Coca, storie di disperata normalità

Da uno spacciatore qualunque su una qualunque solitaria, disperata stradona del Nord una dose di coca costa cinquanta euro. È una pallina bianca, avvolta nel domopak, la pellicola che si usa in cucina per coprire gli alimenti nel frigidaire.

Nella notte gli spacciatori appaiono quando arrivano i clienti e scompaiono quando giunge la polizia. Sono le tre in una località della bassa lombarda, fra Pavia e Cremona. Utilitarie in coda dal pusher, qualche Porsche Carrera, qualche Cayenne. Passaggi rapidi di soldi e neve. Poi via a gran velocità sull’asfalto infuocato.

Le zanzare si appiccicano sui vetri. Dalle auto esce musica ad alto volume: vanno forte i Rolling Stones. C’è chi si ferma dopo un po’, in una lounge. L’ultimo mojito e poi il tiro, nella toilette, oppure direttamente al tavolo. È tardi e tutti si sbirciano prima di farsi la pista. Sulla plastica.

La coppia è normale. Lui porta la camicia bianca sopra i pantaloni rossi. Lei è una ventenne con jeans e maglietta stretta e corta alla Kate Moss. Hanno la fede nuziale al dito, insieme con altri anelli. Se ne vanno con una bottiglietta di minerale in mano. Il pusher, e sono le quattro, è ancora al suo posto.

C’è un’auto con una coppia di sposi a bordo. Lei è ancora vestita di bianco, come la dose che stanno per comprare. Hanno festeggiato con gli amici in discoteca e finiscono la prima notte così.

La periferia della città all’alba della domenica ha poche luci accese, piccoli appartamenti bilocali, un letto, un impianto stereo, un maxischermo, una cucina soggiorno. Posti disordinati raccontano i poliziotti. Molti cd, frigoriferi pieni di bottiglie di acqua, coca light e tutt’al più una bottiglia di vodka. Computer, scaffali con libri. Riviste di gossip. Finestre senza tende.

Case fatte per dormirci poco e viverci quel tanto che serve. La normalità della droga passa per i bar, le disco, le lounge. Tutti vestiti come a Miami, ma con le illusioni perdute nella bassa. Alle otto del mattino c’è chi prende il cappuccino prima di andare a dormire. E al pronto soccorso degli ospedali si contano i feriti e i morti degli incidenti stradali, gli intossicati, gli sballati che non si sa bene cosa abbiano bevuto, fumato o sniffato.

Madri, padri, familiari arrivano sorpresi: la disgrazia li ha messi davanti alla realtà Cocaina, una parola che da queste parti conoscevano, sino a qualche anno fa, solo i pochi lettori di Pitigrilli. Ora ne parlano tutti, nei pettegolezzi dalle parrucchiere di paese, nei gossip d’ufficio, nei dehors dei caffè. Si sa dove comprarla, si conoscono gli spacciatori, se ne desiderano gli effetti: la sicurezza, il senso di onnipotenza, la capacità di rimanere svegli all’infinito, il maggior vigore sessuale.

Molte coppie la vogliono solo per quest’ultima conseguenza, tanto per riscaldare matrimoni appassiti dopo pochi mesi. La coca è entrata nella vita, come il pinot grigio, il risotto alla milanese, la pizza e i cocktail esotici con tanto rhum e tanto ghiaccio.

Il coca time parte alle sette di sera del venerdì all’ora dell’aperitivo, quando comincia il weekend accelerato. Forse la prima pista si prende dopo le tapas e un drink. E da lì si continua. Verso l’insonnia della «vita». E, se capita, verso la calma eterna della morte. Ai funerali dei drogati c’è sempre chi maledisce gli spacciatori e chi promette che non tirerà più, magari gettando nella fossa, come è successo, una dose di cocaina.


30/07/07 - CARLO ROSSELLA - lastampa.it

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