Pedofilo arrestato grazie al suo psichiatra

PALERMO - Arrestato grazie alla testimonianza del suo psichiatra. Un giovane palermitano di 23 anni è finito in manette dopo aver confessato al suo medico di aver abusato di quattro bambine, le sue nipoti. I fatti risalgono alla fine del 2006. Un neuropsichiatra si reca presso la Polizia giudiziaria di Palermo per denunciare quanto confessato, durante una seduta, dal suo giovane paziente pedofilo. Il pm Rita Fulantelli avvia subito l'inchiesta ascoltando i genitori delle quattro bimbe di 3, 6, 7 e 8 anni, che coincidono esattamente con la confessione del ragazzo. Dopo un anno la polizia ha notificato al giovane un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Sconterà gli arresti presso una casa di cura. Ad emettere il provvedimento restrittivo il gip del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto su richiesta del pm, Rita Fulantelli.

FESTA TRAGICA - In particolare la bimba di tre anni ha raccontato, prima ai genitori e poi agli agenti, di essere stata molestata il giorno di Santo Stefano, nella propria abitazione dove la famiglia si era riunita. I genitori ascoltati dagli investigatori hanno confermato il racconto delle figlie.

SEGRETO PROFESSIONALE - Sulla vicenda prende posizione la Società italiana di psichiatria, precisando che in merito al segreto professionale, lo psichiatra, come il medico, è tenuto a rispettarlo anche se in situazioni particolari (e in cui si può venire a delineare un pericolo per terzi) sono configurabili delle eccezioni, che lo specialista dovrà naturalmente successivamente giustificare. «Quando cioè ci si trova dinanzi ad un paziente che confessa dei reati, come la pedofilia, l'atteggiamento dello psichiatra è quello di tentare di convincere il soggetto ad ammettere il reato commesso - spiega il presidente della Società italiana di psichiatria, Carmine Munizza - offrendosi magari come "tramite" per denunciare il reato stesso. Si tenta, cioè, di far acquistare al soggetto la consapevolezza della gravità di ciò che ha fatto». Ma quando ciò non è possibile, afferma Munizza, allora «la valutazione resta quella, personale, del professionista. Si tratta cioè di valutare se la confessione del paziente rappresenta o configura una situazione di pericolo immediato o molto probabile per soggetti terzi; in quest'ultimo caso, lo psichiatra può valutare e decidere di segnalare il caso, fermo restando che si assume la responsabilità del proprio atto, che andrà giustificato».


30 Ottobre 2007 - corriere.it

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