La mappa della persecuzione religiosa nel mondo

Per mancanza di fondi, l’edizione del 2007 dell’annuale "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" non sarà pubblicata, nonostante gli autori abbiano svolto il lavoro di analisi e mappatura delle violazioni della libertà religiosa nei vari Paesi.


Per quasi dieci anni la Sezione italiana dell’Opera di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre - ACS, che dal 1947 s’impegna a favore dell’evangelizzazione nei Paesi in cui la Chiesa è perseguitata, è minacciata o è in difficoltà, ha pubblicato il "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo". Una pubblicazione, a scadenza annuale, in cui sono state denunciate le violazioni della libertà religiosa e le persecuzioni operate dai governi nei confronti dei cristiani e di altri gruppi religiosi. Sconcerta la notizia che - per mancanza di fondi - invece, l’edizione del 2007 non sarà pubblicata.

La difesa della libertà religiosa nel mondo è uno degli impegni prioritari del pontificato di Benedetto XVI. Si può dire che ne è un tema strategico. Al diritto alla libertà religiosa "va riconosciuto un posto di primo piano tra i diritti fondamentali dell'uomo", affermò il pontefice nel discorso al Corpo diplomatico il 9 gennaio 2006. E prima della recita dell’Angelus Domini domenicale del 4 dicembre 2005, ricordando i 40 anni della dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, aveva differenziato coloro che ne violano l'esercizio: "La libertà religiosa è ben lontana dall'essere ovunque effettivamente assicurata: in alcuni casi essa è negata per motivi religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell'agnosticismo e del relativismo". Questa denuncia di Benedetto XVI trovava nelle pagine del "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" un puntuale riscontro e ne documentava la sua analisi, come pure la ripetuta denuncia della Santa Sede sulle gravi persecuzioni dei cristiani nei Paesi islamici.

"Informare e denunciare la violazione di un diritto fondamentale come la libertà religiosa è un fattivo contributo alla pace - osservava il compianto dott. Orazio Petrosillo nella presentazione del "Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo", in qualità di presidente della Sezione Italiana di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" -. Nella strategia del fondatore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Werenfried van Straaten, scomparso il 31 gennaio 2003, la condivisione della denuncia non può avvenire senza una concreta risposta di generosità verso le invocazioni di aiuto che giungono da tutto il mondo". Quindi, l’annuale "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" voleva far conoscere a un vasto pubblico le realtà nelle quali opera l’ACS, che non è una organizzazione caritativa o assistenziale e nemmeno una sorta di Amnesty cattolica. Il suo obiettivo è la raccolta di fondi, grazie alla generosità di oltre 500 mila benefattori in tutto il mondo, per soccorrere la Chiesa cattolica - vi è però anche un'importante azione a favore della Chiesa ortodossa russa - ovunque la mancanza di mezzi economici o la violazione della libertà religiosa rendano difficile o impossibile la sua missione evangelizzatrice.

Il "Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo" era giunto ormai all'ottava edizione. Anno dopo anno, il Rapporto si era imposto all'attenzione di uomini di Chiesa, diplomatici, politici e giornalisti, come uno strumento indispensabile per chi voglia conoscere la situazione della libertà religiosa in tutti i Paesi del mondo. Il Rapporto è stato citato anche da autorevoli personalità della Santa Sede e della Chiesa italiana così come in Commissioni parlamentari nazionali e dell’Unione europea, quale fonte affidabile nel campo della libertà religiosa. Pur redatto da un’associazione cattolica al servizio della Chiesa dovunque essa sia perseguitata o minacciata o in difficoltà, questo Rapporto ha mantenuto sempre un approccio non confessionale, perché prende in esame la situazione di ciascun Paese, con riferimento a ogni tipo di violazione della libertà religiosa riguardante i credenti di qualsiasi fede. Non si limitava quindi a monitorare la situazione delle Comunità cattoliche o soltanto cristiane.

Seppure il "Rapporto 2007 sulla libertà religiosa nel mondo" non sia pubblicato, gli autori comunque hanno svolto il lavoro di analisi e mappatura delle violazioni della libertà religiosa nei vari Paesi, nell’anno trascorso. Quindi, per tracciare una mappa aggiornata delle vessazioni subite dai cristiani, l’agenzia Zenit ha intervistato Andrea Morigi, giornalista del quotidiano Libero, conduttore di Radio Maria, nonché coordinatore del "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" di Aiuto alla Chiesa che Soffre dal 1998.

Nella prima parte dell’intervista a Zenit, Andrea Morigi illustra le gravi persecuzioni subiti dai cristiani nei Paesi islamici, mentre nella seconda parte racconta alcune violazioni della libertà religiosa in Paesi come India, Buthan, Nepal e Cina, senza dimenticare Paesi come Cuba e Venezuela, o il Mondo occidentale.

La gran parte dei musulmani nel mondo non è fondamentalista né ostile alle persone che praticano altre religioni o che non credono, eppure, nei paesi a maggioranza islamica, l'intolleranza violenta per chi non crede nel Corano ed anche per chi è solo moderato, sembra in crescita ... Violazioni alla libertà religiosa sono state denunciate in Algeria, Malesia, Pakistan, Palestina, Libano ... Può farci un quadro della situazione?

Andrea Morigi: "Se partiamo dalla cronaca, ogni giorno ci troviamo di fronte a fatti gravi di intolleranza nei confronti dei cosiddetti ‘infedeli’ che vivono come minoranze tra i musulmani. La fuga ininterrotta dei cristiani dall’Iraq rischia di sancire la scomparsa definitiva di alcune comunità tra le più antiche, i Siri. È vero che a provocarla sono terroristi, più o meno variamente collegati ad Al Qaeda, eppure non si registra certo una reazione popolare in difesa dei perseguitati. Non so se sia per timore di essere coinvolti, a causa della lunga abitudine a non immischiarsi dei fatti altrui maturata durante gli anni del regime di Saddam Hussein e dovuta più che altro a ragioni di sopravvivenza, oppure piuttosto a una vicinanza ideologica al fondamentalismo. Di fatto si assiste all’isolamento, interno e soprattutto internazionale, delle vittime, mentre si trova sempre qualcuno disposto a "capire" le ragioni dei terroristi. Tanto che i politici e i diplomatici che vorrebbero mostrarsi più sensibili arrivano a concepire un piano che creerebbe una sorta di ‘riserva indiana’ nel Nord dell’Iraq, dove raccogliere i cristiani in pericolo di vita. Nessun governo però ritiene di dover intervenire con un atto di ingerenza umanitaria, come accadde durante la guerra di Bosnia, perché si continua a considerare la guerra santa come la conseguenza della lotta al terrorismo, e non un fenomeno endogeno connaturato all’islam. Allo stesso modo, per non suscitare reazioni, si abbandonano al loro destino tutti coloro che soffrono, sottoposti alla legge islamica. Nessun Paese ne è esente, a partire dai più ‘liberali’, come la Tunisia, dove comunque non è consentito a una donna musulmana sposare un non-musulmano. In Arabia Saudita opera una polizia religiosa, la Muttawa, che vigila sul comportamento islamicamente corretto della popolazione, compiendo raid nelle case degli immigrati Filippini o Indiani che si riuniscono per recitare il Rosario o leggere la Bibbia, reati considerati gravissimi nel territorio ‘santo’ dell’islam e per i quali sono previsti il carcere, il sequestro di ogni bene e il rimpatrio immediato. Altrove, la pressione si esercita in modo diverso, impedendo per legge la conversione ad altre religioni o limitando amministrativamente la diffusione pubblica e privata del messaggio evangelico. Se si abbandona l’islam si può essere messi a morte in Iran, in Sudan, in Mauritania, mentre in Pakistan si perde la tutela dei propri figli e il diritto di ereditare patrimoni dai propri parenti musulmani. E questo rappresenta un problema di violazione della libertà religiosa degli stessi musulmani, completamente ignorato in nome del relativismo culturale, secondo il quale ogni uso e costume va rispettato se non si vuole essere accusati di imporre colonialisticamente le regole della civiltà occidentale".

Violazioni alla libertà religiosa e problemi di sicurezza personale nell'ambito delle comunità musulmane stanno emergendo anche in Europa. Le vittime sono in particolare le donne e i musulmani che rifiutano e denunciano il terrorismo e il fondamentalismo. Cosa può dirci in merito?

Andrea Morigi: "Lo stesso modello multiculturale si replica ovunque. Non a caso in Italia è stato proprio un musulmano che vive sotto scorta, il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, a convocare per primo una manifestazione per la libertà religiosa all’inizio di luglio. E al processo che si sta svolgendo a Brescia per l’omicidio di Hina Saleem, la ragazza pakistana decapitata l’11 agosto 2006 dai suoi parenti per aver voluto infrangere le regole della sharia vivendo come un’occidentale, sono state le donne musulmane a chiedere di costituirsi parte civile, anche per dare un segnale di speranza a tutte le mogli e le figlie di immigrati costrette a vivere segregate. Con loro c’era anche un’unica deputata, Daniela Santanchè, di Alleanza Nazionale. E chi non ha mosso un dito per esprimere solidarietà alle vittime della violenza ha avuto il coraggio di accusarla di aver strumentalizzato il caso. Allora, io dico: ben vengano le strumentalizzazioni, se servono a far emergere la realtà di soprusi e schiavitù che si nasconde dietro e dentro le moschee. Pensi che il giorno successivo alla dimostrazione davanti al Tribunale di Brescia, Dounia Ettaib, la leader delle donne marocchine che avevano manifestato, è stata aggredita in viale Jenner, a due passi da dove sorge l’Istituto culturale islamico di Milano. Due uomini le hanno intimato di smettere di gettare fango sull’islam e l’hanno minacciata fisicamente. È una cittadina italiana, pur essendo immigrata. Il che significa che si vanno restringendo gli spazi di libertà anche per noi tutti che siamo nati e cresciuti in questo Paese, come se la convivenza civile e le istituzioni democratiche stessero lasciando il passo a delle zone franche - si direbbero dei germi di califfato - in cui la sovranità nazionale è stata sostituita dalla legge del Corano".

Esistono misure contro l'attività missionaria dei cristiani anche in Tajikistan e Uzbekistan, vero?

Andrea Morigi: "Non si è ancora estinta l’eredità dei regimi sovietici. Hanno schiacciato ogni possibilità di testimonianza religiosa per settant’anni e ancora oggi, gli Stati che ne sono i successori trattano la questione religiosa come un problema di ordine pubblico. È chiaro che, nei Paesi ai confini con l’Afghanistan, la minaccia terroristica legata al fondamentalismo esiste ed è concreta, ma la soluzione non consiste certo né nel dirigismo confessionale né nell’imposizione di limiti alle religioni non islamiche. Invece una recente bozza di legge del Tajikistan renderà praticamente la vita impossibile a cattolici, protestanti e baha’i, che protestano invano senza che nessuno a livello internazionale presti loro ascolto, se non l’Osce. Tutto ciò per tacitare le proteste dei musulmani, ai quali viene fissato un tetto sul numero consentito di moschee e viene impedito di formare partiti confessionali. Nel frattempo, in Turkmenistan, i testimoni di Geova Nuryagdy Gayyrov e Bayram Ashirgeldyyev sono stati arrestati e i fedeli della Chiesa battista sono finiti a scontare una condanna a tre anni nei campi di lavoro soltanto per essersi dichiarati obiettori di coscienza, come è accaduto a Vyacheslav Kalataevsky o per ragioni squisitamente religiose, come nel caso di Yevgeny Potolov. Ma alla repressione non è sfuggito nemmeno l’ex mufti Nasrullah ibn Ibadullah. In Uzbekistan, poi, ci si scatena letteralmente sulle denominazioni minoritarie, come la chiesa pentecostale dell’amore di Dio, sui musulmani e sugli Hare Krishna, con sequestri di libri e video, arresti e processi - anche se può sembrare paradossale - per violazione delle leggi sulla libertà religiosa. Infine, ma in realtà non si finirebbe mai, ci sono 19 tra cattolici e protestanti, tra cui la sedicenne Feodora Andreyevskaya e la quattordicenne Yuliya Kosheleva, finiti in carcere dal 5 al 7 luglio in Bielorussia per aver presentato una petizione che chiede di cambiare la legge del 2002 sulla libertà religiosa. E si noti che le petizioni sono del tutto legali per la Costituzione di Minsk".

Anche negli scorsi anni il "Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre" non si è occupato soltanto della sorte dei cattolici ma anche degli appartenenti ad altre confessioni e ai nuovi movimenti religiosi. Perché?

Andrea Morigi: "Perché non sarebbe cattolico fare diversamente. Si elencano anche le violazioni commesse nei confronti di membri di altre religioni non per smanie di correttezza politica o ecumenica, ma perché il Concilio Vaticano II, nella sua Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae riconosce tale diritto innanzitutto agli individui, poi alle comunità. E mi pare di poterlo interpretare nel senso che Nostro Signore Gesù Cristo si è incarnato, è morto ed è risorto per ogni singolo uomo. E con ciò ha anche reso pubblica la primissima dichiarazione nella storia sui diritti umani, che non si identificano e non si sovrappongono con la ‘libertas ecclesiae’. E questo ovviamente non toglie uno iota di verità al fatto che il Redentore abbia costituito sulla terra un’unica Chiesa ‘nella quale sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti’ e, come ha ribadito recentemente la Congregazione per la Dottrina della Fede, ‘questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica’".

Esistono dure leggi anticonversione anche in Paesi come India, Buthan e Nepal?

Andrea Morigi: "Gli Stati indiani che colpiscono la conversione degli individui dall’induismo sono Rajasthan, Gujarat, Madhya Pradesh e Chattisgarh, tutti governati dagli induisti del Bharatiya Janata Party (Bjp) che però è all’opposizione nell’Himachal Pradesh, l’ultimo Stato ad aver introdotto la legge anticonversione, nel gennaio 2007, su proposta del Partito del Congresso. Dunque sembra che il laicismo degli eredi di Indira Gandhi e il fondamentalismo indù coincidano nell’obiettivo di negare la libertà alle minoranze. Quando si tratta di territori fuori dalla loro giurisdizione, però gli indiani intervengono, come in Bhutan, dove la religione di stato è il buddismo mahayana. Così Nuova Delhi ha esercitato pressioni, un anno fa, per la liberazione di due cristiani pentecostali, Benjamin Budhu Mani Dungana e John Purna Bahadur Tamang accusati di proselitismo, arrestati nel gennaio 2006 e condannati al carcere rispettivamente per tre anni e tre anni e mezzo perché ritenuti colpevoli di aver mostrato in una casa di bhutanesi buddisti un film sulla vita di Gesù. Sembra uno scherzo, ma è considerato un reato grave in un Paese dove l’ingresso ai cristiani è proibito dal 1965, i cristiani non possono costruire chiese né riunirsi tra loro. Di certo, però, l’India non si scomoda per il Nepal, che per 238 anni, fino al 2006, è stato una teocrazia indù. Poi re Gyanendra è stato deposto e sono saliti al potere i maoisti. Il che, naturalmente, non migliora granché la situazione, perché i nuovi governanti hanno concesso dieci posti nel Parlamento a dalit, esponenti tribali, donne, un monaco buddista e un rappresentante islamico, ma i cristiani sono stati esclusi, nonostante abbiano prestato un prezioso soccorso alla popolazione durante tutti i lunghi anni della guerra tra terroristi maoisti e l’esercito".

In America Latina molto grave sembra la situazione a Cuba e in Venezuela. Cosa può dirci al riguardo?

Andra Morigi: "Soltanto che l’alleanza tra Hugo Chavez e Fidel Castro passa per gli accordi nuclear-petroliferi tra Caracas e Teheran. E che in tutti e tre i Paesi gli oppositori, cristiani e non, vengono sacrificati sull’altare di una rivoluzione che sembra avere come scopo principale quello di far sparire il cristianesimo dalla faccia della Terra".

La Cina che l'anno prossimo ospiterà le Olimpiadi e che cresce impetuosamente, nasconde in realtà molte gravi violazioni alla libertà religiosa, così come la violazione di molti altri diritti umani. Cosa si può dire in proposito?

Andrea Morigi: "La prima reazione, istintiva, è il paragone con le dittature e i totalitarismi del secolo scorso. Fino alla caduta del Muro di Berlino, i regimi autoritari venivano colpiti da sanzioni, boicottaggi, di cui ora non si vede nemmeno l’ombra. Poi subentra la consapevolezza che i meccanismi della par condicio funzionano sempre a senso unico e la barbarie comunista sembra godere di una immunità dalle condanne. Accanto a questa amara costatazione, però, c’è la certezza che la sofferenza dei credenti cinesi non è infruttuosa agli occhi di Dio. Quei 16 Vescovi fedeli alla Santa Sede che oggi risultano scomparsi o incarcerati, insieme ai venti sacerdoti attualmente agli arresti rappresentano una sconfitta politica per il Partito comunista che vede l’insuccesso del tentativo di cancellare la Chiesa iniziato nel 1957, con la creazione della Chiesa Patriottica Cinese, fedele al regime. Lo dimostra il vero e proprio ‘sacro terrore’ che le autorità di Pechino hanno della preghiera, contro la quale non sanno che strategia adottare, se non inutili divieti. Perciò, il 16 luglio i 40-50mila fedeli dell’Henan che si radunano da decenni per andare in pellegrinaggio al santuario della Madonna del Carmelo di Tianjiajing, non hanno potuto farlo perché il governo della provincia dell’Henan ha ordinato la distruzione del luogo di culto con l’esplosivo. Hanno fatto saltare in aria anche una statua della Vergine, di oltre un secolo fa, e le 14 stazioni della Via Crucis che costellano la strada. Che il crollo del comunismo si debba alla Madonna di Fatima, dunque, lo capiscono anche gli atei più militanti e aggressivi, quelli che minacciano i sacerdoti per convincerli a desistere dal pellegrinaggio, ma non possono fare altro che proclamarsi impotenti".

Il relativismo morale dominante nei Paesi occidentali sembra voler stravolgere anche la logica che sta alla base dei diritti umani. Così accade negli Stati Uniti che un genitore non si possa opporre all'insegnamento obbligatorio che insegna ai bambini di accettare e sottoscrivere l'omosessualità. In questo caso la religione cattolica è stata accusata di essere intollerante e la libertà religiosa di quei genitori e dei loro figli è stata limitata. Come può accadere tutto ciò?

Andrea Morigi: "Accade perché negli Stati Uniti la distinzione tra la sfera religiosa e quella civile si è trasformata in una contraddizione che alimenta un’idea privatistica della libertà religiosa. Vi è chi ritiene che la fede sia un fattore di civiltà e combatte contro queste interpretazioni, ma deve subire l’accusa di fondamentalismo e fanatismo. Di conseguenza, anche nel resto dell’Occidente, la separazione tende a diventare invasione, come in Spagna, dove nel giugno scorso è stato introdotto l'insegnamento ‘Educazione per la Cittadinanza e i Diritti Umani’, che dal prossimo anno scolastico imporrà agli studenti, come materia curricolare, l’educazione all’accettazione di diversi tipi di famiglia e di affettività, comprese quelle omosessuali. Curiosamente, nello stesso tempo, anche il governo totalitario di Cuba sta pensando di riformare il Codice di famiglia per concedere alle coppie gay il riconoscimento giuridico della loro convivenza, l’adozione di minori e l’accesso alla fecondazione assistita. Così, la convergenza nella lotta ai princìpi morali sembra essere l’unico comun denominatore che unisce i Paesi democratici e non".

Così, anche se il "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" di Aiuto alla Chiesa che Soffre quest’anno è costretto a "saltare" un’edizione, ne abbiamo almeno dato una sintesi. Ci sono speranze che ritorni a essere pubblicato?

Andra Morigi: "In realtà, la sintesi non basta a dare un quadro complessivo della minaccia che impedisce la missione della Chiesa. Ma ci sono senza dubbio le premesse per riprendere, dopo una sosta di un anno, magari rinnovando anche il metodo di ricerca e ridando slancio all’approfondimento delle analisi. Ma le speranze sono legate agli uomini di buona volontà, che non vorranno lasciare soli, davanti ai loro boia, i cristiani e i fedeli di altre religioni che quotidianamente testimoniano in modo eroico il loro coraggio di credere. Ricordo che, oltre alla versione italiana, il Rapporto di ACS ha conosciuto diverse traduzioni in lingue straniere ed è stato finora l’unico esempio di denuncia delle violazioni della libertà religiosa prodotto da una organizzazione indipendente. Certo, i governi non amano essere messi sotto accusa e il risultato è che pongono ogni ostacolo, compresa l’indifferenza, alle opere di misericordia spirituale come questa. Ma coloro che vorranno dare un segnale in controtendenza possono rivolgersi ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - ACS, Opera di diritto pontificio che presta la propria attività dal 1947 a favore dell’evangelizzazione nei Paesi in cui la Chiesa è perseguitata. Ma, quando nell’opinione pubblica manca la consapevolezza della necessità in cui si trovano i propri fratelli, anche la solidarietà rallenta. Perciò, chi ritiene che la preghiera sia il mezzo più importante, ma che occorra anche sacrificare un po’ del proprio tempo e delle proprie risorse, può visitare il sito Internet di ACS, inviare una lettera ad ACS-Italia, piazza San Calisto 16, 00153 Roma, telefonare allo 06-698.93911, o spedire una E-mail ad ACS-Italia".

Fonte: Agenzia Zenit Zenit.org.

di Alessandro Renzo/ 22/07/2007 - korazym.org

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