In disco mi stordisco

Luci intermittenti che causano attacchi epilettici, musica a volume altissimo con melodia inesistente e testo di al massimo un paio di parole ripetuto all’infinito, ambiente con un tasso di umidità che supera quello della foresta equatoriale, sconosciuti sudatissimi e seminudi che si lanciano addosso agitandosi forsennatamente: anche se sembrerebbe la descrizione dell’inferno secondo Stefano Benni, i dannati in questione hanno addirittura fatto una lunga fila all’ingresso e pagato un salatissimo biglietto per entrare in discoteca.

Cosa spinge dunque una notevole quantità di persone a truccarsi accuratamente, scegliere i vestiti più adatti (generalmente aderenti e corti, sulla comodità poi ci sarebbe da discutere) e fare magari anche la messa in piega per rovinare il tutto dopo 15 minuti di danze scatenate? La scusa ufficiale è che in discoteca ci si va a ballare: senza scendere in disquisizioni sulla differenza tra balli come valzer, tarantella o liscio da balera rispetto ai movimenti sgraziati da musica da rave, c’è da considerare che per sfogarsi con la danza non c’è bisogno di un volume così alto, né di cubiste che vanificano anni di lotte femministe, né che un certo tipo di musica (chiamiamola la “punz punz”) abbia testi talmente brevi e idioti che in confronto “Gioca Jouer” sembra una canzone intellettuale. L’alienazione è inevitabile e volontaria: si staccano i collegamenti cerebrali per evitare di riflettere sui mali del mondo, o più in generale per evitare di pensare a qualunque cosa.

Il motivo principale che porta la gente ad umiliarsi aspettando in fila per strada di passare la selezione con trucidissimi buttafuori che ti scrutano dalla testa ai piedi è semplicemente che in discoteca è facile rimorchiare: il che è sicuramente vero, soprattutto per l’atmosfera vagamente dionisiaca causata dalla completa perdita di inibizioni e di ritegno. Difficilmente esistono altri luoghi dove si possa rimorchiare senza scambiare più di tre parole, anche perché avere una conversazione articolata può essere piuttosto difficoltoso se la musica non dà tregua: se il trucco squagliato e il sudore potrebbero risultare non troppo attraenti in condizioni mentali più sobrie, nell’ebbrezza generale e grazie alla scarsa illuminazione si soprassiede su certi dettagli. Buona parte dell’esaltazione generale è dovuta almeno all’alcol: e se è vero che le consumazioni al bar interno costano quanto una cena completa in pizzeria, non mancano offerte sottobanco di paradisi artificiali portati da casa.
Di discoteche ce ne sono di tutti i tipi e per tutti i gusti, dalla ultramodaiola a quelle con il vocalist, da quella rock alla latino-americana: il mercato, seppure soggetto a mutevoli mode transitorie, frutta notevoli guadagni, e numerosi V.I.P. di mezza tacca incrementano le entrate con partecipazioni come ospiti, ovvero serate in cui non hanno altro da fare se non farsi guardare mentre si divertono.

Non tutti i locali sono poi così alienanti, ma se lo scopo è solo quello di sballarsi, allora ci si può ubriacare anche al bar dello sport in piazzetta sotto casa: se non altro è più economico.

di Guendalina Gallo - 05/08/07 - ccsnews.it

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