«Quanti assassini a piede libero»

Iva Garibaldi

Rabbia, sdegno e un dolore che non smette mai, anche se vecchio di dieci anni. Sono i sentimenti che si respirano in mezzo ai genitori, parenti, fidanzati di giovani vite spezzate da incidenti sulla strada per colpa di ubriachi o di una distrazione. Sono lì, raccolti in 18 diverse sigle, tra cui l’Aifvs, Associazione italiana familiari e vittime della strada, con i cartelli, i gazebo e chiedono giustizia. Già, perché proprio non ne possono più di vedere girare per strada indisturbati gli assassini dei loro figli, fratelli, fidanzati, amici. Magari condannati anche per omicidio ma per l’effetto combinato di sconti di pena, indulto, rito abbreviato e attenuanti varie, i colpevoli il carcere non l’hanno nemmeno visto. Per i familiari è come se i loro cari fossero stati ammazzati due volte.

Sono lì a testimoniare il loro dolore, insieme a quello di intere famiglie distrutte, contro l’indifferenza della politica e, a volte, anche della gente.
Tra i manifestanti ci sono anche i familiari dei 4 ragazzi uccisi ad Appignano da un furgone guidato da un rom ubriaco. Solo loro sono un’ottantina, arrivati a Roma con un autobus. Gli occhi lucidi, i volti tirati, mostrano uno striscione sul quale si legge «quattro famiglie alla deriva» con le foto delle vittime. La rabbia contenuta a stento. Perché in questo caso chi ha ammazzato quei quattro ragazzi tra i 16 e i 19 anni, il rom Marco Ahemetovic, attualmente agli arresti domiciliari in un residence a San Benedetto del Tronto, sta per diventare una star. Molti i progetti in cantiere: un libro, una campagna pubblicitaria e, soprattutto, tanti tanti soldi. C’è chi dice fino a centomila euro. «Questa è la giustizia italiana – sbotta Timoteo Luciani, papà di Alex, 16 anni, uno dei quattro ragazzi morti - noi qui e lui a prendere il sole. Questo signore ha detto di voler scrivere un libro, ma se firma con una croce... E io lo so bene, mia sorella gli ha fatto scuola. Ho letto che Fabrizio Corona lo cerca per fargli fare un libro. È uno schifo». È arrabbiato Luciani e gli occhi sono stanchi, troppe le lacrime versate e questo schiaffo proprio non riesce a contenerlo. Mostra un ritaglio di un giornale locale: «Vedete che c’è scritto? Che c’è una società, la Sundas (di Alessio, un noto agente dei vip ndr) che lo seguirà, che gli vuole far fare il testimonial in una campagna pubblicitaria per scoraggiare chi guida sotto l’effetto di alcol e droghe. Ma sa che le dico? Se questo qui ha un figlio, io lo metto sotto».

Gli fa eco il papà di Davide Corradetti, altra vittima di quel maledetto 23 aprile: «Sono qui perché cambi qualcosa e sono pronto a tutto affinché non accadano più queste cose. Questo signore prende il sole dopo aver compiuto una rapina e quattro omicidi. Non è ammissibile». Non si capacita il papà di Davide rispetto alle condizioni del rom: «Se è agli arresti domiciliari – dice – dovrebbero esserci anche delle prescrizioni. Mica può fare come gli pare. E invece mi risulta usi tranquillamente il telefono cellulare, il computer, riceve persone comprese troupe televisive. In questo caso mi pare che il giudice abbia fatto uno sbaglio enorme. E tra poco magari andrà a fare pure l’Isola dei famosi». Anche lui se la prende con Sundas: «Pur di fare soldi – afferma – questo calpesta il sangue dei nostri ragazzi. Poi ho sentito che Ahemetovic avrebbe raccontato che vuol devolvere a noi parte del ricavato del libro. Sappia che non si deve nemmeno permettere. E poi già racconta bugie come quella che la notte dell’incidente avrebbe avuto negli occhi fari abbaglianti. Non è vero perché c’è già un testimone che ha dichiarato che sulla strada non c’era nessun’altra macchina». A reggere lo striscione di Appianano anche Alessandra, 19 anni, sorella di Davide: «Doveva ammazzare una scolaresca intera – dice seria – perché accadesse qualcosa? Con Ahemetovic ho frequentato le scuole elementari e medie. Non partecipava alle lezioni, non portava i libri, non dava confidenza a nessuno. Insomma non si integrava. Ora i genitori chiedono perdono. A me non me ne frega niente. Deve essere punito per quello che ha fatto». Non ci sono invece i genitori di Eleonora Allevi, la giovane di 19 anni né quelli di Danilo Traini, 17 anni. «Mia sorella – dice Nazareno Marinelli, zio di Danilo – non se la sente di andare da nessuna parte. È chiusa nel suo dolore. Non riesce nemmeno ad andare in tribunale». Racconta della famiglia del rom che afferma di conoscere bene: «I suoi fratelli andavano a scuola armati di coltelli. Avevano 9 o 10 anni. Ci sono tante denunce ma non è mai accaduto nulla. Questa tragedia forse si poteva evitare». Accanto a lui c’è Ernesta, zia di Alex: «È allucinante quello che sta accadendo. Tra proposte pubblicitarie e il resto questo qui ha vinto alla lotteria. Non è un caso come tutti gli altri. Fino a ieri viveva d’elemosina, oggi vive come un pascià». Tragedie nuove accanto a vecchie ferite. Patrizia Quaresima è la mamma di Andrea, morto per un incidente stradale a Roma dieci anni fa. Il prossimo 22 novembre Andrea avrebbe compiuto 26 anni. «I cordoli non erano adeguati – ricorda Patrizia e le si riempiono gli occhi di lacrime – e lui era in motorino. È caduto alle 11 e mezza del mattino, e le auto che arrivavano nel senso opposto l’hanno investito. Aveva l’acqua alle caviglie. Ma il magistrato ha archiviato tutto e anche la causa civile si è chiusa con un nulla di fatto. Per i giudici il Comune non ha colpa. Dal 2006 sono in appello ma la prima udienza è fissata per il 2009».


31/10/07 - lapadania.com

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