Alcoldipendenza, cura in rete

Per sette su dieci la dipendenza dall'alcol è solo un brutto ricordo. Ma c'è anche chi è riuscito a far regredire le patologie organiche che, a lungo andare, subentrano. Sono gli interessanti risultati, a due anni dall'inizio, di un nuovo modello di trattamento dell'alcolismo e delle patologie correlate, avviato dalla Regione Liguria per affrontare un problema che, ogni anno, in Italia, provoca la morte di 42 mila persone e da cui finora si salva solo il 20-30% dei pazienti. Il segreto del nuovo modello organizzativo, consolidato a Genova e in sviluppo in Liguria, sta tutto in una parola: rete. Si tratta infatti di un progetto integrato ospedale-territorio realizzato attraverso una forte sinergia tra gli specialisti ospedalieri (gastroenterologi, neurologi, dietologi), quelli dei Sert e delle Asl (psichiatri, psicologi e fisiatri), le famiglie dei pazienti e le associazioni di volontariato. "L'ospedale si è aperto al territorio", spiega Alessandro Sumberaz, aiuto gastroenterologo al San Martino e segretario regionale della Società Italiana Alcologica, "gli stessi operatori che ci avevano mandato i loro pazienti li seguono poi in corsia e si formano gruppi di terapia psicologica. Finito il periodo di cure ospedaliere i pazienti sono riaffidati ai Sert e motivati a frequentare le associazioni di autoaiuto, pur continuando il follow-up degli specialisti tramite l'ambulatorio dell'ospedale".
Operando in questo modo si è costituita a Genova una vera e propria rete metropolitana di assistenza sanitaria. "All'origine del successo di questo modello organizzativo", dice Mario Testino, primario della Gastroenterologia del S. Martino e presidente regionale SIA, "c'è anche il fatto che l'alcolista, con la diagnosi precoce della malattia alcol-correlata, trova una motivazione in più per smettere di bere".
E che la formula funziona lo dicono le cifre: nell'arco di due anni s'è ottenuta l'astinenza totale dagli alcolici, a 6 mesi di follow-up, nel 70% dei casi trattati. Inoltre nel 20% dei casi più gravi si è riusciti a fermare l'evoluzione della patologia organica, la cirrosi, tanto da evitare il trapianto di fegato a chi era già in lista. (daniele diena)


06/12/07 - repubblica.it

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