Così cambieremo il codice penale

Pisapia: «Così cambieremo il codice penale»


ROMA (12 agosto) - «Certezza di scontare la pena inflitta dai giudici, non necessariamente carceraria. Introduzione della colpa grave, una via di mezzo tra delitto colposo e doloso (ad esempio per chi sotto effetto di alcol e droga guida e uccide) e codificazione del dolo eventuale. Maggiore attenzione alle vittime del reato con la nascita di un fondo di solidarietà cui devolvere il risarcimento danni a ignoti. Accelerazione del processo con misure di rapida efficacia».

Sono queste in sintesi alcune delle novità previste dalla riforma del codice penale. Una riforma predisposta dalla commissione insediata dal ministro della Giustizia Clemente Mastella e presieduta da Giuliano Pisapia, avvocato ed ex presidente della Commissione giustizia della Camera eletto come indipendente per Rifondazione comunista.

Presidente Pisapia, si parla di impunità diffusa: tornano in libertà piromani, ubriachi e drogati al volante che uccidono. Quali i rimedi?
«Con il ministro Mastella stiamo preparando una riforma radicale dei codici con uno scopo preciso: rendere certa la pena. Chi commette un reato deve sapere che sconterà sicuramente la sanzione prevista anche se il carcere sarà previsto solo per i reati più gravi».

Perché non il carcere?
«Stiamo ai fatti: nel decennio 1996-2006 sono stati inflitti 850.000 anni di detenzione in carcere che non sono stati scontati. In media 85.000 all’anno. Inoltre delle pene pecuniarie inflitte ed esecutive lo Stato riesce a recuperarne meno del 3 per cento. Il codice oggi fa la faccia feroce, minaccia pene draconiane che nella maggior parte non vengono eseguite e hanno dimostrato la loro inefficacia. E quando il condannato sconta il carcere, mi riferisco ai reati sopraddetti, questo funziona al contrario, cioè come scuola di criminalità, aumenta la recidiva ad un tasso del 68%. Oggi la società spende soldi per le carceri ma invece di recuperare il detenuto spesso lo perde a vantaggio del crimine. Non è logico, dobbiamo metter fine a tutto ciò. Va tenuto conto invece che chi sconta pene non detentive ha un tasso di recidiva dell’11%».

Quando il giudice condanna al carcere fino a due anni concede sempre la sospensione della pena?
«L’automatismo va rivisto perché dà un senso di impunità. Meglio creare una pena certa, anche non necessariamente carceraria, direttamente correlata con il reato commesso e che sia efficace per la società, per le vittime del reato e per il condannato. La riforma prevede che la sospensione condizionale non possa essere concessa per le pene pecuniarie, le pene interdittive e le pene prescrittive. Inoltre c’è una speciale attenzione alle vittime del reato: se il giudice infligge una pena non può essere concessa la sospensione quando non c’è risarcimento o riparazione del danno, salvo una oggettiva impossibilità. E il giudice anche se non c’è parte civile può condannare lo stesso l’imputato a risarcire il danno. La somma va a un fondo di solidarietà per le vittime del reato».

Cosa sono le pene diverse dal carcere?
«Ad esempio le pene interdittive, soprattutto per reati colposi e dei colletti bianchi, e una serie di pene prescrittive finalizzate innanzitutto al risarcimento dei danni e ai lavori socialmente utili e alla creazione dei presupposti per cui il soggetto sia posto in condizione di non ripetere condotte illecite. Un esempio concreto? Per la guida in stato di ebbrezza, c’è un problema di prevenzione. In Francia (ma pure in Germania e Inghilterra) con l’incremento dei controlli antialcol, 5 milioni all’anno, hanno visto diminuire i morti del 40%. In Italia ci sono 4 milioni di controlli sulle strade, ma meno di 500.000 sono i controlli del tasso alcolico. Allora non sarebbe più utile aumentare questi controlli antialcol per diminuire fortemente i morti, piuttosto che minacciare anni di carcere che in realtà non saranno scontati grazie alla sospensione condizionale della pena? Non è più efficace dare immediate sanzioni prescrittive, come l’obbligo di lavori finalizzati al risarcimento del danno o di lavori socialmente utili come la cura o l’assistenza per i 150.000 feriti gravi all’anno, investiti da persone che guidavano con troppo alcol in corpo?»


12/08/07 - di Mario Coffaro - ilmessaggero.it

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