Il cuore agisce sulle nostre emozioni o viceversa?

Secondo un nuovo studio pubblicato dal Journal of cardiology esiste un gruppo di fattori di rischio, che potremmo definire "psico-sociali", che sembra rivestire un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di malattie a livello cardiovascolare.
Sembra ormai certo che se e quando ci ammaleremo di cuore dipende, in una certa misura, anche dal contesto sociale in cui viviamo, dalla maniera in cui ci relazioniamo agli altri e al mondo che ci circonda, e, in un certo qual senso, dalla nostra visione della vita.
E' stato dimostrato, infatti, che gli individui inseriti in una rete sociale relativamente limitata hanno un rischio di sviluppare problemi a livello cardiaco che è 2-3 volte maggiore rispetto a persone che possono godere di un adeguato supporto emozionale. Inoltre, avere la possibilità di confidarsi con una persona vicina, sia esso il partner o altri "confidenti", prolunga l'aspettativa di vita. Un aspetto interessante emerso dagli studi condotti sull'argomento è che la solitudine sembrerebbe avere effetti sul rischio cardiaco molto più accentuati nelle donne che negli uomini.
Anche il grado di istruzione, il livello di occupazione e di reddito, la qualità dell'ambiente in cui si vive, sono tutti elementi che concorrono a determinare lo stato di "salute socio-economica", che ha ripercussioni dirette sulle condizioni di salute generale. Esiste una relazione inversa tra livello socio-economico e rischio di sviluppare problemi cardiaci, nel senso che chi è più povero ha un rischio maggiore di avere nel tempo disturbi a livello cardiaco. Certamente, una possibile spiegazione deriva da una maggiore frequenza di comportamenti a rischio (fumo di sigaretta, dieta ricca di grassi, eccesso di alcol) tra le classi sociali più disagiate. Ma anche escludendo questi fattori gli individui che vivono in un contesto socio-economico peggiore continuano ad avere un rischio maggiore di ammalarsi di cuore.
Un ampio numero di persone soffre di depressione, condizione caratterizzata da disturbi dell'appetito, stanchezza, disturbi del sonno, sentimenti di angoscia, fino ad arrivare a pensieri di suicidio. Esiste una relazione diretta tra gravità della depressione e rischio cardiaco, ed in particolare è stato messo in evidenza che la "mancanza di speranza" per il futuro si associa ad una maggiore incidenza di morte per cause cardiache, mentre la capacità di avere una visione ottimistica può rappresentare un elemento di protezione. Sembra che coloro che si definiscono "felici" tendano ad avere una minore incidenza di accidenti cardio-vascolari. Probabilmente una più approfondita comprensione della complessa interrelazione che esiste tra sistema nervoso e sistema cardio-vascolare consentirà in futuro di capire attraverso quali meccanismi un atteggiamento più o meno positivo nei confronti della vita si riflette sulla predisposizione individuale ad ammalarsi di cuore.


12/09/07 - kwsalute.kataweb.it

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