Violenza contro le donne: dalla protesta all’azione

In Europa la prima causa di morte e invalidità delle donne tra i 15 e i 60 anni è la violenza per mano maschile, che viene esercitata per più del 90% all'interno della famiglia da mariti, padri, fratelli, partners. Per riportare al centro del dibattito politico e culturale del Paese la violenza maschile contro le donne è stata indetta a Roma, il 24 novembre, una manifestazione nazionale.

Livia Turco, nel suo comunicato di adesione alla manifestazione, ha dichiarato che come Ministro della Salute intende promuovere un approccio globale dell’azione pubblica che include la formazione di tutti gli operatori, dai medici di medicina generale agli operatori dei servizi territoriali e ospedalieri, prevedendo la creazione di uno Sportello dedicato in ogni Pronto Soccorso e di Centri Regionali di riferimento, aperti per 24 ore.

Come ha sottolineato Margherita De Marchi (presidente del Centro antiviolenza Belluno-Donna) nel suo intervento al simposio sulla medicina di genere che si è svolto il 19 ottobre a Bolzano, la violenza contro le donne è infatti anche un gravissimo problema medico.

La donna che subisce violenze:
- si ammala di più, utilizza 3 volte di più i servizi sociosanitari, assume di più psicofarmaci, perde più giorni di lavoro, va incontro a invalidità permanente per gli esiti delle violenze.
- Ha disturbi psicologici e comportamentali (depressione e ansia, disturbi dell’alimentazione e del sonno, fobie, attacchi di panico, disturbo post-traumatico da stress, disturbi psico-somatici, bassa auto-stima, tentativi di suicidio, abuso di alcool, farmaci e altre sostanze, fumo, comportamenti sessuali non protetti).
- Subisce danni fisici (decesso, contusioni, ematomi, danni oculari, rottura timpano, fratture, ferite da taglio, bruciature, trauma cranico, lesioni addominali e toraciche, dolore cronico, fibromialgia, disturbi gastrointestinali, disabilità).
- Ha problemi che investono la vita sessuale e riproduttiva (gravidanze indesiderate, aborto, parto pre-termine, basso peso del nascituro, infezioni a trasmissione sessuale, infertilità, infezioni urinarie, disturbi della sfera sessuale).

Cosa può fare il medico?
- Può chiedere direttamente alla paziente, nel corso della semplice anamnesi, se ha subito violenza: dovrebbe porre questa domanda a tutte le donne, e in particolare a quelle che presentano i segni e i sintomi appena elencati. Ricordiamo infatti che il 94% delle violenze non viene denunciato.
- Deve compilare correttamente il referto: per la donna è spesso un documento essenziale.
- Ha l’obbligo di denunciare i reati procedibili d’ufficio dei quali viene a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni: le lesioni con prognosi superiore a 20 giorni, i maltrattamenti in famiglia, alcuni casi di violenza sessuale rientrano tra questi.


21 Novembre 2007 - pensiero.it

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