullo sfondo, indica l'UFSP. Attorno al dorso della trota figurano le parole «fumés en Suisse» (affumicati in Svizzera). Sulla destra del pesce su quattro righe vi è la scritta «poisson frais fumé à l'ancienne/Frischer Fisch geräuchert nach alter Art» (pesce fresco affumicato in modo tradizionale).


La Listeria Monocytogenes è un agente patogeno conosciuto da tempo e che può provocare un'infezione nell'uomo e negli animali detta listeriosi. La malattia colpisce prevalentemente i bambini, gli anziani o le persone con un sistema immunitario debole. La listeriosi causa spesso setticemie o meningiti e può inoltre portare ad un aborto. I sintomi sono principalmente febbre, mal di testa, nausea e vomito. In Svizzera si registrano tra i 40 e i 60 casi all'anno.


24/11/2007 - rtsi.ch

Influenza, vaccino gratuito per chi assiste bimbi e anziani

Le badanti che si occupano degli anziani e dei bambini sono ad alto rischio di influenza, ma si vaccinano poco. Per loro, che svolgono una funzione di assistenza, il vaccino è gratuito, eppure pochi lo sanno. Fondamentale, quindi, il ruolo del medico di famiglia che, per il rapporto privilegiato con il nucleo familiare, può consigliare il vaccino a queste lavoratrici. Ma sarebbero utili campagne ad hoc, che coinvolgano anche le associazioni dei cittadini stranieri. A dirlo è Aurelio Sessa, medico di medicina generale e componente del sottocomitato scientifico «Influenza e pandemie influenzalI» del ministero della Salute, dal congresso della Società italiana di medicina generale (Simg) di Firenze. «Le badanti - spiega Sessa - sono ad alto rischio perché si occupano di persone particolarmente vulnerabili: possono essere contagiate, ma possono anche contagiare con pericoli seri per la salute degli assistiti, soprattutto quando si tratta di grandi anziani o di bambini con particolari patologie». Il Ssn offre gratuitamente il vaccino alle badanti «ma molti non lo sanno e il peggio è che anche molti medici lo ignorano».


24/11/2007 - lastampa.it

Novità per le famiglie e i disabili nella finanziaria 2008

Salgono alla ribalta le regole sui congedi parentali per tutte le classi lavorative indipendentemente dalla forma contrattuale (autonomo, subordinato o parasubordinato).


Si apre la possibilità per i neo-genitori di usufruire di sconti orari nelle prestazioni lavorative fino ad un massimo di metà giornata. Alle mamme in congedo sarà inoltre permesso di partecipare a concorsi pubblici, procedure selettive e corsi di formazione/riqualificazione professionale, purché con idoneità attestata dal medico curante.


Sarà inoltre esteso il divieto di licenziamento all’affidamento preadottivo con le stesse modalità di congedo previste per la maternità (dall’ingresso del bambino in famiglia fino ad un anno di età).


Dovrebbe inoltre essere confermata la Carta Famiglia (v. esperimenti regionali) , con cui si concedono sconti e convenzioni con soggetti pubblici e privati ai nuclei numerosi (con almeno 3 figli).


Per quanto riguarda i disabili, con l’articolo 1 del Disegno di Legge si delega il Governo a definire le condizioni di non autosufficienza in riferimento alla perdita di capacità fisiche o psichiche anche parziale, articolando la non “autosufficienza” in diversi livelli di gravita’. L’accertamento sarà effettuato “da Unita’ di valutazione multidisciplinari in cui e’ assicurata la partecipazione, tra gli altri, del medico di medicina generale del malato, di personale sanitario dell’area infermieristica e riabilitativa e delle figure professionali socio-assistenziali dei Comuni”.


Con l’obiettivo dichiarato del nuovo provvedimento sarà facilitare la permanenza in famiglia dei soggetti non autosufficienti garantendo loro un sistema di assistenza adeguato, il governo dovra’ definire i Liveas, indicando gli standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale in relazione alla durata dell’assistenza, al livello di non autosufficienza e alle caratteristiche del nucleo familiare dell’assistito.



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24/11/2007 - businessonline.it

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