I nostri handicap

"Chi ha disabili in casa deve arrangiarsi con pochi euro per garantire l'assistenza"


TORINO

Alla base di tutte le difficoltà che le famiglie con figli disabili continuano a vivere c’è un problema culturale tutto italiano». Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione Promozione Sociale si spinge oltre: «Qui si va avanti pensando che la disgrazia di un figlio disabile è una questione privata e che te lo devi gestire. Sei sfortunato...». Lo stato assegna 250 euro di pensione di invalidità. Se il caso è molto grave aggiunge 15 euro al giorno di «accompagnamento». In istituto un disabile costa 150 euro al giorno. Un bel risparmio, davvero. Fino alla maggiore età le cose, tra alti e bassi, possono anche andare. «C’è la copertura normativa, la scuola è assicurata. Il problema vero si pone dopo». Ma anche durante, tra infanzia e adolescenza, il cammino è costellato di ostacoli.

«Le famiglie sono spesso meravigliose, ma altrettanto sovente sono sull’orlo della crisi», dice Vincenzo Bozza, presidente dell’Utim, l’Unione per la tutela degli insufficienti mentali. «Sono famiglie più soggette a rotture perché capita che uno dei coniugi non regga. Quasi sempre le madri devono stare a casa per accudire i figli, peggiorando le condizioni economiche del nucleo». È Marisa Faloppa, presidente del Comitato per l’integrazione scolastica, con un esempio di pochi giorni fa, a spiegare perché. «In un istituto superiore della cintura, in una settimana è stata chiamata due volte la Croce Rossa perché la scuola non sapeva come gestire un suo allievo disabile. La prima volta la madre ha recuperato il figlio in ospedale. La seconda, la volontaria della Cri a bordo dell’ambulanza ha telefonato alla madre e le ha detto che non se la sentiva di sedare il ragazzo per portarlo via.

Che forse sarebbe bastato comportarsi con lui in un altro modo. Ha anche aggiunto che la scuola le pareva una gabbia di matti». Marisa Faloppa aggiunge: «Nella scuola l’handicap relazionale grave ha ancora bisogno di molte attenzioni, di aggiornamento da parte di chi deve provvedervi. E i diritti non sono del tutto riconosciuti». In concreto? I bidelli che dovrebbero provvedere al cambio a metà mattina (retribuiti ad hoc) non ci sono con la conseguenza che la madre viene convocata a scuola, accoglienza non garantita per l’orario assicurato ai normodotati perché i docenti - che spesso cambiano ogni anno e più volte nell’anno - hanno un numero di ore insufficiente.

«Il vero problema si pone dopo i 18 anni - riprende Breda - perché se molti ragazzi disabili oggi vanno a lavorare, c’è una quota di gravi che ha bisogno di interventi di ordine assistenziale. Ma oggi l’unica legge che ha valore è quella fascista che impone il ricovero d’urgenza se la famiglia non è in grado di provvedere al figlio. Questo significa molto spesso vedere un figlio finire in istituto dove costa 150 euro al giorno. Noi chiediamo invece che le famiglie che hanno fatto la scelta di tenere con sé i figli disabili, siano aiutate a continuare ad occuparsene anche quando magari le forze cominciano a diminuire: i centri diurni devono essere quindi in numero sufficiente e a tempo pieno, come la scuola».

Ancora: «La Regione nel 2004 ha approvato una legge che prescrive la tutela delle persone disabili come priorità, con diritti certi, esigibili subito. Ma comuni e consorzi socio-assistenziali dovrebbero spendere e fanno finta di niente: c’è sempre una rotatoria o una fiera della castagna più urgente». Lunedì, dalle 17, le associazioni saranno davanti a Palazzo Civico per chiedere che il Comune deliberi in modo da recepire la legge regionale.


MARIA TERESA MARTINENGO - 17/11/2007 - lastampa.it

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