Il flop del nuovo codice stradale

Il flop del nuovo codice confermato dai dati: boom di morti sulle strade


Annalisa aveva tre mesi e stava dormendo tra le braccia di sua madre. Fino al momento in cui Roy Jacobson, 31 anni, liberiano, alla guida della sua auto sotto l’effetto di un cocktail di metadone, cocaina e anfetamina, l’ha uccisa sul colpo andandosi a schiantare contro la «Punto» su cui la piccola viaggiava.

Non un caso isolato, ma solo l’ultimo in ordine cronologico in una casistica che assomiglia sempre di più a un bollettino di guerra. Le cui dimensioni hanno spinto il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, a inviare una lettera al Corriere per cercare di frenare l’onda di sdegno che si sta levando nell’opinione pubblica. Un invito a «non cedere alla pressione delle emozioni», e in cui vengono annunciate le proposte di riforma del codice penale con la codificazione della «colpa grave» e del «dolo eventuale», che troverebbero applicazione proprio nella repressione di reati come la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. E che Mastella pensa di anticipare in sede di conversione inserendole nel decreto legge di riforma del codice della strada, entrato in vigore lo scorso 3 agosto. Un tentativo, quindi, per frenare il pesante tributo di sangue che si continua a pagare ogni giorno sulle strade italiane. In virtù del fatto che proprio la riforma del codice della strada che prevede, tra l’altro, l’inasprimento delle pene per chi guida ubriaco o drogato sembra al momento inefficace, specie da un punto di vista della capacità deterrente.

Una sensazione che, a 11 giorni dalla sua entrata in vigore, si consolida leggendo le statistiche rilevate dalle pattuglie della «stradale» e che la Polizia di Stato pubblica ogni giorno sul proprio sito. Dall’inizio del mese (e fino a ieri) sono state accertate su strade e autostrade 93.804 infrazioni di cui 38.585 per eccesso di velocità, mentre 1580 sono state le persone sorprese alla guida sotto l’influenza di alcool o droga. Gli incidenti invece sono stati 2953, con 64 morti e 2346 feriti. E proprio sulle norme del nuovo codice interviene l’Aduc che si scaglia contro la politica del «muso duro», cioè di una «repressione» che dovrebbe indurre «futuri delinquenti ad avere timore». Una filosofia che però, secondo l’associazione, «non ha mai pagato e non si capisce perché dovrebbe farlo in futuro» ma utile solo al legislatore a «farsi bello, duro e forte di fronte ai propri adulatori a spese del contribuente e della vita». L’unica via praticabile secondo l’Aduc sarebbe quindi quella della prevenzione aumentando i controlli e i fondi a favore degli operatori. Un discorso che trova d’accordo anche Giuliano Piasapia, presidente della commissione di studio per la riforma del codice Penale, che sul Messaggero nei giorni scorsi ricordava l’esiguità dei controlli antialcol in Italia, 400 mila contro i 5 milioni di Francia, Germania e Inghilterra, paesi in cui il numero dei morti è calato di oltre il 40 per cento. Una via da preferire «ad anni di carcere che poi non saranno scontati». Un’urgenza al centro delle nuove regole annunciate dal ministro della Giustizia. «Oggi - spiega al Giornale il professor Pisapia - per condanne fino a 2 anni si patteggia o avviene la sospensione condizionale, cosa che alimenta una sensazione di ineffettività della pena. Le nuove norme dovranno servire proprio ad eliminare quel senso di impunità». Con l’introduzione di un doppio binario: da una parte la pena detentiva e dall’altra la pena interdittiva consistente nella revoca della patente, nell’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia, di prestare lavori socialmente utili o finalizzati al risarcimento del danno. Con una differenza rispetto al passato, che una volta decise dal giudice «andranno effettuate realmente» spiega.

Ma non sembra un po’ poco rispetto a fatti come quelli di Caserta? «No perché l’altra novità riguarda la pena detentiva. Oggi la sospensione condizionale per condanne sotto i due anni scatta in automatico. Col nuovo codice invece si applicherà solo dopo attente valutazioni da parte del giudice e con l’osservanza di precise prescrizioni da parte del condannato. In mancanza delle quali il beneficio verrà revocato e la pena applicata integralmente».


14/08/07 - di Stefano Casamassima - ilgiornale.it

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