Arresto obbligatorio per scippatori e ladri

FIRENZE — Aumentare la possibilità di arresto in flagranza e limitare i casi di scarcerazione. L'accordo interno al governo per punire con maggiore efficacia i reati che destano allarme sociale e far effettivamente scontare la condanna inflitta, sembra raggiunto. Via libera alla proposta di modificare il Codice di procedura penale in modo da equiparare gli illeciti più gravi a quelli commessi dalla criminalità organizzata. La cattura che adesso è obbligatoria soltanto quando viene contestata l'accusa di mafia dovrebbe essere estesa anche a furti, scippi, rapine, violenze e pedofilia. Ora resta però da sciogliere il nodo più difficile: la concessione dei poteri ai sindaci. La richiesta ribadita qui a Firenze nel corso della Conferenza sull'immigrazione ha l'appoggio del ministro Giuliano Amato, ma si scontra con le resistenze del responsabile della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero.

E con quella dei leader dei partiti della sinistra radicale che appaiono perplessi pure sulla possibilità di eliminare una serie di benefici finora concessi a chi commette illeciti puniti con una pena inferiore a tre anni. La maggioranza appare compatta sulla «stretta» decisa in tema di lotta ai clan. Dice sì all'ipotesi di abolire il patteggiamento in appello e il ricorso in Cassazione contro le sentenze emesse dal tribunale del riesame che impongono misure cautelari. È compatta nella decisione di procedere alla confisca immediata dei beni. Ma si divide quando si parla di crimini da strada e illegalità diffusa. «Presenteremo il pacchetto nelle prossime settimane», afferma Amato senza nascondere la difficoltà di approvare un provvedimento che alla fine metta tutti d'accordo. E consapevole che analoghi «pacchetti» varati negli ultimi anni hanno poi mostrato una serie di carenze che hanno di fatto modificato, talvolta sino a vanificarle, le novità introdotte. Il varo inizialmente previsto per la fine di settembre slitta anche per risolvere un'altra questione: il contrasto alla prostituzione.

La linea guida riguarda l'inasprimento delle pene per chi gestisce la tratta e per gli sfruttatori, ma si sta discutendo anche la possibilità di vietare la prostituzione in strada. Alcuni sindaci, Letizia Moratti in testa, lo hanno ribadito durante la riunione che si è tenuta martedì scorso al Viminale e adesso si attendono le conclusioni dell'Osservatorio del ministero dell'Interno per capire se si tratti di una strada percorribile. Poi hanno sottolineato la necessità di inserire nel provvedimento norme che consentano di affrontare l'emergenza legata ai Rom, ottenendo deleghe specifiche soprattutto per quel che riguarda l'allestimento dei campi. La richiesta degli amministratori locali era di procedere per decreto anche per dare immediata attuazione ai patti per la sicurezza firmati prima dell'estate, ma il governo ritiene che non ci siano i presupposti anche perché in Parlamento si rischia di non avere i voti per la conversione. Si procederà dunque con un disegno di legge dando priorità al contrasto dell'abusivismo commerciale, prevedendo l'immediata confisca e distruzione del materiale contraffatto.

E inserendo quegli aggiustamenti al Codice di procedura che modificano il sistema di concessione delle attenuanti anche tenendo conto dei precedenti specifici. Forse non è un caso che Amato abbia deciso di manifestare «il mio dissenso contro la sentenza della Cassazione che ha ritenuto di concedere le attenuanti a chi commette uno stupro in condizioni di degrado. Non c'è degrado che assolva da questa gravissima violazione: per me uno stupro è sempre uno stupro». L'obiettivo del governo, espresso nella bozza messa a punto dai tecnici del ministero della Giustizia e già discusso nel corso dell'incontro con i rappresentanti dell'Anci, è quello di ampliare «per i reati di massimo allarme» la possibilità di disporre la custodia cautelare in carcere e limitare al massimo i casi in cui scatta la remissione in libertà in attesa di giudizio. Proprio seguendo questa linea, si è deciso di intensificare l'accesso ai riti alternativi per snellire i processi e di allargare la «rosa» di casi nei quali può essere celebrato il giudizio con rito direttissimo.


Fiorenza Sarzanini - 23 settembre 2007 - corriere.it

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