Artigiano ucciso: era stato testimone di un omicidio

MILANO - Tre colpi di pistola per farlo tacere per sempre.

Era un testimone scomodo per la 'Ndrangheta e gli spacciatori di droga gliela avevano giurata. Ma nessuno lo ha sorvegliato e difeso per mancanza di fondi. Le forze dell'ordine lo hanno dunque lasciato da solo. Così è stato ammazzato Giuseppe Realini, 52 anni, artigiano del legno. L'esecuzione è avvenuta l'altra notte a Chiuduno, in Valcalepio, in provincia di Bergamo. Realini è stato freddato all'1,15 davanti alla sua abitazione. L'uomo stava rientrando a casa, in via Brigata Lupi di Toscana, dove lo aspettavano la moglie e i due figli (di cui uno minorenne), ed è stato avvicinato dagli assassini che gli hanno sparato a distanza ravvicinata colpendolo al torace e a una spalla.L'artigiano è morto sul colpo crollando a terra in un bagno di sangue. L'allarme è stato dato dai familiari e da alcuni vicini che hanno sentito gli spari. I soccorsi sono arrivati poco dopo ma per l'uomo non c'era più niente da fare.
Realini era stato testimone dell'omicidio del suo amico Leone Signorelli, avvenuto lo scorso 25 aprile a Tagliuno di Castelli Calepio. Signorelli era stato implicato in un'indagine su un traffico di droga della 'Ndrangheta ed era finito in carcere assieme a due colombiani mentre si trovava in una serra a Telgate dove si raffinava cocaina. Ma aveva deciso di collaborare con le forze dell'ordine e per questo aveva ottenuto la semi-libertà. Il 25 aprile Realini era andato a prenderlo con la propria auto e lo stava per riaccompagnare in carcere quando un commando di killer ha agito in pochi istanti ammazzando brutalmente Signorelli.
Realini si era salvato, ma rappresentava per i killer un testimone molto scomodo. Aveva visto troppo e poteva parlare. Questo, secondo gli inquirenti, il movente che ha portato la banda di criminali e spacciatori di droga a farlo fuori.
Il procuratore generale di Bergamo, Adriano Galizzi, ha rivelato che Giuseppe Realini era stato lasciato solo. Nonostante fosse un testimone importante non gli avevano affidato neppure la sorveglianza di una telecamera per mancanza di fondi. Secondo il procuratore, l'artigiano ammazzato era sì tenuto sotto controllo ma non in modo continuativo, le verifiche era sporadiche da parte delle pattuglie delle forze dell'ordine e la telecamera, piazzata subito dopo il delitto del suo amico, era stato tolta davanti alla sua casa proprio un mese fa per mancanza di soldi.
«Purtroppo non abbiamo la possibilità di tutelare ogni testimone - ha detto il procuratore - e Realini non aveva mai ricevuto minacce».
Ora le indagini per cercare i killer sono coordinate dal pubblico ministero Maria Cristina Rota.

Roberta Rizzo - 13/09/07 - liberta.it

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