La Convenzione e la malattia mentale

Un punto di vista diverso rispetto alla Convenzione ONU sui Diritti delle
Persone con Disabilità, che centra la propria attenzione sui gravi problemi
delle persone con malattie mentali e delle loro famiglie. Lo riceviamo e ben
volentieri lo pubblichiamo


«Ogni giorno si verificano casi di violazione dei diritti umani nei confronti
di individui affetti da deficit mentali», ha recentemente
dichiarato Lee Jong-wook, direttore generale dell’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità), in occasione di una conferenza
internazionale svoltasi a Berlino, a cura della Presidenza
tedesca dell'Unione Europea, per cercare di accelerare l'operatività della Convenzione Internazionale
sui Diritti delle Persone con Disabilità
.

«Purtroppo - ha continuato Jong-wook - spesso, a causa di mille altri impegni,
queste problematiche si dimenticano e finiscono per essere completamente
ignorate
, nonostante esistano diverse proposte per cambiare tale
situazione, sia nei Paesi maggiormente industrializzati che in quelli del
cosiddetto Terzo Mondo».


La nostra Associazione ha già manifestato con una

petizione
al Parlamento Italiano
, il 28 maggio
scorso, le riserve e le preoccupazioni sull'involontaria confusione
culturale
che rischia di determinarsi circa le modalità e le
interpretazioni che la Convenzione potrebbe introdurre, non valutando
l'evidente discriminazione nei confronti delle persone con disordini psichici
.

Nel Preambolo del documento, i 191 Stati aderenti hanno convenuto, tra
l'altro, di «riconoscere la diversità delle persone con disabilità» (punto i),
includendo poi, all’articolo 1, comma 1, «coloro che presentano
minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine, che in
interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva
partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri» e all’articolo
3, lettera b
, la «non discriminazione» quale principio generale,
impegnando inoltre gli Stati «ad adottare appropriate misure legislative» (articolo
4, comma 1, lettera b
).

La Convenzione ha quindi l'obiettivo precipuo di affermare con notevole
incisività che tutti i cittadini disabili, specialmente quelli più
deboli, devono godere degli stessi diritti
.

Dal canto suo, il Governo Italiano, rappresentato dal ministro della Solidarietà
Sociale, ha sottoscritto il documento il 30 marzo scorso,
impegnandosi - secondo quanto riferito dai mass media - a «ridurre i tempi e a
promuovere le indispensabili misure legislative per la concreta applicazione
dell’accordo».


Ci sono però due passaggi della Convenzione che non riteniamo condivisibili.

Il primo fa riferimento alla questione della
riproduzione
e della pianificazione familiare
(articolo 23, lettera b, e 25 lettera a), in quanto l’accesso ai servizi o alla
salute riproduttiva potrebbero, a nostro avviso, promuovere le
contraccezioni
, favorire l’aborto, le limitazioni delle
nascite
, le sterilizzazioni, la non responsabilità dei
rapporti sessuali
- aumentando l’espandersi dell’epidemia dell’HIV/AIDS e
disattendendo dunque la procreazione responsabile - il tutto in
contrasto con altre parti della Convenzione
stessa, ad esempio con l'articolo
10
, ove si parla di «diritto alla vita», con l’articolo 15
(«nessuno sarà sottoposto a sperimentazioni medico-scientifiche») e con
l’articolo 16, ove si è contro «ogni forma di sfruttamento, di
violenza e di abuso».

Si tratta di metodologie che fanno tornare alla mente l’eugenismo
e le teorie di "selezione della razza" sin troppo
tristemente note o le stesse idee dell’economista Malthus che
attribuiva all’eccesso di popolazione i mali e le miserie sociali.




Il secondo punto della Convenzione che non condividiamo è
il voler associare il disabile con minorazioni fisiche
all'handicappato mentale
, in quanto se per il primo sussistono
possibilità di inserimento sociale e lavorativo, per il secondo si possono e
si devono attuare cure specifiche in strutture adatte, ma non si
possono prevedere né tempi di recupero né proposizioni di intendimenti
lavorativi
, pensando ad esempio ai concetti di intelletto
e responsabilità che caratterizzano l'intero testo dell'articolo
27, dedicato al lavoro e all'occupazione, il che, a nostro parere,
contraddice anche lo stesso punto e) del Preambolo,
ove si riconosce che «la disabilità è un concetto in evoluzione».



Ancora una volta, dunque, è forse necessario ribadire la differenza che noi
riteniamo fondamentale tra il disabile e l'handicappato.

Disabile è colui che è privato di una forza fisica,
sopravvenuta o congenita, di una certa incapacità fisica, ma che conserva la
lucidità mentale.

Handicappato è colui che ha ricevuto uno svantaggio in
partenza o un sopravvenuto ostacolo, un intralcio, un'inferiorità interna o
esterna, che gli impedisce di manifestare il massimo della sua potenzialità
per lo più psichica e meno fisica.

Alla luce di quanto detto, non riteniamo che la Convenzione - utilizzando i
termini «minorazione mentale» (articolo 1, comma 1), nel contesto di un
documento che si distacca chiaramente da un approccio medico-assistenziale,
per abbracciare quello rivolto ai diritti umani - consideri
specificatamente l’handicappato mentale, chiarendone lo status
.

E del resto è stato proprio il Legislatore italiano ad introdurre nella
Legge

104/92
il termine handicappato ed ora, in ottemperanza agli
obblighi generali contenuti nell’articolo 4 della Convenzione, l’Italia si è
impegnata ad adottare «appropriate misure legislative».

Ebbene, considerando che in ambito di malattia mentale, queste ultime
sono carenti nella nostra legislazione da ben ventinove anni,
il nostro Paese non potrà esimersi dall'applicare la Convenzione
anche per queste persone
, «in interazione con varie barriere che
possano impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società
su una base di eguaglianza con gli altri» (articolo 1,
comma 1).

E per arrivare ad un'appropriata diversificazione tra disabile fisico
e handicappato mentale - che oggi manca nella Convenzione
- chiediamo che l’Italia si avvalga anche, in sede di ratifica, dell’articolo
47, comma 1
, inserendo un proprio emendamento da sottoporre al
segretario generale delle Nazioni Unite, nel prossimo erigendo «Comitato sui
Diritti delle Persone con Disabilità» (articolo 34).

In un Paese come il
nostro, dove soltanto il 3% della spesa sociale è destinato alle
politiche familiari
- a fronte di una media europea che può contare
su una percentuale almeno del doppio - dove il Piano Sanitario
Nazionale 2006-2008
presenta chiare carenze di programmi di
sostegno alle famiglie con handicappati mentali
, dove il sistema
sanitario è troppo lento nel sostenere le persone affette da gravi forme di
malattie mentali, crediamo quindi sia giunta l'ora che le
Istituzioni adottino finalmente leggi appropriate
, riconoscendo i
diritti e le necessità degli handicappati mentali per la tutela della loro
salute, per le loro famiglie e per garantire la sicurezza di tutti i
cittadini.


*Presidente dell'Associazione Cristiani per servire.

12.07.07 - superando.eosservice.com

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