Guerra a lucciole e droga Tabbò, sceriffo di Albenga

Albenga. Il “sindaco boy scout” si veste da sceriffo e dichiara guerra a prostituzione, spaccio e microcriminalità. A metà mandato Antonello Tabbò, da due anni e mezzo primo cittadino di Albenga, sembra avere deciso di cambiare pelle ed ha sorpreso tutti con l’ordinanza antiprostituzione e con la dichiarata intenzione di combattere lo spaccio di cocaina e altre sostanze.


«Non parto affatto per la guerra, e la mia non è una metamorfosi - replica Tabbò con un certo stupore -. Fin dalla campagna elettorale ho dichiarato che non può esserci sviluppo senza sicurezza, e il fatto che non mi piacciano i toni troppo alti non significa che non voglia prendere decisioni, a volte anche difficili. Il fatto è che cerco sempre il dialogo e il confronto con tutti, perché questo è il mio modo di amministrare ed è anche il mio modo di vivere. Poi, dopo il confronto, prendo le decisioni che vorrei sempre più condivise possibile, ma che restano decisioni del sindaco. La mia speranza è di governare la città insieme alla città, e questa forse è una vera rivoluzione, anche se silenziosa».


Però che un sindaco di centrosinistra faccia un’ordinanza contro la prostituzione e annunci “tolleranza zero” nei confronti degli spacciatori è una cosa che desta un po’ di stupore.


«Perché? Io non credo sia una questione di parte politica. Credo semplicemente che se c’è un problema e questo problema va a scapito dei cittadini o è vissuto negativamente dai cittadini bisogna risolverlo».


Con le ordinanze sindacali?


«Beh, questo è un discorso complesso. Intanto credo sia evidente, almeno a chi mi conosce e a chi segue le vicende sociali e politiche, che l’ordinanza non è contro le prostitute come persone, ma è contro tutto quello che c’è di negativo dietro questo fenomeno, dai problemi di sicurezza per i cittadini e per la circolazione delle auto a questioni molto più profonde e negative come il racket».


«Detto questo - prosegue Tabbò- non posso che stigmatizzare il fatto che su temi come immigrazione, lotta alla droga e alla prostituzione ci siano gravi carenze legislative che non possono essere coperte da ordinanze. Noi sindaci possiamo fare i supplenti, ma solo fino a un certo punto. Lo stato e le regioni, per le rispettive competenze, devono legiferare in modo efficace, altrimenti i nostri sforzi servono a poco».


A metà mandato è quasi d’obbligo un primo bilancio. È un bilancio in attivo o in passivo?


«È un bilancio fatto di cose realizzate e di altre ancora da realizzare. Posso dire che abbiamo completato la rete fognaria nel levante, che abbiamo fatto la piazza di Leca e quella di Campochiesa, il restauro del fortino, abbiamo aperto la torre civica, ma non so se abbia senso fare un elenco. Diciamo che si comincia a vedere qualcosa di quelli che erano gli obiettivi del programma. ovviamente si può e si deve migliorare, ma credo di poter essere sereno. Poi c’è la grossa sfida della raccolta differenziata».


Un tema scottante e delicato...


«Sì, ma credo sia parte di quella rivoluzione silenziosa che dicevo. Non ho avuto difficoltà ad ammettere gli errori, ad esempio nel cominciare senza un’adeguata informazione e proprio mentre stava arrivando il caldo. Ci siamo resi conto degli errori e abbiamo cominciato a correggerli. Adesso arriva il nuovo puc, e sarà improntato a un’idea nuova di città, un’idea che comprende la raccolta differenziata, i risparmi energetici e le energie pulite».


Ha mai pensato ”questa volta non ce la faccio”? è mai stato sul punto di rinunciare a un progetto importante?


«No, mai. Forse sono più cocciuto di quanto sembri, ma non ho mai avuto sensazioni di questo tipo. Però un cruccio c’è, e riguarda palazzo Oddo. Avrei voluto aprirlo più rapidamente, e adesso dobbiamo farlo e posso garantire tutto il mio impegno personale».


Il cruccio lo ha svelato lei. C’è anche un sogno?


«Sì, ed è palazzo Oddo. Voglio vederlo attivo come palazzo della cultura albenganese, ed è un sogno che realizzeremo. Su un piano più ˆfilosofico’ sogno una città e se me lo permettete un mondo più disposti al dialogo e più attenti a quelle che sono le cose vere e importanti, spesso soppiantate da quella che va sotto il nome di ˆimmagine’, o meglio di apparenza».


Insomma, più sceriffo o più boy scout?


«Basta con queste cose. La mia propensione al dialogo continuerà ad essere il motivo dominante della mia azione politica e della vita. Ho sempre inteso la politica come una forma di servizio. Se essere scout significa questo sono d’accordo, se la intendete come arrendevolezza allora non ci siamo proprio capiti».


Luca Rebagliati


03/09/07 - ilsecoloxix.it

Nessun commento:

Basta guerre nel mondo!