Rignano, piccoli testimoni decisivi

Rignano Flaminio non cessa di stupire. Alcuni mesi fa aveva stupito che gli indagati colpiti da un provvedimento di custodia cautelare fossero scarcerati dal Tribunale del Riesame con un’ordinanza che aveva giudicato insufficienti gli indizi sulla base dei quali la custodia era stata, poco prima, disposta. Ora stupisce che, dopo il primo incidente probatorio, i difensori anticipino pubblicamente il processo davanti ai giornalisti anziché attendere le normali, riservate, cadenze del processo penale per abuso di minori: rivelando ciò che la prima bambina sottoposta ad audizione protetta aveva dichiarato poco prima e commentando le sue dichiarazioni secondo i propri interessi processuali.
Normalmente accade proprio l’opposto. L’audizione protetta si svolge in totale segretezza. I suoi risultati non vengono svelati dalle parti. Lo stesso dibattimento, quando avviene, si svolge a porte chiuse. Non mi sembra che la peculiarità del caso Rignano, la sua inevitabile risonanza pubblica, l’interesse morboso suscitato fra la gente, la tensione particolarmente aspra fra le parti, giustifichi quest’anticipazione pubblica ed extraprocessuale del processo. Mi sembra che essa sia, comunque, dannosa. Meglio sarebbe stato che nulla fosse trapelato e che la giustizia avesse potuto fare silenziosamente il suo corso.

Ma tant’è, ciò che è accaduto è accaduto, ed i giornalisti, di fronte alle dichiarazioni delle parti, non potevano fare altro che registrarle. A questo punto vale tuttavia la pena di chiarire, sul terreno giuridico, ciò che sta accadendo nel processo per abuso su minori in corso a Tivoli.
Il Tribunale di Tivoli sta procedendo con incidente probatorio all’audizione protetta dei bambini presuntivamente abusati. L’incidente probatorio è uno strumento processuale che consente di acquisire le prove durante le indagini quando non è possibile attendere, per la loro acquisizione, il momento del dibattimento, poiché attendendo la prova rischierebbe di svanire. Nei processi per pedofilia l’audizione anticipata dei bambini costituisce la regola, poiché con il passare del tempo i loro ricordi potrebbero attenuarsi o scomparire.
Nulla di strano, quindi, che anche nel caso di Rignano si sia deciso di utilizzare questo strumento di prova. Semmai stupisce che si sia atteso tanto, poiché di regola nei processi di abuso uno dei primi atti è proprio l’acquisizione delle testimonianze dei bimbi attraverso lo strumento dell’incidente probatorio. In questo modo essi sono sentiti una volta per tutte, le loro dichiarazioni (alle condizioni stabilite) hanno valore di prova, una volta ascoltati non vengono ulteriormente turbati con ulteriori domande.
L’audizione dev’essere a sua volta «protetta», dev’essere cioè affidata a una psicologa esperta e avvenire secondo modalità che assicurino la serenità e la spontaneità del bambino. In questa prospettiva si prevede che l’audizione avvenga in una stanza attrezzata per il gioco, che il colloquio si sviluppi in modo naturale e senza sollecitazioni dirette, che coloro che hanno diritto di assistere alla prova si collochino in una stanza accanto e seguano l’audizione attraverso sistemi audiovisivi, che le loro eventuali domande siano comunque filtrate dall’esperienza dell’esperta.
Tutto - domande, risposte, atteggiamenti, smorfie, tremiti, eccitazione, esclamazioni, risa - viene registrato e costituisce fonte di prova, oggetto di discussione nel processo. Se il bambino non è stato suggestionato, ha risposto spontaneamente alle domande e viene giudicato credibile dalla perita psicologa, le sue parole accusatorie saranno considerate testimonianze a carico e su di esse potrà, eventualmente, fondarsi il rinvio a giudizio degli imputati e la loro eventuale condanna penale. Il problema, nei processi per abuso di minori, è, sempre, stabilire se il bambino che ha accusato sia credibile o sia stato, piuttosto, suggestionato da qualcuno o abbia inventato sull’onda della fantasia infantile.
Sulla credibilità dei bambini c’è discussione fra gli psicologi. La minoranza esclude che essi possano essere utilizzati come testimoni in quanto non sarebbero mai attendibili. La netta maggioranza ritiene invece che anche i bambini possono essere buoni testimoni e che si tratta, pertanto, di valutare in concreto, nei singoli casi, se essi siano o meno credibili. Un accertamento complesso, fonte, sovente, di difficoltà e di aspre contrapposizioni processuali. Comunque possibile e pertanto utilizzabile per la soluzione dei casi giudiziari di pedofilia.
Il nostro ordinamento giuridico è sicuramente orientato in questa seconda direzione. Non pone limiti soggettivi alla testimonianza. Prevede espressamente l’escussione dei minori nella forma dell’audizione protetta. Punisce gravemente i delitti di violenza sui bambini. Poiché di regola, nei processi per abuso, la prova regina, l’unica esistente, è costituita dalle parole del minore, negare in assoluto la loro efficacia probatoria significherebbe d’altronde vanificare la stessa previsione dei reati di pedofilia. Con la conseguenza che il bambino non avrebbe più tutela penale contro il suo violentatore. Ovviamente un assurdo.
Anche a Rignano, dunque, la parola dei bambini potrà essere decisiva nel processo, nell’una o nell’altra direzione. Di qui la ragione dell’aspra, clamorosa, contrapposizione verbale fra difensori avvenuta ieri, pubblicamente, fuori dell’ambiente protetto del Tribunale di Tivoli. Un’avvisaglia pericolosa di quanto potrebbe ripetersi domani, dopodomani e successivamente ancora. In un processo nel quale silenzio, moderazione, riserbo, sarebbero invece, come in ogni processo per violenza ai minori, assolutamente necessari.


30/07/07 - CARLO FEDERICO GROSSO - lastampa.it

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