'Bamboccioni' tra ansia e attacchi di panico

'Bamboccioni' dallo psicoterapeuta tra ansia e attacchi di panico


Stati di ansia generalizzata, attacchi di panico, depressione. Vita dura per i “bamboccioni”, categoria dei giovani tra i 20 e i 30 anni, così definiti dal Ministro Padoa-Schioppa, che ancora vivono in famiglia e che secondo l’Istat in Italia sono circa 5 milioni.

“La situazione psicologica di molti giovani che vivono ancora con mamma e papà è molto seria – afferma Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, Direttore dell’Unità Operativa Attacchi di Panico presso la Clinica Paideia di Roma e Presidente dell’EURODAP, Associazione Europea Disturbi Attacchi di Panico– La precarietà lavorativa è la prima causa del loro stato. Sono bloccati dall’incertezza di un’occupazione e incapaci di ricercare autonomia, indipendenza e realizzazione del sé. Rimangono quindi sotto l’ala di mamma e papà senza essere in grado di progettare il futuro”.

“Nell’Unità Operativa Attacchi di Panico – spiega la Vinciguerra - abbiamo avuto la possibilità di osservare proprio questa tipologia di giovani, tra i 20 e i 30 anni, con titoli di studio diversi, lavoro precario e ancora dipendenti dalla famiglia. Questi ragazzi e ragazze presentavano un atteggiamento di lassismo e egoismo diffuso ma che era solo apparente. In realtà nascondevano un forte disagio che li ha portati a soffrire di attacchi di panico, depressione, stati d’ansia generalizzata, in alcuni casi di tossicodipendenza, di alcolismo e presentavano comportamenti compulsivi”.
“Ci siamo trovati davanti a ragazzi che sono ancora bambini però con le pretese di adulti - dice la psicoterapeuta - Quando non si dà corso alla naturale spinta vitale dell’autonomia, della realizzazione, della progettualità si crea nell’individuo una sorta di blocco delle energie che si tramuta in un’autoaggressione. Questi giovani scelgono d’illudersi di poter rimanere piccoli e protetti nell’ambito familiare, rimandano l’organizzazione e la realizzazione della loro vita ad un ‘domani…’ ma tutto ciò ha un costo psicologico”.

“La mancanza assoluta di certezze nel futuro dal punto di vista lavorativo è il primo elemento che scatena nei giovani il blocco di energie – dice la Vinciguerra – Questi ragazzi vivono solo il presente e i genitori purtroppo non sono in grado di aiutarli. L’atteggiamento delle madri e dei padri superprotettivi, modello educazionale che impera nella nostra società, crea molti danni”.
“Bisogna evitare l’atteggiamento vittimistico - suggerisce la Vinciguerra - ci fa chiudere e deprimere invece di cercare delle soluzioni, dobbiamo fare uno sforzo adattativo e cercare di divenire noi il nostro punto di forza.

Non scoraggiarsi: è importante ripetersi che le persone che valgono alla fine avranno successo nel lavoro come nella vita e che questo sarà il nostro caso se continuiamo ad impegnarci. Bisogna investire sulla formazione: in un mercato del lavoro così competitivo è necessario saper fare qualcosa in più, non sottovalutando che fare un corso d’inglese o d’informatica apre porte al di là dei nostri confini geografici, vista la nuova dimensione europea. Bisogna essere creativi: cerchiamo percorsi professionali alternativi che tengono conto dei nostri interessi e delle nostre attitudini”.


12 ottobre 2007 - kwsalute.kataweb.it

Nessun commento:

Basta guerre nel mondo!