Anziani: sopra i 65 uno su 9 colpito da demenza

I numeri crudi, già di per sé, spaventano: 905mila casi in Italia. E, per quel che riguarda l'Europa, le persone affette da demenza sono sei milioni. Tra di esse, la gran prevalenza, di fatto due su tre, è colpita dal morbo di Alzheimer.

Persone fragili, li chiamano “pazienti di cristallo”, perché di una delicatezza estrema: persone che perdono progressivamente le capacità cognitive, fino a diventare totalmente dipendenti dagli altri. “Altri” che sono nel 99% dei casi i familiari, chiamati ad uno sforzo enorme che è fisico ma è anche psicologico, perché si trovano ad avere a che fare con una persona amata ridotta al fantasma di quel che era.
L'alzheimer è questo, un grumo di problematiche scientifiche (ancora non si è individuato un rimedio), sanitarie (è necessaria un'assistenza costante), sociali e familiari. Problematiche che restano il più delle volte nell'ombra gravando così solo su chi ne è direttamente toccato. E' per squarciare questo velo d'ombra, che ogni anno si celebra il 21 settembre la Giornata mondiale dell'Alzheimer, con punti informativi in tutte le città italiane.

Un altro dato che preoccupa, sottolinea il dott. Franco Mello, ex primario di geriatria e presidente dell'Associazione Alzheimer Venezia è l'incidenza del numero dei malati che aumenta vertiginosamente con l'invecchiamento della popolazione. Se tra le persone sotto i 65 anni si registrano tra i 250 e i 500 nuovi casi di demenza all'anno ogni 100mila persone e dunque siamo al 2,5-5 per mille, salendo con l'età il tasso aumenta notevolmente: ogni 100mila persone sopra i 65 anni si verificano tra i 1000 e i 3000 casi e dunque siamo ad una percentuale tra il 10 e il 30 per mille. Una prospettiva davvero preoccupante, visto che la tendenza all'invecchiamento della popolazione è ormai un dato assodato. «Proseguendo di questo passo nel 2011 si prevede di arrivare a registrare oltre 400mila nuovi casi di demenza». E l'Alzheimer, tra queste patologie neuro-degenerative, rappresenta il 60% del totale.

Tremila malati nel veneziano. Guardando poi alla situazione del Veneto, i casi stimati sono 40mila, e nel territorio veneziano si stimano circa 3000 persone malate. «Possiamo parlare solo di stime, perché nella nostra regione non è stato fatto ancora uno studio accurato», nota con un certo rammarico il dott. Mello.
Ma tra i dati riferiti al 2005 per il territorio veneziano, uno spicca in modo particolare ed è quello riferito alla percentuale di anziani sopra i 65 anni affetti da demenza: siamo all'8,7% della popolazione ultrasessantacinquenne. Quasi nove anziani su cento dunque presentano una malattia neurodegenerativa, con tutte le conseguenze di cui si accennava prima che la patologia comporta. «Il malato di Alzheimer o di demenza pesa sulla famiglia e in particolare sulle donne, quasi sempre sulle figlie (nel 73,8% dei casi), spiega il dott. Mello. «E' dunque importante riconoscere l'impegno dei caregivers, di coloro cioè che si prendono cura delle persone malate. Abbiamo fatto uno studio al proposito e abbiamo rilevato che una persona che assiste un malato di Alzheimer presta ogni giorno 7 ore di assistenza diretta, cui se ne devono però sommare 11 di sorveglianza. In questo modo nell'arco della settimana chi presta assistenza può contare su pochissime ore "libere", da un minimo di 4 ad un massimo di 15. «Per quanto riguarda l'assistenza, questa viene suddivisa tra un 59% di tempo a carico dei famigliari e un restante 37% a carico del personale pagato. Con un costo che, tra spese dirette e indirette arriva a 35mila euro l'anno. Va considerato infatti - osserva il dott. Mello - non solo quel che riguarda la spesa per assistenza, farmaci e medicazioni varie, ma anche il mancato guadagno del familiare che assiste, rinunciando o riducendo in questo modo l'attività lavorativa».

Il peso sui familiari. Chi assiste un malato affetto da Alzheimer o da demenza si trova il più delle volte solo. «C'è un pesantissimo carico psicologico, fatto di svuotamento emotivo, stanchezza fisica, fragilità nella salute, che porta ad una sensazione di inadeguatezza fino a desiderare la fuga da questa realtà. Non è raro - aggiunge il presidente dell'associazione - che chi presta assistenza si trovi ad assumere psicofarmaci».
Il percorso dell'assistenza a un malato parte dalla cura domiciliare. «Si cerca di tenere il paziente in casa finché si può». E in questo contesto è fondamentale l'apporto dei centri diurni (come il Centro diurno riabilitativo dell'Ire ai Santi Giovanni e Paolo, oppure il servizio diurno del Centro Nazaret a Mestre, o ancora il Centro diurno Alzheimer della Scuola dei Battuti) che propongono attività riabilitative per chi ancora soffre di forme lievi. «Purtroppo - nota il dott. Mello - non si può parlare di riabilitazione vera e propria. Io finora non l'ho mai vista. Le attività dei Centri diurni sono importanti soprattutto perché consentono una maggiore socializzazione e migliorano la qualità della vita. Poi però l'aggravamento del paziente è inevitabile e con le turbe del comportamento che ne conseguono è quasi sempre necessario il ricovero in strutture, dove sono ormai previsti dei centri specializzati per questo tipo di patologie».

L’associazione Alzheimer. La solitudine dei familiari e il disorientamento che li assale nel momento in cui si trovano ad affrontare il problema viene fortunatamente alleviato dalla presenza dei volontari dell'Associazione Alzheimer che offre sostegno, anche psicologico ai familiari. «Organizziamo gruppi di mutuo aiuto anche con il supporto di psicologi, utili per i familiari, che possono così scambiare esperienze, dare e chiedere consigli».
Ma si rivolge anche ai pazienti. L'ultimo progetto attuato che sarà ripetuto anche quest'anno si intitola "La memoria dei sensi" ed è finalizzato a stimolare i ricordi nei pazienti, attraverso la rievocazione delle loro esperienze sensoriali, attraverso odori, sapori, suoni, fotografie. «Un progetto che ha dato buoni risultati, sempre sul versante della socializzazione, anche in pazienti totalmente chiusi in loro stessi». Inoltre viene organizzato ogni anno un corso di formazione e informazione per i familiari, per i volontari e per gli operatori sanitari.

Le visite mancanti. Di più, l'associazione si trova anche a surrogare ad alcune carenze del sistema di assistenza pubblico. «C'è un problema di carenza delle visite domiciliari garantite dall'Ulss - denuncia Mello - mentre è importantissimo monitorare la situazione del paziente. Per questo l'associazione si fa carico, dove ve ne sia bisogno, di mandare a casa dei geriatri e sostenere i costi della visita se la famiglia non se li può permettere. Così come offre a chi ne ha la necessità quei rimedi terapeutici (soprattutto integratori alimentari di cui i malati hanno bisogno) che l'azienda sanitaria non fornisce.

Studi e ricerche, ma non si vedono soluzioni. Purtroppo allo stato attuale non esistono cure. E i rimedi sono ancora lontani. «Sono state individuate sostanze che hanno dato però dei risultati deludenti. Oggi si utilizza una terapia nella fase iniziale, a base di acetil colinesterasi, che rallenta il decorso. Ma non è risolutiva. Tempo fa era stato individuato un vaccino, ma la sperimentazione aveva messo in evidenza degli effetti collaterali devastanti. Ora si sta elaborando un vaccino diverso e speriamo - conclude il dott. Mello - che questo possa essere davvero risolutivo, anche per chi è già malato».

Serena Spinazzi Lucchesi - 21/09/07 - gvonline.it

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