Provette anti-divieto per bere dopo le 2

MILANO — «E questa? Cosa ci faccio?». La barista del «Gasoline» risponde con tono da maestrina alla ragazza con piercing, capello ossigenato e canottiera mozzafiato: «Questa è un'ampollina in plastica da 50 cc. Costa cinque euro. Noi adesso te la riempiamo di vodka, gin o rum. Tu te la tieni in tasca e dopo le due vieni a chiederci acqua tonica o Coca Cola. Il cocktail te lo fai da sola. All'ora che vuoi». Nel pieno rispetto della legge. Riedizione «ambrosiana» della Chicago Anni Venti. Dove aggirare i divieti — il decreto sulla sicurezza stradale che proibisce ai locali notturni di vendere alcolici dopo le due di notte — è solo questione di ingegno. I risultati: gilet pieni di «mignonette» (o, dove si trovano, delle boccette già chiamate «sexy drink»), ordinazioni in massa all'una e cinquanta, corsa al baracchino abusivo per fare rifornimento, bottiglie ovunque. E i gestori che dichiarano un meno 40 per cento di fatturato. Ecco la movida nella capitale della moda.


Weekend milanese. Aperitivo, ristorante, un cocktail in centro. All'una di notte, in discoteca, non si vede ancora nessuno. Qualcuno nemmeno ci va. «Che senso ha — dice Luca, avvocato trentenne "dalle abitudini sobrie" — entrare in un locale dove non si può fumare e, adesso, nemmeno bere?». E sono tanti i trenta- quarantenni che rinunciano ai soliti «quattro salti in compagnia, senza sballare» per rinchiudersi nelle case degli amici. Altra tribù: i ventenni. «Si riempiono di alcol in fretta e male», denuncia Marco Fornaci, direttore del Nepentha, discoteca storica della città. Qualcuno stiva la birra nel bagagliaio dell'auto. «Con il risultato — spiega Roberto Cominardi, proprietario di un altro locale cult, l'Old Fashion café — che arrivano da noi fuori di testa». Aggiunge Roberto Contaldo, titolare del Gasoline: «Il pericolo è la droga: risparmiando sui cocktail, possono permettersi di spendere venti euro in pastiglie». Ecstasy, Lsd, «chicche», «fragoline».


Le discoteche semivuote, le strade piene di ragazzi con le bottiglie in mano, spesso ubriachi. Fotografia della città che negli ultimi anni ha totalizzato lo zero per cento di vittime nelle stragi del sabato sera. «Noi siamo per l'uso consapevole», dicono i proprietari dei 120 club cittadini che si dichiarano «disperati, colpiti da un decreto che non aiuta nessuno». Seimila euro in meno a serata, il 70 per cento di tagli sulla seconda consumazione, la concorrenza degli ambulanti che davanti ai locali fanno affari d'oro. Ce n'è da disperarsi. «Ma tutti rispettiamo la legge ». Anche perché si rischia grosso: chi viene scoperto a vendere cocktail dopo le 2 può essere punito con la chiusura dai 7 ai 30 giorni.


Correre ai ripari. Ci sta provando Lino Stoppani, presidente nazionale della Federazione italiana pubblici esercizi. Che sbotta: «Difficile capire perché mentre l'Inghilterra abolisce qualsiasi veto sugli orari di somministrazione di alcolici noi lo introduciamo. Contiamo di ridiscutere il decreto con il governo». La paura, perdere l'indotto del turismo: «E chi lo dice ai russi, quando atterrano a Milano per la settimana della moda, che non possono bere più niente?». Ancora: «E ad Halloween? E a Capodanno?». Non è prevista nessuna deroga. Sabato, la notte degli impiccati. In corso Como, la strada della notte milanese, davanti alle vetrine dei locali pendono cinque manichini con il cappio al collo. «Siamo a rischio chiusura», denunciano i proprietari, promettendo di andare avanti con la protesta «alla Cattelan» per tutta la settimana. «Siamo in pieno proibizionismo», avvertono. Poco lontano, davanti al Limelight, un cingalese vende sangria affondando il mestolo in un bidone «pericolosamente simile a un cesto della spazzatura». Ma di vino, dopo dieci minuti, non ce n'è più.


Le due. Il deejay ha appena finito di sgolarsi: «Ragazzi, forza, vi è rimasto poco tempo per carburare!». I più previdenti hanno fatto il pieno di ampolline. I ritardatari, invece, si fanno stampare sul dorso della mano il timbro del locale, escono, raggiungono il baracchino più vicino e rientrano. Al Nepentha, dove la clientela è più adulta e il denaro non sembra un problema, basta ordinare una bottiglia di champagne al tavolo poco prima dello scoccare del divieto. Ma qualcuno preferisce andare a dormire: «Forse è vero — sorride Gabriele, commercialista — che con questa legge si va a letto prima». Più poliziotti sulle strade, meno divieti nei locali. E mezzi pubblici tutta la notte. È questa la richiesta dei commercianti. Rudy Citterio, presidente dei locali da ballo di Milano, fa qualche esempio: «In Italia i controlli sono 300 mila all'anno, in Francia 3 milioni, in Germania 7, in Inghilterra 10». Le tre passate. Davanti al Plastic, altro pezzo di storia di Milano (ai tempi frequentato da Keith Haring), la coda non vuole diminuire. Drag queen e popolo della notte giurano che «qui si sta bene per l'ambiente, mica per gli alcolici». Ma il proprietario del baracchino vicino conta soddisfatto l'incasso della serata.


Annachiara Sacchi - 15 ottobre 2007 - corriere.it

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