Tutti a spasso

L’Italia è una repubblica fondata sul delirio. Inutile ricorrere a un giureconsulto per farsi spiegare quel che è successo ieri, nell’incubo di una mattina di mezza estate, fra Sanremo, Pinerolo e Latina: il triangolo della giustizia in bermuda, anzi in mutande. Meglio sarebbe interpellare lo psicanalista, oppure un Kafka a rovescio, come a rovescio è il funzionamento del diritto in questo Paese.

Cominciamo il nostro viaggio da Sanremo, dove il signor Luca Delfino ha sgozzato l’ex fidanzata a pochi metri dalla sede del Festival, fra decine di passanti ignari e inorriditi. Lo hanno acciuffato mentre ancora infieriva sul corpo della donna. Le foto della scena del delitto, che ovviamente non vi mostriamo, hanno sconvolto lo stomaco persino a noi giornalisti, noti ciniconi. Ebbene, dell’autore di questo scempio ebbe già modo di occuparsi la Questura di Genova alla fine del 2006, indagando sull’omicidio di un’altra sua ex. Il Delfino apparve subito come il probabile colpevole: non aveva un alibi, era stato l’ultimo a vedere la vittima da viva, nelle ore successive all’omicidio si era improvvisamente tagliato barba e capelli, le perizie psichiatriche lo definivano «una personalità disturbata e socialmente pericolosa». Come se non bastasse, esistevano sospetti fondatissimi che in passato avesse architettato un’esplosione di gas in casa della signora, al chiaro scopo di farla saltare per aria. I magistrati lessero con grande gusto il dossier della polizia e, dopo lunghe riflessioni, decisero di lasciar fluttuare il Delfino libero e bello per le vie della Liguria, alla ricerca di altre ex da perseguitare.

Missione compiuta. Stavolta l’hanno preso col coltello in funzione e si spera che la flagranza riesca almeno a prenotargli un breve soggiorno in galera. Ma nemmeno questo è sicuro, dopo che a Latina hanno liberato in poche ore un pastore sorpreso ad appiccare incendi nei boschi per allargare lo spazio vitale dei suoi pascoli. Era recidivo e nella sacca gli hanno trovato 17 inneschi: uno per ogni incendio che intendeva scatenare. Poiché però, e per fortuna, è stato fermato prima che il fuoco divampasse, lo si è potuto accusare solo di tentato incendio. Quindi, in nome della Legge, si è deciso di tenerlo dentro fino a pranzo ma di lasciarlo uscire subito dopo, in tempo per una sigaretta digestiva. Prego, signor pastore, vuole accendere? Meglio un colpevole fuori che un innocente in galera, ci ricordano i tanti innocenti finiti dentro anche solo per un giorno.

Ma questa verità non lenisce la rabbia per il colpevole uscito di cella ieri, a Pinerolo, cuore di quello Stato sabaudo che prima di allargarsi era considerato un esempio di rigore. Il miracolato di Ferragosto è un ubriaco di 30 anni che aveva travolto con la sua auto una ragazza di 16. Lo hanno scarcerato perché il suo omicidio è sprovvisto di dolo. E se manca la volontà, la galera non si fa. Il delitto di chi, inzuppato di alcol e droghe, gironzola per strada a tranciare vite altrui è trattato alla stessa stregua di quello compiuto da un muratore sobrio e perbene, dalle cui mani affaticate caschi un mattone sulla nuca di un passante. Entrambi sono omicidi colposi. Di diverso il primo ha solo l’aggravante, ma non abbastanza grave, evidentemente, da meritarsi l’onore del carcere. Ne sarà sollevata la signora di Genova che, guidando in stato di ubriachezza, ha appena steso un pedone di 65 anni. Il suo avvocato invocherà subito la par condicio. E come negargliela? Libera anche lei, liberi tutti. D’altronde da noi non fa notizia nemmeno che un prete spacciato per santo fosse già stato condannato a 4 anni per bancarotta fraudolenta. Cos’è infatti una sentenza definitiva passata in giudicato se non l’espressione di uno stato d’animo?

Rimane chi, per colpa o per dolo ma a lui non interessa, ha perso un figlio, un parente, un bosco. In un Paese dove i carnefici si comportano da vittime, chi lo è davvero non può più neppure permettersi di farlo. Anzi, fra tante coscienze lavate con perlana che pattinano senza memoria sulla superficie della vita, alla lunga rischia di essere ancora guardato come uno che porta rancore. Un cuore duro e incapace di perdonare. Ma si consoli: non manderanno in galera neanche lui. Almeno per ora.


11/08/07 - MASSIMO GRAMELLINI - lastampa.it

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