Milano: la metropoli che ammala

“Milano fa male” non è solo uno slogan che ha illuminato il parco Nord una sera d'estate di dieci anni fa'.

“Milano fa male” è il risultato di un rapporto scientifico. In tutto il Nord Italia la nostra città è quella con più alto numero di tumori alle alte vie respiratore e all'apparato digestivo.
I fattori che contribuiscono a questo triste primato sono tanti. L'Asl città di Milano punta l'indice su alcol e fumo, (non si da la stessa importanza all'inquinamento e questo ci sembra alquanto strano)

Secondo gli esperti dunque nelle grandi aree metropolitane agiscono fenomeni economici, sociali, ambientali e culturali ‘alleati’ di alcuni particolari fattori di rischio.
All’ombra della Madonnina, rivela il rapporto, ogni anno circa 9 mila persone si ammalano di tumore e 4 mila muoiono per la stessa malattia.
La metropoli milanese spicca per il record di neoplasie legate a stili di vita dannosi: la ricca Milano, la ‘Milano da bere’, uccide. Sono tre le categorie in cui gli specialisti hanno registrato dei picchi rispetto ai dati emersi dagli altri - ancora pochi - registri del Nord Italia. I tumori delle alte vie digestive e respiratorie sono il 12% in più, come anche quelli che colpiscono trachea, bronchi e polmoni, e quelli all’esofago registrano addirittura un +21% rispetto al resto del Settentrione d’Italia.

Tutte patologie fortemente correlate con le abitudini di fumo e alcol. E le più 'sedotte' dai vizi sembrano essere le donne. I dati parlano chiaro e confermano un trend già noto: il tumore del polmone ha tra le milanesi i tassi di incidenza più alti d'Italia (sopra i 300 casi annui). “La situazione – ha spiegato il direttore generale dell’Asl Città di Milano, Antonio Mobilia - è destinata a peggiorare se non si mettono in atto politiche di prevenzione primaria che convincano i cittadini, soprattutto le donne, a smettere di bere e di fumare o a non cominciare proprio”.
Certo è che entro 10 anni, ha avvertito uno dei curatori del Rapporto sui tumori, Luigi Bisanti, “le curve di mortalità dei due sessi si incroceranno e le vittime ‘in rosa’ supereranno gli uomini”.


16/11/07 - di: aLAN - girami.it

Campagna contro l'abuso di alcolici (20 novembre)

Bolzano - Martedì 20 novembre, alle ore 10,30, nella sala stampa della Giunta provinciale a Palazzo Widmann, l’assessore provinciale alla sanità ed alle politiche sociali, Richard Theiner, illustrerà la campagna di prevenzione contro l’abuso di alcol “Tutto chiaro?”.

La campagna di prevenzione, già avviata l’anno scorso, si arricchisce di un ulteriore manifesto che sarà affisso lungo le strade provinciali nel quale spiccherà la scritta “Don’t Drink and Drive” contro l’uso di alcolici da parte di coloro che si mettono al volante.

La campagna promossa dall’Assessorato alla sanità ed alle politiche sociali sarà sostenuta da un concorso di idee sul tema “L’alcol nella nostra società” sviluppato in collaborazione con il Forum prevenzione. L’iniziativa viene organizzata sotto l’egida del presidente della Provincia.


16/11/07 - provincia.bz.it

Messico. Perche' si deve legalizzare la marijuana?

E' importante far passare il messaggio che legalizzare la marijuana e' meglio -fissando regole e norme, non semplicemente liberalizzandola come vorrebbero molti liberali- anziche' mantenere il proibizionismo, utile solo a incrementare i profitti dei delinquenti e delle organizzazioni mafiose dedite al narcotraffico. E va detto ora ai cittadini, nel momento in cui il Governo sta per impegnarsi con gli Stati Uniti in una serie di obiettivi, in cambio di 500 milioni di dollari convertiti in mezzi militari, polizia, consulenti. Proprio ora, nel momento in cui lo Stato messicano e' sul punto d'investire settemila milioni di dollari in una guerra persa. Ora, quando e' importante dire che nulla si potra' contro il crimine fino a quando una quantita' enorme di denaro fluira' dal mercato nero.
C'e' un modo molto piu' razionale d'affrontare il problema delle droghe, della dipendenza e i costi sociali e famigliari ad esse collegate: sia lo Stato a regolamentare il mercato, anche per far sparire gli incentivi che agganciano ragazzi e giovanissimi al narcotraffico. Un mercato regolato dallo Stato, con monopoli specifici di alcune droghe -quelle pesanti, per esempio-, e con la liberalizzazione regolamentata della marijuana, toglierebbe motivazioni e affari alle organizzazioni criminali. E' vero, come dice in un suo recente articolo Gabriel Zaid, che i guadagni delle organizzazioni mafiose provengono da tutti i mercati clandestini e non solo dalle droghe. Ma proprio per questo e' necessario ridurli al massimo. Bisogna individuarli e regolarli. Nel caso delle droghe e' evidente che anziche' spendere settemila milioni di dollari in una guerra persa, si potrebbero sottrarre soldi ai cartelli legalizzando e facendo gestire il mercato delle droghe allo Stato. Il denaro risparmiato, e quello derivante dalle entrate fiscali, potrebbe essere investito in educazione, informazione e prevenzione, e usato per migliorare il clima della convivenza urbana, in attivita' ricreative e culturali a favore dei giovani.
E' perfettamente possibile incominciare con la marijuana. Non si tratta di fare l'apologia di questa sostanza come le tante che circolano in Internet. Ma e' evidente che si tratta di una droga ingiustamente demonizzata, quando invece e' legale l'alcol violento e assassino, colpevole della stragrande maggioranza degli incidenti mortali sulle strade, o lo e' il tabacco -droga inutile, per nulla divertente, dall'effimero effetto placenta- drogante fino alla disperazione e indubbiamente mortale. Il tabacco cattura quasi tutti coloro che lo consumano e una buona parte li uccide. Anche l'alcol cattura e distrugge. Non tutti, ma molti. Uccide anche chi non c'entra. E il proibizionismo ha dimostrato il suo fallimento dove e' stato imposto. Nel caso dell'alcol in Usa, dodici anni sono stati sufficienti per consentire enormi affari alle mafie che gia' operavano in altri mercati clandestini. Quando Roosvelt fece cessare quello sproposito puritano, si passo' dal proibizionismo alla liberta' assoluta, e cosi' nacque un mercato multimilionario che ha abusato della pubblicita', ancora piu' di quanto facciano i produttori di tabacco oggi colpevolizzati.
La politica che si sta adottando con il tabacco e' un'opzione piu' razionale. Si cerca di restringere gli spazi pubblici dove si puo' fumare e si sta eliminando la pubblicita', ma senza proibire ne' la vendita ne' il consumo. Questo e' un esempio di regolazione severa del commercio di un prodotto che da' dipendenza, dannoso per la salute e con conseguenze sociali, e nello stesso tempo a nessuno verrebbe in mente di proibire completamente il tabacco. Perche' subito sorgerebbe il mercato nero e si moltiplicherebbero i profitti del crimine organizzato. La marijuana e' meno dannosa. Nessuno e' mai morto di overdose da Thc; anche perche' ci sono modi di assumerla che evitano la combustione e gli effetti nei polmoni, e comunque crea molta meno dipendenza. Chi fuma spinelli non aggredisce il prossimo come puo' farle un ubriaco, e sebbene siano un pericolo al volante, non lo sono piu' degli ubriachi che si sentono campioni di Formula 1. L'atteggiamento dello Stato dovrebbe essere uguale in ambedue i casi: tolleranza zero per chi guida in stato di ebbrezza o abbia assunto marijuana. Ma se non si guida e se non si coinvolge il prossimo, allora, sia chi ha bevuto, sia chi ha assunto cannabis devono essere rispettati dagli altri.
C'e' una via possibile per stimolare la legalizzazione della marijuana in Messico, ora. Se si uniscono tutte le voci dei cittadini favorevoli a un percorso in tre tappe. La prima cercherebbe d'eliminare la criminalizzazione dei consumatori di marijuana. Si tratterebbe di fissare le quantita' del possesso legale per consumo personale -tre grammi appaiono sensati- e stabilire obblighi informativi per i consumatori. In un secondo momento si dovrebbe avviare la legalizzazione dell'uso terapeutico della cannabis, adeguatamente documentato. La terza tappa riguarderebbe la legalizzazione della canapa per uso industriale, con cui molti agricoltori potrebbero convertire le loro coltivazioni destinate alla marijuana in piantagioni redditizie della canapa specializzata in fibra o cellulosa, senza contenuti significativi di sostanza attiva Thc. In questo, come per altri temi, e' indispensabile l'azione dei cittadini che credono nella possibilita' di trovare soluzioni migliori a problemi di convivenza; alla base di un'azione efficace c'e' uno Stato laico che fonda le sue posizioni su criteri scientifici e non su particolari visioni morali.
Quella della marijuana e' una causa gia' istruita. Ci sono molti intellettuali, artisti e persino politici che fumano abitualmente spinelli senza essere ne' criminali ne' mostri. Nella stragrande maggioranza le persone che assumono cannabis non sono dei drogati che necessitano di un programma di riabilitazione, e coloro che lo richiedono ne hanno bisogno piu' per l'alcol che per abuso di spinelli. E' arrivato il momento di partire con la difesa di una causa che coinvolge tutti, senza ipocrisia e senza moralismi idioti.


Jorge Javier Romero Vadillo, docente di Scienze Politiche. Articolo tratto dal quotidiano messicano Cronica il 14 novembre 2007 (traduzione di Rosa a Marca).


16/11/07 - droghe.aduc.it

La nipote di un deputato inglese sgozza l'amante

[...] La protagonista, scrive il Sun on line, è una ragazza inglese di 28 anni, Jessica Davies, che vive a Parigi.

La vittima è un ragazzo francese, Olivier Mugnier, disoccupato di 24 anni. La scena del delitto, avvenuto ieri sera, è l'appartamento parigino della ragazza. La Davies si trova ora agli arresti. Dopo essere stata lasciata dal fidanzato francese, Jessica aveva iniziato a dedicarsi ad alcol, droghe e a relazioni occasionali. Sabato scorso aveva conosciuto in un bar il giovane Mugnier e ieri notte l'ha invitato nel suo appartamento. La ragazza, probabilmente sotto l'effetto di superalcolici, ha incominciato a dedicarsi ad audaci giochi erotici fino all'epilogo finale: ha reciso la gola dell'amante e lo ha poi pugnalato "sei o sette volte in preda alla paura e alla frustrazione", ha raccontato la polizia. Davies ha poi chiamato l'ambulanza ma il giovane malcapitato è morto poco dopo l'arrivo dei medici. E' stata proprio la ragazza, nipote del parlamentare labourista Quentin Davies, rispondendo alle domande della polizia francese, a citare l'omicidio di Perugia come fonte di ispirazione per una "esperienza sessuale estrema".


16/11/07 - iltempo.it

No sbronza, no party?

Vizi e virtù del decreto Bianchi. Chi guida ubriaco rischia grosso, niente alcol dopo le due in disco. Ma serve? Parola a gestori e ragazzi


Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, in Italia oltre ventimila persone l'anno muoiono per abuso di alcol o problemi collegati, e circa la metà degli incidenti stradali mortali sono causati dalla guida in stato di ebbrezza. Se si considera che gli incidenti stradali sono la principale causa di morte sotto i 40 anni, si capisce l'urgenza di adottare politiche socio-sanitarie che mirino alla diminuzione dell'utilizzo di alcol, soprattutto nei più giovani.

Le patologie legate all'abuso di alcol sono innumerevoli, e non riguardano solo l'aspetto fisico. Oltre ai danni al fegato, ai disturbi renali e alle malfunzioni cardiache, l'abuso di alcol provoca un notevole rallentamento dei riflessi, una diminuzione della capacità di concentrazione e di attenzione. Questi sintomi sono la causa principale degli incidenti stradali, degli infortuni sui posti di lavoro, ma anche di comportamenti violenti.

Le sostanze alcoliche usate in eccesso provocano stati d'ansia, generano sensazioni di paura immotivata e crescente che con il tempo sfociano in veri e propri attacchi di panico. Le crisi depressive sono strettamente legate all'alcol e sono dovute all'insieme dei danni provocati al cervello unitamente ai cambiamenti sociali (problemi di comunicazione, diminuzione dell'autostima e della capacità di giudizio) derivanti dall'alcolismo. Questo, a mio avviso, è il dato più allarmante sul quale riflettere, ed è confermato da uno studio dell'università La Sapienza di Roma, in cui si illustra come l'uso di alcolici sotto i 35 anni sia finalizzato all'instaurazione ed alla gestione dei rapporti interpersonali, piuttosto che alla necessità di bere.
Diciamoci la verità, quante di queste informazioni arrivano realmente ai ragazzi? Di solito tendeono a credere che queste cose succedano agli altri...

Arriviamo al famigerato decreto Bianchi, approvato in Parlamento lo scorso ottobre, che inasprisce le pene per chi guida in stato di alterazione e vieta la vendita di bevande alcoliche nei locali di intrattenimento e ballo dopo le due di notte. Di primo acchito, il tentativo può anche essere ammirevole, indubbiamente nobile.
Certo, molti locali hanno già trovato l'escamotage dei mignon: piccole bottigliette di bevanda alcolica pura vendute prime delle due, con le quali più tardi si corregge i drink analcolici. Certo, c'è chi si porterà in borsa direttamente la bottiglia di whisky, chi uscirà dal locale da ballo per andare a bere qualcosa in macchina, o dal primo venditore ambulante, piuttosto di chi berrà il doppio prima delle fatidiche due di notte. Insomma, chi vorrà devastarsi, continuerà a farlo.
D'altra parte, a tutti quelli che non avevano un rapporto viscerale con l'alcol, che avrebbero potuto fare a meno di quel bicchiere in più, la legge non potrà che avere effetti positivi. Sicuramente ci sarà una riduzione dei casi di persone alla guida in stato di ebrezza, visto che molte avranno il tempo di smaltire gli effetti prima della chiusura dei locali.

Ma quante sono in percentuale queste persone? E i locali da ballo non si riempiranno di venditori ambulanti davanti ai parcheggi? Perché colpire soltanto le discoteche? Secondo un dato statistico infatti, la maggior parte degli incidenti mortali per guida in stato di ebrezza avviene tra le ore 18 e le 22, durante l'ora dell'aperitivo. Insomma, questo mini-proibizionismo, può essere una risoluzione definitiva?

Diamo la parola ad alcuni esercenti, addetti ai lavori, nonché avventori delle discoteche genovesi. Bruno - titolare della Locanda in Salita Pollaiuoli - dice: «Il proibizionismo non ha mai portato a grandi risultati, anzi. Vietare la vendita di alcolici alle 2 potrebbe essere un invito, anche per chi non ha mai provato, ad usare stupefacenti. In ogni caso non è possibile chiudere una strada senza offrirne una alternativa. Ci sono modelli che funzionano benissimo in Europa, come in Germania e in Inghilterra e basterebbe copiare quelli. Essenzialmente sono basati su due punti: tolleranza zero nel week end, ovvero chi guida non deve aver bevuto. Ma soprattutto grande efficienza dei mezzi pubblici e costi bassi per i Taxi. In questi paesi i ragazzi si muovono con i Taxi che hanno costi ridottissimi. In Italia per uscire e tornare con il taxi servono almeno 30 euro. Certo per una simile operazione bisognerebbe che il Governo disegni un piano di legge concordano un piano economico con i taxisti stessi».

Massimo Mortello, gestore del club ZeroDieci di piazza Embriace la pensa così: «Prima di tutto, una discriminazione tra diversi tipi di esercizi pubblici rende inefficace la norma. Non capisco come si possa credere che basti vietare la vendita dentro una discoteca, se sarà possibile prendere da bere in qualsiasi bar che fa orario notturno o dai venditori ambulante. Inoltre, i ragazzi che vogliono bere potrebbero riempirsi le macchine di bottiglie, insomma mi sembra un provvedimento che fa tornare indietro di ottant'anni. La vera soluzione è di rafforzare i controlli e le pene e soprattutto di educare i giovani a bere con intelligenza, attraverso un percorso che deve partire dalla famiglia, nelle scuole e nelle università».

C'è anche il lato economico, oltre a quello morale. Per Alessio Parodi, da anni PR nei maggiori locali genovesi e toscani: «è vergognosa questa imposizione, si tornerà come negli anni del proibizionismo in america degli anni 30: alcolici dati sottobanco, scorte di alcol in macchina. Nei nostri locali, la maggior parte della gente arriva verso le due, dopo aver fatto qualche tappa nei vari pub e discobar. Con questa legge, economicamente può essere un disastro per le aziende, la gente che ci lavora che potrebbe perdere il posto, soprattutto i baristi. Sembra che vengano puniti più i gestori dei locali che non i cittadini rei di mettersi alla guida ubriachi. Bisogna intensificare i controlli sulle strade e fuori dai locali. Per esempio mettendo una persona delle forze dell'ordine all'uscita dei locali più importanti, che si occupi di controllare se una persona può mettersi alla guida o meno».

Stefano Gerbi, psicologo e frequentatore di locali nel weekend è invece favorevole: «I commercianti si rendano conto che non tutto è profitto. Si accontentino del prezzo del biglietto di entrata in discoteca, già di per sè molto caro. Mentre i pub scommetto che triplicheranno gli affari, vedo già le resse ai banconi alla disperata bevuta prima che scatti l'ora X. Tranquilli commercianti, ci perderete davvero poco, e i cittadini saranno un poco (ma solo un poco) più sicuri. Inoltre è una legge che aiuta i gestori, che potrebbero sentirsi in difficoltà a rifiutare una bevuta a chi è già abbastanza carico. Insomma può essere una soluzione minima rispetto al problema, ma se dovesse già salvare una vita soltanto, sarebbe già qualcosa io credo».

Sorgono anche dubbi sull'applicabilità del decreto, che presenta enormi paradossi. Fabio, studente della Facoltà di Lettere e Filosofia di Genova, dice incredulo: «Ieri sera sono stato in una discoteca in Versilia e al ritorno non ho trovato una pattuglia della Polizia Stradale in autostrada e nemmeno ho visto l'ombra di posti di blocco. In compenso l'Autogrill alle 4.30 del mattino vendeva birra ceres (tasso alcol 7,7%) e bottiglie di vino (tasso alcol 12%). Ho visto parecchi ragazzi che insieme al panino bevevano la birra. Penso che tutto questo sia assurdo».

Evelina, studentessa di 22 anni, si trovava in un noto locale del basso Piemonte e ci racconta di aver assistito ad una scena molto simile a quelle del supermercato, dove si reca con sua madre per fare la spesa: «verso le due meno dieci, il DJ ha preso il microfono, un po' come al supermercato lo speaker invita ad avviarsi alle casse, ed ha invitato tutti i clienti della discoteca a comprare direttamente le bottiglie, prima che scattasse l'ora del divieto. E così tra mignon e bottiglie ai tavoli, tutto è andato avanti come sempre...».

A quasi tutti, dunque, questa legge appare semplicistica e non certo risolutiva. I nostri intervistati sembrano uniti sul rafforzare e incrementare i controlli sulle strade, punire in modo molto più severo chi guida ubriaco. Ma la prevenzione è fondamentale: insegnare nelle scuole e nelle università la cultura del bere senza eccessi. Questa è l'unica via efficace, si basa sul buon senso e sulla consapevolezza che soltanto noi stessi siamo custodi e responsabili della nostra integrità fisica.


di Enrico Moizo - 16/11/07 - mentelocale.it

Giovani, 'attenti all'alcol'

Chiusa positivamente la campagna di informazione condotta da personale Asl nelle discoteche più frequentate in estate. Su 1500 contatti oltre 1000 test del palloncino sono risultati positivi


Si è conclusa con successo la campagna di informazione condotta durante l’estate nell’area Gargano Sud da un gruppo di operatori del Dipartimento per le Dipendenze Patologiche di Manfredonia per la lotta all’abuso di alcol. L'iniziativa, sostenuta dall’Asl Fg, è stata patrocinata dalla Provincia e dai Comuni di Manfredonia, Monte Sant’Angelo e Mattinata.

Alcuni medici e psicologi, coadiuvati da giovani volontari che avevano seguito un corso formativo presso il sert di Manfredonia, al sabato sera si sono recati nei locali e nelle discoteche più in voga e alle manifestazioni e concerti con forte presenza di ragazzi, allestendo appositi gazebo dove i giovani, avvicinandosi spontaneamente, potevano ritirare materiale, chiedere informazioni e, conservando l’anonimato, effettuare il test del palloncino per l’analisi rapida del tasso alcolemico (per poter guidare non deve superare lo 0,5 mg/l).

Il direttore del Dipartimento, dottor Matteo Giordano, esprime soddisfazione per i risultati ottenuti dall’iniziativa estiva denominata “Attenti all’alcol”. “Il riscontro –dichiara il dottor Giordano- è stato notevole. I giovani sono rimasti molto incuriositi dall’iniziativa ed in 1500 hanno affrontato senza problemi la prova del palloncino. Purtroppo 1100 sono risultati positivi. Comunque sono stati sensibilizzati, ma ancora fanno fatica a capire quali sono i limiti e i rischi. I ragazzi sanno che l’alcol finisce nel sangue, ma non conoscono la quantità oltre la quale si corrono seri pericoli”.

Secondo le stime del Dipartimento tra le persone che assumo alcol di età compresa tra i 14 e i 30 anni, il 5% dei maschi è un bevitore problematico, contro l’1% delle ragazze. Il dato si mantiene stabile negli ultimi due anni.

Per finanziare la campagna “Attenti all’alcol” sono stati spesi soltanto 5000 euro. In totale sono state predisposte 17 postazioni tenute aperte per l’intero arco della serata, dall’apertura del locale fino alla sua chiusura all’alba. “Un’'annotazione positiva -rileva Giordano- è per i gestori dei locali che, aderendo e collaborando all’iniziativa, hanno voluto dimostrare che il loro maggiore interesse non è vendere alcol ma far divertire i ragazzi senza dover per questo correre rischi quando fanno rientro a casa”.

Il progetto non si ferma all’estate. Il dottor Giordano annuncia infatti che, chiudendo tutte le strutture all’aperto, si sta pensando sia di intervenire presso le discoteche più grandi del territorio provinciale dove l’afflusso dei ragazzi è consistente, e sia di sensibilizzare i gestori dei pub affinché non somministrino bevande alcoliche ai minori di 16 anni.

Nei ragazzi sotto i 16 anni bere sostanze alcoliche può produrre effetti sul sistema nervoso centrale e sull'intero organismo. Non esiste una quantità "sicura" per il consumo di alcol: si può solo parlare di quantità a basso rischio, ma i rischi esistono per qualsiasi livello di consumo.

Le ricerche condotte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità provano che l'uso di alcol è visto spesso dagli adolescenti come un rituale finalizzato a creare legami e quindi permettere interazioni più distese: in sostanza, a sentirsi adulti, che l'abuso di alcol può essere la spia di condizioni psicopatologiche sottostanti, che spesso la mera proibizione rivolta ad un adolescente ottiene un effetto contrario a quello voluto e che bere più bevande alcoliche, in genere nel fine settimana, è un nuovo stile di consumo sempre più diffuso tra i giovani.

“Un'altra attività che intendiamo svolgere –aggiunge- riguarda le autoscuole che stiamo coinvolgendo grazie all’intervento e alla collaborazione della dottoressa Potenza. La nostra idea è quella di tenere noi stessi alcune lezioni all’interno del corso di formazione automobilistica con il duplice scopo di passare informazioni direttamente agli utenti, ai futuri automobilisti, e di sensibilizzare i gestori delle autoscuole affinché essi stessi sensibilizzino i formatori”.

16/11/07 - manfredonia.net

'I giovani sul giornale': ricerca del Centro Ferrari di Modena

Modena - Incidenti stradali, scippi, rapine, spaccio o consumo di droghe, abuso di alcol: sono questi gli interessi principali dei quotidiani nazionali che si occupano, a dire il vero non molto, della popolazione giovanile. Se si parla di scuola e istruzione lo si fa soprattutto per raccontare di disordini o disservizi, di episodi di bullismo o di discriminazione, quasi mai per dare notizia di iniziative specifiche, esperienze e contenuti trasmessi dall'istituzione scolastica. Mentre altri argomenti, come i giovani in relazione a sport, tempo libero, ambiente, politica, religione, ecc. sono quasi del tutto assenti.


E' quanto emerge da "I giovani e la scuola sulla carta stampata: come e quando fanno notizia", ricerca condotta dall'Osservatorio sulla stampa locale del Centro F. Luigi Ferrari in collaborazione con l'assessorato all'Istruzione e Politiche per l'Infanzia del Comune di Modena. L'indagine sarà presentata lunedì 19 novembre all'Itis Corni (via Leonardo da Vinci 300, ore 8.30) durante il seminario "I diritti in prima pagina. Riflessioni sull'informazione fatta dai ragazzi" organizzato nell'ambito delle iniziative per la Giornata Internazionale di Infanzia e Adolescenza organizzate dall'assessorato all'Istruzione e Memo. I curatori della ricerca (Roberto Bergonzini, Gianpietro Cavazza, Veleria Ferrarini, Paolo Tomassone) hanno considerato cinque testate, di cui tre nazionali (La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Giornale) e, per un periodo di tempo più esteso, due locali (Il Resto del Carlino e Gazzetta di Modena) nell'arco del primo semestre del 2007.

Sulle testate locali, rispetto a quelle nazionali, è emersa una maggiore propensione a parlare di tematiche giovanili nell'ambito della cronaca bianca, anche se per lo più in relazione a situazioni che riguardano scuola, università e istruzione, quando la principale fonte d'informazione sono la scuola e l'ente locale. I giovani e l'ambiente, i giovani e la solidarietà, i giovani e il volontariato, a differenza di una decina d'anni fa, risultano assenti dalle colonne dei giornali, mentre a farla da padrone sono ancora i fatti di cronaca nera, gli unici che portano i ragazzi alla ribalta delle prime pagine. Il più delle volte a parlare dei giovani sono istituzioni che solo marginalmente hanno un rapporto con loro: forze dell'ordine e aziende sanitarie, mentre dall'elenco delle fonti sono assenti il mondo del lavoro, quello del volontariato, i partiti e la chiesa.
"In conclusione - spigano i curatori della ricerca - manca un rapporto stabile tra i giovani e i mass media e la struttura delle fonti è fortemente sbilanciata sul fronte istituzionale. Occorrono seri sforzi da parte degli operatori dei giornali e dei ragazzi per creare relazioni più strette e costanti ed è auspicabile la nascita di fonti informative autogestite da parte dei giovani".

Il programma dell'iniziativa di lunedì prevede la presentazione delle esperienze giornalistiche fatte dai ragazzi delle scuole di Modena e provincia, tra le quali "La gang dei fuori classe", "Voci dal branco", "Sm.mo.o.l" e "La fragola".
Un'informazione decisamente fuori dal coro, fatta dai ragazzi sui ragazzi che si sono organizzati in redazioni giornalistiche, affidandosi ruoli, incarichi e tempi da rispettare. Gli studenti delle diverse redazioni si confronteranno con i direttori di testate locali che si sono occupati di informazione fatta di ragazzi: Antonio Mascolo della Gazzetta di Modena che pubblica periodicamente pagine redatte da studenti delle scuole medie e superiori; Pierluigi Masini, vicedirettore del Resto del Carlino e responsabile dei progetti rivolti alle scuole; Eugenio Tangerini, ora direttore de L'informazione, che sul Resto del Carlino promosse ‘Reporter di classe' campionato di giornalismo delle scuole medie e Roberta Vandini direttore di TRC-Telemodena emittente impegnata nel progetto "I bambini fanno il Tg". Precederanno la tavola rotonda, la presentazione della ricerca "I giovani e la scuola sulla carta stampata: come e quando fanno notizia" a cura dell'Osservatorio sulla Stampa locale del Centro culturale L. Ferrari e gli interventi di due docenti universitari. Luigi Guerra, prof. di Tecnologie dell'Istruzione all'Università di Bologna, approfondirà il tema del "Giornalismo scolastico come esercizio di partecipazione"; Cecilia Robustelli, prof. di Linguistica italiana all'Ateneo di Modena, parlerà di "Il linguaggio dei giovani nell'italiano del 2000".

Obiettivo del seminario "I diritti in prima pagina: riflessioni sull'informazione fatta dai ragazzi" (ore 8.30-13) è riflettere sul difficile rapporto tra media e giovani, su giornalismo scolastico e sugli spazi di comunicazione disponibili per i ragazzi, ispirandosi all'art. 13 della Convenzione dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza ("diritto di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica…"). L'incontro, rivolto a docenti, studenti delle superiori, operatori dell'informazione è realizzato in collaborazione con Memo.


16/11/07 - modena2000.it

Ubriaco fa guidare il figlio tredicenne sotto l'effetto dell'alcol

CLIO (MICHIGAN, USA)

Un poliziotto, intervenuto per controllare un camion impantanato nel fango in un parcheggio cittadino, è rimasto piuttosto sorpreso nel vedere dietro al volante un bambino di tredici anni. Il padre del ragazzo era seduto a fianco, nel posto del passeggero. Erano tutti e due ubriachi. Il padre, 41 anni, ha detto al poliziotto di aver bevuto troppo per poter guidare, per questo aveva affidato il compito al figlio, il quale ha confessato all’agente che non voleva guidare nemmeno lui, perchè aveva bevuto troppo.

Nel camion sono state trovate diverse bottiglie aperte di birra e liquori. L’uomo è stato incriminato per diversi reati, tra i quali l’aver messo a rischio il figlio e aver consentito la guida a una persona senza patente e alterata dall’alcol. Il ragazzo deve presentarsi dal giudice minorile per rispondere dell’accusa di guida senza patente e in stato d’ebbrezza.


16/11/07 - lastampa.it

Dai sert alla polizia il fallimento della tolleranza zero

Invecchiano i clienti dei servizi pubblici per le tossicodipendenze: secondo il ministero della Salute i ventenni sono poco più di dieci ogni cento, un terzo di quindici anni fa.
Merito dell'invecchiamento degli eroinomani cronici che hanno visto pochi rincalzi: anni di campagne d'ordine pubblico e d'immagine hanno intaccato seriamente l'appeal del "buco". Il dato inquietante è altrove: in un decennio sono più che raddoppiati i quindicenni in cura presso i sert, da 87 sono diventati 327. E sono quasi tutti cocainomani. Tra quelli che quindici anni fa si rivolgevano ai servizi pubblici, spontaneamente o per decreto della questura, i dipendenti da cocaina erano poco più di uno su cento: oggi superano il quattordici per cento.

Il crollo del prezzo a dieci euro per una dose ha messo la cocaina alla portata delle paghette degli adolescenti, spiega la Direzione centrale dei servizi antidroga del ministero degli Interni. Dal recente rapporto sui sequestri di stupefacenti effettuati in Italia il 2007 sembra proprio l'anno del boom per lo spaccio e il consumo di tutte le droghe. Da noi l'eroina è aumentata del 64,5 per cento, le droghe sintetiche e le pasticche del 214, la marijuana e l'hashish del 1517, mentre stiamo scalando rapidamente la classifica europea dei consumatori di cocaina: siamo al quarto posto, ormai in vista della capolista Spagna. La polizia s'organizza, proprio in questi giorni 208 agenti iniziano i corsi d'aggiornamento sulla droga previsti dal pon, il piano operativo nazionale sulla sicurezza, ma nei sert le contromisure scarseggiano: "Abbiamo imparto a gestire la dipendenza da alcol e da eroina - spiega Gian Luigi Gessa, direttore dell'istituto di neuroscienze del Cnr di Cagliari e tra i massimi esperti italiani di neurofarmaci - ma il mondo sta cambiando e la gente comincia ad usare la cocaina molto più dell'eroina". E allora c'è poco da fare: "per la cocaina non esistono attualmente farmaci adeguati, possiamo dare solo palliativi".

A leggere i dati si potrebbe ipotizzare che l'attuale legge sugli stupefacenti non funzioni: il giro di vite su tutte le droghe voluto dallo scorso governo di centrodestra ha avuto come conseguenza un esplosione dello spaccio e del consumo. A leggerli meglio si può provare a collegare l'exploit della cocaina ai troppi distinguo nelle tabelle che indicano i quantitativi di stupefacenti legalmente detenibili, suddivise per tipologia di sostanza: come spiegato in altri articoli di questa inchiesta, oggi la vita di un cocainomane è relativamente facile mentre le porte del carcere sono spalancate per i consumatori anche occasionali delle cosiddette droghe leggere. Tuttavia, dopo le censure alle Iene per il servizio sulla coca in parlamento e Fabrizio Corona e gli altri vip che definiscono disinvoltamente la cocaina "parte di uno stile di vita giovane e moderno", dopo il siluramento da parte del Tar del decreto Turco che aumentava gli spinelli legalmente detenibili, con le carceri piene di fumatori di marijuana e dopo il recentissimo occultamento della misteriosa morte in cella di Aldo Bianzino, hippy quarantenne arrestato per il possesso di poche piante di marijuana, l'attuale governo di centrosinistra non sembra impaziente di mettere mano ad una nuova normativa. E la promessa elettorale sulle droghe è finita a far compagnia a dico e pacs.


16/11/07 - di Valerio Di Paola - rivistaonline.com

Il primo bicchiere a meno di 11 anni

ROMA - Quasi la metà degli adolescenti beve alcolici qualche volta (49,3%), per il 17,5% il primo approccio con l'alcol è avvenuto prima degli 11 anni e per il 45,4% tra gli 11 e i 14 anni. Secondo il rapporto Eurispes-Telefono Azzurro l'11,3% beve spesso, all'1,8% capita tutti i giorni e solo al 29,8% non succede mai. Gli adolescenti bevono soprattutto in occasione di feste o ricorrenze (39,6%), ma anche quando sono in compagnia (30,6%) o semplicemente perché ne hanno voglia (15,2%). Il 93,1% dei ragazzi beve alcolici solo qualche volta in occasione di feste o ricorrenze, quando è in compagnia (70,4%) o durante i pasti (66,7%). La percentuale più alta di chi afferma di bere spesso (32,4%) lo fa senza semplicemente quando ne ha voglia, così come il 10,1% di chi beve tutti i giorni. Il 41,3% dei ragazzi tra i 16 e 19 anni beve soprattutto in occasione di feste e ricorrenze rispetto al 37,1% degli adolescenti tra i 12 e i 15 anni.

Il 38,8% dei ragazzi dai 16 anni in su rispetto al 18,1% degli adolescenti tra i 12 e 15 anni afferma di bere quando è in compagnia. Il 21,7% ha bevuto il primo bicchiere dopo i 15 anni, ma solo il 2,9% sostiene di non aver mai bevuto. Il 24,5% dei ragazzi ha bevuto il primo bicchiere prima di compiere 11 anni contro il 13,8% delle ragazze. Il 67,4% dei giovani sostiene di non aver mai guidato dopo aver bevuto. L'8,2% lo ha fatto solo raramente, mentre il 7,2% dice di farlo qualche volta o spesso (4,9%). Le ragazze sono più prudenti. La "prima volta". Il 57,2% degli adolescenti non ha ancora sperimentato la sua "prima volta", ma il 4% lo ha fatto tra gli 11 e i 13 anni. La maggior parte dei ragazzi sperimenta per la prima volta il sesso tra i 15 e i 17 anni (19,3%). I maschi sono più precoci: il 3,5%, infatti, ha avuto il suo primo rapporto tra gli 11 e i 12 anni (di cui il 2,2% a 11 anni); mentre, per le ragazze della stessa fascia d'età solo lo 0,9%. Le ragazze sperimentano il sesso per la maggior parte tra i 15 (8,2%) e i 16 anni (11%).

Ma quale ricordo conservano del loro primo rapporto gli adolescenti? Il 39,1% ha un bel ricordo e il 16,1% lo ha abbastanza positivo. Il 4,1% conserva un ricordo abbastanza negativo e solo il 2% un brutto ricordo. Il 40,9% degli adolescenti ha fatto questa esperienza con una persona con cui ha avuto (o ha ancora) una storia importante e il 13,3% l'ha vissuto con una persona con cui ha avuto una storia, seppur breve. Il 6,6% ha avuto il primo rapporto con una conoscenza occasionale. Il 33,5% non ha risposto. Il 31,7% utilizza sempre il preservativo e il 14,3% spesso. Solo il 12,4% dichiara di utilizzarlo qualche volta e il 7,7% mai. In calo l'uso del preservativo tra i giovani. L'utilizzo del preservativo appare in diminuzione rispetto al passato: nel 2005, il 45,8% dei ragazzi lo usava sempre (nel 2002 erano ben il 53%) e il 19,4% spesso (nel 2002 erano il 18,1%). Il 40,1% dei ragazzi non ha mai avuto un rapporto occasionale senza protezione, ma non bisogna trascurare quel 13,4% a cui qualche volta è capitato di non farne uso. Il 2,7% afferma di non utilizzarlo abitualmente, mentre l'1,8% non prende mai precauzioni. Nel 2002 il 54% dei ragazzi affermava di non aver mai fatto sesso occasionale a rischio, mentre nel 2005 erano il 47,7%.


15 novembre 2007 - diregiovani.it

Lindsay Lohan in carcere 84 minuti per alcol e droga

LOS ANGELES (Reuters) - L'attrice Lindsay Lohan è entrata e uscita dal carcere ieri per guida in stato di ebbrezza e una condanna per possesso di cocaina, passando solo 84 minuti dietro le sbarre. Lo ha dichiarato la polizia di Los Angeles.


La Lohan, che ha 21 anni, era stata condannata in agosto a passare un giorno in prigione, da scontare prima di gennaio, dopo aver ammesso accuse riguardanti droga e ubriachezza.


Il sito Web del Dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles riporta che l'attrice è entrata in carcere alle 10.30 del mattino per uscirne alle 11.54.


L'attrice era stata accusata dopo un inseguimento automobilistico a luglio e un arresto a maggio quando aveva distrutto la sua macchina a Beverly Hills. Dopo l'arresto era entrata in un centro di riabilitazione dello Utah passandoci due mesi.


Per decisione della corte la Lohan deve anche scontare 10 giorni di servizi alla comunità, tre anni in libertà vigilata e 18 mesi di programma rieducativo per l'alcolismo.


Le sentenze di arresto per crimini minori sono spesso abbreviate dagli sceriffi di Los Angeles a causa del sovraffollamento delle carceri.


16/11/07 - today.reuters.it

Cherasco: provoca incidente e fugge

Ubriaco e senza patente


E' stato arrestato dai militari dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Bra – coordinati dal Ten. Ribaudi - in flagranza di reato perchè responsabile di omissione di soccorso e guida in stato di ebbrezza alcolica. Si tratta di un 50enne braidese che, nella tarda serata di mercoledì in frazione Roreto di Cherasco, nei pressi del centro commerciale 'Montello', alla guida di un furgone ha tamponato violentemente un’autovettura, facendola finire fuori strada. Dopo l'urto il 50enne si è dato alla fuga, facendo perdere le proprie tracce.

Al conducente dell’auto, trasportato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Bra, sono state riscontrate lesioni giudicate guaribili in 12 giorni. Le immediate indagini e ricerche hanno consentito poco dopo l’individuazione del reo in Bra, all’interno della propria abitazione. L'uomo è risultato privo di patente di guida in quanto scaduta e non rinnovata per motivi sanitari, nonché -mediante accertamenti eseguiti con etilometro - con un tasso alcolemico in corpo superiore a quanto consentito.


16/11/07 - targatocn.it

Ecco l'etilometro di Repubblica.it

Per bere e guidare a norma di legge
Ma rimane la regola d'oro: dopo qualche brindisi meglio non mettersi al volante


"Avrò bevuto troppo?". Quante volte dopo un pranzo, una cena o una serata in birreria con gli amici vi siete chiesti se per l'etilometro avevate alzato troppo il gomito? Per la sicurezza di tutti speriamo spesso. E nel dubbio c'è il nostro sito che arriva in vostro soccorso. Comunque ci auguriamo che, nell'incertezza, abbiate lasciato la guida al sobrio del gruppo, evitando in questo modo di far parte dei 35.620 automobilisti che nei primi nove mesi del 2007 sono risultati positivi al test. Ma se volete la conferma e non avete sottomano il test fai-da-te o il telefonino-etilometro, e in attesa che arrivi in commercio l'auto che non parte in caso di 'fiatata alcolica', idea già adottata da un paio di aziende, potete affidarvi all'etilometro di Repubblica.it.

Tenendo ben presente che si tratta di esempi esemplificativi, potete facilmente capire quanto si può alzare il gomito e a cosa corrisponde il famoso limite di legge di 0,5. Diciamolo subito: non è molto. Per i più disinvolti, si tratta effettivamente di quantitativi da Esercito della salvezza.

Partiamo. Il test, innanzitutto, vi chiede di inserire le vostre caratteristiche fisiche e anagrafiche. Si passa poi alle dimensioni del recipiente. Per intenderci prendiamo in esame i bicchieri tradizionali: quello classico da vino (sempre semplificando, non ce ne vogliano gli intenditori) contiene fra i 30 e i 40cl, anche se solitamente in enoteca vengono riempiti fra i 10 e i 20cl. Il flute, il bicchiere lungo da spumante o champagne, può arrivare a contenere 20-25cl, ma anche in questo caso dipende dalla generosità dell'addetto alla mescita.

Alcuni dati per gli amanti della birra: una lattina, piccola, contiene 33cl. La pinta, unità di misura utilizzata in paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Irlanda, equivale a mezzo litro, ovvero 50cl. Una birra piccola di solito va dai 25 ai 40cl, a seconda del bicchiere. Il boccalone da Oktober Fest, poi, di birra ne contiene un litro. Infine, se la vostra passione è il wisky, l'amaro o il limoncello, il bicchierino oscilla fra i 5cl e i 15cl.

Cerchiamo di fare un esempio pratico. Un ometto di 45 anni, alto un metro e 67, per 73 chili di peso, può permettersi di bere poco più di un bicchiere di 20cl di un vino a 11 gradi alcolici. L'etilometro, infatti, ci spiega che già con pochi sorsi il tasso alcolico del nostro bevitore è a 0,35 (il limite, lo ricordiamo, è di 0,5). Va meglio con la birra, in questo caso il bevitore in questione può permettersi ben due lattine di birra, da 33cl, ma a patto che il contenuto non superi i 4,5 gradi alcolici, perché già a 5 il semaforo dell'etilometro diventa rosso. Infine attenzione al cicchetto: basta un solo bicchierino da 10cl, con un liquore a 32 gradi per arrivare al limite di legge.

A questo punto agli incauti che decidono di mettere la repentaglio la propria e l'altrui incolumità, non rimane che ricordare i termini del decreto legge del 3 agosto: le multe partono da 500 euro ma, a seconda del tasso alcolemico, possono arrivare fino a 6.000 euro. Nei casi più gravi è anche previsto l'arresto fino a sei mesi e la sospensione della patente da uno a due anni. Oppure, ed è uno dei nodi irrisolti della legge, se siete ancora abbastanza lucidi, agli agenti potete opporre un netto 'no' alla richiesta di sottoporvi al test, ma preparatevi a mettere mano al portafogli per pagare una multa salata e a rinunciare all'auto per qualche mese.

L'ETILOMETRO DI REPUBBLICA.IT


di GIOVANNI GAGLIARDI - 16/11/07 - repubblica.it

Pena di morte, l'Onu approva la moratoria

Stop alle esecuzioni


New York - La moratoria universale delle esecuzioni è arrivata al traguardo. L'ultimo miglio è stato al cardiopalma, ma il messaggio mandato dalle Nazioni Unite che hanno approvato a vasta maggioranza la risoluzione sulla pena di morte è stato forte è chiaro: fermate il boia. La Terza Commissione dell'Assemblea Generale, quella che si occupa dei diritti umani, ha applaudito con calore dopo che il testo concordato da 87 sponsor ha ricevuto ben 99 voti a favore: 52 paesi hanno votato contro e 33 si sono astenuti al termine di un dibattito emozionante e teso, ricco di colpi di scena ma anche di soddisfazioni per la diplomazia italiana che è riuscita a tenere unita l'Europa e a costruire un vasto consenso internazionale in cinque continenti.


Soddisfazione è stata espressa a Roma dal ministro degli esteri Massimo D'Alema perché l'Italia si conferma in prima linea nel mondo quanto tutela di diritti umani. A New York il sottosegretario agli esteri Gianni Vernetti ha definito il risultato "un grande successo dell'Italia, del governo, del parlamento e della società civile". L'ambasciatore italiano all'Onu Marcello Spatafora ha osservato che in questi anni al Palazzo di Vetro l'Italia ha vinto tutte le battaglie: "Non ne abbiamo perso neppure una. Ma quella vinta oggi è quella di cui tutti noi dobbiamo essere più orgogliosi".


Il voto sulla moratoria è arrivato in tandem con un importante segnale dagli Stati Uniti dove la Corte Suprema ha fermato in extremis la mano del boia della Florida confermando l'orientamento alla moratoria di fatto sulle iniezioni letali. Vernetti, uscendo dall'aula dopo il voto, ha espresso apprezzamento per il basso profilo tenuto da Washington come anche dalla Cina: due paesi che hanno la pena di morte ma che "hanno contribuito a creare un clima favorevole che ha consentito questo risultato". Per Sergio D'Elia di Nessuno Tocchi Caino e Matteo Mecacci del partito radicale, è stata "una vittoria storica per i diritti umani in tutto il mondo".


giovedì 15 novembre 2007 - ilgiornale.it

La solitudine abbassa le difese anti-stress

Washington - La solitudine e' un attacco alle nostre difese naturali anti-stress e potrebbe essere all'origine di disturbi come ansia, aggressivita', problemi cognitivi. A sostenerlo sui Proceedings of the National Academy of Sciences e' una ricerca dell'University of Illinois at Chicago College of Medicine, guidata dagli italiani Erminio Costa e Alessandro Guidotti, che ha scoperto un legame tra isolamento sociale e ridotta produzione di allopregnanolone, un ormone anti-stress.

Studiando i topi, i ricercatori hanno infatti osservato che l'ansia e l'aggressivita' che derivano dall'isolamento potrebbero risalire ad alterazioni dei livelli di un enzima che controlla la produzione a livello cerebrale dell'allopregnanolone. Lo stress che l'isolamento sociale provoca negli animali, e' assai simile a quello che si riscontra nell'uomo, che puo' essere responsabile di una serie di effetti, che vanno dall'ansia, all'aggressivita', ai disturbi della memoria. Gia' si sapeva che alla base dell'aggressivita', dell'ansia e della paura, c'e' l'attivazione di specifici circuiti nervosi che raggiungono l'amigdala, la regione del cervello 'responsabile' delle emozioni. Cosi' il gruppo di Costa e Guidotti ha cercato di capire che cosa avvenisse a livello dei neuroni di questi circuiti in seguito all'isolamento degli animali, e se non si verificassero alterazioni a carico degli enzimi necessari per la produzione di allopreganolone, un ormone in grado di ridurre lo stress. Quello che e' emerso, e' che effettivamente, mantenendo i topi isolati socialmente, i livelli di uno di questi enzimi, chiamato 5-alfa-reduttasi di tipo I, si riducono nettamente di quasi il 50 per cento. La riduzione dell'enzima e la conseguente, parallela, riduzione dei livelli dell'ormone, possono alterare i circuiti che portano all'amigdala e spiegare il comportamento aggressivo, forse legato all'ansia, dei topi socialmente isolati. Aver identificato questo meccanismo potrebbe aiutare a sviluppare farmaci capaci di trattare gli effetti dello stress anche nell'uomo.

AGI Sanità - 15/11/2007 - paginemediche.it

Violentare una minorenne disabile è un 'fatto lieve'

Ridotta in appello a Campobasso la pena comminata in primo grado ad un uomo di 78 anni accusato di abusi sessuali su una minorenne.

I giudici di secondo grado hanno condannato M.B., tassista di Campomarino, a due anni di reclusione riformando la sentenza di primo grado che aveva condannato l'uomo a 3 anni e 8 mesi. I fatti contestati sono accaduti nel 1998. L'uomo, incaricato di accompagnare a scuola una ragazzina con problemi psichici, l'avrebbe costretta a subire atti sessuali. La motivazione per la riduzione della pena starebbe nel fatto che i giudici d'appello hanno ritenuto l'episodio di "lieve entità". L'accusa parlava di vere e proprie violenze sessuali, di rapporti sessuali tra l'anziano tassista e la minorenne durati circa due mesi. Il difensore dell'uomo ha chiesto invece l'assoluzione, ritenendo non veritiero il racconto della ragazza sul quale è stato costruito il capo di imputazione. La sentenza dei magistrati di appello rischia di aprire un caso nazionale. Il sottosegretario alla Solidarietà Sociale, Cristina De Luca ha così commentato: "È una decisione discutibile e assai grave. Chi definisce uno stupro un comportamento non grave, invece di chiamarlo crimine, in qualunque contesto avvenga o chiunque lo subisca, evidentemente ignora le devastanti conseguenze psicologiche oltre che fisiche che una violenza sessuale lascia sulla vittima. Questo episodio lascia ancora più amarezza perchè il violentatore si è letteralmente approfittato di una ragazza con un handicap psichico. E, in un paese civile, questa dovrebbe essere un'aggravante, non una scusante." Secondo Pietro Barbieri, presidente dalla Fish (Federazione italiana superamento handicap), ha affermato che questa sentenza "è di una gravità inaudita".


15/11/2007 - altromolise.it

Pedofilia: condannato prelato

Accusato di aver scaricato da internet immagini a carattere pedopornografico, questa mattina è stato condannato un sacerdote della chiesa cattolica.Telefono Arcobaleno è parte civile

L'operazione del Nucleo Investigativo Telematico, denominata "Video prive'", era scaturita da una serie di dettagliate denunce presentate dall'Associazione Telefono Arcobaleno, aveva riguardato uno strato profondo della rete cui erano in grado di accedere soltanto gli utenti ben inseriti nei sodalizi internazionali di promozione e scambio della pedofilia.

L'indagine aveva avuto a oggetto un sito internet italiano che generava centinaia di contatti giornalieri da tutto il mondo, al quale era possibile accedere soltanto da parte degli utenti in possesso della password. Con la sentenza odierna il Tribunale ha anche disposto la vendita del computer sequestrato al prelato, la distruzione delle immagini pedopornografiche che erano state rinvenute presso l'abitazione del prelato stesso. Il Giudice Stefania Scarlata della sezione penale di Siracusa ha ritenuto vera la ricostruzione dei fatti operata dall’accusa del Procuratore aggiunto Toscano e del Procuratore Nicastro, a seguito di un indagine del Nucleo Investigativo Telematico su denuncia di Telefono Arcobaleno.

A conclusione del dibattimento la Pubblica Accusa ha chiesto e ottenuto per il prelato un anno e mezzo di reclusione e duemila euro di risarcimento.

Giovanni Arena, Presidente di Telefono Arcobaleno, l’Associazione da undici anni in prima linea contro ogni forma di abuso sull’infanzia, parte civile al processo, sottolinea “non è sufficiente che la Chiesa risarcisca materialmente il danno delle vittime, come è successo e succede, se colui che ha commesso quello che è un crimine contro l’umanità, continua a praticare il proprio ufficio sacerdotale tra la gente.” “In Italia, continua Giovanni Arena, “sono diversi i casi di sacerdoti condannati o in attesa di giudizio, da undici anni lottiamo per far emergere i casi di abuso sull’infanzia, ci confrontiamo quotidianamente con il sommerso e con la diffidenza delle vittime o di coloro che vorrebbero ma non denunciano, andiamo nelle scuole a parlare di diritto e di giustizia a bambini, lottiamo per il rispetto dei loro diritti come riconosciuti dalla Convenzione ONU che si ricorderà il prossimo 20 novembre”.

Il tanto atteso giro di vite contro la pedopornografia online è arrivato: oggi è reato non solo inserire immagini pedofile online ma anche il collegamento a pagamento a siti ospitanti immagini pornografiche di minori. Lo ha confermato martedì scorso, la Terza Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza con la sentenza 41570.


15/11/2007 - datamanager.it

Decimo comandamento: non desiderare i beni degli altri!

La Chiesa Cattolica ha modificato il piano dei dieci comandamenti, consegnati da Dio a Mosè sul monte Sinai, abolendo il secondo comandamento, che condannava il culto delle immagini, e dividendo l’ultimo in due comandamenti distinti, il nono: “Non desiderare la donna d’altri” e il decimo: “Non desiderare i beni degli altri”, così conservando il numero di dieci.

Il decimo, pur apparendo in fondo alla lista, per la Chiesa non è il meno importante, e con la sua manipolazione non si è sentita di stravolgere anche l’ordine dei precetti. Va precisata l’esatta portata del decimo comandamento: il libro di deuteronomio (5,6-21) afferma che i beni in questione sono: la casa, la terra, gli schiavi, il bestiame ed altro; legittimamente possiamo inserire nella voce altro: il denaro, i preziosi, i mobili, il vestiario e gli oggetti personali.

È chiaro che il comandamento, con il trascorrere dei secoli, ha subito un cambiamento di portata, per esempio il richiamo alla schiavitù è divenuto inattuale nei tempi moderni. Comunque, alla Chiesa con il decimo comandamento interessava soprattutto per difendere la sua proprietà della terra. Prima della rivoluzione industriale, la terra era il bene più agognato da generazioni di contadini, di fame per la terra si nasceva, per la terra ci si faceva guerra e per la riforma agraria si facevano rivoluzioni.

La dottrina economica fisiocratica considerava l’agricoltura come l’unica vera attività economica. Ancora oggi, per convenzione, l’agricoltura è definita settore primario dell’economia, anche se nei paesi industrializzati produce meno reddito e ha meno occupati dell’industria e del settore dei servizi.
I contadini con i loro moti hanno chiesto la divisione delle terre già dal tempo dei romani, nel medioevo, al tempo della Rivoluzione francese, dell’Unità d’Italia, e dopo la Seconda guerra mondiale in Sicilia. Ancora oggi in Messico esiste il movimento dei senza terra. Nel terzo mondo esiste la povertà anche perché nessuno vi ha fatto una riforma agraria. Ancora oggi, in tutto il mondo, la Chiesa con le sue finanziarie agrarie e i prestanome possiede tanta terra esattamente come nel Medioevo.

La chiesa si espresse sempre contro l’abolizione dei feudi, del latifondo e della servitù della gleba. Al tempo di Sant’Agostino (354-430) in Africa settentrionale la rivolta dei donatisti, scomunicati come eretici, fu una rivolta di contadini poveri contro i proprietari terrieri. Le questioni di fede si mischiavano spesso a quelle economiche e sociali e Agostino difese con risolutezza gli interessi dei possidenti, che erano spesso dei vescovi, come anche Eusebio aveva approvato la repressione dei contadini da parte di Costantino (274-337).

Papa Leone XIII (1878-1903) confidava nei parroci di campagna per contenere le pretese dei contadini poveri che minacciavano di occupare i latifondi. Mussolini da socialista aveva affermato che un giorno i contadini avrebbero travolto i preti che si godevano la terra.

Al tempo dei Tudor (1485-1603) in Inghilterra ai contadini furono tolte la terra privata e la terra comune. Stalin fece la stessa cosa in Russia, a favore dello Stato e le reazioni dei contadini furono sempre negative. Garibaldi in Sicilia dovette fronteggiare una rivolta contadina che reclamava la terra. Per non mettersi contro i principi, anche Lutero aveva scaricato i contadini. Dopo la seconda guerra mondiale, in Sicilia, per ostacolare la riforma agraria ci si appoggiò al bandito Giuliano e alla mafia.

Negli Stati Uniti all’inizio solo i proprietari di terra avevano diritto al voto e chi non aveva terra non si considerava libero, perché gli americani erano memori del servaggio degli europei, legati alla terra e senza proprietà, infatti Harlington affermava che il potere seguiva la proprietà della terra, non ignorando che in Europa la terra era appartenuta alla Chiesa e all’aristocrazia che avevano il potere.

Thomas Jefferson (1743-1826), uno degli estensori della Dichiarazione d’Indipendenza americana, identificava la libertà con la proprietà della terra. L’inglese Hilaire Belloc (1870), per difendere la libertà di tutti, desiderava la distribuzione della terra. Contro questa visione esisteva il latifondo privato e la proprietà dello Stato sulla terra che la dava in concessione, com’è accaduto nel medioevo e nel comunismo. Però lo Stato, sotto qualsiasi sistema economico, è sempre espressione dell’interesse di una élite: la sovranità popolare è un’illusione terrestre come l’immortalità dell’anima è un’illusione celeste.

Ancora oggi nel terzo mondo un esercito di diseredati invoca la riforma agraria, tanti paesi poveri, scarsamente popolati, con una riforma del genere e un aiuto dell’Occidente per scavare pozzi e irrigare la terra, potrebbero risolvere i loro problemi alimentari. Però anche in America latina le istituzioni religiose cattoliche, tramite finanziarie, detengono tanta terra.

I contadini sono stati sempre depredati dagli eserciti invasori, dallo Stato e dalla Chiesa che li tassavano, e dalla borghesia delle città che li sfruttava; in Inghilterra, in Francia, Italia e in altri paesi hanno lottato per difendere le proprietà di terre comuni di villaggio contro gli accaparratori, dove raccoglievano legna, cacciavano, allevavano bestiame. Non ebbero successo perché furono espropriati a vantaggio di privati capitalisti e speculatori.
La storia è stata fatta anche dalle rivolte dei contadini che reclamavano la terra: durante la Rivoluzione francese le aspettative dei contadini vandeani furono tradite dalla borghesia; Garibaldi faceva requisizioni in campagna e i contadini si vendicarono facendo la spia ad austriaci e francesi, tra i garibaldini erano rappresentate tutte le regioni e le classi d’Italia, mancavano solo i contadini.

L’ex re di Napoli riuscì a fomentare una rivolta contadina contro i piemontesi che avevano soppresso le terre comuni, e tutti questi rivoltosi furono chiamati briganti. Al tempo di Franco, in Spagna, i contadini si rivoltarono contro i gesuiti che detenevano la terra. Ancora oggi in Guatemala sono stati sterminati i contadini Maya che hanno reclamato la terra.

Anticamente la terra era a gestione comunitaria, il suo uso era regolato da assemblee di villaggio alle quali partecipavano gli anziani, dalle quali nacque il senato romano: senator viene da senior o anziano. La terra era collettiva, del villaggio, e non oggetto d’accaparramento, anche perché abbondante mentre la popolazione era scarsa. A Roma era chiamata ager publicus.
Quando si affermò la piccola proprietà contadina, i contadini erano spesso insolventi verso gli usurai, perciò erano espropriati e le loro terre accrescevano il latifondo; queste cose accadono ancora oggi in Sardegna e in Usa con le banche creditrici, purtroppo, con la proprietà privata, ne deriva anche la sua concentrazione, se lo Stato non interviene con meccanismi correttivi come l’imposta di successione.
Al tempo di Roma, le terre conquistate erano divise: quelle migliori andavano agli speculatori e le peggiori ai veterani, la rivolta dei popoli italici contro Roma fu una rivolta di popoli contadini privati dei loro diritti comuni sulla terra. Sembra la storia dei pellirosse d’America, la storia che si ripete e dalla quale non si vuole imparare.

Con la schiavitù non si è padroni di se stessi e si è espropriati della proprietà e dei prodotti del proprio lavoro. La schiavitù esiste surrettiziamente per tutti gli spossessati di qualsiasi sistema economico, i ricchi e gli Stati hanno sempre fatto degli espropri, mettendo le mani sulla proprietà dei poveri.
La schiavitù fu anche connessa al diritto di penale, al diritto di guerra o ai debiti: ancora oggi nel terzo mondo i nullatenenti diventano schiavi con i debiti e con il debito estero alcuni paesi, formalmente indipendenti, si sono messi nelle mani dei creditori. Gli schiavi lavorano, per vitto e alloggio, fino alla morte, senza pensione, che una volta era riservata solo a concubini, concubine, pretoriani, cortigiani e maestri di palazzo. Forse per noi si progetta questa sorte per il medioevo prossimo venturo: in Italia abbiamo già i pedaggi stradali, le corporazioni e il Vaticano in casa.

Quando fu soppresso il feudo ci guadagnarono i baroni, perché la loro proprietà fu trasformata da concessione in proprietà piena che poteva essere venduta. Avevano solo il rischio di perdere gli agricoltori non più vincolati alla terra, questi però, per vivere erano costretti a lavorare per altri. I membri del basso clero sono stati figli di contadini, trattati dalla gerarchia come servi della gleba: non potevano sposarsi, facevano testamento a favore della Chiesa, e non potevano cambiare mestiere. Accade ancora oggi.


Nunzio Miccoli – numicco@tin.it - 16/11/07 - resistenzalaica.it

Disabili abbandonati a se stessi

PARETE(Caserta). Doveva essere un punto importante della politica dell’amministrazione Verrengia, invece, resta nel dimenticatoio senza essere tirato fuori per le esigenze di chi ne ha bisogno


Stiamo parlando dei disabili, una fascia di cittadini che hanno bisogno di continua assistenza, al contrario, rischiano di rimanere emarginati dalla collettività. L’attenzione che si è rivolta a questi cittadini è irrisoria. Le politiche sociali sono concentrate sulle vacanze e sulle scampagnate dei pensionati. Per le famiglie in difficoltà, sui problemi dei disabili, sui giovani, sulle strutture da offrire ai giovani, zero. La campagna elettorale della lista civica “Parete Democratica” aveva promesso ferro e fuoco per le politiche sociale. Creare una biblioteca pubblica per i giovani come punto d’incontro per evitare il mal costume dei luoghi comuni come bar e piazze, doveva essere un obiettivo prioritario. Di tutto questo e di altre promesse, restano solo le chiacchiere della campagna elettorale, la realtà è ben diversa dalle lusinghe dei giorni del voto. Sia l’assessore alle politiche sociali Emiliano Pagano Fi e l’assessore alla pubblica istruzione Daria Iavarone, non hanno mai messo in luce progetti indirizzati alle fasce dei disabili. Si è solo parlato ma, di concreto non è stato realizzato nulla. No un pulmino per accompagnare i disabili a scuola, no strutture che riescono ad intrattenere i bambini e i giovani disabili affinché venga dato un sospiro di sollievo ai familiari. Niente di tutto questo. Dopo essere trascorsi più di un anno e mezzo dall’insediamento, si continua ad attendere che questa amministrazione eterogenea politicamente, riesca a mettere in atto le promesse che ha prodotto in campagna elettorale. Soprattutto, riesca a trovare una concentrazione giusta che metta tutti d’accordo su quello che si vuole fare per i cittadini. Il tempo passa inesorabilmente ma, le lancette dell’orologio dell’amministrazione Verrengia sono ancora ferme al primo giorno del suo insediamento.


15/11/2007 - pupia.tv

Muore dopo una risonanza

Bari, indagati tre medici


BARI - Un colpo di tosse. Poi conati di vomito e contrazioni muscolari. La risonanza magnetica era cominciata da qualche secondo, pochi minuti prima aveva ingerito il liquido di contrasto. È morto così Giovanni Giordano, operaio di 57 anni di Altamura, provincia di Bari: un esame di routine effettuato in un centro diagnostico privato a Castellana Grotte. E poi il malore e il ricovero, inutile, in ospedale. "Stava bene prima di entrare in quella stanza" giura la moglie che ha presentato una denuncia ai carabinieri. "Mi devono dire cosa ha ucciso mio marito". Per accertarlo il sostituto procuratore del tribunale di Bari, Carmelo Rizzo, ha disposto l'autopsia (si farà tra oggi e domani). E ha iscritto nel registro degli indagati tre medici: si tratta dei dottori che stavano eseguendo la risonanza nel laboratorio radiologico "Viterbo-Di Carlo srl". Sono accusati di concorso in omicidio colposo.

Intanto i carabinieri della compagina di Castellana stanno accertando quello che è accaduto. La dinamica appare chiara. L'uomo è arrivato da Altamura a Castellana, sessanta chilometri, guidando la sua auto. Accanto, c'era sua moglie. Non era nervoso, si trattava di un esame di routine e poi non era la prima volta che si sottoponeva a una risonanza magnetica: sei mesi fa Giordano era stato operato per una cisti al cranio.
"Niente di grave, un intervento banale" giurano i familiari, difesi dall'avvocato Giovanni Moramarco.

"Non era venuto nel nostro laboratorio ma aveva regolarmente preso il mezzo di contrasto senza avere alcun problema" spiega però il direttore sanitario del centro diagnostico privato, Marcello Viterbo. Giordano ingerisce il liquido e, come da prassi, comincia l'esame. Dall'altoparlante, pochi minuti dopo, il medico che lo stava seguendo sente che comincia a tossire.
Sospende tutto e trasporta il paziente nei corridoi: ha conati di vomito, contrazioni muscolari, la bava alla bocca. Dal centro chiamano il 118 e intanto provano a rianimarlo. Giordano viene portato subito in ospedale. Dopo nemmeno tre ore muore.


Accusa la moglie: "Un minuto prima che entrasse in quella stanza, prima di bere quel liquido, mio marito stava benissimo". "Il mezzo di contrasto - si difende però il direttore sanitario del laboratorio privato - non può essere stato: il liquido viene somministrato in piccole dosi e non ha controindicazioni da parte del ministero della Salute, tanto che non sono previsti esami preliminari". "In casi rari - spiegano però dall'associazione dei medici anestesisti-rianimatori - il mezzo di contrasto può provocare lo shock anafilattico e, se il paziente non viene subito rianimato, entro tre, quattro minuti, rischia la morte".


di GIULIANO FOSCHINI - 15/11/2007 - repubblica.it

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