L’Italia del terrorismo, L’Italia dei delitti

Da qualche giorno non si parla d’altro. L’omicidio del giovane tifoso della Lazio Gabriele Sandri, colpito dal proiettile di un poliziotto, ha innescato una violenza che non si vedeva dal G8 di Genova. La violenza che torna a occupare le strade del nostro paese, contro i poliziotti, le forze dell’ordine. È la guerra di gioventù vendicativa, che non ha nulla a che vedere con movimenti pacifisti, o con il tifo sano. Una guerra contro chi ha la divisa. Ma è anche la guerra contro una situazione sociale ormai insostenibile.


I fatti di oggi ricordano per più versi quelli di Genova del luglio 2001. Non a caso anche per il G8 si parlò di interferenze di ultras estremisti. Ma a Genova non si parlò di terrorismo. Ma l’elemento più preoccupante è che lo stesso odio, la stessa violenza si trova ormai ovunque: nelle mura domestiche, nelle scuole che dovrebbero tutelare ed educare i ragazzi, all’interno di insospettabili rapporti d’amore.

Un giovane tifoso della Lazio ha perso la vita, ma ormai ogni giorno assistiamo a episodi di brutale violenza. Si propone di fermare il calcio, di fermare i giochi finché non si elimina il terrorismo diffuso. Ma potrebbe bastare?

E’ ancora nell’aria l’amarezza per la morte della giovane ragazza venuta a Perugia per studiare e dove invece ha trovato la morte. Tre giovani sono stati fermati con l’accusa di concorso in omicidio e violenza carnale: si tratta di Amanda Marie Knox (un’americana di 24 anni coinquilina della vittima), Raffaele Sollecito (un ragazzo italiano 20enne, studente fuori sede) e Patrick Diya Lumumba, 37enne dello Zaire. La situazione nella quale è maturato il delitto potrebbe essere una serata a quattro, diventata particolarmente calda, pur senza l’utilizzo di droghe o di alcolici. È probabile allora che proprio la ribellione della ragazza di fronte a un tentato sopruso sessuale stia la ragione della morte della ragazza.

Poco tempo prima l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, per il quale l’unico indiziato resta, ad oggi, il fidanzato Alberto Stasi, ha occupato le pagine dei giornali. A morire ancora una volta una persona comune, dalla vita apparentemente tranquilla. Forse per mano del ragazzo che amava.

Non meno gravi i casi di minori o giovani che spariscono da casa e spesso non vi fanno ritorno. Era il 26 settembre 2002 quando Desirée Piovanelli, quattordicenne di Leno, nella bassa bresciana, venne barbaramente uccisa. Giovanni Erra, 36enne del paese, insieme a due minorenni, amici della vittima, trascinano Desirée in una casolare abbandonato, e qui la seviziano, la violentano, fino a ucciderla. Nessun’ombra nel ritratto di Desirée: ubbidiente in casa, niente grilli.

E ancora nel 2001, a Novi Ligure (Alessandria): Erika de Nardo, 16 anni, racconta tra le lacrime che due uomini, probabilmente degli albanesi, penetrati nella villetta hanno massacrato a coltellate la madre ed il fratellino, mentre lei, dopo una colluttazione con uno degli assassini, è riuscita miracolosamente a fuggire. Poco dopo Erika chiama con il cellulare il suo fidanzatino, Omar Mauro Favaro, 17 anni, che la raggiunge immediatamente. Passano 48 ore e si scopre che chi ha compiuto la strage sono proprio i due giovani, per motivi apparentemente futili, forse i soliti scontri tra genitori e figli.

Caratteristica dei delitti simili a quelli sopraccitati è l’escalation di violenze fisiche ai danni delle persone. Le motivazioni che spingono alcuni individui a commettere tali azioni si possono guardare da diverse angolazioni: il contesto socio famigliare, il ruolo che possono avere la scuola e le istituzioni nel comprendere e gestire le dinamiche dei più giovani che possono sfociare in gesti estremi, o ancora che effetti può avere l’idea e la percezione della libertà comunemente diffusa, se induce a non saper definire quali sono i limiti che non si possono attraversare e le leggi da non infrangere.

Cosa accomuna tutte queste persone? Probabilmente quel momento di “follia” che la stampa ha spesso nominato “black out”. Le ragioni dell’omicidio forse un giorno saranno scoperte, ma difficilmente sarà possibile spiegare cosa passa nella mente del carnefice nell’istante in cui uccide la sua vittima. Della nostra Italia rimane solo questo?

15/11/07 - agoramagazine.it

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