Ritirate 2 patenti ad Aosta

SICUREZZA STRADALE: CONTROLLI AD AOSTA, RITIRATE DUE PATENTI


(ANSA) - AOSTA, 6 OTT - Due patenti ritirate la notte scorsa per guida in stato di ebbrezza alcolica nell'ambito dei servizi di prevenzione del fenomeno delle stragi del sabato sera. I provvedimenti sono stati eseguiti dalla polizia stradale nei confronti di due uomini, N.M., di 27 anni (a cui è stato riscontrato un valore di 1,70 g/l) e A.R., di 28 anni (1,77 g/l).

I due sono stati denunciati a piede libero per violazione del del Codice della strada. Nei loro confronti sarà applicata la nuova normativa introdotta dal Decreto-legge 3 agosto 2007 numero 117, convertito in Legge 2 ottobre 2007 numero 160. Con tale normativa, qualora la percentuale di alcol superi i valori di 1,5 g/l, la pena prevede l'arresto fino a sei mesi, ammenda fino a 6.000,00 euro e sospensione della patente di guida fino a due anni. (ANSA).


06/10/07 - regione.vda.it

Restituiteci il futuro

Dal Kenya, hanno raggiunto la città di Terni anche molti giovani nati e cresciuti nella baraccopoli di Korogocho, situata nella parte orientale di Nairobi. Duecentomila persone in un chilometro quadrato. Al confine, la discarica più grande della città, che con la sua diossina va ad aumentare il degrado ambientale di un posto in cui aids, prostituzione, alcolismo e criminalità sono realtà quotidiane. Ma questi ragazzi sono attivi socialmente e ciò gli ha permesso di visitare spesso l’Italia e di entrare a far parte di diversi progetti.
Stephen Nyagah Kamau è uno di loro e fa parte del gruppo di giovani artisti “Seed of peace and art production” (Semi di pace e produzione artistica). Il progetto si propone di educare e intrattenere la comunità attraverso l’arte cercando di tenere i ragazzi lontani da attività illegali.

Stephen, agire ed essere critici per educare, sono le parole d’ordine della vostra attività. Quali sono le azioni concrete del tuo gruppo di lavoro nella vita di tutti i giorni?
Intratteniamo i ragazzi e uniamo le nostre voci proprio come in questo forum. Questo è necessario per poter essere critici. Criticare in modo positivo, essere attivi e coraggiosi di esprimere le proprie idee. Faccio parte di un gruppo di artisti di strada che lavora molto con i bambini, allontanarli dagli atteggiamenti di criminalità, che nel nostro Paese sono all’ordine del giorno, è già una grande conquista.

Quanto è difficile allontanarsi da un contesto difficile come quello della baraccopoli?
Ci sono scelte e comportamenti che troppo spesso non dipendono da noi. Più che allontanare, il nostro impegno è quello di aiutare i nostri ragazzi ad accettare se stessi e il contesto in cui vivono. Milioni di persone vogliono cambiare il mondo ma non riescono a cambiare se stessi.

Come affrontano questi argomenti i bambini con cui vi confrontate quotidianamente?
E’ bello lavorare con loro perché sono spontanei e accettano i consigli senza paure né pregiudizi. Sanno benissimo che quello che gli accade intorno è difficile da cambiare. Noi li aiutiamo a cambiare le loro attitudini, i punti di vista, affinché possano avere fiducia in se stessi e nella possibilità di migliorare.

Essere fiduciosi per migliorare, si può sperare in un futuro diverso?
Ciò che importa è venirne fuori con le proprie mani. Migliorare grazie alle soluzioni elaborate insieme. Avere fiducia nelle proprie capacità e andare avanti facendoci autori della nostra vita. Per poter dire che ce l’abbiamo fatta da soli.

6 ottobre 2007 - BRIGIDA STANZIOLA - lanuovaecologia.it

Marion Jones confessa: «Doping fin dal 1999»

Le saranno ritirate le medaglie


Ha resistito alla commozione, poi ha ceduto. Dopo due ammissioni filtrate, una dal Washington Post, l'altra dall'aula del tribunale newyorchese di White Plains, Marion Jones, atleta pluripremiata alle Olimpiadi, ha ammesso di avere commesso «un errore incredibilmente stupido»: mentire alle autorità federali circa l'assunzione di steroidi. Del resto, l´alternativa era farsi sei mesi di reclusione. La pena reclusiva potrebbe comunque essere superiore, visto che il giudice incaricato di emettere la sentenza avrà la possibilità di decidere un periodo di carcere differente. Per ciascuno dei due reati di cui si è dichiarata colpevole, la Jones rischia fino cinque anni di reclusione e una multa massima di 250mila dollari.

«Per quello che ho fatto non me la devo prendere con nessuno, se non con me stessa. Mi ritiro dall'atletica, uno sport che ho amato profondamente». In lacrime la Jones ha annunciato così il suo ritiro dall'attività agonistica, appena dopo essere uscita dal tribunale dove, davanti ai giudici, ha ammesso di aver fatto uso di sostanze dopanti. Per la sentenza si parla di un'attesa di circa tre mesi, probabilmente l'11 gennaio 2008. In queste ultime ore diversi siti internet, che hanno riportato la notizia della positività della Jones, sono stati presi d'assalto dai suoi tifosi, ovviamente delusi.

Nella conferenza stampa successiva all'udienza, rivolgendosi ai propri ai suoi sostenitori, la statunitense si è scusata: «Mi dispiace di aver tradito la vostra fiducia. È una grande vergogna essere qui oggi davanti a voi ad ammettere l'incredibile sciocchezza che ho fatto».

Il Comitato Olimpico Internazionale è pronto a muovere i primi passi per togliere in fretta alla Jones le cinque medaglie conquistate alle Olimpiadi di Sydney 2000. «Con questa confessione, potremo accelerare le procedure», ha detto ad Associated Press il vice presidente del Cio, Thomas Bach. Il presidente del Cio, Jacques Rogge, ha parlato di «un giorno triste per lo sport»: «Fino dal 2004 il Cio ha cercato di appurare l'entità dell'impatto che la vicenda Balco ebbe sulle Olimpiadi. La nostra disciplinare, che ha lavorato sul caso negli anni passati, ora trarrà le conclusioni possibili dalle dichiarazioni della Jones - ha aggiunto Rogge - collaborando con la federatletica internazionale e con il comitato Olimpico statunitense per poter chiudere questa triste vicenda».


06/10/07 - unita.it

Pedofilia: si suicida in carcere

USA: SI SUICIDA IN CARCERE PROCURATORE ACCUSATO DI PEDOFILIA


Detroit, 6 ott. (Adnkronos) - Si e' suicidato in carcere il procuratore federale americano arrestato il 16 settembre scorso per pedofilia. Lo ha annunciato l'avvocato di Roy Atchinson, procuratore di 53 anni di Gulf Breeze, in Florida, che era stato fermato all'aeroporto di Detroit dopo essere stato 'incastrato' da un detective che aveva 'chattato' con lui per settimane su Internet fingendo di essere una madre che offriva una bimba di cinque anni. Al momento dell'arresto, Atchinson si stava recando a quello che lui riteneva essere un appuntamento con la piccola.


06/10/07 - leggonline.it

Messaggi barbarici

Annozero, che giovedì ha affrontato il "caso De Magistris", è stato una barbarie. Parola da intendere in senso proprio. La scena messa su da Michele Santoro ha creato "condizioni di vita estranee o contrarie a un modo di organizzare l'esistenza" improntato alla civiltà, alle buone maniere, a regole e responsabilità. Se precipiti nella barbarie, nessuno può ragionevolmente sperare di farcela (per questo la civiltà è soprattutto conveniente). Gesti, parole, argomenti - in un contesto primitivo - non possono che avvilirsi in una eccitata violenza che deforma ogni ragione e anche la migliore delle intenzioni. E' quel che è accaduto nella Rai del servizio pubblico lasciando sul terreno la credibilità di tutti i partecipanti, nessuno escluso. Qui ne faremo un breve elenco, cominciando dai due grandi assenti nello studio: il Consiglio superiore della magistratura e il ministro di Giustizia, Clemente Mastella. Sono i maggiori, e più colpevoli, responsabili del "caso De Magistris".

Si sa di che cosa si tratta ormai. Luigi De Magistris è pubblico ministero a Catanzaro. Indaga sul sistema di potere che governa l'afflusso dei finanziamenti europei in Calabria (8 miliardi e mezzo di euro tra il 2007 e il 2013). L'investigazione rivela una rosa di contatti che tocca il capo del governo e sfiora lo stesso guardasigilli; un network di amicizie complici che coinvolge qualche succube o attivissima toga. Per riflesso, il pubblico ministero è aggredito, vilipeso, sabotato dalle gerarchie togate di due regioni (Calabria e Basilicata).

Lo stato miserevole in cui versa la magistratura calabrese - indifferente, conformista, timida e intimidita, furbissima o connivente - è una novità per l'opinione pubblica, non per il Consiglio superiore. Avrebbe dovuto intervenire per liberare gli uffici da quelle velenose incrostazioni. Non si è mosso da lustri. Non si muove oggi, imprigionato dalla magistratura associata (Anm), in uno strategico e goffo patto con il governo. In cambio di correzioni alla catastrofica riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal centro-destra, le toghe si sono acconciate a uno scaltro quietismo che promette di non disturbare il manovratore, quando e dove serve.

E' una condizione che appare al ministro di Giustizia, Clemente Mastella, così favorevole da convincerlo a "infilzare" De Magistris con un'indiavolata sollecitudine e a chiedere al Consiglio - senza alcuna seria urgenza - il trasferimento del pubblico ministero per "gravi violazioni deontologiche". Quali siano ancora nessuno è in grado di dirlo davvero. Girano molte voci anche accreditate, molti "si dice", qualche "bufala", ma nessuno può dire ancora quali siano nel dettaglio le contestazioni del ministro al magistrato. In questa cornice, dovrebbe essere intelligibile per chiunque "il bene" che chiede protezione in quest'affare: l'autonomia di una funzione giudiziaria rispettosa delle regole.

Il perché dovrebbe essere chiaro. Se una giustizia condizionata o minacciata dal potere non è giustizia (l'indipendenza è il presupposto dell'imparzialità del magistrato), non è giustizia nemmeno quando si manifestano prassi in cui prevale una logica dell'efficienza coniugata alla facile idea che per la salus rei publicae bisogna guardare al reo dietro il reato, anche a costo di sacrificare il principio di stretta legalità.

Annozero comincia male, malissimo. Paragonare la "crisi calabrese" al "grande gioco" di Palermo negli anni Ottanta appare incongruo, sconveniente, di certo un errore di prospettiva che trascura le forze e i poteri che allora erano in conflitto, non rende onore ai "fatti" e alla memoria, alla sapienza e al sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (nonostante la presenza in studio del fratello Salvatore).

La partecipazione di Clementina Forleo sorprende. E' il giudice che scrutina le indagini preliminari per le scalate del 2005 (Antonveneta, Unipol). Ha chiesto al Parlamento di poter utilizzare le intercettazioni D'Alema-Consorte ipotizzando anche una responsabilità penale del ministro degli Esteri. Dice: "E' ora che il Sud si liberi di Don Rodrigo e dei suoi bravi". Ora D'Alema viene eletto al sud, nella stessa regione - la Puglia - che ha dato i natali alla Forleo. E' a lui che si riferiva con quel "Don Rodrigo"? E, se non si riferiva a lui, non si dà spazio a un'ambiguità che scredita D'Alema, ma anche chi dovrebbe giudicarlo, la sua serenità di giudizio, la sua imparzialità (che dovrebbe anche apparire tale)?

Dice ancora la Forleo: "Purtroppo il giudice viene lasciato solo anche da tanti suoi colleghi. Dopo aver preso scelte scomode io e altre persone ci siamo ritrovati a non avere i soliti inviti e i contatti consueti con colleghi. Anche oggi qualcuno mi ha telefonato e raccomandato: "Sii prudente". Ora la Forleo lavora negli uffici giudiziari di Milano, che a buon titolo consideriamo d'eccellenza. Il suo j'accuse lascia pensare che le toghe di Milano siano così acquiescenti all'attuale potere politico dei Ds da isolarla per le sue decisioni, addirittura da minacciarla con discrezione.

Stanno davvero così le cose, oggi, nell'ufficio che fu di Borrelli, Colombo, Davigo, Di Pietro e che è oggi di Boccassini, Greco, Spataro e di centinaia di altri pubblici ministeri e giudici che, investiti dall'ondata di piena del berlusconismo al governo, hanno conservato il rispetto di se stessi, del proprio regolato lavoro e della Costituzione? Si fa fatica a crederlo. Per crederlo, bisognerebbe documentarlo meglio. Se non si può documentare meglio, converrebbe tacere a meno di non voler correre il rischio di diffondere, senza ragione e ragionevolezza, un ingiusto discredito su un'istituzione dello Stato e sui suoi servitori.

Il peggio, in ogni caso, lo offre Michele Santoro. Organizza una trasmissione che rende incomprensibile la "materia del contendere". Davvero quei ragazzi raccolti da Annozero (e i telespettatori) hanno compreso quali sono le circostanze e "i principi" messi in gioco dal "caso De Magistris"? La ricostruzione, gonfia di emotività, suggestioni, commozioni, li ha come rimossi. Santoro ne propone la chiave concettuale. Dice: non ci interessano le regole, la forma che doveva rispettare De Magistris, non ci interessano i suoi errori anche probabili. Ci interessa "la sostanza", il resto sono "quisquilie".

L'anchorman sembra ignorare (o voler ignorare) quanti orrori possono accadere quando un magistrato arriva al massimo dell'indignazione e, in nome della giustizia, pretende un castigo e, se non lo ottiene, avvia un ciclo di ritorsioni. Sembra non comprendere che un potere che schiaccia un magistrato, e un magistrato che non si cura delle procedure, sono due aspetti della stessa barbarie. Altro che quisquilie, perché se al politico gli si può interdire il voto, al magistrato no. L'unica garanzia che abbiamo è che rispetti le regole perché un potere sostanzialistico e punitivo ha sempre la vocazione a espandersi oltre i limiti definiti dalle norme che lo regolano. Può contagiare il costume giudiziario. Alla fine, valorizza la mano forte e metodi che possono diventare persecutori, di giustizia preventiva.

Sono questi i messaggi "barbarici" che il servizio pubblico della Rai ha diffuso con Annozero senza voler considerare la vera e propria disinformazione firmata da Marco Travaglio. Ammesso che Travaglio fosse lì come giornalista e non come leader del largo movimento d'opinione che fa riferimento a Beppe Grillo, davvero si può rappresentare l'intero sistema politico italiano come governato dal massone Licio Gelli? Si può sostenere che questo governo abbia separato le carriere di pubblico ministero e giudice?

No, perché non è vero. Si può, come se si trattasse di una notizia, sostenere che "la temporaneità degli incarichi direttivi" è un modo per liquidare i magistrati più abili e indipendenti mentre è il solo espediente che una magistratura debole e divisa ha escogitato per evitare che gerarchi in toga si installino in una stessa poltrona per un ventennio diventando parte integrante e preziosa del sistema di potere locale?

La barbarie di Annozero dovrebbe farci chiedere che cosa deve essere l'informazione del servizio pubblico. Se è "dare le notizie" e "accrescere la conoscenza", come si potrebbe ipotizzare, l'obiettivo è stato del tutto mancato: notizie alquanto confuse, disinformazione; non c'è alcuna conoscenza, soltanto un distillato di veleni in un quadro culturale che ignora le ragioni della democrazia e le convenienze dello Stato di diritto.

Annozero, viene da dire, è stato soltanto un passo verso il suicidio collettivo. Qualche tempo fa, Barbara Spinelli ha ricordato che, per Emile Durkheim, non si suicidano soltanto gli individui, ma anche le società e gli Stati. Accade quando le società perdono le regole; spezzano gli equilibri; slabbrano le istituzioni, lo Stato, la famiglia, il sindacato, le magistrature; vedono frantumarsi i legami sociali come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro (era il fantasma che avevamo visto al governo con Berlusconi). Può essere ora il lavoro distruttivo che piace alle burocrazie dell'informazione, a cinici politici in cerca di un facile consenso, agli indifferenti amministratori della Rai, ai moltissimi che sono in cerca di una leadership capace di decidere in fretta e imperiosamente, magari dopo un "vaffanculo". A noi, non piace.


06/10/07 - di GIUSEPPE D'AVANZO - repubblica.it

Uccide 4 ragazzi. La pena: sei anni in residence

È stato condannato a sei anni e mezzo, ma non andrà in carcere. Marco Ahmetovic, rom di 22 anni, guidava il furgone della madre con un tasso alcolemico sei volte superiore al consentito. La sera del 22 aprile investì un gruppo di adolescenti di Appignano del Tronto che in scooter andava a prendere un gelato. I motorini presero fuoco, morirono in quattro. Da allora Ahmetovic è in un residence al mare, la seconda casa di un 45enne di San Benedetto, un amico del padre che lo vuole aiutare: lo va a trovare tutti i giorni, gli porta le sigarette e prepara da mangiare. I genitori non si fanno vivi da due settimane, il proprietario dell’appartamento è l’unico che si sia preso a cuore le sorti di Marco.
Il giudice ha disposto che per sei mesi vada in una comunità per alcolisti, a disintossicarsi. E per un anno non potrà frequentare esercizi pubblici dove si somministrano bevande alcoliche.
«Ha confessato anche un vecchio tentativo di rapina - accusa Giuseppe Antolini, lo zio di una delle vittime - e in premio l’hanno mandato al mare, in una nota località turistica. Ma che Italia è questa?».
Così, in effetti, non si onora la memoria dei quattro ragazzini di 16-18 anni: Eleonora Allevi, Davide Corraddeti, Alex Luciani e Lillo Traini erano fra i duemila abitanti di Appignano, si fermavano spesso sul muretto di una curva: tanti coetanei li ricordano con scritte affettuose e fiori. Familiari e parenti ieri mattina hanno avuto un moto di sdegno, di fronte alla richiesta del pm, Carmine Pirozzoli: quattro anni, per omicidio colposo plurimo e resistenza a pubblico ufficiale, e 20 giorni di arresto per la guida in stato di ebbrezza. Marco era seduto in aula, a capo chino, con i jeans e felpa azzurra con la scritta «Italia». Non una provocazione, lui chiede di essere perdonato e secondo l’avvocato, Felice Franchi, è sinceramente pentito per quel che ha fatto. «Prega ogni giorno».
Ci è voluta meno di un’ora di camera di consiglio al giudice Marco Bartoli per arrivare a pronunciare la sentenza. E l’ha inasprita di due anni e mezzo rispetto alla richiesta. Il giudice ha quindi applicato le aggravanti della colpa cosciente (la previsione della possibilità dell’incidente, avendo assunto così tanto alcol) ritenendole prevalenti sull’attenuante dello status di incensurato. A ciascuna delle famiglie delle vittime vanno intanto 200mila euro, che l’assicurazione del furgone di Ahmetovic risarcirà in sede civile. La sentenza è arrivata al termine di un processo contrassegnato da forti tensioni, con tanto di minacce all’avvocato difensore e al gip che decise per gli arresti domiciliari. E dopo la sentenza sono arrivate numerose reazioni politiche, tutte provenienti dal centrodestra, tutte all’insegna della richiesta di maggior rigore.


«Il fatto che resti fuori - riflette il maresciallo Luigi Corradetti, il padre di Davide - è un’altra coltellata che ci prendiamo. Ha sbagliato e deve stare in carcere, anche se mi dispiace per lui, che in fondo è un ragazzo. La sentenza è equa, gli avessero dato vent'anni però mi sarebbe andato bene lo stesso». Ma Timoteo Luciani non è così soddisfatto: «Le leggi vanno cambiate», ha detto il padre di Alex un altro dei ragazzi. E una zia di Lillo Traini, Maya Galato, è convinta, come il marito Nazareno Marinelli, che Marco non fosse solo al momento dell'incidente. «Non si era neanche fermato a soccorrere i ragazzi. E deve dire chi c’era con lui».


di Silvia Gilioli - sabato 06 ottobre 2007 - ilgiornale.it

La casa degli orrori dell'erbese

La casa degli orrori dell'erbese: nove anni al padre violentatore


Per i giudici di Como non ci sono dubbi: è colpevole di violenza sessuale e riduzione in schiavitù. E per questo è stato condannato a nove anni e sei mesi di reclusione. Protagonista un 70enne residente nell'erbese, scoperto dai carabinieri con un'autentica casa degli orrori: maschere di satana, altarini ed altri oggetti sconcertanti. In quella casa, stando alle risultanze investigative, l'uomo ed il figlio costringevano la sorella, ora 30enne e rinchiusa in una comunità protetta, a sottostare ai loro voleri sessuali. Poi l'avrebbero più volte costretta a prostituirsi con amici e conoscenti. Il Pm Isella aveva chiesto, in requisitoria, una condanna così elevata. I giudici gli hanno dato ragione.

Ritenuti colpevoli per gli stessi reati - la moglie perchè pur sapendo non ha mai rivelato nulla - la madre ed il fratello. Per loro condanna più mite: un anno e sei mesi a testa. Il ragazzo era anche finito in carcere quando i militari di Erba erano piombati nella loro abitazione tra maschere di satana ed altarini di dubbio gusto. Il padre, invece, era finito agli arresti domiciliari.

Da una vicenda choc ad un altra. I giudici di Como (stesso collegio, Bianchi, Lo Gatto ed Angiolini) hanno condannato a nove anni di reclusione un 29enne albanese, Erjon Daja, latitante, ritenuto colpevole di sequestro di persona e violenza di gruppo. La vicenda che lo ha visto protagonista risale a due anni fa: lui e tre complici, tutti già identificati, avrebbero costretto una prostituta a salire sulla loro auto. L'hanno condotta poi in una casa di Bizzarone dove l'hanno tenuta segregata tra violenze e minacce per quasi due giorni. La ragazza sarebbe poi fuggita saltando dal balcone e fratturandosi entrambe le gambe.


venerdì 05 ottobre 2007 - ciaocomo.it

Striscia, malasanità a Pavia

Dopo le immagini del tunnel della vergogna al Policlinico Umberto I di Roma, nuove segnalazioni sono arrivate a Striscia la Notizia che ha mostrato il caso dell’Ospedale San Matteo di Pavia: condizioni disastrose dei sotterranei assolutamente fatiscenti dove passano in continuazione i pazienti, scatole aperte di medicinali, cataste di materiali di vari tipo, la spazzatura. Insomma ancora un caso di malasanità negli ospedali italiani.

“Questi locali non sono aperti a voi", dice un medico che tenta di bloccare la troupe mentre il direttore medico del presidio, Carlo Marena dichiara: “probabilmente è l’unico mezzo di comunicazione rapido che c’è tra i padiglioni, la biancheria dovrebbe essere confezionata. Un archivio del laboratorio di cardiologia con nomi e cognomi dei pazienti non dovrebbe essere qui…”. Un altro medico afferma: “Esiste un ufficio che è responsabile a questo e penso, ritengo che siano a norma”.

Vedendo poi la telecamera, anziché far uscire una barella e farle percorrere il tunnel, gli infermieri tornano indietro. Striscia la notizia ha cercato di contattare il presidente della Regione Roberto Formigoni, che attraverso il suo portavoce ha fatto sapere alla redazione che per 68 anni l’ospedale San Matteo è stato amministrato dallo Stato e solo da pochi mesi la responsabilità è condivisa al 50% ma che la Regione si impegna a migliorare la struttura.

venerdì 05 ottobre 2007 - tgcom.mediaset.it

Basta guerre nel mondo!