La città dove la paura è morire sotto un'auto

Stillicidio di vittime a Cuneo e provincia: la viabilità il problema più sentito


C’è una provincia dove la gente, a conti fatti, ha meno paura di Bin Laden che dei propri concittadini, se debitamente motorizzati. E non da ieri: lo diceva già un’indagine del 2004, confermata più di recente, dove il 76 per cento degli abitanti di 7 grandi comuni e 10 medio piccoli del Cuneese collocavano al primo posto nella lista delle loro preoccupazioni il tema «viabilità e sicurezza». Seguivano la droga (72 per cento), i furti in appartamento, l’alcol, la solitudine degli anziani e via via tutti gli altri problemi, fino alla criminalità organizzata, ultima con l’8 per cento. La fotografia può sembrare curiosa, ma è fedele alla realtà che rappresenta: dinamica economicamente, ricca, ordinata e un po’ troppo isolata dal punto di vista dei trasporti. Non c’è dubbio che molti italiani desidererebbero, in cuor loro, problemi analoghi; ma a Cuneo una considerazione del genere è inimmaginabile.

I morti stradali, intanto, non sono una fantasia: ieri si è raggiunta la sessantunesima vittima dall’inizio dell’anno, con la prospettiva perciò di superare entro dicembre i numeri del 2006 (quando i morti furono 70). Qui tutti sanno tutto di questa luttuosa contabilità. In Provincia il presidente Raffaele Costa, più noto al grande pubblico per le sue battaglie contro gli sprechi nella pubblica amministrazione, ha varato un osservatorio permanente cui nulla sfugge. E i suoi collaboratori spiegano che 61 morti potrebbero sembrare pochi, in termini assoluti, ma se rapportati alla popolazione, che è un centesimo di quella italiana, sono moltissimi, troppi. Ieri hanno convocato in città il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, che per la verità si è precipitato volentieri: e ad accoglierlo c’era una vera folla, non il solito personale politico-amministrativo tipico di queste occasioni. C’era la folla delle grandi passioni collettive, cui il ministro ha confermato che la provincia di Cuneo è al nono posto in Italia, rispetto al numero degli abitanti, per morti stradali.

Ha anche citato come pericolosissima, e attentamente monitorata dal suo dicastero assieme ad altre quindici strade della morte, una misteriosa statale «Ticinese», che qui non risulterebbe, ma il lapsus gli è stato perdonato volentieri in nome dell’emergenza. Che un viaggiatore non coglierebbe, a prima vista. Il traffico scorre tranquillo, dove sono i pirati della strada? Eppure mister Hyde è in agguato, da qualche parte. Il suo primo saluto lo rivolge a 10 chilometri dal centro, dove appare sul ciglio la prima lapide infiorata, in ricordo di un incidente stradale. Girando un po’, se ne troveranno parecchie. C’è poi un paese, Magliano Alpi, che ha lanciato una raccolta di firme - sono arrivati già a 30 mila - per la chiusura delle discoteche all’una di notte, e che ha perduto in 20 anni 23 giovani. Magari è successo in tanti altri posti, ma qui, per il sindaco, «si è persa una generazione». E il presidente dell’Associazione «Viviamo la vita» consegna le firme al ministro in nome dei «morti italiani sul fronte del divertimento».

E’ vero, forse non c’è una soluzione semplice per problemi complessi. Forse non è neppure un problema di discoteche. E’ anche vero che si può morire anche sul fronte della noia, ma vallo a spiegare a chi ha perso figli, nipoti, parenti. Tira aria di crociata, e non solo sulla ribalta pubblica. Mentre parla il Ministro, nella piazza Galimberti, a poche centinaia di metri, si chiude il grande mercato ambulante del martedì. E fra le bancarelle sono tutti informatissimi, anzi, quasi non si parla d’altro. La signora Antonina Beltrami, che viene da un centro limitrofo, Caraglio, sa già che c’è stata una nuova vittima, in mattinata, per cui il conto va portato a 61. Ed è dispostissima ad accettare le misure più restrittive possibili, «anche se ho un ristorante». Perché lei ha paura tutte le volte che suo figlio esce in moto. «Contro le rapine posso almeno mettere gli antifurti, e sperare. Ma contro un incidente non posso proprio nulla». Il figlio Andrea, poi, è preparatissimo, e da motociclista punta il dito sui guard rail poco sicuri, «non come in Francia». E il padre Gian Maria ha una teoria: «E’ da 60 anni che non fanno niente per le strade. Che cosa ci si può aspettare?».

In Provincia ti spiegano poi che il problema è intricato, perché la «Granda» è appunto un territorio molto vasto, e con una popolazione molto dispersa, ragion per cui le strade sono lunghe e si è costretti a usare tantissimo l’automobile. Il presidente Costa parla di un «tormento storico» e al mercato la signora Maria, mentre sceglie qualche capo di biancheria, ammette che a lei non è mai successo niente, tutte le volte che ci pensa le viene una gran paura. Esagerano? Certo è che mentre il ministro viaggiava per Cuneo, capitale dell’inquietudine automobilistica, un adulto e un ragazzo sono morti; e nell’arco delle due ore in cui ha partecipato all’incontro si è verificato su una delle principali vie d’accesso alla città un megatamponamento senza feriti gravi, che ha però bloccato la strada e creato un biblico ingorgo. Tanto per far vedere che qui non si scherza.

Per la sicurezza stradale «serve una nuova legge: faccio un appello affinché tutti si impegnino ad evitare che il decreto legge decada». Lo ha detto il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi a Cuneo. Il ministroha invitato «amministratori, associazioni e cittadini a farsi sentire».In Italia - ha sottolineato Bianchi - in un anno abbiamo avuto 5.400 morti sulle strade, 310 mila feriti, un vero bollettino di guerra. Dobbiamo impegnarci affinchè queste cifre siano drasticamente abbassate, ce lo impone la stessa Unione Europea».


12/09/07 - lastampa.it

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