Maddie: genitori chiedono macchina della verità

Maddie, i genitori chiedono la «macchina della verità»


MILANO — L'annuncio arriva a sorpresa. I genitori di Maddie, la bambina britannica misteriosamente scomparsa nel maggio scorso in Portogallo, sono pronti a sottoporsi alla «macchina della verità». Indagati dal 7 settembre per la morte accidentale della bambina e l'occultamento del corpo, Gerry e Kate McCann ribadiscono di «non aver nulla da nascondere».

«Per questo — spiega il loro portavoce — sono disposti a fare il test, a condizione che sia presente un esperto che possa garantire l'affidabilità totale dello strumento». Ma quel «totale» non è certo cosa facile da garantire. E al di là del fatto che in Portogallo simili apparecchi non sono utilizzati, dopo l'11 settembre in tutto il mondo le ricerche sulle metodologie delle «macchine della verità» si sono moltiplicate per migliorarne l'affidabilità alla caccia di eventuali terroristi. Così sono state affinate vecchie tecniche e inventate di nuove. Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia. Alla facoltà di Psicologia dell'Università di Padova Giuseppe Sartori, professore di Neuroscienze cognitive, ha messo a punto una nuova tecnica che valuta le menzogne per via indiretta. Funziona così. Alla persona da interrogare va applicata una cuffia che, attraverso fili e sensori, rileva il funzionamento cerebrale durante l'esame. Vengono anche registrati i tempi di reazione nelle risposte. Se c'è ritardo vuol dire che il cervello ha bloccato la risposta vera e automatica «perdendo tempo» per elaborare la bugia.

«È una tecnica che assicura un'affidabilità scientifica del 92% — spiega Sartori — ed è stata già sperimentata in casi di pedofilia e in casi di guida in stato di ebrezza, dove il livello dell'alcool è rilevato con certezza. E questo è fondamentale per avere un riscontro sull'affidabilità della macchina». È un procedimento del tutto diverso rispetto al più tradizionale dei metodi: il poligrafo che rileva pressione, sudorazione e battiti cardiaci del presunto colpevole. Le alterazioni tradiscono il bugiardo. Ed è proprio a questa procedura che i McCann vorrebbero affidarsi. I momenti di eccitazione però possono essere causati anche dalla tensione: una persona emotiva può cambiare involontariamente il risultato della prova. «In più per "fregare" la macchina — commenta Sartori — basta pizzicarsi un dito: così viene alterato l'indice di stress e il test è invalidato». Insomma, il 50% di veri innocenti non passa la prova. È inaffidabile ormai a detta di molti. Arriva invece dall'Arizona il «lie detector» (ovvero rilevatore di menzogne) battezzato «Brain fingerprinting».

La macchina individua «impronte digitali nel cervello» trasmettendole al computer. Alcune immagini, tra cui quelle di oggetti presenti sul luogo del delitto, vengono mostrate all'indiziato che, se coinvolto nell'evento, trasmette attraverso i sensori reazioni emotive. John Allen, professore di psicologia all'Università dell'Arizona, sostiene che «la tecnica rileva il 95% delle menzogne e anche un innocente passerebbe il test quasi al 100%». «L'elmetto della verità» è l'ultima invenzione dell'agenzia tecnologica del Pentagono e negli Stati Uniti è considerato il potenziale successore del poligrafo. Si basa sulla risonanza magnetica. «Ma anche qui — avverte il professor Sartori — ci sono problemi, perché basta muoversi durante la prova per mandare a monte tutto». Se le macchine della verità saranno utilizzate in sede processuale? Per ora sono usate con valore legale, su base volontaria, in 29 stati americani. L'Italia, proprio per l'inaffidabilità, non le ha mai prese in considerazione. Ma le cose potrebbero cambiare grazie ai progressi fatti finora. Perché le macchine della verità potrebbero essere strumenti per smascherare i colpevoli, ma anche per aiutare chi viene ingiustamente accusato di un crimine.


Cristina Marrone - 23 settembre 2007 - corriere.it

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