Fuori la mafia da Cardiochirurgia

L’Università si schiera con il primario: "Pronti a dargli quattro nuovi specialisti"

TORINO «La mafia prima insulta, poi isola, infine ammazza. Noi non intendiamo lasciare che il professor Rinaldi venga isolato!». Per arginare «la faida» in Cardiochirurgia all’ospedale Molinette di Torino dopo l’ennesimo scandalo (misterioso), l’Università conferma con parole durissime la sua «totale fiducia nel mandato del primario Mauro Rinaldi» e manderà presto in reparto quattro specialisti universitari che saranno i nuovi stretti collaboratori del professore arrivato da Pavia, allievo stimato di Viganò.
Una mossa - il giorno dopo il blitz delle Fiamme Gialle, dei sospetti e di veleni riesplosi - che più d’uno interpreta come la volontà di rompere definitivamente divisioni interne: nuovi medici per allontanare quelli che potrebbero essere ancora troppo legati al passato e ai primari che non ci sono più. «Il professor Rinaldi - dice il collega Marco Ranieri, responsabile dell’Anestesia e rianimazione delle Molinette - deve essere messo al più presto nella condizione di lavorare al meglio in Cardiochirurgia». Perché là dentro, condividono anche i professori Mauro Salizzoni, Giovanni Gandini, Antonio Robecchi ed Ezio Ghigo, «l’impressione è che qualcuno abbia imparato prima a denunciare che a operare».
Parole che pesano come macigni. Che non rasserenano certo il clima. Ma che - condivise anche dal preside di Medicina, Giorgio Palestro - potrebbero mettere fine una volta per tutte «al clima strisciante e insostenibile che si continua a respirare in Cardio».
«Dobbiamo pensare innanzitutto ai pazienti - dicono adesso gli universitari del principale ospedale piemontese - dare segnali positivi. Il sangue cattivo, il veleno, deve essere diluito con sangue nuovo, fresco». Tradotto: «Il modello della Cardiochirurgia che deve rinascere da questa brutta vicenda che mette in dubbio la credibilità dell’ospedale intero è il modello di un reparto che investe in risorse giovani - prosegue Ranieri -, forze che possono dare nuovo entusiasmo anche a chi è già presente da anni in quel reparto».
Oggi, l’unica espressione dell’Ateneo in Cardiochirurgia è proprio il professor Rinaldi, affiancato da una decina di medici ospedalieri. L’arrivo di nuovi universitari è atteso nelle prossime settimane.
E mentre qualcuno chiede le dimissioni del direttore generale per non aver sollevato prima il pentolone sulla «faida», mentre altri chiedono una commissione d’indagine anche regionale - al di là degli accertamenti avviati dalla procura - la direzione della Sanità pubblica si schiera con l’Università in un messaggio di totale appoggio che sembra rivolto anche a chi sta seguendo l’inchiesta e potrebbe annunciare presto il nome di persone indagate: «Crediamo - dice in una nota il direttore della Sanità pubblica, Vittorio Demicheli - che l’allarmismo che si è venuto a creare non sia affatto giustificato. La cardiochirurgia diretta dal professor Rinaldi, è un ottimo reparto». La qualità di una struttura come questa, sottolinea il dottor Demicheli,«si valuta soprattutto dal numero degli interventi effettuati e dalla percentuale di mortalità post-operatoria».
In reparto, alcuni di quei medici «legati al passato» che oggi dovrebbero sentirsi sotto accusa preferiscono non dire nulla. «Mi sembra una follia ciò che sta accadendo - commenta uno, chiedendo però di non comparire. Se qualcuno pensa che per screditare un primario si possano dimenticare aghi e garze in un paziente è un folle». Sulle gole profonde che potrebbero aver denunciato i colleghi, silenzio: «Siamo medici, lavoriamo per salvare la gente, non per fare le scarpe ai colleghi».

29/6/2007 - di Marco Accossato - fonte

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