Arriva anche in Italia la pillola abortiva

Milano, 12 nov. - L’azienda francese Exelgyn ha presentato domanda all'agenzia europea per i farmaci, l'Emea - con sede a Londra - per la commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486. La richiesta di autorizzazione dovrebbe arrivare all'Aifa, l'agenzia italiana per il farmaco, e già in primavera la pillola, presente in quasi tutti gli stati membri dell'Ue (con le eccezioni di Italia, Portogallo e Irlanda) dovrebbe essere disponibile anche in Italia, inizialmente ad esclusivo uso ospedaliero.

«La richiesta della Exelgyn all'Unione Europea per commercializzare anche in Italia la pillola abortiva Ru486, dimostra che gli interessi economici dalle case farmaceutiche prevalgono sui principi di tutela della salute» polemizza Giorgia Meloni (An), vicepresidente della Camera dei Deputati.

Ma il Ministro Livia Turco rassicura: «Dopo che, come previsto dalle norme europee, l'Aifa avrà verificato la sussistenza dei presupposti perchè il farmaco sia autorizzato anche nel nostro chiederò al Consiglio Superiore di Sanità di valutare l'eventuale necessità di specifici indirizzi, affinchè l'impiego del farmaco avvenga nel totale rispetto delle esigenze di tutela della salute della donna, garantite dalla legge 194».

E se il sottosegretario alle politiche per la famiglia Chiara Acciarini sottolinea che la Ru486, «per il corpo femminile, rappresenta un metodo meno invasivo rispetto all' applicazione della 194. Fermo restando, naturalmente, l'indispensabile controllo medico».

La capogruppo Prc in Commissione Sanità Erminia Emprin non ha esita ad affermare: «Sulla RU486 è in corso una inaccettabile campagna politica punitiva nei confronti delle donne che vogliono ricorrere a questo metodo abortivo. La RU486, di cui è stata richiesta la commercializzazione in Italia, non è una novità. E’ stata sperimentata da moltissimi paesi del mondo, compreso il nostro, e ci sono studi di valutazione scientifica dei rischi e degli effetti su un arco di più di cinque anni».
E continua dicendo che «non si comprende perché non si possano applicare nei suoi confronti gli stessi criteri che si applicano, alla somministrazione di tutti i farmaci – aggiunge – se la finalità fosse davvero quella che viene dichiarata, cioè la tutela della salute della donna, si dovrebbe allora tenere nella dovuta considerazione il fatto che ostacoli e divieti incoraggiano l'acquisto diretto del farmaco fuori frontiera e la sua assunzione in condizioni meno sicure. In realtà – conclude Emprin – si tratta solo di un nuovo attacco al principio di autodeterminazione femminile, con l’obiettivo di ricondurre le donne sotto tutela di uno stato paternalistico e patriarcale".

Valeria Carletti - 12/11/07 - voceditalia.it

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