Fecondazione: si torna a congelare embrioni

MILANO — Crolla di fatto uno dei punti cardine della legge 40 sulla procreazione assistita. L'obbligo di mettere nell'utero tutti gli embrioni — parificati dalle norme del 2004 a vite umane — adesso vacilla sotto i colpi delle lettere di rifiuto che le coppie cominciano a presentare nei più importanti ospedali d'Italia. Testi, per lo più scritti a mano, con frasi del tipo: «I sottoscritti (...) diffidano il direttore sanitario dal trasferire tutti gli embrioni ottenuti». Quelli che rimangono tornano, dunque, a essere congelati. «L'utero è mio e me lo gestisco io», era lo slogan ai tempi della battaglia per la legalizzazione dell'aborto: paradossalmente, a tre anni di distanza dalle normative sulla fecondazione in vitro, la musica è la stessa. Chi ricorre alla diffida vuole evitare gravidanze plurigemellari che, secondo le stime dei medici, aumentano del 40% il pericolo di aborti prematuri o di malformazioni dei neonati. Le donne che rifiutano di farsi impiantare tutti gli ovociti fertilizzati svuotano di significato uno degli articoli clou della legge 40, il 14, comma 2: «Le tecniche di produzione (...) non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». È la norma, per intendersi, approvata con l'intento dei sostenitori della «vita umana anche se ancora in provetta», ma da subito duramente contestata dai promotori del referendum del giugno 2005 per i suoi rischi. Non solo: la crioconservazione degli embrioni è tassativamente vietata, nello stesso articolo, al comma 1. La rivolta contro il trasferimento degli embrioni a tutti i costi fa leva sull'articolo 13 delle linee guida approvate dal ministero della Salute nel giugno 2004 («Il transfer non è coercibile »).

MEDICI IN DIFFICOLTA' - Ma i medici sono in difficoltà. Ammette Guido Ragni, direttore del Centro di sterilità della Mangiagalli: «Noi dobbiamo rispettare il volere della donna che non può essere obbligata a un triplice impianto. Il problema è che la legge 40 prescrive il contrario ». Per cautelarsi, la Mangiagalli si è impegnata — caso per caso — ad avvisare la magistratura. «Il problema è serio — conferma Guglielmo Ragusa, responsabile del Centro di riproduzione assistita dell'ospedale San Paolo —. Il transfer di solo due ovociti fecondati è offerto, comunque, in situazioni particolari, soprattutto per pazienti sui 30 anni. Per il terzo embrione si procede, poi, a un programma di congelamento ovocitario». Nelle ultime settimane il Cecos, che raggruppa 28 centri privati specializzati nella fecondazione in vitro, ha diffuso un questionario per sondare l'applicazione dei punti controversi della legge 40. Tra questi il segretario nazionale dell'associazione Claudia Livi ha inserito l'articolo 14. Ci sono donne che rifiutano anche l'impianto di un embrione che presenta gravi anomalie. «All'inizio la coppia dichiara che si farà trasferire tutti gli ovociti fertilizzati, come dice la legge — spiega Emanuele Levi Setti, primario di Medicina della riproduzione all'Humanitas di Rozzano —. Ma nessuno, poi, vieta loro di cambiare idea, anche perché non sono sanzionabili. In questo caso scatta il congelamento. Da noi non ci sono ancora stati casi del genere, ma sappiamo che ci troveremmo davanti a un vizio di legge». Allarga le braccia il ginecologo Stefano Venturoli, tra gli autori delle linee guida, direttore dell'unità operativa di fisiopatologia della riproduzione dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna: «Non c'è dubbio che il regolamento attuativo sul punto in questione modifichi lo spirito della legge. Però è stato approvato da una commissione con membri di diverso orientamento politico. Alla fine siamo stati tutti d'accordo sul fatto che nessuno può fare un atto di violenza contro la donna». Il risultato è una legge considerata in contraddizione con se stessa.

Simona Ravizza e Monica Ricci Sargentini - 07/09/07 - corriere.it

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