Le relazioni pericolose

Il presidente della Blackwater difende i suoi uomini in Iraq, ma la stampa Usa chiede di chiarezza nei rapporti con la Casa Bianca


E arrivato il giorno dell'avvocato del diavolo, nel senso del presidente della Blackwater, il quale dopo un periodo che ha visto la principale azienda di contractors del mondo nell'occhio del ciclone, ha deciso di uscire allo scoperto venendo meno all'abituale riservatezza della compagnia di sicurezza privata per difenderne pubblicamente l'operato.


Difesa accorata. “Ogni vita, compresa quella degli statunitensi in Iraq, è preziosa. E' normale che si consideri quello che è accaduto una tragedia, ma secondo le nostre informazioni il 16 settembre non è avvenuto nulla che non rientrasse in una normale operazione in una situazione di guerra complicata come l'Iraq”. A parlare è Erik Prince, 38 anni, ex incursore dei temuti commando della Marina Usa, fondatore (nel 1997) e attuale presidente della Blackwater, checommenta così le polemiche emerse dopo la strage del 16 settembre scorso, quando alcuni uomini dell'azienda Usa, di scorta a un uomo d'affari, hanno aperto il fuoco a Baghdad contro la folla uccidendo 11 civili.Prince ha difeso i suoi uomini, scegliendo la linea del 'deprecabile incidente', e ha sottolineato come la stessa Blackwater, dall'inizio della guerra, abbia perso 30 uomini mentre nessuna delle persone che l'azienda ha scortato ha subito danni.


Un buon lavoro. Un 'good job' insomma, che non merita le critiche piovute addosso alla compagnia negli ultimi giorni. Non la pensa così Henry A. Waxman, deputato democratico che presiede la commissione bipartisan del Congresso Usa che indaga su quanto accaduto in Iraq con i contractors. Nei giorni scorsi la commissione ha pubblicato un rapporto sulla Blackwater, che censura l'attività degli specialisti della sicurezza privata in Iraq, accusando al contempo l'amministrazione Bush di voler proteggere e coprire l'operato dell'azienda. Nel rapporto è citata una missiva del Dipartimento di Stato che faceva pressioni sulla Blackwater, ordinandole di non diffondere informazioni sulle operazioni condotte in Iraq senza autorizzazione dell’amministrazione Bush.


Protezioni in alto. La procedura, piuttosto irrituale, è stata censurata anche dai militari Usa che, secondo il Washington Post, tollerano sempre meno la presenza di queste guardie private in Iraq, che hanno creato spesso problemi ai militari causando danni come la strage del 16 settembre, definita da una fonte vicina al Pentagono citata dal quotidiano Usa “un danno d'immagine peggiore di quello di Abu Ghraib”. Secondo l'inchiesta del Washington Post, dal 2004 a oggi, le spese sostenute per i contractors dal Dipartimento di Stato superano quelle sostenute per il Pentagono. La Blackwater ha incassato più di 800 milioni di dollari da Washington, mentre sono circa 100 milioni di dollari quelli incassati dal Pentagono.
Una somma enorme, per un lavoro che ha portato per 195 volte a scontri a fuoco in Iraq, e in 163 occasioni sono stati i contractors ad aprire il fuoco per primi. In 25 casi i dipendenti della compagnia di sicurezza privata Usa sono finiti sotto inchiesta in Iraq per reati connessi all'abuso di droga e alcool, e in 28 casi sono stati accusati di utilizzo disinvolto delle armi.
L'aspetto che incuriosisce di più la Commissione Waxman, e la stampa Usa, è lo strano rapporto che pare legare la Blackwater all'amministrazione Bush, dalla quale la compagnia di sicurezza privata ha ricevuto dal 2001 appalti per un miliardo di dollari, nonostante un rendimento non sempre soddisfacente.


Christian Elia



03/10/07 - peacereporter.net

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Basta guerre nel mondo!