Duemila anziani malati aspettano un ricovero

MARCO ACCOSSATO

TORINO

Duemila anziani non autosufficienti - tra cui numerosi malati di Alzheimer - sono in attesa di un ricovero che, quasi sicuramente, non avverrà a Torino. Oltre metà delle persone con handicap intellettivo grave sono state ospitate negli ultimi tre anni in strutture fuori città e addirittura fuori provincia, lontani chilometri dalle persone che possono occuparsi di loro: Cuneo, Alessandria, Asti. Non solo: mancano centri diurni, e chi ha problemi di demenza «pesa» quasi completamente sulle sole forze dei parenti.

Per la terza volta nell’arco di poche settimane le associazioni di volontariato tornano oggi in piazza per gridare la disperazione di troppe famiglie. Dal Csa alla Consulta per le persone in difficoltà, dal Sea all’Utim, dalla Diapsi al Volontariato vincenziano, tante voci diventano di nuovo una per chiedere «un piano straordinario di investimenti destinato a creare nuove strutture in città».

Non bastano più, ormai, le cinque case di riposo comunali per far fronte alla sofferenza, a volte all’abbandono quasi totale di queste persone. Non bastano neppure le altre 140 strutture accreditate a Torino e provincia. La disponibilità di letti è drammaticamente inferiore alla richiesta. «Oltre ai grattacieli - polemizza Maria Grazia Breda, responsabile del Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti - chiediamo al Comune di recuperare spazi ed edifici per i più deboli». Spazi a volte esistenti, disponibili ma vuoti: «Ad esempio - si legge su un volantino che sarà distribuito davanti al Comune - ci sono l'ex Astanteria Martini, un fabbricato in corso Regina Margherita 153, alcune parti dell'ospedale San Giovanni, l’ex casa di riposo Villa Primule, un'ala dell'Istituto Ricovero per la Vecchiaia in corso Unione Sovietica, un alloggio che era parte di un’ex comunità in lungo Dora Voghera, un altro alloggio di un ex centro diurno di via Baltimora». Infine, dicono le associazioni sul piede di guerra, «ci sono i patrimoni delle ex Ipab, destinati ai poveri, e gli alloggi vuoti dell’Atc che potrebbero essere ristrutturati con concessioni a privati senza spese a carico del Comune».

Nella città che invecchia sempre più, e sempre più deve fare i conti con la malattia cronica, «il Comune deve riprendere in mano la programmazione in materia di assistenza». E «deve farlo subito»: per questo, oggi dalle 17 alle 19, durante il terzo presidio della serie organizzato di fronte al Comune, saranno raccolte firme a sostegno della petizione popolare che ha già raggiunto quota 15 mila sostenitori. Una proposta che prevede di «tenere distinta la normativa per le persone disabili con handicap da quella per i non autosufficienti», che chiede anche al Governo «un aumento del finanziamento del fondo sanitario per le prestazioni destinate ai non autosufficienti», e prevede «per le famiglie che mantengono malati cronici non autosufficienti a domicilio un contributo aggiuntivo come integrazione ai servizi di cura domiciliare sanitaria e sociale già erogati».

E’ la sfida dei prossimi anni, «la sfida di una società civile», secondo i promotori del presidio di questo pomeriggio in piazza Palazzo di Città. Una doppia emergenza: perché oltre al dramma di chi non trova un posto per un parente in una Rsa (o lo trova distante da casa) c’è anche quello di che, costretto all’assistenza a domicilio, si trova a dover affrontare spese insostenibili. Una recente indagine presentata quindici giorni fa durante i Martedì Salute all’Unione Industriale ha messo in luce che - oltre a ciò che è garantito dal Servizio sanitario nazionale - assistere un malato non autosufficiente a casa costa, ogni anno, 30 mila euro tra badante, farmaci di fascia C, integratori alimentari e inevitabili ausilii vari.


3/12/2007 - lastampa.it

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