Ancora tanta povertà in Italia

Ancora tanta povertà nelle regioni italiane


L’Istat presenta per la prima volta informazioni sulla povertà e l’esclusione sociale nelle regioni italiane

Nel 2002, la spesa media mensile pro-capite nel Paese è risultata pari a 823,45 euro; tale valore costituisce la linea di povertà relativa (o linea di povertà standard) per una famiglia di due componenti.

In altri termini, una famiglia composta da due persone è considerata povera in senso relativo se spende mensilmente per consumi un importo inferiore o uguale a tale cifra. Per famiglie di diversa ampiezza il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna “scala di equivalenza” che tiene conto delle economie di scala che è possibile realizzare all’aumentare del numero di componenti.

La linea di povertà relativa è calcolata sulla base dei dati rilevati su un campione di circa 27 mila famiglie, scelte casualmente in modo da rappresentare il totale delle famiglie italiane. Per tener conto dell’errore (errore campionario) che si commette osservando solo una parte delle popolazione, si costruisce un intervallo (intervallo di confidenza) intorno al valore stimato sul campione che comprende, con una probabilità del 95%, il valore che si otterrebbe osservando l’intera popolazione.

Nel 2002, nel complesso del Paese, l’incidenza di povertà – cioè la percentuale di famiglie che hanno una spesa mensile per consumi al di sotto della soglia di povertà – è pari all’11%, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni 456 mila famiglie e un totale di 7 milioni 140 mila individui (pari al 12,4% dell’intera popolazione).

La media nazionale è la risultante di situazioni differenziate nelle tre ripartizioni territoriali: nel Mezzogiorno due famiglie su 10 vivono in condizione di povertà relativa, mentre nel Nord questa proporzione scende a una famiglia su 20. Il Centro si colloca in una posizione prossima a quella del Nord con un’incidenza di povertà relativa pari al 6,7%.

Prima di affrontare l’analisi della povertà a livello regionale, è bene ricordare che la ridotta numerosità del campione di famiglie povere, osservato nelle singole regioni, rende la stima dell’incidenza di povertà meno precisa rispetto a quella nazionale e ripartizionale. Infatti, a livello regionale, l’errore campionario è maggiore e gli intervalli di confidenza sono più ampi. Ad esempio, se l’incidenza di povertà nazionale, pari all’11%, è compresa nell’intervallo tra il 10,5% e l’11,5%, il valore del 26,9% stimato per la Basilicata è compreso in un intervallo ben più ampio che ha come estremi il 20,8% e il 33%. Tenere conto degli intervalli di confidenza è dunque importante per i confronti territoriali; limitate differenze nelle incidenze di povertà, infatti, non sono necessariamente significative poiché possono essere determinate dall’errore campionario.

Nel Nord, la ripartizione con minore incidenza di famiglie povere, le situazioni regionali appaiono alquanto diverse. I valori più bassi si osservano in Lombardia (3,7%) e in Veneto (3,9%), che presentano incidenze di povertà significativamente più contenute (considerando gli intervalli di confidenza) rispetto a quelle del Trentino-Alto Adige (9,9%), del Friuli-Venezia Giulia (9,8%) e del Piemonte (7%). Prossime alla media ripartizionale i valori della Liguria (4,8%) e dell’Emilia-Romagna (4,5%), che non si differenziano comunque, in termini statistici, dalla situazione del Veneto e della Lombardia.
Nel Centro l’unica differenza significativa è quella osservata tra il Lazio (7,8%) e le Marche (4,9%); l’incidenza di quest’ultima è prossima a quella delle regioni settentrionali con i valori più bassi.

Se tra le regioni del Centro e quelle del Nord le differenze sono molto contenute, in tutte le regioni del Mezzogiorno l’incidenza è significativamente più elevata rispetto al resto d’Italia. La situazione migliore è quella rilevata in Sardegna che, con un valore di incidenza del 17,1%, mostra una diffusione della povertà decisamente minore rispetto alla Campania (23,5%), al Molise (26,2%), alla Basilicata (26,9%) e alla Calabria (29,8%). Quest’ultime regioni, peraltro, sono quelle che presentano le situazioni di povertà più gravi. Intermedia, rispetto alla ripartizione, la situazione di Abruzzo (18%), Puglia (21,4%) e Sicilia (21,3%) che presentano comunque valori di incidenza statisticamente non diversi da quelli osservati in Sardegna.

Posto pari a 100 il totale delle famiglie povere, 66 risiedono nel Mezzogiorno che invece ospita solo il 32,6% delle famiglie italiane. È da segnalare in particolare la situazione della Campania, dove risiede ben il 18,4% delle famiglie povere, pari ad oltre 450 mila famiglie, per un totale di circa 1 milione e 400 mila individui.

Complessivamente in Italia gli individui poveri sono circa 7 milioni 140 mila, il 12,4% delle persone residenti. La maggiore incidenza di povertà tra gli individui, rispetto a quella tra le famiglie, conferma l’accentuata fragilità economica delle famiglie numerose. Il fenomeno si riscontra in gran parte delle regioni, con particolare evidenza nel Lazio e nel Trentino-Alto Adige. Al contrario in Abruzzo, Molise e Basilicata, con valori dell’incidenza di povertà tra gli individui inferiori a quelli dell’incidenza tra le famiglie, la povertà relativa sembra colpire con maggior frequenza le famiglie meno numerose (costituite spesso da anziani soli o in coppia).

L’intensità della povertà è un indicatore che misura di quanto, in media, la spesa delle famiglie povere si discosta in termini percentuali dalla linea di povertà. Il dato nazionale, pari a 21,4%, è la sintesi di situazioni territoriali nettamente differenziate. Nella maggior parte delle regioni del Nord e del Centro l’intensità è inferiore al 20%. I valori minimi si riscontrano in Umbria (15,5%), nelle Marche e in Liguria (16,4%).

Da segnalare la situazione dell’Emilia-Romagna, dove l’intensità del 20,5% si associa ad una ridotta incidenza di povertà (4,5%), e quella del Trentino-Alto Adige e del Lazio, in cui invece l’intensità del 22% si combina con una incidenza di povertà relativamente alta (11%).

Nel Mezzogiorno la diffusa presenza del disagio economico si associa a peggiori condizioni delle famiglie povere. L’intensità della povertà supera sempre il 22%, ad eccezione della Puglia (20,2%), e raggiunge il 24,5% nella Basilicata e il 25,1% nel Molise.

La classificazione della popolazione tra poveri e non poveri, operata dalla linea standard di povertà, può essere maggiormente articolata utilizzando due soglie aggiuntive, pari all’80% (658,76 euro mensili) e al 120% (988,14 euro mensili) della soglia standard. Ciò consente di individuare quattro categorie di famiglie: quelle che possono essere definite “sicuramente povere” (con consumi inferiori all’80% della linea di povertà standard), quelle “appena povere” (tra l’80% della linea e la linea stessa), quelle “quasi povere” (con consumi superiori alla linea di non oltre il 20%) e quelle “sicuramente non povere” con consumi più elevati.

Nel 2002 il 5,1% delle famiglie residenti, circa 1 milione 137 mila famiglie, risulta sicuramente povero e il 5,9%, circa 1 milione 318 mila famiglie, appena povero, per un totale di 2 milioni 456 mila famiglie povere. In Emilia-Romagna, Lazio, Calabria, Sicilia e Sardegna le famiglie “sicuramente povere” rappresentano circa il 50% del totale delle famiglie povere; in Molise e Basilicata tale valore raggiunge rispettivamente il 54% e 58%.

In tutte le altre regioni è predominante la quota di famiglie “appena povere”: in particolare in Liguria, Umbria e Marche, due famiglie povere su tre risultano “appena povere”.

L’8% delle famiglie (pari a 1 milione 772 mila famiglie) è quasi povero, presenta cioè livelli di spesa per consumi molto prossimi a quelli delle famiglie povere. Nel Nord e nel Centro le famiglie “quasi povere” non superano il 7,2% (ad eccezione del Friuli 9,2% e dell’Umbria 8,2%); esse tuttavia rappresentano una quota di famiglie pari (a volte superiore) a quella del totale delle famiglie povere.
Ciò significa che in tali regioni la diffusione della povertà è bassa, ma si riscontra una fascia di famiglie economicamente fragile di pari entità.

Fra le tipologie familiari che più delle altre, spesso o qualche volta, non hanno avuto i soldi per comprare cibo necessario, pagare bollette o sostenere spese per cure mediche, sono le coppie con almeno 3 figli (19%), seguite dai monogenitore (15,4%), dalle persone sole anziane (13,9%) e dalle persone sole con meno di 65 anni (11,6%). Nel gruppo delle famiglie povere che dichiarano difficoltà si evidenziano quelle composte da coppie con tre o più figli e da persone sole giovani-adulte (33,9%), i monogenitore (33,3%) e le coppie senza figli in cui la persona di riferimento ha meno di 65 anni (22,2%).

Gli aiuti in natura e/o in denaro che possono essere forniti dalla rete di aiuto informale (parenti e/o amici) rappresentano un’importante opportunità nei momenti di difficoltà economica e possono essere determinanti per favorire l’uscita delle famiglie da situazioni di difficoltà.

Il 4,9% delle famiglie residenti nel nostro Paese ha dichiarato di aver ricevuto una qualche forma di aiuto, ma sono i single con meno di 65 anni ad essere più aiutati dalla rete informale (7,7%). Per quanto concerne invece l’ammontare medio degli aiuti economici, la cifra più elevata si osserva per le coppie senza figli con persona di riferimento con meno di 65 anni (3.160 euro contro una media di 2.493), anche se l’aiuto riguarda soltanto l’1,7% di tale tipologia familiare.

Superiore alla media è anche la percentuale di persone sole anziane (6,8%), di monogenitore (6,5%) e di coppie con 3 e più figli (6%) che hanno ricevuto almeno un aiuto informale. Tra le famiglie povere la percentuale di quelle che hanno ricevuto aiuto è quasi doppia (7,9%) rispetto alle non povere (4,5%). Tra le prime, in particolare, sono le famiglie monogenitore quelle che più frequentemente dichiarano di aver ricevuto aiuti (13,4%).

Nel Nord, tra i poveri, la percezione di povertà è particolarmente elevata in Lombardia (27,1%). Tra i non poveri il disagio viene avvertito più frequentemente in contesti territoriali come il Piemonte (9,6%), la Liguria e ancora una volta la Lombardia (entrambi al 7% circa), dove probabilmente il confronto con gruppi caratterizzati da un elevato grado di sviluppo socio-economico diffonde una percezione negativa della propria condizione anche tra alcune delle famiglie non povere. Nel Mezzogiorno la quota di famiglie povere che si sentono povere o molto povere è più elevata rispetto al resto d’Italia e supera il 25% nelle Isole e in Campania.

In generale, sia tra i poveri sia tra i non poveri, la quota di famiglie che avvertono una condizione di disagio aumenta all’aumentare dell’ampiezza del comune.

Inoltre, la percezione della propria situazione è molto legata alla tipologia familiare: le persone sole, siano esse anziane o giovani, e le famiglie monogenitore sono quelle con una percezione più pessimistica della propria condizione. Tra le famiglie povere, quasi la metà delle persone sole con meno di 65 anni e più di un terzo delle famiglie monogenitore si sentono povere o molto povere. Anche tra le famiglie non povere, sulla base dell’indicatore oggettivo, più del 10% delle famiglie composte da persone sole si percepiscono povere.

Fonte Istat - 25/07/2007 - savonanotizie.it

Nessun commento:

Basta guerre nel mondo!