Le quote rosa: un altro colpo alla meritocrazia

Il sessismo non dovrebbe mai prevalere sulla competenza


Milano, 19 lug. - L’introduzione delle quote rosa potrebbe sembrare una mossa brillante. Insomma, tutti d’accordo nell’affermare che le donne subiscono ancora discriminazioni, sebbene sicuramente l’argomento in sé meriti approfondimenti più seri di quanti se ne possano trovare sui giornali in questi giorni.


Eppure l’introduzione delle quote rosa in qualunque settore non sarebbe altro che l’ennesimo colpo alla meritocrazia che in Italia già soffre di mali non indifferenti. Nepotismo, raccomandazioni e corporativismo regnano sovrani a partire dalla politica, che, lungi dall’essere esempio, mostra a tutto il paese i vizi della nostra società. Le quote rosa non premierebbero la persone in grado di distinguersi per capacità o abilità, e, se da una parte forse garantirebbero l’estinzione di un maschilismo becero che sopravvive tuttora in svariati rami della società, dall’altra creerebbero delle scelte obbligate in base al sesso che prescinderebbero dall’effettiva competenza dei selezionati.


Supponiamo che una società, per scegliere la sua dirigenza, composta da dieci persone, sottoponga i candidati ad un test ed allo stesso tempo tenga conto delle quote rosa (o quote blu, il concetto non cambia). Supponiamo pure che su cento persone partecipanti cinquanta siano uomini e cinquanta donne. Statistica vorrebbe che i primi dieci selezionati si comporranno di cinque donne e di cinque uomini. Allo stesso tempo la statistica spesso lascia il tempo che trova, perché, come vuole una celebre battuta, tenendo i piedi nel freezer e la testa nel forno statisticamente la vostra temperatura media è perfetta. E’ dunque possibile che, per un caso della sorte, secondo il test effettuato i primi cinquanta risultino solamente uomini. Questa società, secondo la logica delle quote rosa, dovrebbe selezionare i primi cinque di essi e cinque donne (la cinquantunesima, la cinquantaduesima…) ragionando secondo una logica che esclude la competenza.


Questo ragionamento non intende asserire le donne siano inferiori agli uomini (gli stessi concetti valgono in chiave inversa), quello che si intende sottolineare è che la competenza dovrebbe prevalere rispetto a logiche di rivendicazioni sessiste, soprattutto perché è la gestione dell’Italia stessa che ne potrebbe risentire. Anche perché accettando le quote rosa si convalidano automaticamente le quote cristiane, ad esempio, oppure le quote musulmane, o ancora induiste. E i disabili? E gli uomini di colore? E’ innegabile che anch’essi subiscano discriminazioni nell’attuale società. Perché dunque non dovrebbero meritare una quota garantita al governo? Oppure in Parlamento? O in qualsivoglia settore?


Il problema non è assicurarsi chi e in quale percentuale si debba eleggere o votare, il problema è assicurarsi che tutto ciò avvenga in base alla capacità, al merito, e non in base a degli obblighi che divengano una costrizione. L’obiettivo principale deve essere quello di debellare i nepotismi, le raccomandazioni ed il corporativismo, non di far sì che essi valgano per entrambi i sessi. Ben venga anche l’80% di donne in parlamento se questo 80% rappresenta il massimo della competenza del nostro paese.


Paolo Magarini - politica.milano@voceditalia.it - 19.07.07 - voceditalia.it

Nessun commento:

Basta guerre nel mondo!