Un pentito riapre il caso di Denise

La sorellastra, i parenti, la «cessione»


MAZARA DEL VALLO (Trapani) — «Ho delle cose da raccontare su Denise». Fine luglio, caldo soffocante, la Procura di Marsala è quasi deserta. Ma in quei giorni i magistrati che indagano sul sequestro di Denise Pipitone, rapita il primo settembre di tre anni fa, quando aveva quattro anni, tornano di gran fretta dalle ferie. Un gruppo di carabinieri del Ris parte da Messina per esaminare un'auto. Nell'aria intorpidita dell'estate si riaccende improvvisamente l'indagine. È l'«accelerazione» di cui ha parlato due giorni fa il procuratore di Marsala, Silvio Sciuto. Interpretando le sue parole («i complici non sono più ignoti»), si scopre che ci sono nuovi indagati per il rapimento, dovrebbero essere sei o sette. Che l'inchiesta ha preso una direzione precisa, verso la provincia di Palermo. E che dietro la svolta c'è un «pentito », finito in manette per omicidio lo scorso 7 luglio, che ora sta fornendo una ricostruzione inedita del sequestro. È dalle parole di quest'uomo che arrivano nuovi tasselli sulla scomparsa di Denise. Fatti da approfondire, in parte ancora da verificare. Sulle tracce di chi ha portato via la bambina in quegli undici minuti, tra le 11,33 e le 11,44, da via Giovanni La Bruna, davanti a casa, in un quartiere alla periferia Nord di Mazara del Vallo. «Ogni giorno spero che sia l'ultimo. E quel giorno non arriva mai», dice la mamma, Piera Maggio. Poi aggiunge: «Siamo ancora alle parole, ora aspetto i risultati. Sono stanca, distrutta dall'angoscia ». L'avviso di chiusura indagini era atteso per metà luglio. Non è arrivato. Un'altra conferma che l'inchiesta si è allargata. «I fatti ormai li conosciamo», spiega Sciuto.

L'indagata
Fino all'inizio dell'estate c'era una sola indagata, Jessica Pulizzi. Il fascicolo: «Sequestro di persona in concorso con ignoti». Sono le persone a cui ora fa riferimento il procuratore: «Sappiamo chi sono i complici». Si tratterebbe del gruppo di persone che ha tenuto la bambina e che ha gestito la seconda fase del sequestro. Ma per riallacciare i fili di questa storia bisogna tornare alla prima indagata, Jessica. È la sorellastra di Denise, hanno lo stesso padre. Gli investigatori ipotizzano un movente a suo carico: la ragazza avrebbe individuato in Piera Maggio, e di conseguenza in Denise, le responsabili dello sfascio della sua famiglia, la separazione dei genitori. «Un forte sentimento di rancore», è scritto nella relazione della polizia. Quando la bambina scomparve Jessica era minorenne. Su di lei pesa la frase intercettata dieci giorni dopo il rapimento in una sala del commissariato di Mazara, detta alla madre che la incalzava: « T'a diri 'na cosa, io a' casa ci a purtai ».

Gli alibi
Nelle prime settimane di inchiesta gli inquirenti si sono mossi in tante direzioni. Pedofilia, nomadi, adozioni illegali. Ma gli investigatori credono di aver agganciato un filo importante, la «pista privata » su cui continuano a scavare ancora oggi. Hanno verificato gli spostamenti di Jessica, la sua ricostruzione di quella mattina a Mazara, giorno di mercato, un mercoledì. L'alibi è franato. Smentito dai tabulati delle sue telefonate, che la collocano intorno alla casa dei Pipitone, mentre lei ha raccontato di essere stata da tutt'altra parte. Sconfessato dalle discordanze con le parole del suo fidanzato di allora, Gaspare Ghaleb, tunisino (anche lui indagato per false dichiarazioni). Infine Jessica dà ai magistrati una seconda versione dei suoi movimenti, ne parla il 22 settembre, e di nuovo tre testimoni la smentiscono. La sera del giorno successivo la polizia intercetta un nuovo colloquio. La mamma di Jessica è fuori Mazara, parla con sua sorella, che in quel momento è con la ragazza, e pronuncia frasi del tipo: «Se vogliono venire a riprendersela (la polizia per un nuovo colloquio, ndr) tu ti devi rifiutare». E ancora: «Me la vogliono far crollare psicologicamente». Qualche mese dopo è calato il silenzio: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere ». Parole che per Piera Maggio sono una ferita aperta: «Una persona innocente risponde. Come è possibile rimanere in silenzio davanti alla vita di una bambina?».

Il pentito
L'11 dicembre 2005 Jessica è stata arrestata, ma per un'altra storia. «Favoreggiamento» per aver aiutato il suo nuovo fidanzato, Hakari Hamdi, a nascondere il coltello con cui ha colpito un uomo durante una rissa. Sono mesi in cui arrivano continue segnalazioni. Piera Maggio e l'avvocato che la assiste, Giacomo Frazzitta, le verificano volta per volta con i carabinieri. Le indagini proseguono. Scandagliano tutta la rete di amicizie e parentele intorno a quella che fino ad allora è l'unica indagata. Dagli archivi di polizia si scopre che uno zio di Jessica, Giulio Corona, 38 anni, nel 1995 è stato ucciso proprio da uno zio di Gaspare Ghaleb. Un altro zio di Jessica, Claudio Corona, è stato coinvolto con il fratello Angelo in varie operazioni antidroga, tra cui quella denominata «Pegaso», in cui gli stupefacenti venivano smerciati attraverso una videoteca. E infine c'è un altro zio della ragazza, stavolta «acquisito», che nei primi mesi dopo il sequestro, dal carcere, ha già provato a fornire alcune rivelazioni su Denise. Si tratta di Giuseppe Dassaro, 46 anni. Uscito di galera, si è legato a una ragazza svizzera, Sabina Maccarrone, che il 16 aprile scorso è stata trovata uccisa nel fondo di un pozzo alla periferia di Mazara del Vallo. Da quel giorno Dassaro scompare, la sua latitanza dura poco meno di tre mesi, fino al 7 luglio scorso, quando si costituisce ai carabinieri. Pochi giorni dopo le indagini su Denise, che si avviavano verso la richiesta di rinvio a giudizio per Jessica Pulizzi, si riaprono improvvisamente. È da lì che ha origine «il nuovo impulso» all'inchiesta. Spiega il procuratore Sciuto (senza riferirsi direttamente a Dassaro): «Il mio auspicio è che i riscontri possano essere confortanti».

La cessione
Tra i tanti filoni di inchiesta su Denise c'è stata anche la «pista zingara». La madre di Denise, al fondo della disperazione, prova ad augurarsi che in quel mondo la sua bambina ci sia finita dentro davvero: «Sarebbe la certezza che è viva ». L'ipotesi è ancora aperta. Soprattutto se, come traspare dalle parole degli inquirenti, quello di Denise è un sequestro a più fasi. E se l'ultima svolta dell'indagine sembra delineare un «secondo livello », cioè a un gruppo che avrebbe tenuto la bambina subito dopo il rapimento, non si possono escludere passaggi successivi. Proprio tra i nomadi Jessica conta diverse amicizie. Un kosovaro di Mazara è stato torchiato a lungo nei giorni successivi al sequestro. Un mese dopo, uno zingaro di Rimini indica due «bambine di passaggio in un campo di Padova». Al momento del blitz, quella indicata come Denise non c'è, ma la polizia libera un'altra ragazzina, 12 anni, bulgara. Si legge nel rapporto: «Presumibilmente doveva essere venduta per 20 mila euro». La madre di Denise: «Non attacco i rom. Anzi, li imploro: collaborate». L'unica speranza, per l'angoscia di questa donna e di tutte le altre madri di figli scomparsi, è che più persone possibile vedano le foto dei loro bambini. Piera Maggio ha creato un sito, www.cerchiamodenise. it. Appende le foto della figlia un po' dovunque. Anche a un piccolo albero nei giardini di villa Jolanda, centro di Mazara. Un albero regalato dal Comune per il sesto compleanno della bambina, alla fine dello scorso anno. Da allora, per quattro-cinque volte, qualcuno è andato a strappare quelle foto. E come oltraggio le ha lasciate là, a terra, a pezzettini. Sotto la pianta che dovrebbe essere il simbolo di un'intera comunità stretta intorno a Denise.


Gianni Santucci - 03 settembre 2007 - corriere.it

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