Jessica Dimmock tra sesso, droga e soldi

Nono piano: le foto chock di Jessica Dimmock tra sesso, droga e soldi


Secono la teoria scientifica dei quanti, accanto al nostro scorrere del tempo ci sono bolle temporali con altri noi che vivono esistenze parallele. È questo il potente shock di una realtà parallela, l’aprirsi di una botola e essere inghiottiti in un’altra vita che si può provare davanti alle foto di Jessica Dimmock presentate in prima mondiale a Forma, il centro internazionale di fotografia a Milano, fino al 21 ottobre.


Per otto mesi, la fotografa è vissuta nella scicchissima Manhattan di attici e superattici, griffe e suite dai prezzi da capogiro. Nono piano, il titolo della mostra, rimanda a un appartamento dell’Upper East Side, alle spalle del Flatiron Biulding, il famoso grattacielo chiamato ferro da stiro, una delle costruzioni storiche dello skiline della Mela. È lì che il mondo alla rovescia attendeva Jessica. Tanfo, immondizia, tossici fatti e strafatti; lì dentro esistevano solo tre meccanismi compulsivi: sesso, droga e soldi, fra marchette, cibi guasti e ira. Il propietario Joe Smith, un passato artistico come frequentatore della Factory di Andy Warhol, viveva sdraiato su un divano, ridotto a mendicare un aiuto per iniettarsi l’eroina. L’attorniava un’umanità in preda a disfacimento e autodistruzione.


Tutto questo in piena era Bush e dopo la cura Giuliani basata sulla tolleranza zero. Il patto fra la fotografa e Jim Diamond, uno degli abitanti che la intromette in quel mondo nero, era giocato fra il narcisismo (Diamond adorava essere fotografato), la paura e la neutralità. Jessica diventa una di casa, addirittura protetta dai nuovi arrivati con la frase “Lei è autorizzata”, in un mondo che della legalità ha fatto stracci, anzi cordoni con cui stringersi le braccia per l’ennesimo buco.


Le foto sono potenti, agitate da una specie di perversione della documentazione: Jessica non si ritrae davanti al sangue che cola dalle braccia, alle botte, alle lacrime, ai corpi tatuati o al gatto morto; neppure davanti all’immagine di un quadro sacro con devastazione del muro e nera ombra quasi sulfurea che si stampa. Come Dante dalle bolge infernali ne esce purificata la fotografa? Chissà. Una dipendenza le è rimasta, verso una coppia che con la nascita di una bimba, Matilda, sembra tovare l’uscita dal tunnel. Gli altri sono tutti morti o schiacciati da overdose. E l’appartamento al Nono Piano? Oggi ci vive un designer di Calvin Klein. Ovvero: forse il diavolo non veste solo Prada.


20/09/07 - blog.panorama.it

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