L’anima venduta al diavolo

Non si può continuare a fare finta di nulla, a nascondersi dietro un dito. Le comunità di recupero hanno, da tempo, venduto l'anima al diavolo. Ovvero alla politica. Ed allora ecco che se Don Mazzi con Exodus sta a sinistra, Don Gelmini e San Patrignano stanno dalla parte opposta. Questo in cambio di un po' di aiuto, sia a livello economico che pubblicitario, e soprattutto di una buona dose di immunità. Perché di quello che succede dentro le comunità, dei metodi di recupero, ben poco è dato sapere: si parla di violenza, catene, botte da orbi. Non saremo noi a fare i moralisti, però, perché di fronte ai tanti successi di queste associazioni, vale più che mai il machiavellico “il fine giustifica i mezzi”. Quello che ci interessa è lo stretto rapporto tra politica e comunità. E questo connubio non è certo una forzatura giornalistica, perché le comunità possono essere equiparate, in termini elettorali, alle associazioni. Così come quelle sportive sono contese dal centrodestra e dal centrosinistra (soprattutto a livello locale, ancora di più nei piccoli centri), anche le comunità di recupero sono molto ambite: basta invitare ad una festa un Veltroni al posto di un Fini, tanto per fare un esempio, e la propaganda è servita.

Che queste onlus (o presunte tali) siano diventate dei veri e propri centri politici lo dimostra sia lo status televisivo assunto da Don Mazzi, sia gli attacchi che ricevette Muccioli senior (alcuni, da parte di giornali di sinistra, assolutamente indegni) che adesso il caso Don Gelmini. Sulla sua colpevolezza o innocenza si pronuncerà la magistratura, quello che interessa a noi è un'altra cosa: fino a che punto le comunità si trasformano in centri di potere. Sull'identità politica di Don Gelmini ci sono ben pochi dubbi: ai tempi di Bettino Craxi fece parte del Comitato nazionale del Psi, poi è sempre stato fedelmente al fianco della Casa delle Libertà. Ed avere alleato Don Gelmini non deve essere per niente male, visto che la comunità “Incontro” vanta oltre 250 centri in Italia e nel mondo, con una media di 12 mila ospiti l'anno. Proprio per il discorso fatto in precedenza, stiamo parlando di un grandissimo centro di potere, una vera e propria lobby.

Senza offesa per nessuno, perché nessuno vuole mettere in dubbio la buona fede di chi dedica la propria vita al sociale, ne vogliamo alludere ad appropriazioni indebite di denaro. Queste comunità ricevono tanto denaro, ma hanno costi di gestione altissimi. Non possiamo però negare che ai politici facciano tanto, ma proprio tanto, comodo: sia, come detto, per spostare voti, sia per darsi una ripulita d'immagine facendosi vedere impegnati (anche se poi nella maggior parte dei casi si limitano ad una donazione e ad un paio di visite l'anno) nel sociale. E, a proposito di voti, basta considerare che si è calcolato che nei quarant'anni di attività dei centri di Don Gelmini sono state 300mila le persone passate attraverso i suoi gruppi e Berlusconi ha perso le ultime elezioni per appena 26 mila preferenze. La Comunità Incontro è stata spesso sottovaluta, magari al confronto di San Patrignano, che è molto grande ed arriva addirittura a produrre vino di alta qualità, pellicce e ad allevare cavalli: ma lì siamo di fronte ad una sede, nel caso di Don Gelmini ad oltre 250.

Tutte queste considerazioni fanno nascere un sospetto: che dietro le accuse a Don Gelmini ci sia una questione di eredità.
Qualcuno mira all'impero delle comunità “Incontro”, un impero che – come visto – ha un grande valore strategico. Se sia una lotta interna al Vaticano (o al centrodestra stesso) oppure un tentativo di spostare le comunità incontro sull'altro versante politico è difficile da capire: fatto sta che sembra una lotta di potere per succedere a Don Gelmini, altro che presunta pedofilia. Senza contare che, queste comunità, svolgono anche un'attività – quella del recupero dei tossicodipendenti – che dovrebbe essere a carico dello Stato, il quale, però, è vacante. Dunque il giro è questo: fondi alle comunità (alle quali si dà mano libera), in cambio mi faccio pubblicità, raccolgo voti e loro (le comunità) fanno un servizio in cui io (Stato) sono carente. Sarebbe più logico che lo Stato si occupasse in prima persona di fornire questo servizio, verrebbero così meno tutte queste polemiche. Sarebbe più logico, appunto, e dunque assolutamente poco italiano.


08/08/07 - opinione.it

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