L'INCREDIBILE AIDS

1. INTRODUZIONE


Questa è la storia vera ed incredibile di una epidemia inventata. Questa è la
storia di un colossale affare in cui multinazionali, ricercatori, associazioni e
istituti sanitari senza scrupoli hanno utilizzato il terrorismo sanitario al
servizio del loro enorme business. E la storia di come, purtroppo, molti esseri
umani inconsapevoli siano finiti nella macina, uccisi dalle stesse "terapie" che
dovevano curarli.


"Tutti sono pronti a credere che la CIA menta, che il governo menta, che
l'FBI menta, che la Casa Bianca menta. Ma che menta l'Istituto di Sanità no, non
è possibile, la Sanità è sacra, tutto ciò che esce dagli Istituti Nazionali di
Sanità è parola di Dio. Niente fa differenza, nemmeno la storia di come Gallo
scoprì il virus, nemmeno il fatto che sia uno scienziato screditato e condannato
per truffa. La strategia dell'establishment è sempre la stessa: ignorare. Meglio
non rispondere, vuoi vedere che ci si accorge che c'è qualcosa di strano?"

Harvey Bialy, microbiologo. 1




2. PERCHÉ IL VIRUS


Le malattie infettive costituiscono oggi soltanto l'1% di tutte le cause di
morte nel mondo occidentale e ormai le grandi epidemie sono per lo più
scomparse. Il merito di questa situazione, che spesso viene attribuito alla
medicina, è in realtà dovuto al miglioramento delle condizioni igieniche e
alimentari. Ci sono numerosi studi a livello statistico ed epidemiologico che
dimostrano come molte malattie (tubercolosi, difterite, polmonite, ecc.)
cominciarono a declinare ben prima dell'introduzione di cure efficaci. 2


È cosa ben nota, anche ai non addetti ai lavori, che gli esseri umani e gli
animali, sani o malati che siano, convivono da sempre con migliaia di microbi,
virus e batteri, in gran parte assolutamente innocui. Alcuni sono addirittura
utili, come l'escherichia coli, che colonizza l'intestino e aiuta la digestione.
Perfino microbi patogeni provocano malattie gravi solo in individui con il
sistema immunitario indebolito. Eppure gli scienziati sono sempre ossessivamente
alla ricerca di nuovi virus e batteri, nella speranza di attribuire loro la
causa di malattie che ritengono altrimenti inspiegabili. Le conseguenze di
questa unica direzione di ricerca spesso sono rovinose perchè ritardano la
comprensione della vera causa e determinano la morte di molte persone. In
passato lo scorbuto, la pellagra e il beriberi (solo per citare esempi
eclatanti) sono state per lungo tempo attribuite a batteri, benché già allora
alcuni ricercatori avessero dimostrato che erano dovute a carenze alimentari.
Robert William, scienziato a cui si deve la scoperta della vitamina B1, così ha
commentato questo atteggiamento dei cacciatori di microbi: "...la batteriologia
era arrivata ad essere la pietra angolare dell'istruzione medica. A tutti i
giovani medici era stata talmente istillata l'idea che le malattie erano causate
da un'infezione, che ben presto venne accettato come assiomatico il concetto che
non poteva esserci altra causa".3


Ma nonostante tutto questo, la memoria di passate epidemie continua a
suscitare angoscia e terrore. Poiché il virus è sempre un ottimo mezzo per
creare panico, ci sono motivi molto poco nobili per cui ad ogni ipotetica nuova
patologia si attribuisce sempre più spesso una genesi virale. Attraverso la
paura infatti si possono convogliare immense somme di denaro e indottrinare la
popolazione verso le terapie e i comportamenti voluti.


Così, allo stesso modo, comincia l'incredibile storia dell'Aids.


3. ESISTE DAVVERO IL RETROVIRUS HIV?


Non esiste un documento scientifico ufficiale che provi che il cosiddetto
HIV, ammesso che esista, provochi l'Aids. A dispetto di ciò che viene
costantemente propagandato, il virus della immunodeficienza umana HIV non è
stato mai isolato e fotografato. Le recenti scoperte derivate dal Progetto
Genoma Umano hanno peraltro messo in grave crisi il concetto stesso di
retrovirus.


COME NASCE IL PROBLEMA HIV


Nell'aprile del 1984 il dottor Robert Gallo annunciò in una conferenza alla
stampa internazionale di aver scoperto un nuovo retrovirus che aveva chiamato
HTLV-III (oggi conosciuto come HIV), e questo era "la probabile causa
dell'AIDS". Lo stesso giorno Gallo presentò il brevetto per un test di
anticorpi, ora generalmente riportato come "il test dell'AIDS". L'annuncio prese
di sorpresa persino gli scienziati presenti tra il pubblico. Gallo aveva
scavalcato una parte essenziale del processo scientifico: non aveva pubblicato i
risultati delle sue ricerche in nessuna pubblicazione medica o scientifica, né
li aveva sottoposti al normale processo di revisione tra colleghi prima di
essere annunciati al pubblico. Quando alla fine la "prova di Gallo" fu
pubblicata settimane più tardi, vennero fuori numerosi problemi. Le procedure di
laboratorio che Gallo e i suoi collaboratori utilizzavano per provare
l'isolamento vennero osservate soltanto nel 36% dei suoi pazienti di Aids, e
soltanto 88% era positivo al test "degli anticorpi HIV". Inoltre, per assicurare
che soltanto i pazienti in AIDS e non l'intero gruppo di controllo risultasse
positivo al test degli anticorpi, egli aveva diluito il sangue 500 volte. A
diluizioni minori troppi soggetti sani del gruppo di controllo risultavano
positivi al test. Questi fatti dovrebbero essere sufficienti a gettare seri
dubbi sulle affermazioni di Gallo che egli avrebbe scoperto un nuovo retrovirus
come "probabile causa dell'AIDS". Grazie a questa "scoperta", Gallo oggi
percepisce l'1% dei proventi mondiali derivati dai test HIV. Tutta la carriera
di Gallo è costellata di episodi che di scientifico hanno molto poco. Un
eccellente elenco di quanto corrotta, ingannevole (e probabilmente perfino
criminale) è stata la sua ricerca, può essere trovato nel libro "Science
Fiction", di John Crewdson, un giornalista scientifico del Chicago Tribune. In
realtà, tutto quello che aveva scoperto Gallo era una attività enzimatica che
lui attribuiva al presunto retrovirus, e le fotografie che mostrò erano di
particelle simil-virali senza nessuna prova che fossero virus.4


A tutt'oggi il vero virus non ancora stato isolato, e le foto che vengono
spesso mostrate sulle copertine dei giornali sono sempre e soltanto
realizzazioni grafiche di fantasia. Eppure, grazie a quella famosa conferenza
stampa, da quel momento tutto il mondo ha cominciato a credere che l'Aids fosse
dovuto ad un virus. Così è nato il problema HIV e così dal 1984 ad oggi sono
stati pubblicati più di 10.000 studi sull'HIV, ma nessuno di questi ha potuto
dimostrare in maniera plausibile o provare in modo concreto che l'HIV causi
l'AIDS. A tutt'oggi non esiste un documento scientifico ufficiale che fornisca
una prova definitiva.


KARY MULLIS


Il premio Nobel Kary Mullis, inventore della PCR (Polymerase Chain Reaction),
ha cercato invano per anni questo fondamentale documento. Di conseguenza ad ogni
occasione, congresso scientifico, conferenza, seminario o incontro ha
interpellato svariati virologi ed epidemiologi su dove trovare il riferimento
bibliografico che spiegasse come l'HIV provochi l'AIDS. Ma nessuno dei colleghi
è mai stato in grado di precisarlo. E neanche Montagnier e Gallo (considerati i
massimi esperti mondiali di Aids) sono stati in grado di fornirglielo. Perché
non esiste.5


LA "PROVA" FORNITA DAL NIAID


Per mettere una toppa a questa grave carenza, nel 1994 l'Ufficio di
Comunicazione del NIAID/NIH, National Institute of Allergy and Infectious
Diseases /National Institute of Health, realizzò un documento intitolato : " La
Prova che l'HIV è causa dell'Aids". È il documento più completo che si conosca
che tenta di rispondere all'affermazione che l'HIV non è la causa dell'Aids. Ma
questo elaborato, che viene spesso citato come prova definitiva, di fatto non è
documento scientifico, come hanno dimostrato in una puntuale confutazione alcuni
ricercatori internazionali.6 Oltre ad essere un documento anonimo, è
infatti seriamente screditato dal mancato rispetto degli standard scientifici e
fallisce nel fornire una prova credibile a sostegno del suo assunto
fondamentale. Si tratta quindi soltanto dell'ennesimo strumento di propaganda.


UNO SCIENZIATO CONTRO: PETER DUESBERG


Peter Duesberg, membro della prestigiosa National Academy of Science, è
docente di biologia molecolare e cellulare presso la University of California a
Berkeley, oltre ad essere un pioniere nella ricerca dei retrovirus e il primo
scienziato ad aver isolato un gene del cancro. È uno dei pionieri più
prestigiosi tra i dissidenti della ricerca. Gli ingenti finanziamenti di cui
disponeva come ricercatore di fama mondiale gli sono stati drasticamente ridotti
quando ha cominciato a mettere in dubbio il dogma Hiv- Aids e la teoria della
trasmissione sessuale del morbo. Il primo marzo 1987 sulla prestigiosa rivista
Cancer Research comparve un suo articolo in cui affermava che non vi erano prove
convincenti del fatto che un retrovirus come l'HIV sia in grado di causare
l'AIDS. Da allora Peter Duesberg è uno degli uomini più discussi d'America. Le
sue ipotesi e le sue affermazioni sono state di volta in volta definite 'irresponsabili',
'pericolose', 'immorali', 'dannose' e perfino 'criminali'. Per alcuni Duesberg è
una 'minaccia pubblica', per altri invece un 'novello Galileo' in lotta contro
l'ottusità dominante. Secondo il direttore dell'autorevole periodico medico The
Lancet, Duesberg è "probabilmente lo scienziato vivente più diffamato in
assoluto", per altri addirittura "il Nelson Mandela dell'AIDS, colui che guida
la lotta contro l'Apartheid dell'HIV". Nonostante le sue previsioni trovino
sempre più conferme a livello epidemiologico, oggi è stato emarginato da una
comunità scientifica che ha tutto l'interesse a perseguire una strada
ricchissima di finanziamenti. Le sue tesi non sono ancora state confutate,
mentre alle sue domande ed obiezioni si è risposto che: "...dovrebbe essergli
impedito di parlare in televisione. Sì, una linea auspicabile sarebbe quella di
impedire i confronti televisivi con Duesberg" (Nature, 1993)


INNOCUITA' DEI RETROVIRUS


Dal 1970, anno in cui si ipotizzò l'esistenza dei retrovirus, ne sono stati
individuati ed isolati circa 200, tutti assolutamente innocui. Tutti meno quello
HIV, che oltre ad essere assolutamente terribile è anche l'unico mai realmente
isolato.


PROGETTO GENOMA E RETROVIRUS


Ma sin dal 2001, anno in cui sono arrivati i risultati del Progetto per la
mappatura del Genoma Umano è stato chiaro che stava per essere irrimediabilmente
buttato a mare il concetto stesso di "retrovirus". Per comprendere a fondo la
questione è necessaria una breve digressione di storia della biologia. La visone
accettata sin dagli anni '50 era che il DNA trascrive le informazioni al RNA, (e
mai il processo inverso) attraverso una relazione gerarchica rappresentata dal
flusso unidirezionale DNA -> RNA -> proteine. Il RNA (acido ribonucleico), era
quindi considerato l'umile messaggero del DNA (acido desossiribonucleico), che
governava invece la cellula. Questo era il dato fondante del cosiddetto "Dogma
Centrale della Genetica Molecolare", su cui si è basata tutta la biologia dagli
anni cinquanta in poi. Il concetto di "retrovirus" prese forma quando nel 1970
fu scoperto, in estratti di certe cellule, un enzima (denominato poi "transcriptasi
inversa") capace di convertire la molecola di RNA in DNA. I ricercatori,
insomma, verificarono che alcuni RNA trascrivevano se stessi "all'inverso" al
DNA. Ma (in ossequio al Dogma Centrale) si dissero che qualsiasi cosa causa la
trascrizione dal RNA al DNA è da considerarsi eccezionale e deve essere una
sorta di contaminazione virale (da cui il termine "retrovirus"). Dunque, negli
anni '70, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo la attività transcriptasica
inversa venisse rivelata si riteneva che i retrovirus fossero presenti. Questo
si dimostrò un grave errore, poiché era già noto agli inizi degli anni '80 che
la medesima attività enzimatica era presente in tutta la materia vivente
provando così che la transcriptasi inversa non aveva niente a che fare con i
retrovirus per sé. 7


La questione è stata ben sintetizzata nel 1998 dal virologo Stephen Lanka:
"...studiando la biologia evolutiva trovai che ognuno dei nostri genomi, e
quelli delle maggiori piante e animali, è il prodotto della cosiddetta
trascrizione inversa: RNA che si trascrive nel DNA. [...] L'intero gruppo di
virus cui l'HIV apparterrebbe, i retrovirus [...] nei fatti non esiste per
nulla". 8


Ciò nonostante molti scienziati non tennero conto di questa evidenza e
continuarono a lavorare alacremente sull'ipotesi oramai falsificata. Ma gli
ultimi sviluppi del Progetto Genoma Umano dimostrano ormai inequivocabilmente
che il passaggio da RNA a DNA non è affatto una aberrazione, piuttosto è ciò che
potrebbe spiegare la complessità umana. Il DNA sarebbe allora come una sorta di
libreria dove il RNA va a prendere le informazioni che gli servono per governare
la cellula. Il Dogma Centrale è soltanto una costruzione teorica che non ha
retto alla prova dei fatti. Queste recenti scoperte segnano la fine del
paradigma HIV/AIDS, e spiegano perché la scienza ha fallito la cura della
malattia a dispetto di almeno venti anni di sforzi. Perché se l' HIV è un
retrovirus, la teoria virale dell'Aids è priva di fondamento.



4. QUANTO SONO AFFIDABILI I TEST SULLA SIEROPOSITIVITÀ?


I test dell'Aids (Elisa e Westernblot) non sono attendibili perché, oltre a
non essere precisi, esistono più di sessanta fattori diversi che possono dare
dei falsi positivi. I test non sono standardizzati, i risultati variano da
laboratorio a laboratorio, le linee guida per la loro interpretazione variano da
paese a paese. Inoltre si può risultare positivi al Westernblot e negativi
all'Elisa, o viceversa. Due sono le analisi fondamentali per stabilire la
sieropositività in una persona: l'Elisa e il Western Blot. Nell'Elisa una
miscela di proteine dell'Hiv reagisce con anticorpi nel siero prelevato dal
paziente, provocando una variazione di colore nel preparato. Il test Elisa
produce fino al 90% di errore in una sola direzione (i negativi li fa diventare
positivi, i positivi rimangono tali e quali). Nel WB, le proteine dell'Hiv
vengono separate su una striscia di nitrocellulosa. Questo consente una reazione
individuale delle singole proteine, che vengono visualizzate con una serie di
bande di colore più scuro. L'esame WB viene utilizzato di solito a conferma di
un test Elisa positivo, ma risulta altamente impreciso anch'esso.


NON ESISTONO CRITERI STANDARD


Prima del 1987 una sola banda Hiv specifica era considerata come prova di un
avvenuto contagio, in seguito si venne a scoprire che il 25% degli individui
sani - e non a rischio - presentano bande Hiv specifiche e quindi fu urgente
ridefinire un WB positivo aggiungendo bande extra e selezionandone di
particolari. Ma anche in tal modo i problemi sono sempre presenti: su 89.547
campioni di sangue analizzati, prelevati da degenti non a rischio ed in maniera
anonima in 26 ospedali americani, una percentuale del 21,7% dei maschi e il 7,8%
delle femmine risultò positiva al test WB. Quindi la correlazione tra anticorpi
Hiv e Aids, comunemente accettata dagli esperti, sembra un'invenzione dell'uomo.
L'artificiosità di tale relazione è evidente nel dato di fatto che istituti e
nazioni differenti stabiliscono come test di sieropositività serie di bande WB
diverse. Questo comporta che in Australia un test richiede quattro bande per
essere positivo, mentre negli USA ne sono sufficienti due o tre, che siano o
meno le stesse bande richieste in Australia. In Africa, addirittura, basta una
sola banda. A conti fatti, una persona esaminata ipoteticamente lo stesso giorno
nei tre differenti luoghi, può risultare sieropositiva in un paese e
sieronegativa in altri. Il sistema di valutazione varia addirittura da
laboratorio a laboratorio di uno stesso stato e, nella medesima sede di analisi,
anche da un giorno all'altro si possono riscontrare risultati differenti! Uno
documentario che la Meditel Produzioni ha realizzato a Londra per la BBC
nell'ottobre 1996 mostrò che un campione di sangue fornito da un volontario fu
valutato tre volte positivo e due volte negativo nello spazio di un mese.


I FALSI POSITIVI


A rendere la tragicommedia una vera tragedia è la possibilità che ad una o
più bande si possa verificare una falsa reattività. La reazione al test,
evidentemente instabile, è spesso associata ad un aumento aspecifico delle
immunoglobuline, il che si verifica in molte situazioni, come nel corso di
malattie autoimmuni, di infezioni croniche, di malaria, di parassitosi, talvolta
anche per motivi banali come una vaccinazione antinfluenzale. Sono stati contati
circa 60 fattori estranei all'HIV che possono determinare un test positivo.
Secondo gli esperti queste reattività vengono innescate da anticorpi non Hiv
(che tutti noi possediamo) reagenti alle proteine Hiv. In parole povere, un
anticorpo che reagisce ad una determinata proteina non è necessariamente un
anticorpo prodotto dal sistema immunitario come risposta specifica a quella
certa proteina. E quindi le popolazioni povere dell'Africa, il continente con il
maggior numero di casi di sieropositività, esposte ad una miriade di infezioni e
che producono moltitudini di anticorpi, avranno una falsa reattività ai test
molto più alta che in altri paesi.


IN DEFINITIVA: NESSUN VALORE AI TEST


La positività ai test ha un valore sostanzialmente nullo perchè: o essa è
correlata in modo comunque incompleto a molte malattie, sia immunodepressive che
non, anche estranee all'AIDS; o essa è però correlata anche ad un ottimo stato
di salute, come dimostrano i milioni di sieropositivi, sanissimi da molto tempo;
o essa, sicuramente, non dimostra la presenza dell'HIV o di qualsiasi altro
virus; o essa, contrariamente a quanto si è voluto dare a credere, non equivale
affatto ad una sentenza di morte: anche le disparate sindromi patologiche
definite AIDS possono regredire quando l'organismo del paziente non è molto
compromesso. Mentre l'utilità dei test è nulla, il loro danno può essere immenso
perchè: o la comunicazione al paziente del risultato positivo al suo test
dell'AIDS provoca quasi sempre un grave trauma psichico e può sconvolgere
l'intera vita familiare, lavorativa, affettiva e sociale; qualcuno in passati si
è anche suicidato. o non di rado la diagnosi di AIDS basata su questi test
spinge i medici e il paziente ad intraprendere una terapia con AZT o altri "anti-retrovirali",
che sono pesantemente tossici e producono effetti molto pericolosi.



5. ASSENZA DI CORRELAZIONE TRA SIEROPOSITIVITÀ E
MALATTIA


La grandissima parte dei sieropositivi può vivere una vita assolutamente
normale per decine di anni senza riscontrare alcun sintomo di malattia. Alla
fine degli anni '80 venne creato un clima di terrore sostenendo che i
sieropositivi fossero dei condannati a morte, destinati a morire nel giro di 18
mesi. Si dava per scontata la corrispondenza tra sieropositività e malattia
conclamata, e che lo sviluppo dell'AIDS per i sieropositivi fosse inevitabile e
solo una questione di tempo. In seguito si è riscontrato che soltanto una
percentuale molto ridotta di sieropositivi sviluppa la malattia, mentre la gran
parte dei cosiddetti "infetti" vive bene e a lungo senza mai riscontrare
problemi. Eppure si continuarono a definire "malati asintomatici" le persone
sieropositive. Da molti anni ricercatori indipendenti (tra cui il prestigioso
Gruppo di Perth, in Australia) sostengono che, poiché non è mai stata
scientificamente provata la correlazione tra HIV e AIDS e la reale validità dei
test, la cosiddetta sieropositività non significhi assolutamente nulla. HIV:


UNO STRANO TIPO DI VIRUS


Un grosso problema della teoria dell'AIDS è che i ricercatori non sono stati
mai in grado di scoprire nelle persone sieropositive una quantità di virus tale
da compromettere la salute. Ed un altro fatto clamoroso è che l'HIV non è
citotossico; questo significa che quando il virus si moltiplica non distrugge le
cellule presenti, come fanno invece altri virus che distruggono le cellule che
infettano. L'eminente virologo Peter Duesberg così commenta questo fatto: "il
virus infiltra o infetta un numero molto basso di cellule, appena una su
100mila. Per essere nocivo, per uccidere (...) un microbo deve pur fare
qualcosa. Altrimenti è come tentare di conquistare la Cina uccidendo tre soldati
al giorno"9 Secondo Duesberg l'HIV si comporta come uno dei
numerosissimi innocui microbi di transito sempre presenti nel corpo umano. Ed è
esso stesso innocuo. Il fatto che milioni di persone abbiano contratto l'Hiv
alla nascita eppure siano adulti sani è l'argomento più significativo, secondo
Duesberg, contro l'ipotesi Hiv-Aids, perché dimostra che l'Hiv non può essere un
agente patogeno letale.


VENTI ANNI DI INCUBAZIONE?


Per giustificare questo comportamento innocuo del HIV si è trovato
l'espediente di definirlo un "lentovirus", cioè un virus che agirebbe sui tempi
lunghi. Tutte le malattie infettive virali, salvo rare eccezioni, hanno una
incubazione breve, di pochi giorni o settimane. Invece l'incubazione del virus
dell'AIDS è stata calcolata inizialmente attorno ai 18 mesi, per aumentare poi
di anno in anno, fino a raggiungere nel 1992, i 10/14 anni. Oggi addirittura si
sostiene che l'incubazione arrivi a più di 20 anni (cioè si può tranquillamente
convivere con l'Hiv per tale periodo senza avere nessun sintomo di malattia).


HIV, IL VIRUS CHE NON C'È


La letteratura medica ha registrato finora più di 5000 casi di AIDS
sieronegativi (cioè presentano i sintomi ma non vi è presenza di HIV). Ma una
peculiarità delle malattie infettive virali è che hanno una causa unica (il
virus), e ovviamente non possono verificarsi in sua assenza. Così non c'è
varicella senza il virus della varicella, non c'è morbillo senza il virus del
morbillo e così via. Di conseguenza in teoria non può esistere Aids senza la
presenza del cosiddetto retrovirus HIV. Eppure...



6. COSA È DAVVERO L'AIDS


L'Aids, più che una malattia specifica, è una definizione che comprende un
alto numero di malattie già conosciute. Queste malattie non sono affatto
associate sempre ad immunodeficienza, sono definite AIDS solo se associate ad un
test positivo.


L'AIDS È UNA CATEGORIA, NON UNA MALATTIA


Nessuna delle diverse malattie che attualmente definiscono l'AIDS è recente e
nessuna si manifesta esclusivamente in persone sieropositive. Di fatto AIDS è il
nuovo nome che i CDC (Centers for Disease Control)10 americani hanno
dato ad un insieme di affezioni comuni più o meno gravi, tra cui micosi, herpes,
diarrea, alcune polmoniti, salmonella, tubercolosi. Se una persona ha la
tubercolosi e risulta positiva al test allora "ha l'AIDS". Se invece ha la
tubercolosi ed il test è negativo, allora ha "soltanto la tubercolosi". È
addirittura possibile che venga definito malato di Aids, ( sindrome da
immunodeficienza acquisita), chi non ha nemmeno presenza di immunodepressione!


LA MALATTIA SI ADATTA ALLA DEFINIZIONE


La definizione di AIDS ha subito varie modificazioni, nel 1986, nel 1987 e
nel 1993 e ad ogni revisione il numero delle condizioni patologiche ritenuto
correlato all'AIDS viene aumentato: attualmente esse sono ben 29, e tutte già
conosciute prima dell'AIDS. Esemplare è il caso dell'ultima revisione: Il 1°
gennaio 1993 i CDC decisero di includere nella definizione di AIDS non una
malattia, ma una condizione. Chi aveva un numero di linfociti T inferiore a 200
(anche se perfettamente sano) veniva incluso tra i malati di AIDS. Questo ha
fatto sì che il numero di casi di AIDS negli Stati Uniti raddoppiasse
artificiosamente nel giro di una notte. Questa ricorrente variazione ha portato
ad una continua dilatazione del numero dei soggetti definiti "malati di AIDS":
se, ad esempio, negli Stati Uniti con la definizione del 1986 potevano essere
definiti malati di AIDS mille pazienti, con quella del 1987 sarebbero diventati
1.300 e con quella del 1993 avrebbero raggiunto il numero di 2.275.11


Di recente è stata inclusa nell'elenco una nuova patologia tipicamente
femminile, il cancro della cervice. Come ha svelato P. Duesberg: "...la ragione
di questa aggiunta è solo politica: è stata dichiaratamente inserita per
aumentare il numero delle femmine malate di AIDS, creando così l'illusione che
la sindrome si stia diffondendo tra gli eterosessuali".12


L'AIDS NON È UGUALE IN TUTTO IL MONDO


Anche qui, come per i test di sieropositività, non esiste un criterio
universalmente riconosciuto per la definizione della sindrome. La regola per
stabilire cosa sia l'AIDS varia da nazione a nazione: la definizione di AIDS
negli Stati Uniti è diversa da quella europea che a sua volta è diversa dalla
definizione africana. La WHO, ( World Health Organization)13 in
Africa utilizza per definire l'AIDS due definizioni nettamente diverse, nessuna
delle quali corrisponde ai criteri utilizzati negli USA o nella UE. Generalmente
in Africa non si richiede il test HIV, ma è sufficiente che un paziente presenti
tre dei principali sintomi clinici (perdita di peso, febbre e tosse) più un
sintomo minore (è sufficiente un prurito generalizzato) per poterlo dichiarare
affetto da AIDS. E questo, come si vedrà più avanti, spiega la reale consistenza
della presunta "catastrofe africana" .



7. L'INFETTIVITA' E LA TRASMISSIONE SESSUALE


Il virologo Peter Duesberg è assolutamente convinto che l'Hiv non sia
infettivo. Nel suo libro " Inventing the Aids virus" (1996), tra l'altro
afferma: " Negli ultimi 14 anni oltre 500.000 pazienti di Aids sono stati curati
da un sistema sanitario che comprende cinque milioni di medici, infermieri e
ricercatori nessuno dei quali è stato vaccinato contro l'HIV. (...) quattordici
anni dopo non c'è neanche un caso nella letteratura scientifica di un operatore
sanitario che abbia presumibilmente contratto l'AIDS da un malato. Proviamo ad
immaginare come sarebbe la situazione se 500.000 malati di colera, epatite,
sifilide, influenza o rabbia fossero stati curati per 14 anni da personale
medico e paramedico privo di vaccini e farmaci adeguati... migliaia avrebbero
contratto quelle malattie." A distanza di quasi dieci anni dall'uscita del libro
le cose non sono affatto cambiate. Questo, secondo Duesberg, significa una sola
cosa: "l'AIDS non è infettivo".


LA TRASMISSIONE SESSUALE


"Basta un solo rapporto!". Per anni questo è stato il terribile ammonimento
che tutti i mezzi di comunicazione hanno continuamente diffuso. Ed invece la
trasmissione sessuale, che secondo gli "esperti" sarebbe il veicolo principale
della diffusione del virus, si è dimostrata essere estremamente inefficace,
dipendendo anche da più mille rapporti sessuali a soggetto per una reale
possibilità di contagio. Nel 1997 un gruppo di studiosi statunitensi14
ha pubblicato i risultati di dieci anni di studi sulla trasmissibilità dell'Hiv
tra eterosessuali nel nord della California. Lo studio ha stabilito che la
trasmissione da maschio a femmina è estremamente bassa, approssimativamente lo
0.0009 per contatto sessuale, e approssimativamente otto volte minore è la
trasmissione da femmina a maschio. Questo significa che una femmina dovrebbe
avere almeno 3330 rapporti sessuali per raggiungere il 95% di probabilità di
infezione.


Quindi, con la frequenza ipotetica di un rapporto sessuale al giorno, ci
vorrebbero 2 anni e due mesi per avere il 50% di possibilità di infezione, e 9
anni per raggiungere il 95%. Nel caso inverso, da femmina sieropositiva a
maschio, la trasmissione dell'Hiv richiederebbe almeno 27.000 rapporti sessuali
per arrivare al 95% di probabilità di trasmissione (cioè 74 anni di rapporti
sessuali giornalieri!). Se davvero la diffusione del virus fosse dovuta al
sesso, l'Hiv sarebbe scomparso da tempo. Ed infatti, nonostante l'allarmismo,
l'AIDS è rimasto confinato a gruppi in cui sono presenti fattori di rischio ben
precisi: a) tossicodipendenti: (circa il 32% dei malati in USA e il 60% in
Italia) si tratta di individui che oltre a subire gli effetti negativi
dell'eroina, della cocaina, dell'alcool, delle anfetamine e di altre sostanze
psicotrope (molte droghe hanno effetto depressivo sul sistema immunitario), si
alimentano in maniera scorretta ed insufficiente e sono colpiti in modo più o
meno continuo da infezioni multiple. In queste condizioni di vita l'immunodepressione
è garantita. b) omosessuali maschi: (circa il 62% in USA e il 48% in Europa) il
problema riguarda sopratutto gli utilizzatori sistematici di droghe multiple,
cocaina, extasy, alcool, poppers e nitriti assunti per via inalatoria a forti
dosi (i nitriti sono sostanze molto reattive, causano immunodepressione, e
vengono utilizzati per il loro effetto afrodisiaco e rilassante per la
muscolatura sfinterica). c) emofiliaci e politrasfusi (circa l'1% in USA e il 3%
in Europa). I carichi di proteine estranee sono essi stessi immunodepressivi sia
in emofiliaci sieropositivi che sieronegativi.15



8. PREVISIONI CATASTROFICHE E STATISTICHE FASULLE


"Entro il 1996, dai 3 ai 5 milioni di statunitensi risulteranno positivi
all'HIV e un milione morirà di AIDS" (Antony Fauci, direttore del NIAID - New
York Times 14.1.86) "Entro il 1990 un eterosessuale su cinque sarà morto di
AIDS" (Oprah Winfrey, The myth of hetherosexual AIDS, 1987) Da anni ormai l'Aids
è in costante decremento ed è rimasta una malattia marginale, a dispetto di
tutte le previsioni catastrofiche diffuse negli anni scorsi. Come mai allora
tutti i mezzi di informazione continuano a diffondere statistiche sempre più
allarmanti? È possibile solo a costo di barare sui dati reali, con alcuni
piccoli ma efficaci trucchi. Il primo è quello di presentare i dati cumulativi
invece che suddividerli correttamente anno per anno. È evidente che se si
sommano i dati di venti anni di rilevazioni il numero dei malati conclamati e
dei sieropositivi sembra essere sempre in costante aumento. Il secondo è quello
di ampliare (arbitrariamente) di quando in quando il numero delle patologie che
vengono correlate alla sindrome. Così dal 1° gennaio 1993 chi ha un numero di
linfociti T inferiore a 200 (anche se perfettamente sano) viene incluso tra i
malati di AIDS. Questo ha fatto sì che il numero di casi di AIDS negli Stati
Uniti raddoppiasse artificiosamente nel giro di una notte. Il terzo trucco, il
più puerile ma il più utilizzato, è quello di presentare le "stime degli
esperti" al posto dei dati effettivamente riscontrati. Le stime, oltre ad essere
assolutamente opinabili, sono sempre al servizio del terrorismo mediatico:
secondo le stime che venivano presentate dieci anni fa (con previsioni di
aumento esponenziale anno per anno) oggi la metà della popolazione italiana
avrebbe dovuto essere sieropositiva! La realtà è molto diversa: nel 2004 i
sieropositivi in totale sono circa 130.000, che rappresentano meno dello 0,003%
della popolazione italiana, mentre i casi di Aids conclamato totali dal 1982 ad
oggi sono stati complessivamente 53.686.16


LE STATISTICHE AFRICANE


Ma la situazione più inverosimile riguarda l'Africa ed il Terzo Mondo: da
molti anni vengono diffuse cifre catastrofiche da parte dell'UNAIDS,
l'organizzazione del WHO che si occupa di Aids, che dimostrerebbero una crescita
impressionante dell'epidemia. Alla fine del 2004, nel documento denominato "AIDS
Epidemic Update 2004" si è arrivati alla ragguardevole cifra di "39,4 milioni di
persone che vivono con l'Hiv - ( ma che potrebbero variare da 35,9 milioni a
44,3 milioni - sic) con un numero di morti di pari 3,1 milioni (ma che potrebbe
variare da 2,8 a 3,5 milioni - sic ). Quando si analizza con attenzione questo
documento dell'UNAIDS ci si accorge che si tratta soltanto di "...stime basate
sulle migliori informazioni ottenibili" (sic). Molte pagine del documento si
diffondono su temi come la difesa delle donne dall'Aids (e perché non degli
uomini?) o sulla presunta diffusione del morbo in Asia, ma nulla di più su come
si arrivi a queste cifre. Null'altro viene detto sul metodo di indagine
utilizzato per stabilire i dati (peraltro così incerti). Eppure si tratta del
documento ufficiale della massima organizzazione mondiale sull'Aids e su di esso
si basa tutta l'informazione che viene diffusa dai media. Nel 1998 la
pluripremiata giornalista inglese Joan Shenton, realizzando vari programmi tv
sul tema, aveva esaminato criticamente questo sistema di calcolo: "Nei primi
anni '90, il Programma Globale sull'AIDS del WHO (che più tardi venne sostituito
dall'UNAIDS) dava impiego fino a 3.000 persone. Essi fornivano continuamente
dati molto gonfiati alla stampa, e i rappresentanti ufficiali cominciarono a
riportare questi casi stimati di Aids negli incontri pubblici per battere cassa
coi finanziamenti, facendo sparire silenziosamente i dati realmente riportati.
Mettemmo alla prova questi dati in un meeting alla London School of Hygiene and
Tropical Medicine nel 1993, e ci fu una imbarazzata ammissione che quello che
loro presentavano come dato di fatto, altro non era che un lavoro di
supposizione" (...) "In altre parole, gli africani possono tranquillamente
andare a dormire con la consapevolezza che i presunti milioni di conterranei,
donne e bambini ammalati di Hiv-Aids sono semplici "calcoli" fatti da un
"programma al microcomputer" che usa un "modello di database" preparato dallo
screditato e ormai defunto Programma Globale sull'AIDS del WHO. Per fortuna la
realtà sul territorio non conferma nemmeno lontanamente l'immagine
dell'epidemia"17. Infatti il WHO, attraverso il W.E.R. Weekly
Epidemilogical Report, un bollettino settimanale poco pubblicizzato, fino al
2002 diffondeva anche il numero dei casi effettivamente registrati. Così si può
verificare che nel 1995, a fronte dei 4,5 milioni di sieropositivi stimati,
quelli realmente accertati erano invece 422.735, meno del 10%! Mentre, ad
esempio, i casi di AIDS effettivamente registrati in Africa nei dodici mesi dal
1999 al 2000 sono 81.565.18 Davvero poca cosa se si pensa che in
Africa vivono 800 milioni di persone e ne muoiono più di 10 milioni all'anno, di
cui un milione per malaria. Che abbia ragione il prof. Lugi De Marchi, psicologo
clinico e sociale, quando afferma che queste stime vengano ottenute "con quel
particolare metodo di calcolo chiamato dati in libertà"?19


Dal 2003 però il WHO diffonde solo le stime, senza fare più menzione dei casi
realmente accertati. Viene il sospetto che la discrepanza tra casi veri e
stimati sia talmente alta anche oggi che non sia più conveniente pubblicizzare i
dati reali per chi ha fatto della lotta all'Aids il proprio business.



9. CATASTROFE AFRICANA?


L'ultimo dato sui casi realmente accertati di AIDS in Africa è stato diffuso
dal WHO nel 2002: corrisponde a 1.111.663 casi totali cumulativi (dall'inizio
dell'epidemia ad oggi).20 Ben lontana dalle stime fornite, questa
cifra rappresenta comunque un numero consistente di esseri umani. Ci sarebbe da
preoccuparsi, se non sapessimo come si arriva in realtà ad ottenere la cifra
suddetta.


COME SI DIVENTA CASI DI AIDS IN AFRICA


Come già riferito, l'Aids in Africa non è quasi mai diagnosticata con il test
dell'HIV (troppo costosi e non sempre disponibili) ma in base a sintomi clinici.
È sufficiente che un paziente presenti tre principali sintomi clinici (perdita
di peso, febbre e tosse) più un sintomo minore (anche un prurito generalizzato)
per poterlo dichiarare affetto da AIDS. Questo in pratica significa che gli
africani che soffrono di malattie da sempre presenti in quelle zone ora sono
classificati come vittime dell'AIDS. Così in Africa le statistiche sull'Aids
possono essere gonfiate artificiosamente da una definizione capace di
raggruppare sotto il suo largo ombrello malattie antiche (come febbre, diarrea,
tubercolosi o malaria) cambiandone il nome. Ma le cause di malattia in Africa
continuano ad essere la crescente povertà, la malnutrizione, l'inquinamento
dell'acqua, la mancanza di igiene. Nei paesi del Terzo mondo si continua,
purtroppo, a morire per gli stessi tragici motivi per cui si muore da sempre.
Soltanto che ora la maggior parte di questi decessi sono rubricati come AIDS.
Per questi problemi storici non viene invocato nessun massiccio aiuto
internazionale, preferendo spingere quei programmi "umanitari" che mirano ad
assoggettare quante più persone possibile ai farmaci e ai test delle
multinazionali occidentali.


IL RAPPORTO KRYNEN


Due leader d'un gigantesco programma francese di volontariato sull'AIDS, i
coniugi Krynen, dopo cinque anni di permanenza nel presunto epicentro
dell'epidemia africana con un'equipe di 150 medici e paramedici europei, hanno
smontato totalmente i dati della finta epidemia: "In Africa, politici, operatori
sanitari e utenti dei servizi hanno tutto l'interesse a gonfiare i dati della
malattia per il semplice fatto che, per chi si occupa di Aids, sono disponibili
enormi fondi internazionali". E continuavano, con un pizzico di humor nero: "Se
in Africa sei un semplice affamato, nessuno si occupa di te, ma se sei un malato
di Aids 750 organizzazioni assistenziali occidentali e le Nazioni Unite sono
pronte a coprirti di cibo e pacchi-dono (...) Il giorno in cui non ci sarà più
l'Aids se ne andrà il benessere"21.


HARVEY BIALY


Il microbiologo Harvey Bialy ha trascorso otto anni nel continente africano
per compiere ricerche scientifiche. In una intervista intitolata
significativamente "L'epidemia di AIDS in Africa: un mito tragico" sostiene che
non vi è assolutamente nessuna prova convincente che L'Africa si trova nel mezzo
di una nuova epidemia di immunodeficienza infettiva, e che sono stai gli ingenti
fondi internazionali disponibili per la ricerca AIDS/Hiv ad incentivare medici e
politici a riclassificare come Aids malattie tradizionalmente presenti nel
continente22.


ENORMI RISORSE A DISPOSIZIONE


Per lo studio e la prevenzione dell'AIDS in Africa sono già stanziate risorse
enormi rispetto a quelle destinate ad altre malattie veramente pericolose, come
la malaria, che nell'Africa sub-sahariana uccide più di un milione di persone
all'anno. Il Governo dell'Uganda, che ha potuto investire nel 1993 solo 57.000
dollari nella prevenzione e nel trattamento della malaria, ha ricevuto invece
ben 6 milioni di dollari per la lotta contro l'AIDS. Così la presunta
"catastrofe" diventa il grande business del secolo ed oggi esistono migliaia di
organizzazioni non governative che operano in Africa nel campo dell'Aids:
soltanto in Uganda se ne contano più di 700.


MADRI AFRICANE SIEROPOSITIVE


I progetti più recenti delle numerose associazioni che prosperano con la
lotta all'AIDS in Africa si stanno ponendo l'obiettivo di sottoporre al test Hiv
quante più persone possibile. Ma, come già abbiamo avuto modo di chiarire,
particolari malattie da sempre presenti nel continente africano possono causare
frequentemente una falsa reazione di positività al test Hiv. E perfino la
condizione di gravidanza è tra le prime cause (anche in occidente) di falsa
positività. A cosa serva allora questo screening di massa, oltre che ad
incrementare a dismisura gli introiti delle multinazionali farmaceutiche
produttrici del kit, è difficile comprenderlo. Questo non ha scoraggiato le
cosiddette "associazioni umanitarie" dall'utilizzare il terrorismo mediatico per
reclamare fondi. Una recente, massiccia (e costosa) campagna pubblicitaria della
italiana CESVI invitava a donare soldi affermando che "...in Africa una madre su
tre è sieropositiva".


IL CASO DEL PRESIDENTE SUDAFRICANO MBEKI


Nel 2000 cinque multinazionali farmaceutiche, sotto l'apparente veste di un
progetto umanitario, proposero di abbassare i prezzi dell'AZT e di farmaci
analoghi per utilizzarli massicciamente su donne incinte e neonati nei paesi del
terzo mondo, per la cura e la profilassi della "infezione da HIV". Nello stesso
anno, alla vigilia del Congresso mondiale sull'AIDS, il presidente sudafricano
Mbeki, preoccupato della manovra delle multinazionali, convocò una conferenza di
specialisti internazionali per un dibattito aperto sugli effetti tossici dell'AZT
e sulle alternative terapeutiche di trattamento dell'AIDS. Tanto bastò a
scatenare nei giorni successivi il linciaggio da parte della stampa
internazionale. Mbeki venne definito un "pazzo" e un "criminale". Venne accusato
di oscurantismo e superstizione e perfino di attentare alla vita delle
popolazioni africane. The Observer, tra gli altri, arrivò a scrivere: "Mbeki
lascia morire nel dolore i bambini malati di AIDS". Eppure tra gli scienziati
che aveva invitato alla conferenza c'erano premi Nobel, membri di Accademie
delle Scienze, professori emeriti delle diverse discipline scientifiche. Quello
che il presidente Mbeki proponeva era soltanto un libero dibattito, un confronto
su dati reali, la verifica dell'efficacia di tali farmaci e sulla ben nota
gravità degli effetti collaterali. Non accettando supinamente che la popolazione
sudafricana venisse sottoposta a dei trattamenti di scarsissima efficacia e di
altissima tossicità23, la sua colpa, in sostanza, era quella di aver
sfidato il potere dell'uomo bianco e di non essersi piegato agli interessi delle
multinazionali farmaceutiche. Per pagare queste cosiddette "cure e profilassi"
si prospettava tra l'altro un indebitamento del Sudafrica di un miliardo di
dollari verso la Banca Mondiale. La conferenza fu, come temuto dagli
"ortodossi", un momento di reale informazione, che permise a tutti gli
scienziati dissidenti di esporre le loro tesi e mettere in grave crisi il dogma
Hiv-Aids. E di fermare l'utilizzo dell'AZT nei paesi africani. Ma ancora oggi,
nonostante le sue resistenze si siano rivelate oltremodo sagge e ragionevoli, il
linciaggio mediatico nei confronti di Mbeki continua.



10. TERAPIE CHE UCCIDONO


Grazie al terrore creato intorno alla malattia sin dal suo apparire, è stato
possibile far accettare la somministrazione di farmaci altamente tossici, che
hanno portato benefici solo alle multinazionali che li producono. Nessuno dei
sieropositivi rimasti sani per molti anni ha assunto questi farmaci (se non per
sospenderli presto), mentre chi li ha presi per lunghi periodi sta male o è
morto. Il famoso cestista Magic Johnson, e molti altri come lui che hanno
rifiutato di curarsi con l'AZT e i farmaci retrovirali, sta benone, nonostante
sia stato dato per spacciato vari anni fa.


L'AZT


Sintetizzato sin dal 1964 come farmaco antitumorale, l'AZT rimase accantonato
per 20 anni poiché si constatò sperimentalmente che le cavie leucemiche trattate
morivano in numero maggiore di quelle non trattate. Data la sua elevatissima
tossicità è impiegato come base per il veleno per topi! Ma nel 1984 la Wellcome,
società che lo produce, lo tirò fuori di nuovo e, grazie al terrore ormai
dilagante, riuscì a farlo approvare in gran fretta come farmaco anti-HIV. Molti
scienziati del gruppo dei "dissidenti" sin dall'inizio della "epidemia" hanno
lanciato l'allarme contro il suo uso, che è molto più pericoloso della sindrome
stessa. Ben sei studi indipendenti hanno provato una tossicità del farmaco 1000
volte superiore a quella dichiarata dalla Wellcome. Il più grande studio mai
effettuato sul farmaco, per numero di pazienti e durata, fu il "Concorde Trial",
i cui risultati nel 1994 dimostrarono inequivocabilmente che tra i pazienti
trattati non si verificava nessun beneficio, ed anzi si constatava un numero
maggiore di decessi rispetto ai pazienti non trattati.24 Tra le
conseguenza della somministrazione di AZT ci sono: distruzione del sistema
immunitario, distruzione del midollo osseo, distruzione dei tessuti e della
flora batterica intestinale, linfoma, atrofia dei muscoli, danni al fegato, al
pancreas, alla pelle e al sistema nervoso. Se una persona sana venisse
sottoposta ad un trattamento continuativo con AZT in pochi mesi subirebbe
effetti devastanti, simili a quelli dell'AIDS conclamato, fino ad arrivare ad un
tasso di mortalità prossimo al 100%. Eppure, grazie alla strategia del terrore,
questo farmaco così tossico, cancerogeno e privo di effetti benefici continua ad
essere somministrato. Così la Wellcome (casa farmaceutica produttrice) ne ha
venduto 0.9 tonnellate nel 1987, è passata a 44.7 tonnellate nel 1992, ed il suo
profitto lordo cresce in maniera esponenziale di anno in anno.


GLI INIBITORI DELLA PROTEASI


Definiti miracolosi dai media, in realtà i benefici clinici di questi farmaci
non sono a tutt'oggi ancora stati provati. Mentre la lista degli effetti
collaterali aumenta progressivamente, insieme al numero di insuccessi - che
vanno dalle deformità fisiche alle morti improvvise - testimoniando una realtà
completamente diversa. E lo stesso scienziato che li ha ideati, il dott. David
Rasnik, sostiene che ci sono forti dubbi sull'efficacia clinica di tali farmaci25.


IL COCKTAIL HAART


Per evitare questi effetti devastanti, in tempi più recenti si è suggerito di
utilizzare l'azione combinata di più farmaci a dosaggi più bassi (il cocktail
HAART). Questo ha portato ad ampliare in maniera considerevole il numero dei
pazienti, o dei cosiddetti "malati asintomatici" che possono essere a lungo
sottoposti a tali "terapie". Con vantaggi evidenti per le case farmaceutiche che
invece di farsi concorrenza possono spartirsi una torta ancora più grande,
coinvolgendo nella cura anche persone che stanno benissimo.



11. IL BAVAGLIO ALL'INFORMAZIONE


Tutte queste cose, benché sconosciute al grande pubblico, sono ben note
nell'ambito degli addetti ai lavori. Ma una cortina di ferro è stata messa a
protezione del castello per non farle conoscere alle masse, che devono
continuare ad essere indottrinate verso il dogma ufficiale. Così, quei pochi e
valorosi giornalisti che hanno provato a dare voce agli scienziati del dissenso
ben presto hanno dovuto fare i conti con una censura feroce, che ha pochi eguali
nel mondo contemporaneo. Celia Faber, giornalista statunitense, è stata tra le
prime ad affrontare l'AIDS dal punto di vista "eretico". In un'intervista a
Massimiano Bucchi ha dichiarato di avere incontrato "...difficoltà pazzesche.
(...) hanno cercato di farmi fuori in tutti i modi. La mia carriera
giornalistica è stata duramente segnata da questa storia. Ho avuto minacce da
Act Up 26 , ci sono stati articoli terribilmente offensivi nei miei
confronti da parte del "Native" 27 . Fin dall'inizio i boss dei NIH28
mi hanno detto chiaramente che mi avrebbero impedito di intervistare i loro
ricercatori per via di quello che avevo scritto"29. Neville
Hodgkinson è giornalista del Times ed esperto scientifico del Sunday Times. Dopo
i primi articoli in cui fu sostenitore della teoria dominante, enfatizzando i
rischi della diffusione del virus, si rese conto che le statistiche reali
mostravano "...che non c'era traccia dell'esplosione dell'Aids che era stata
annunciata". Così cominciò a considerare il punto di vista di Duesberg e dei
vari dissidenti. Scrisse un lungo articolo che riportava le ipotesi di questo
gruppo di scienziati: " riuscimmo ad inserire un richiamo in prima pagina e di
nuovo le reazioni furono isteriche (...) nessun argomento scientifico, solo cose
del tipo «perché infastidite i vostri lettori con teorie non dimostrate quando
c'è una grande emergenza in corso per la salute pubblica» - ma nulla che
rispondesse alle osservazioni dettagliate che Duesberg e gli altri facevano".
Sulla base delle successive esperienze di censura e attacchi personali oggi
Hodgkinson dichiara: " Non credevo che si potesse essere così odiati solo per
aver scritto delle cose o aver riportato le opinioni di scienziati che fino al
giorno prima tutti ritenevano dei luminari. (...) Ad un convegno dove la mia
casa editrice aveva chiesto l'autorizzazione per presentare il libro, uno
scienziato si è fermato al nostro tavolo e ha detto ad un collega che lo
accompagnava « se vedi in giro copie di questo libro in libreria o altrove,
prendilo in mano e sputaci dentro in modo che nessun altro possa acquistarlo o
leggerlo ». Non pensavo che degli scienziati, delle persone che dovrebbero
essere aperte al confronto e alla libera espressione, potessero arrivare a
tanto".30


John Maddox, direttore di "Nature", rivista scientifica custode
dell'ortodossia, nel 1991 fece intravedere piccoli spiragli di apertura verso il
gruppo dei dissidenti riunito sotto l'etichetta "Rethinking Aids", pubblicando
un articolo intitolato "La ricerca sull'aids messa sottosopra"31, in
cui si facevano piccole concessioni alle ragioni degli "eretici". Le reazioni
degli scienziati ortodossi furono durissime, e benché nessuno portasse argomenti
scientifici ma solo i consueti anatemi terroristici e invettive personali,
Maddox si trovò costretto, nei mesi successivi, a rimangiarsi tutto, fino ad
affermare che non bisognava più dare spazio alle opinioni di Duesberg
(principale esponente del gruppo "Rethinking Aids"). Sulla questione due
sedicenti scienziati italiani scrissero un articolo sulla stessa rivista
sostenendo che: "...dovrebbe essergli impedito di parlare in televisione. Sì,
una linea auspicabile sarebbe quella di impedire i confronti televisivi con
Duesberg" .32


Da quel momento è scattata la censura sulle riviste scientifiche per ogni
punto di vista alternativo (pur se documentatissimo e difficilmente
confutabile). Semplicemente ogni ipotesi alternativa non doveva esistere. Oggi,
anche se le previsioni dei dissidenti sono sempre più confermate, quasi tutta la
stampa sembra essere allineata al dogma dominante. Ai pochi giornali e
giornalisti che accettano le teorie alternative sull'Aids, l'unica possibilità
rimasta è quella del silenzio, e non fungere da cassa di risonanza per le ormai
screditate tesi dell'establishment medico dominante.



12. IL GRANDE AFFARE DELLA CATTIVA SCIENZA


La vicenda dell'AIDS è davvero speciale perchè mai nella storia della
medicina così tanto denaro è stato riversato su una singola malattia. Di anno in
anno le somme raccolte per la lotta all'AIDS si moltiplicano, fino ad arrivare
alla cifra di 6,1 miliardi di dollari solo nel 2004. 3334.

Con 100 miliardi di dollari già spesi nei soli Stati Uniti, è la più grossa
impresa industriale, vicina a quella del dipartimento della Difesa. La vendita
dei test HIV è diventata una fonte di immensi guadagni. Molti scienziati
coinvolti nella ricerca sull'AIDS possiedono società che vendono test e hanno
milioni di dollari in partecipazioni societarie. L'AIDS per questi individui è
un affare estremamente remunerativo. I ricercatori e i medici che hanno carriere
e stipendi legati al virus sono circa 100.000, in buona parte americani. I
bilanci delle multinazionali del farmaco si accrescono di alcuni miliardi di
dollari all'anno con la vendita dei farmaci antiretrovirali e dei test HIV.
Organismi come USAID (U.S. Agency International Development), UNAIDS (United
Nations AIDS program), WHO, ricevono stanziamenti annuali di centinaia e
centinaia di milioni di dollari per combattere l'AIDS. Più di 1000
organizzazioni umanitarie raccolgono in totale centinaia di milioni di dollari
all'anno per aiutare i malati di AIDS. Il problema non è quindi la crescita
dell'AIDS, ma, per quanto paradossale e grottesco possa apparire, l'esatto
contrario, la sua eventuale scomparsa. Sono ormai così imponenti gli interessi
economici politici e burocratici legati al virus HIV che la sua morte prematura
potrebbe sconvolgere parecchi equilibri. Così è una tragica ironia che proprio
David Rasnik, scienziato che ha ideato gli inibitori della proteasi usati per la
cura dell'AIDS, abbia dichiarato nel 1997: "Come scienziato che ha studiato
l'AIDS per 16 anni, ho stabilito che l'AIDS ha poco a che fare con la scienza e
che, fondamentalmente, non è nemmeno una questione medica. L'AIDS è un fenomeno
sociologico tenuto in vita dalla paura, creato da una sorta di "maccartismo
medico" che ha violato e mandato in rovina tutte le regole della scienza e che
ha imposto a quella fascia di pubblico più vulnerabile una miscela di credenze e
pseudoscienza" E la giornalista Joan Shenton ne ha spiegato i motivi : " Quello
che ho imparato in questi anni è che la comunità scientifica non è più libera.
Oggi la scienza può essere comprata e le voci individuali di dissenso facilmente
ridotte al silenzio a causa delle enormi somme di denaro convogliate nel
proteggere l'ipotesi prevalente, per quanto sbagliata possa essere. La politica,
il potere e il denaro dominano il campo della ricerca scientifica cosi
estesamente che non è più possibile sottoporre a verifica una ipotesi divenuta
dogma." Su questo aspetto della cattiva scienza dell'AIDS malata di denaro, ci
piace chiudere col sarcastico commento del premio Nobel Kary Mullis : "Un altro
segmento della nostra società così pluralista - chiamiamoli medici/scienziati
reduci dalla guerra perduta contro il cancro, o semplicemente sciacalli
professionisti - ha scoperto che funzionava. Funzionava per loro. Stanno ancora
pagandosi le loro BMW nuove con i nostri soldi"



***

L'Autore desidera ringraziare tutti i ricercatori che hanno messo a
disposizione il frutto del loro lavoro, (in particolar modo il virologo
triestino Fabio Franchi) e che spesso hanno visto le loro carriere troncate
dalle loro affermazioni.


COPYRIGHT - Il presente scritto è riproducibile in rete, in tutto o in parte,
purchè non venga modificato e ne vengano sempre citati la fonte e l'Autore.



1 Intervista a Luca Rossi in "Sex Virus" - Feltrinelli


2 cfr. tra gli altri : T. McKeown - The Role of Medicine. Dream, mirage or
nemesis? 1976,


T. P. Magill -The immunologist and the evil spirits – 1955 Journal of
Immunology,


3 riportato in "Inventing the Aids Virus" Peter Dueberg - 1996


4 E. Papadopulos- Eleopulos et al. "Has Gallo proven the role of HIV in
AIDS?" 1993


5 Cfr. "Ballando nudi nel campo della mente" di K.B. Mullis – Baldini e
Castoldi, 2000.


6 "Rebuttal to the NIAID/NIH document" - Robert Johnston – co-fondatore di
HEAL – Toronto; Mattew Irvin - co-fondatore di HEAL – Washington DC; David Crowe
– presidente di Alberta Reappraising Aids Society


7 F. Franchi, "Alla ricerca del virus HIV", in Leadership Medica - 1997


8 Intervista a Stephen Lanka, di M. G. Conlan in Zengers Magazine - San Diego
- October 1998


9 "Does HIV cause Aids? The Duesberg critique" – K.L. Billingsley, in
Heterodoxy, febb. 1993


10 " Centers for Disease Control" Centri per il controllo delle malattie


11 F. Franchi, L. De Marchi "AIDS, la grande truffa" – ed. Seam 1996


12 "Inventing the AIDS virus", P. Duesberg - 1996


13 World Health Organization – Organizzazione Mondiale della Sanità


14 Padian et al. - 1997


15 "AIDS, la grande truffa", cit.


16 Aggiornamento 2004; Commissione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS –
Ministero della Salute


17 "Are 26 million Africans dying of AIDS?" - Joan Shenton 1998


18 W.E.R. n. 47 -26 november 1999, e W.E.R. n. 47 – 24 november 2000


19 F. Franchi, L. De Marchi "AIDS, la grande truffa" – ed. Seam 1996


20 - W.H.O. Weekly Epidemiological Report – n. 49, 6 dicembre 2002


21 riportato in "AIDS, la grande truffa", cit.


22 "How Africa became the victim of a non-existent epidemic of Hiv/Aids" -
intervista di N. Hodgkinson


23 che proprio per questo motivo in Occidente stanno per essere accantonati


24 Concorde Coordinating Comittee, in Lancet, n. 343, 1994


25 Physician Desk Reference, 1994


26 Organizzazione gay negli U.S.A.


27 Giornale gay di New York


28 National Instutute of Healt


29 M. Bucchi – La scienza imbavagliata – ed. Limina 1998


30 riportato in "La scienza imbavagliata", cit.


31 in "Nature", 353, 1991


32 L. Checo Bianchi e G.B. Rossi in Nature, 362, 1993


33 dato fornito dal WHO, in " AIDS Epidemic Update 2004"


34 Kary Mullis, "Il caso non è chiuso" – in "Ballando nudi nel campo della
mente", cit.

comedonchisciotte.org

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